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Israele: un’altra sconfitta?
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«Israele ha perduto la guerra?», si domanda ansioso Shlomo Sand, noto storico israeliano. Militarmente, come sempre, ha vinto contro un popolo disarmato, massacrando in maggioranza donne e bambini. Ma, nonostante la mobilitazione dei suoi servi e maggiordomi occidentali, non riesce a vincere la guerra dei media, non riesce a sopprimere la verità. Ed è una novità assoluta.

ERDOGAN - Obbedienti, i nostri liberi media hanno taciuto in coro lo scontro fra il premier turco Erdogan e il presidente israeliano Shimon Peres, avvenuto al Forum di Davos. Invano: la notizia dilaga sul web, rivelando – ancor prima della posizione coraggiosa del governo turco – il livello di menzogna dei nostri giornali e TV. Probabilmente i nostri lettori sanno già cos’è successo; per i pochi che non leggono l’inglese, diamo qui una traduzione dell’evento (1).

A Shimon Peres, nel dibattito, era stato consentito di ripetere le solite menzogne, accolte da applausi servili: Giuda ha il diritto di difendersi, bla bla bla. Poi Peres, alzando la voce e indicando col dito Erdogan, gli ha chiesto retoricamente cosa farebbe lui, se ogni notte su Istanbul fossero tirati dei missili.

«Quanto ad ammazzare, voi sapete ammazzare molto bene!», è saltato su Erdogan. Al «moderatore» che stava per chiudere soddisfatto («Siamo già in ritardo...») ha gridato: «Un minuto!».

Moderatore: Beh, presidente, sa...

Erdogan: Un attimo, un attimo! No, un attimo!

Moderatore: Ok, ma non più di un minuto.

Erdogan: Signor Peres, lei è più vecchio di me. La sua voce è più alta della mia. Capisco che lei parla a voce così alta perchè lo richiede il senso di colpa. Io non  parlerò a voce così alta. Quanto ad ammazzare, sapete ammazzare molto bene. Sono ben al corrente che avete ammazzato bambini sulle spiagge (di Gaza). Due ex primi ministri del suo Paese mi hanno detto cose importanti... Avete dei primi ministri che dicono: «Quando io entro in Palestina con il carro armato, mi sento veramente felice». Posso darvi i nomi, se qualcuno li chiede. Io condanno anche chi applaude questa ferocia nella persecuzione. Perchè acclamare questi assassini che hanno ammazzato quei bambini, che hanno massacrato quella gente è, ritengo, un altro  crimine contro l’umanità. Qui non si può nascondere la verità. Ho un sacco di appunti, non ho la possibilità di risponderle a tutto... Ma dico solo due cose.

Moderatore: Scusi, primo ministro, ma non possiamo riaprire il dibattito adesso.

Erdogan: Pardon, pardon, anzitutto non mi interrompa! La Bibbia dice nel sesto comandamento: Non uccidere! (è il quinto, ndr); e qui, sono omicidi. Secondo, molto interessante: Gilad Atzmon, dice: la barbarie israeliana supera di molto anche la crudeltà ordinaria. Avi Shlaim, un professore di Oxford che ha fatto il servizio militare in Israele, ha detto al Guardian...

Moderatore: Primo ministro, primo ministro! Voglio chiedere al nostro ospite... (si appresta a ridare la parola a Peres).

Erdogan: ... «Israele è diventato uno Stato-gangster». (Al moderatore): Grazie tante anche a lei, Da questo momento, per quel che mi riguarda, Davos è finita. Non torno. Lo so come va’! Non ci lasciate parlare. Lui (Peres) ha parlato 25 minuti, a me ne avete dati 12». Ed ha lasciato il dibattito, a cui partecipavano come pecore anche il segretario dell’ONU Ban Ki Moon e il capo della Lega Araba, Amr Moussa.

Tornato in patria, Erdogan è stato accolto all’aeroporto di Ankara come un eroe da decine di migliaia di turchi; risuonava lo slogan «Erdogan, la Turchia è fiera di te!».  Ad accogliere il premier, lo stesso presidente della repubblica turca, Abdullah Gul (2).

Il regime israeliano ha fatto subito sapere che la Turchia comprerà dei droni dallo Stato sionista, che dunque non è successo niente di grave nella relazioni tra i due Stati. Ha un bel dire: non si è mai visto un incidente diplomatico di questa gravità e tono. In qualche modo, Erdogan ha rotto l’incanto della «hasbara» (la disinformazione israeliana), ha pronunciato – come primo ministro di un Paese di 63 milioni di abitanti, membro della NATO e con un potente esercito – parole-tabù: «Assassini», criminali contro l’umanità.

SPAGNA - Il giudice Fernando Andeo, del tribunale nazionale di Spagna (Audiencia Nacional de Espagna) ha accettato di aprire una causa per crimini contro l’umanità contro alti gradi israeliani, come mandanti di un eccidio (14 morti, cento feriti)  commesso nel 2002 per uccidere una sola persona, Salah Shehade, ritenuto il capo dell’ala militare di Hamas. Per questo omicidio «mirato», il generale Dan Halutz, capo della gloriosa aviazione israeliana, scelse un bombardamento dall’aria. Nonostante gli «effetti collaterali», lodò i suoi eroici piloti per un attacco «perfetto» che aveva spianato tutto un quartiere. Quando gli fu chiesto cosa aveva provato alla notizia di questi danni collaterali, Dan Halutz rispose: «Se volete sapere cosa sento quando rilascio una bomba (dall’aereo), non sento che un piccolo “tump” su un lato dell’apparecchio. Dura un secondo». Una psicologia da ganster, appunto.

Ora Dan Halutz è fra gli incriminati dalla giustizia spagnola – che persegue le atrocità e i crimini contro l’umanità «a giurisdizione universale», ossia dovunque siano avvenuti, insieme all’allora ministro delle Difesa giudaica Ben Eliezer, all’ex ministro della Sicurezza Interna Avi Dichter, all’ex capo di Stato Maggiore Moshe Yaalon, al generale Doron Almog, Giora Eiland già consigliere di Sicurezza Nazionale, al generale Michael Herzog (3).

Magari non ci saranno reali conseguenze, tranne una: questi incriminati non potranno più andare a Madrid a fare shopping, col rischio di essere arrestati. E’ già qualcosa, far capire loro che un Paese europeo è loro chiuso.

La Spagna, in risposta ai massacri di Gaza, ha anche annullato le celebrazioni ufficiali del giorno della «memoria». Probabilmente questa libertà di giudizio dipende dal fatto che gli ebrei, espulsi 500 anni fa da Santa Isabella (furono riammessi in Spagna solo negli anni Trenta) non hanno ancora potuto costituire una lobby capace di intimidire e di asservire media e governi.

FRANCIA - Il ministero degli Esteri ha richiamato l’ambasciatore francese in Israele, a seguito di una tracotante provocazione subìta dal console generale Alain Rémy mentre, con vari collaboratori, tornava da Gaza, dov’era andato «per valutare la situazione umanitaria, e in particolare l’apertura dei valichi di passaggio e per esaminare lo stato dei progetti di soccorso finanziati dalla Francia».

Dopo la visita al disastro, il gruppo diplomatico che stava per transitare al valico di Eretz per tornare in Israele, è stato bloccato per sei ore, e sottoposto ripetutamente e deliberatamente, per sfregio, al tiro di colpi d’avvertimento da parte di soldati israeliani. Nel convoglio erano presenti anche altri diplomatici europei, che i giudei si sono divertiti a spaventare mostrando la loro forza.

«Il ministero degli Affari Esteri ha convocato l’ambasciatore di Israele in Francia per protestare contro questo incidente inaccettabile e chiedere spiegazioni», ha detto il portavoce del Quai d’Orsay. E non era nemmeno nemmeno la prima provocazione: qualche giorno prima, il console francese era stato lasciato in attesa per tre ore e mezzo – come un qualunque palestinese – al posto di blocco di Betlemme in Cisgiordania (4).

Il motivo di queste provocazioni brutali è evidente: la vendetta per il tentativo francese di impegnare l’Unione Europea in una dichiarazione comune, dove la richiesta di aprire i valichi di Gaza per i soccorsi urgenti alla popolazione martoriata sorvolando su «chi» comanda a Gaza. Il regime sionista esige che nessun aiuto arrivi a Gaza finchè lì c’è Hamas, e pretende dagli europei che l’embargo della fame continui anche dopo la distruzione e le rovine che ha inflitto. Ha visto nell’iniziativa francese un tentativo di ammorbidire la posizione europea verso Hamas, ed ha usato tutte le sue lobby in Europa per sventarlo: riuscendoci, perchè le sue pressioni hanno indotto Italia, Germania e Olanda a cancellare la dichiarazione formulata da Parigi.

E’ per questa meschina «vittoria» che i diplomatici e i soccorritori europei si sono abbassati alla scena – ridicola, se non fosse tragica – di andare a portare gli aiuti per Gaza... alla Autorità Palestinese, ossia al collaborazionizta Abbas in Cisgiordania, in quanto «riconosciuto» da Giuda, parlando e interloquendo con questì, come se governasse a Gaza. Non contenti di averci costretti non solo alla complicità nei loro crimini, ma a queste scene da Ridolini, i giudei hanno voluto strafare, sparacchiando sul convoglio diplomatico francese: dimostrando ancora una volta la loro natura di criminali internazionali, spregiatori delle convenzioni e delle relazioni internazionali.

Ma ora, ad ogni giorno che passa e la popolazione di Gaza è lasciata senza aiuti  urgenti sulle macerie, l’imminenza di una catastrofe umanitaria che si vedrebbe in TV, e dunque sarebbe nota alle loro opinioni pubbliche, spinge perfino alcuni servi europei a capire – come sussurravano i francesi – che «Hamas non può essere ignorato»; che per far passare gli aiuti occorre pur avere a che fare con l’autorità presente sul campo, magari sotto la foglia di fico di un «governo palestinese di unità nazionale fra Fatah e Hamas».

Per il regime giudaico, questo significherebbe un riconoscimento internazionale di Hamas che, avendo «perso» militarmente, «vincerebbe» sul piano politico. E vogliono continuare ad affamare il milione e mezzo di abitanti, pretendendo che gli occidentali cooperino nell’affamamento. Tutte le lobby ebraiche sono mobilitate in Europa per impedirlo.

«Se la paralisi nella ricostruzione di Gaza continua, gli sforzi per ammorbidire le condizioni del Quartetto continueranno», ha confidato un diplomatico dello Stato canaglia ad Haaretz; «Non è certo che il boicottaggio di Hamas continui a lungo, specialmente se si forma un governo di unità nazionale palestinese».

Dunque i criminali non vogliono sollevare «mai» l’assedio a Gaza, a nessuna condizione (5).

Ma il Quartetto – la ridicola iniziativa «per la pace in Medio Oriente» composta da ONU, USA, EU e Russia – sta di fatto ammorbidendo le sue posizioni, forse con occulti contatti con Hamas, ritenendo – al contrario dello Stato-canaglia – che le considerazioni umanitarie devono avere la precedenza sulla vittoria di Israele. La stessa ferocia sproporzionata dell’attacco israeliano ha reso più incline il Quartetto a finirla con la manfrina: l’operazione Piombo Colato non ha abbastanza punito Hamas?

Persino il capo del Quartetto, ossia Toni Blair, appositamente selezionato dalle lobby per la sua corrività ad Israele e noto per la sua inattività, ha cominciato a dire che bisogna aprire un qualche canale con chi, in Gaza, può ricevere e distribuire i soccorsi. Ossia Hamas.

STATI UNITI
- E persino 60 parlamentari democratici americani hanno rivolto a Hillary Clinton, nuovo segretario di Stato, un appello urgente per sbloccare gli aiuti alla gente di Gaza. Ci sono bambini feriti e mutilati da portar fuori dal lager con urgenza perchè possano essere curati; occorre mobilitare i fondi USA destinati agli aiuti più urgenti e ai servizi essenziali, dicono i 60 nel loro comunicato.

«Mancare di affrontare questa emergenza umanitaria può produrre una crisi di proporzioni anche più indicibili... Facciamo appello a lei (Hillary Clinton) perchè esprima questa preoccupazione direttamente al governo di Israele» (6).

Contemporaneamente, l’organizzazione USA «Peace Now» ha denunciato, in un documentato rapporto, che per tutto il 2008 Israele ha continuato a espandere gli insediamenti illegali in Cisgiordania, la terra governata da Fatah collaborazionista, dunque in teoria da lasciare ai palestinesi. Ben 1.518 nuove strutture (abitazioni permanenti e baracche); ormai sul territorio che tutto il mondo spera venga lasciato a un governo palestinese, abitano 285.800 ebrei fanatici armati e difesi dal glorioso Tsahal; gli insediamenti sono aumentati del 60% in un solo anno (7).

Durante i 22 giorni del massacro di Gaza, approfittando della disattenzione del mondo per quel che accadeva in Gisgiordania, le autorità sioniste hanno accelerato ulteriormente l’occupazione illegale, aprendo febbrilmente parecchie nuove strade allo scopo di estendere il controllo nelle aree circostanti gli insediamenti, unendone uno con gli altri.

Insomma Israele dimostra, sotto gli occhi dell’Occidente, che anche chi collabora con lo Stato sionista, come Abbas, non ottiene niente; che il regime vìola i suoi stessi impegni presi nel «processo di pace», e si comporta nelle relazioni internazionali con imperturbata doppiezza e tracotanza. Senza nemmeno rendersi conto, nel suo delirio di onnipotenza armata, che essa sta perdendo legittimità agli occhi del mondo, mentre Hamas, che voleva rovesciare, al confronto ne sta guadagnando.

E’ forse un segno di questo cambiamento di vedute il fatto (inaudito) che la CBS, la prima rete televisiva canadese (che si vede in USA) abbia dato ampio spazio all’ex presidente Billy Carter, e gli abbia lasciato spiegare che Israele s’è messa da sè in una situazione insostenibile, per la propria esistenza futura: ha di fronte a sè o il ridursi a un totale apartheid (ma gli Stati di apartheid durano poco) o l’espulsione-genocidio in massa dei palestinesi (ci sta provando, ma non è facile da fare nell’era di internet e della TV), oppure di perdere il suo carattere di «Stato ebraico» razziale, sepolto in una popolazione araba dalla demografia esplosiva che fra trent’anni ridurrà gli ebrei a minoranza  irrilevante.

La sola soluzione praticabile è quella «a due Stati». Ma Israele «non ha ancora deciso quali sono le sue frontiere, perchè non vuol rinunciare ai territori conquistati nel 1967», nè a rodere ettaro su ettaro la terra da lasciare al futuro Stato palestinese. Per questo ha rifiutato nel 2002 l’offerta della Lega Araba, di una pace definitiva e del riconoscimento di Israele da parte di tutti gli arabi; ma di una Israele dentro i suoi confini di ante-1967.

Una politica non solo doppia e insincera, ma anche psico-patologica.

Nonostante  il ferreo controllo dei media europei, negli ambienti qualificati diventa sempre più chiara ed esplicita la consapevolezza di quel che dice lo storico israeliano Shlomo Sand: «Israele capisce solo la forza. La ragione per cui non è possibile giungere a una pace giusta non sono i razzi (di Hamas) ma il fatto che i palestinesi sono militarmente deboli. Israele ha firmato la pace con Sadat nel 1977 solo perchè l’Egitto aveva strappato una mezza vittoria nel 1973» (8).

Conclusione rovinosa per Sion, per molte gravi ragioni. Essa rovescia la nozione con cui Israele giustifica la sua eterna aggressione, quella che «gli arabi capiscono soltanto la forza». E’ invece Israele che capisce solo la forza; nella sua viltà, ha già dato prova di  cedere non davanti ad argomenti diplomatici, ma alla mera forza; in Libano, non ha retto davanti a Hezbollah e si è piegata, trasformando la mezza «vittoria» militare in mezza sconfitta politica; e dunque, non è lontano il giorno in cui si dovrà concludere che Israele potrà essere portata alla ragione solo usando la violenza.

Attenzione, perchè questo avvicina la percezione internazionale di Israele a quella che l’Europa ebbe del Terzo Reich, almeno secondo la vulgata storiografica. Secondo questa vulgata, nessuna delle «democrazie» d’Europa aveva voglia di fare la guerra alla troppo potente Germania; dopo aver ceduto e ceduto a sempre nuove espansioni, alla fine vi furono costrette quando i tedeschi invasero la Polonia, perchè «Hitler non capisce che la forza».

Oggi gli israeliani possono ridersi di questo accostamento: con le loro 2-300 testate nucleari, i loro supermissili e il loro super-alleato americano, la loro forza militare è superiore a quella di tutte le armate euro-asiatiche messe assieme. Ma anche Hitler disponeva della superiorità militare; e l’Inghilterra era invece impreparata, tanto da subire il disastroso rovescio e dover salvare il suo esercito dalla Francia sulla Manica. Ma le guerre non durano 22 giorni come a Gaza; alla fine, sconfisse la Germania il convergere di enormi potenze, USA e URSS, nella convinzione che «solo la forza»  serviva, una forza strapotente, contro un nemico che non solo per propaganda era visto come un pericolo per l’ordine mondiale.

Oggi questa convergenza di visione sullo Stato di Israele sembra lontana e improbabile. Ma invece si sta formando, in Spagna, Francia, Turchia e fra i membri del ridicolo Quartetto. Anche i servi vedono ormai che ogni loro nuovo cedimento al padrone non fa che rendere il padrone più duro e arrogante.

La Russia sta allacciando più stretti rapporti di sicurezza congiunta con l’Iran; un ministro russo ha recentemente definito Teheran – ed è la prima volta – «un partner strategico». E’ uno dei risultati della recente sconfitta israeliana in Georgia; dopo aver armato e addestrato i georgiani, il regime di Giuda non ha certo amici fiduciosi al Cremlino. E il Quarto Reich non ha la vastità del Terzo: un paesetto grande come la Puglia, con sei milioni di abitanti, può agitare quanto vuole le sue 2-300 testate atomiche, sparare sui diplomatici francesi, provocare e intimidire. Per lui, ne basta una.

Ogni nuova tracotanza avvicina il momento in cui qualcuno, nel mondo, giungerà a vedere che il vero, solo pericolo all’ordine mondiale è Israele. Allora saranno guai.




1) Mary Rizzo, «PTT pride: Erdogan at World Economic Forum cites our editor Gilad Atzmon», PTT, 30 gennaio 2009.
2) Paul de Bendern, «Erdogan gets hero's welcome upon his return to Turkey», Reuters, 30 gennaio 2009.
3) Roni Sofer, «Spanish court to probe Israeli officials for alleged 'crimes against humanity'», Ynet.news,  29 gennaio 2009.
4) «L'ambassadeur israélien en France convoqué après un incident à Gaza», Le Monde, 29 gennaio 2009.
5) Barak Ravid, «Israel stymies French push to lift European boycott of Hamas», Haaretz, 27 gennaio 2009.
6) «US lawmakers urge Clinton to aid Gaza», AFP, 29 gennaio 2009.
7) Efrat Weiss, «Peace Now: Settlements expanded faster in 2008», Ynet.news, 28 gennaio 2009. Il segretario generale di Peace Now è un israeliano, Yariv Oppenheimer. La risposta del Yesha Council (l’associazione dei coloni) a questo atto d’accusa  è nello stile tracotante che pare essere divenuto un’abitudine nello Stato-gangster: «Once again we thank Peace Now for allocating the money they get from the European Union towards documenting the most important Zionist enterprise of our generation – settling in Judea and Samaria».
8) Vincent Rémy, «Israël a-t-il perdu la guerre? Entretien avec l’historien israélien Shlomo Sand», Telerama.fr, 29 gennaio 2009. Shlomo Sand, docente di Storia all’università di Tel Aviv, ha appena pubblicato un libro che ha fatto rumore, «Come fu inventato il popolo ebraico», che seppellisce a forza di dati storici parecchi miti fondatori del «popolo eletto». Il saggio è stato best-seller in Israele per 19 settimane. Se Israele sta perdendo a Gaza la guerra politica, è la terza sconfitta in due anni: prima contro Hezbollah, poi contro la Russia per interposta Georgia. Una quarta «vittoria» del genere, e Sion guadagnerà il posto di Stato-paria del mondo, da tenere a distanza.


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