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Un lettore scrive:

«Caro Blondet, come sta? anzitutto saluti da abbonato nuovo, ma lettore di vecchia data. Leggendo oggi di Morales, Chavez e Lula, mi viene in mente un suo articolo che mi pare (vado a memoria) parlasse del nascere di un nuovo ordine mondiale che non è esattamente quello prospettato da Usraele. Sono dunque incapaci di comandare persino nel loro ‘giardino di casa’. Intanto prosegue la lenta ‘reconquista’ da parte dei latinos (e degli asiatici) degli USA stessi. Avremo in futuro degli ‘ex-United’ States of America. Un destino simile a quello a cui Usraele e UK hanno condannato molte nazioni? Non lo so. Ma non lo auspico, perchè da buon europeo so che lo sfaldamento di un impero è sempre foriero di sangue, morte, caos. God Bless americans  (non sono massone e mi preoccupa il destino delle persone, non delle stelle e strisce). Karl»

Auspicare o temere la caduta dell’impero americano non cambierà nulla.

Un impero cade per fatti oggettivi, perchè suscita contro di sè forze reali, per suoi errori ed ottenebramento intellettuale e morale.

Come già quello sovietico, l’impero americano cade perchè la sua ideologia terminale (quella dei neocon, iscritta nel programma di «Project for a New American Century») è - come il comunismo - nemica della vita umana, basata sulla menzogna, e negatrice della natura profonda della nazione imperiale stessa.

Un impero cresce meno per violenza che per «integrazione» degli altri, effettuando la «chiamata universale a fare qualcosa di grande insieme» (Ortega y Gasset, con riferimento all’impero romano).

Washington ha adottato invece l’ideologia israeliana: rifiuto «religioso» di ogni integrazione, illusione di poter esercitare il potere mondiale con la mera violenza, e perciò angosciosa ricerca della superiorità militare assoluta e schiacciante, dichiarazione di guerra perpetua al mondo intero, abolizione di ogni diritto «delle genti» (vedi la denominazione di «enemy combatants», ossia di prigionieri di guerra ritenuti delinquenti comuni, e tuttavia privati dei diritti alla difesa accordati ai delinquenti), propaganda a cui credono solo i dirigenti stessi, suggestionati dal virtualismo ad effetti
speciali stile Hollywood.

Questa politica e ideologia sono, semplicemente, suicide.

L’impero americano cadrà precisamente perchè ha cessato di essere un impero, per diventare una grande Giudea: e si vedrà che il giudaismo, che aspira a dominare il mondo, non è capace di farlo.

Certo, ciò costerà sangue morte e caos: ma non si può fare niente, è la forza delle cose.

Noi europei, addormentati da mezzo secolo in un servaggio che credevamo dolce, dobbiamo cominciare di nuovo a capire che la vita e la storia sono avventure tragiche e pericolose, che richiedono virtù di fortezza, sacrificio, prontezza a difendere la propria civiltà.

Che i benefici in cui abbiamo vissuto - dal diritto certo alla democrazia alle sicurezze sociali, dal benessere alla libertà di viaggiare  - non sono stati dati una volta per tutte.

Li stiamo perdendo per colpa nostra, perchè non li abbiamo difesi, ci siamo vilmente adeguati alla menzogna generale, non abbiamo protestato contro la violenza, la ruberia, la oppressione dei popoli (palestinesi ad esempio); abbiamo lasciato cancellare i principii di civiltà di cui ci riempivamo la bocca, ci siamo consegnati - noi, la nostra libertà, la nostra sovranità democratica - a burocrazie torbide e ladre e inadempienti e a poteri finanziari che non abbiamo contestato, sperando che ci rendessero ricchi senza sforzo.

Tutto ciò che ci accadrà è colpa nostra, della nostra viltà.

Morales e Chavez, fra comunismo campesino e tribalismo peruviano, mi paiono portatori di una ideologia retriva e senza sbocco; sono alcuni dei vermi che nascono nella carcassa di un impero putrescente.

Un altro discorso farei per Lula, a capo di una nazione di 150 milioni di uomini.

Da quando ha scoperto il petrolio off-shore in Brasile, Lula - ben conscio che questa benedizione naturale è una maledizione politica - sta cercando di ammassare l’introito petrolifero (oggetto di avidità mondiali e causa di corruzione nazionale) in un fondo sovrano che dovrà usare il capitale per migliorare l’istruzione e la sanità della fascia povera del Brasile.

Una politica di integrazione, come si vede.


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