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Bavagli e censure sotto il sole del Brasile
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Se si chiede ad un brasiliano se esista libertà di stampa illimitata in Brasile, lui risponderà che nel suo Paese la stampa gode di una libertà praticamente illimitata. In realtà, invece, il Brasile figura tra i Paesi che godono di una libertà di stampa parziale, secondo l’organizzazione internazionale Reporters Without Borders (Inviati Senza Frontiere).

Questo si può vedere dall’Indice per il 2010 sulla libertà di stampa nel mondo, pubblicato da RWB (1). Il Brasile figura al 58° posto in questo indice, preceduto tra i Paesi sudamericani dal Cile (33°), dall’Uruguay (37°), dal Paraguay (54°) e dall’Argentina (55°). Ossia tra i Paesi dove ancora persistono problemi notevoli per la stampa, come «uneccessiva concentrazione dei media, disparità economiche, tensioni locali, eccessivo numero di processi, restrizioni alla copertura mediatica».

Senza dubbio in Brasile i media sono nelle mani di pochi proprietari. Emblematico, al riguardo, è il caso di Rete Globo. Stando a quanto dichiara Indymedia Brasil, la Rete Televisiva Globo è nata dagli investimenti del gruppo statunitense Time Life, un’azione all’epoca proibita dalla Costituzione brasiliana. Allo scopo di appurare i fatti, fu nominata una Commissione Parlamentare di Inchiesta; alla fine fu approvato un progetto di legge, con una serie di trucchi, affinché il contratto tra Globo e Time Life fosse considerato legale.

Il problema è che nessun altro canale ha ricevuto simili investimenti, rendendo facile a Globo dominare il mercato delle comunicazioni (2). Quanto all’eccessivo numero di processi contro i giornalisti, Carlos Eduardo Lins da Silva, professore universitario a San Paolo e direttore del quotidiano Folha de Sao Paulo, ammette che la libertà di stampa in Brasile continua ad essere minacciata da azioni civili e penali sulla diffamazione, che sono aumentati negli ultimi anni e sono spesso usati dai politici, le autorità e gli imprenditori come strumenti di intimidazione contro giornalisti e i loro mezzi di comunicazione. Per esempio in Amazzonia i giornalisti vengono uccisi o malmenati da chi si sente minacciato dal loro lavoro, anche se si tratta di casi limitati.

Ma il motivo principale per cui il Brasile non è considerato un Paese con libertà di stampa è che ci sono più di 3.000 casi di giornalisti processati in tutto il Paese dalla giustizia di primo grado con indennizzi o censura preventiva. Gli indennizzi sono in certi casi esorbitanti, quasi delle condanne a morte, come nel caso del giornale Santa Cruz de Rio Pardo – una piccola città all’interno dello Stato di San Paolo – che è stato condannato da un giudice a pagare una somma equivalente a due anni e mezzo di fatturato; altri dovevano pagare un anno di fatturato, cosicché, dopo l’applicazione di questa pena, il giornale ha chiuso (3).

In questo momento c’è un grande giornale brasiliano, lo Estadão de Sao Paulo, che da 614 giorni non può pubblicare alcuna informazione sul processo contro uno dei figli di José Sarney, l’ex presidente, a causa della censura di un giudice (4). Questa censura vale per i potenti, i politici, gli imprenditori o le figure simboliche – come il cantante Roberto Carlos, il cantante brasiliano più famoso e che ha ottenuto nel 2007 che fosse ritirata una sua biografia non autorizzata, scritta da Paulo Cezar de Araùjo.

Da un punto di vista giuridico, la Legge sulla Stampa è stata revocata dalla Corte Suprema, poiché prevedeva delle condanne contro i giornalisti che avessero scritto articoli considerati dannosi per il presidente della repubblica o i suoi ministri, regolando la diffamazione, le calunnie e le ingiurie. Al momento attuale, c’è una discussione sulla necessità di una nuova Legge sulla Stampa che preveda il diritto alla rettifica.

L’orientamento generale sembra andare contro la libertà di stampa; per esempio i quattro principali sindacati dei lavoratori, fortemente legati al governo, spingono per una regolamentazione ancora più rigida. Inoltre il giornale Folha de Sao Paulo del 6 dicembre scorso riportava la notizia che esiste un progetto di legge che ha l’obiettivo di creare una nuova agenzia governativa che avrebbe tra i suoi compiti la regolamentazione dei contenuti trasmessi dalla radio e dalla televisione.

La Comissão Nacional Pró-Conferência de Comunicação (Commissione Nazionale a favore della Conferenza della Comunicazione), che il governo del Partido dos Trabalhadores (5) ha voluto per bloccare la libertà di stampa, con il pretesto di fare la necessaria modernizzazione delle leggi che regolano il settore (6).

Secondo il blog brasiliano Fim dos Tempos, «le cause di tanto interesse nel controllo dei media le abbiamo viste nelle ultime elezioni. Un movimento crescente di opposizione ha portato le elezioni presidenziali al secondo turno (tutti davano per scontato che il PT avrebbe vinto al primo turno)… il PT vuole controllare questi rischi per mantenere il potere per sempre. È un modo di fare una rivoluzione istituzionale» (7).

Neanche i blog come Fim dos Tempos e i siti internet di informazione possono stare tranquilli in Brasile; infatti il progetto di legge 7311/2010 prevede un giro di vite sulla libertà di espressione nei blog. Tra le misure previste dal progetto ci sono l’obbligo di dichiarare la propria identità e il proprio indirizzo per chi posta un blog, l’obbligo per ogni sito che ospita un blog di comprovare la veridicità di quanto affermato negli articoli e di assicurare il diritto di replica sul proprio sito o blog, l’obbligo per chi posta un articolo in internet di essere iscritto all’ordine dei giornalisti, una multa per chi trasgredisce la legge che va da un minimo di 5.000 Reais (circa 2.000 Euro) ad un massimo di 50.000 Reais (circa 20.000 Euro) per ciascuna infrazione.

La legge, nelle intenzioni del legislatore, trova giustificazione nella necessità di regolamentare l’enorme profusione di siti internet, con grande beneficio per la società brasiliana; in più l’obbligatorietà per i siti che trasmettono notizie di presentare un giornalista responsabile per questi argomenti o per l’intero sito, garantisce la responsabilità di agire e nel trasmettere gli argomenti giornalistici (8).

Tra l’altro apprendiamo dal blog A Nova Ordem Mundial (9) che scorrendo il rapporto di Google sulla trasparenza in internet, si scopre che il governo brasiliano ha sollecitato a Google, nel periodo compreso tra luglio e dicembre 2009, 3.663 richieste di dati e 291 rimozioni di contenuti dai siti.

Stando a quanto sostiene la Uol (10), «i numeri riportati si riferiscono a informazioni che riguardano diffamazione, crimini di odio e falsità ideologica. La pornografia infantile non è inserita in questa tabella, in quanto la politica di Google prevede la rimozione immediata di questo contenuto, appena identificato, senza necessità di notifica».

Per concludere si potrebbe dire all’amico brasiliano, ancora convinto che in Brasile ci sia libertà di stampa, che nel suo Paese tutti possono scrivere liberamente a patto che l’argomento trattato rimanga il sempre popolarissimo futebol (il calcio), magari mentre si sorseggia un bicchiere di cachaça sotto il sole di Ipanema.

A. R.
(Brasile)




1
) http://en.rsf.org/press-freedom-index-2010,1034.html
2
) http://brasil.indymedia.org/media/2003/10/265812.pdf
3
) www.udesa.edu.ar/files/AdmTecySociedad/5coloquio/linsdasilva.pdf
4
) www.estadao.com.br/pages/especiais/sobcensura/
5
) Il PT o Partito dei Lavoratori non è altro che una brutta copia del Labour Party inglese.
6
) https://acesso.uol.com.br/login.html
7
)  http://fimdostempos.net/pt-confecom-censura.html
8
)  www.camara.gov.br/internet/sileg/Prop_Detalhe.asp?id=476785
9
)  www.anovaordemmundial.com/2010/10/brasil-e-o-campeao-de-pedidos-de.html
10
) http://tecnologia.uol.com.br/google-lanca-ferramenta-divulgar-pedidos-de-censura-de-governos


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