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I Gruppi Giudaici Americani chiudono con i Falchi
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NEW YORK: "Israele, giusto o sbagliato, " dovrebbe almeno una volta tener conto dell'atteggiamento del Giudei Americani verso lo stato di Israele stesso. Ma, man mano che si avvicina il suo 60° anniversario, aumenta nella comunità il numero di quelli che ritengono che il modo migliore di aiutare Israele consista nel fargli presente dove sta sbagliando.

Nascosto dietro alle dichiarazioni ufficiali di sostegno ad Israele, che vengono espresse dalla maggioranza dei Giudei Americani, c'è una crescente ansietà dovuta al discostarsi delle politiche attuali da un percorso di pace.

Le voci ufficiali e dei leaders dei Giudei Americani dicono che è in corso un vivo dibattito sul modo migliore per realizzare la soluzione dei due stati e la creazione di uno stato palestinese accettabile a fianco di un Israele sicuro.

Gruppi liberali, quali gli Americani per la Pace Ora, l'Alleanza Giudaica per la Giustizia e la Pace, ed l' Israel Policy Forum, sono stati recentemente raggiunti da una nuova organizzazione che si chiama J Street che raccoglie lobbisti più potenti e conservatori.

Questi gruppi sostengono di rappresentare al meglio la opinione della maggioranza dei sei milioni di Giudei Americani, ma che la loro voce è dirottata dai lobbisti dell'ala destra.

Il gruppo più vociferante e falcheggiante è quello dell' American Israel  Public Affairs Committee ( Aipac ), che è la più potente organizzazione che rappresenta i Giudei Americani.

Comunque, sempre più Giudei Americani parlano apertamente contro, ad esempio, la costruzione degli insediamenti israeliani nei territori occupati o della necessità di negoziare politicamente con gruppi quali Hamas.

"Queste posizioni di sinistra danno l'impressione di voler lasciare Israele vulnerabile ed è difficile realizzarle o ricondurle ad uno slogan," dice Andrew Silow-Carroll, editore liberale del New Jersey Jewish News. "E' difficile avere posizioni troppo di destra su Israele o prendersela a cuore troppo, perchè sono coinvolte paure viscerali ed esistenziali per Israele. "

Alcuni Giudei Americani sostengono che queste paure, derivate in larga parte dal massacro di sei milioni di Giudei nell'Olocausto, sono state sfruttate dagli israeliani e dall'ala destra americana, mentre nel Medio Oriente sono troppo spesso sottovalutate.

Le voci degli Arabi Americani rimangono disorganizzate e frazionate. Alcuni Americani Palestinesi dicono che i loro sforzi di trovare un accordo con i Giudei Americani, sono stati frustrati dagli stessi loro rappresentanti. Data la delicatezza del conflitto però, pochi Palestinesi od Israeliani - con i rispettivi sostenitori americani - desiderano acquistare la nomea di critici dei rispettivi leaders.

"I capi dei Palestinesi hanno grossolanamente sottovalutato un settore influente e coinvolto della società americana : quello dei Giudei Americani che non sono d'accordo con l'occupazione che Israele porta avanti, " ha detto il precedente consigliere della Organizzazione per la Liberazione della Palestina a Ramallah, che desidera non essere citato. "Questi Giudei Americani non costituiscono una minoranza insignificante. Al contrario, sono i più rappresentativi degli americani coscienziosi e potrebbero essere in parte rinvigoriti da concreti sostegni da parte dei leader palestinesi, se questi ultimi comprendessero come gli alleati necessitino, per avere successo,  di guida e sostegno."

I primi gruppi di Giudei Americani si costituirono sotto forma di organizzazioni sociali dopo essere giunti negli Stati Uniti, per evitare le purghe anti-semitiche che avevano luogo nell'est europeo e nella Russia, e fornirono assistenza economica ed un forum per contrastare l'antisemitismo crescente anche negli Stati Uniti.

Questi primi gruppi di Giudei Americani riflettevano l'emergere del Sionismo e dopo il 1948 divennero fortemente pro-Israele, con l'eccezione di alcune organizzazioni ultra-ortodosse che si opponevano, per motivi religiosi, alla nascita dello stato di Israele.

Alcuni Giudei Americani ritengono che parte del sostegno verso Israele nasca da un senso di colpa per non aver fatto molto a favore dei Giudei Europei durante la Seconda Guerra Mondiale.

I Giudei Americani erano euforici nel 1967 quando Israele sconfisse le forze Arabe alleate e diede inizio alla occupazione di Gerusalemme est, della Striscia di Gaza e della parte restante del West Bank. Questo orientamento anti-arabo divenne ancora più forte dopo la guerra arabo-israeliana del 1973, durante la quale Israele respinse l'avanzata delle forze egiziane e siriane.

"Il clima si indurì definitivamente ed i gruppi di Giudei Americani divennero ancora più aggressivi ed anti-arabi," ha detto un attivista dell'ala sinistra dei Giudei Americani.

L'opzione della pace crebbe significativamente negli anni '90, dopo gli Accordi di Oslo del 1993 che diedero una limitata autonomia ai Palestinesi nei territori occupati. Ma lo scoppio della seconda intifada nel 2000 ed i successivi attacchi dell'11 settembre 2001, mise molti pacifisti nella impossibilità di contrastare le reazioni avverse sorte in Israele e negli Stati Uniti. L'associazione American for Peace Now [ Americani per la Pace Ora, ndt ] e le sue controparti in Israele, sostiene il governo israeliano nel suo tentativo di una soluzione con due nazioni. Ma parla anche contro le azioni di Israele, se le percepisce come contrarie e tale fine.

"Benchè i gruppi conservatori e più "da falchi" presumono di parlare in nome dei Giudei Americani, quelli di American for Peace Now rappresentano veramente la posizione sostenuta dalla maggioranza della comunità," ha detto il loro portavoce Ori Nir.

I disaccordi più profondi nei confronti della politica estera americana riguardano le precedenti scelte politiche che ben poco hanno fatto per fermare la violenza in Israele e nei territori occupati. Il groviglio della situazione irachena insieme alla pressione esercitata dai falchi americani ed israeliani per un'azione contro le ambizioni nucleari iraniane, aggiunge poi ulteriore preoccupazioni per il futuro della regione. Molti Giudei Americani liberali non concordano con il saggio "La Lobby Israeliana" scritto da due accademici americani - John Mearsheimer e Stephen Walt - in quanto uno dei loro assunti centrali - che Israele debba spingere gli Stati Uniti ad entrare in guerra con l'Iran - è semplicemente sbagliato e fornisce munizioni agli anti-semiti, a quelli che esageranoo il ruolo Giudeo nella vita americana considerandolo una forza occulta e sinistra.

" Anche l'opportunità di discutere il ruolo ed il posto dei Giudei negli Stati Uniti è stata sprecata, " dice " a causa di ricerche mal condotte, infatti se si guardano le note a piè pagina, si vede che gli autori del saggio non hanno parlato con nessuno e si sono basati solo su resoconto giornalistici."

Diane Balser, direttore esecutivo dell'Alleanza Giudea per la Giustizia e la Pace, ha detto che sempre più Giudei Americani si stanno allontanando dal difendere Israele. Tale spinta è spesso tenuta coperta, per esempio, dal recente clamore dato all'animosità dei Giudei Americani conseguente ai recenti colloqui fra Hamas ed il già Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter.

Il gruppo della signora Balser ha 38.000 sostenitori attivi, ma crede che rifletta il punto di vista di molte migliaia di più. "In Israele c'è una gamma di voci più ampia che non negli Stati Uniti," ha detto."Il nostro obbiettivo è modificare la politica del governo americano e spetta a noi fare il cambiamento."

I sondaggi mostrano che molti Giudei Americani considerano se stessi dei liberali e sostengono i Democratici, mentre molti Arabi Americani tendono verso i Repubblicani a causa dei propri principi conservatori in campo economico e religioso.

L'American Jewish Committee (AJC),  è un'organizzazione di "falchi" ma ha avuto successo nel collegarsi al mondo arabo. Jason Isaacson, direttore del Ministero per il Governo e gli Affari Internazionali, ha detto che non c'è una "grande distanza" fra AJC ed Aipac e che condividono posizioni "simili", quali il proibire contatti con Hamas.

Nondimeno, nell'ultimo anno si è recato per tre volte nel Golfo quale parte di un lavoro di aiuti per spiegare il sostegno dell'AJC ad Israele e per discutere temi di "non-proliferazione" - un riferimento alla situazione nucleare iraniana che ha causato disagi tanto nel Golfo quanto in Israele.

"L'AJC ha cercato di intessere contatti con studiosi, giornalisti e leaders del mondo arabo, " ha detto. L'organizzazione ha un sito arabo (www.aslalyahud.org), e nel mese di marzo ha inviato una delegazione di donne Giudee Americane alla conferenza Women as Global Leaders, in Dubai.

Negli Stati Uniti, il gruppo lavora con altre minoranze, quale quella latino-americana ed afro-americana; benchè sia stato molto più difficile creare il dialogo con gli arabi-americani a causa delle reazioni che Israele accende."Noi minoranze dobbiamo stare vicine insieme," ha detto.

Eppure, i punti di vista dell'AJC sono differenti da quelli di J Street, che progetta di persuadere in modo più attivo - se non di esercitare pressioni su - Israele a promuovere la soluzione con due stati.

Il piccolo bilancio di J Street - un milione e mezzo di dollari, piccolo se confrontato ai più di 100 milioni di dollari dell' Aipac - può significare un impatto sminuito, dicono alcuni Giudeo Americani liberali. J Street ed Aipac non hanno risposto alle nostre richieste di commento.

Nel frattempo, alcuni Palestinesi guardano e sperano che i loro leaders cerchino futuri contatti con la corrente liberale.

"L'Autorità Palestinese ha miseramente fallito il collegamento con i Giudeo Americani liberali," dice un consigliere dei Palestinesi nel precedente governo a guida Fatah.
"Sono stati spesi milioni in viaggi su jet privati ed hotels di lusso e solo centesimi nelle relazioni politiche. I loro sforzi sarebbero stati meglio spesi se diretti a collegarsi ai loro alleati naturali - Giudei o no."

Sharmila Devi, Corrispondente Estera

Si ringrazia per la traduzione Massimo Frulla

Source >
  The National

Originale > 



American Jewish groups break with hawks


NEW YORK // “Israel, right or wrong” might once have summed up the attitude of American Jews towards the Jewish state. But as it approaches its 60th anniversary, a growing number in the community are deciding that the best way to help Israel is to tell it where it is going wrong.

Hidden behind the official declarations of support for Israel expressed by the majority of American Jews, there is a growing anxiety that current policies are noticeably diverting from the path to peace.
American Jewish officials and leaders say there is a vigorous debate over how best to achieve a two-state solution and the creation of a viable Palestinian state alongside a secure Israel.

Liberal groups such as Americans for Peace Now, the Jewish Alliance for Justice and Peace and the Israel Policy Forum were recently joined by a new organisation called J Street to counter more powerful and conservative lobbyists.
These groups say they better represent the majority opinion within the six million-strong Jewish American community but that their voice is hijacked by right-wing lobbyists.

The most vocal and hawkish group is the American Israel Public Affairs Committee (Aipac), the most powerful organisation representing American Jews.

However, more American Jews are speaking out, for example, against Israel’s settlement construction in the occupied West Bank or about the need to engage in some way with groups such as Hamas.
“These left-wing views sound like they could leave Israel vulnerable and it’s harder to make the case or reduce it to a slogan,” says Andrew Silow-Carroll, the liberal editor of the New Jersey Jewish News. “It’s hard to be too right wing on Israel or care too much because it involves the very visceral, existential fears of Israelis.”

Some American Jews say these fears, stemming in large part from the slaughter of six million Jews in the Holocaust, have been exploited by the Israeli and US right wing, but are also too often overlooked in the Middle East.
Arab American voices remain disorganised and disparate. Some American Palestinians say they have been frustrated by their own officials in reaching out to American Jews. Given the sensitivities of the conflict, few Palestinians or Israelis and their American supporters are willing to go on the record criticising their respective leaderships.

“The Palestinian leadership has grossly overlooked an influential and interested sector in American society: American Jews who don’t support Israel’s occupation,” said a former adviser to the Palestine Liberation Organisation in Ramallah, who requested his name not be used.
“Such American Jews are not a fringe minority. Instead, they are mainstream Americans who are conscientious and who could be empowered by, in part, outreach from a Palestinian leadership who understood that allies need guidance and support to be effective.”

The first American Jewish groups were formed as social organisations after Jews arrived in the United States to escape anti-Semitic pogroms in eastern Europe and Russia at the turn of the last century. They provided welfare and a forum to fight rampant anti-Semitism present also in the United States.
These early American Jewish groups reflected the rise of Zionism and became overwhelmingly pro-Israel after 1948, with the exception of some ultra-Orthodox organisations that oppose the creation of Israel on religious grounds.

Some American Jews say part of the support for Israel stemmed from guilt at having not done more to protect European Jews during the Second World War.

American Jews were euphoric after 1967, when Israel defeated the Arab allies and began the occupation of east Jerusalem, the rest of the West Bank and the Gaza Strip. Anti-Arab attitudes then became stronger after the 1973 Arab-Israeli war in which Israel eventually pushed back Egyptian and Syrian advances.

“The mood definitely hardened and American Jewish groups became more hawkish and anti-Arab,” said an American Jewish left-wing activist.

The peace camp grew significantly in the 1990s after the Oslo Accords in 1993 gave limited autonomy to Palestinians in the occupied territories. But the outbreak of the second intifada in 2000 and then the Sept 11 attacks in 2001 left many peaceniks unable to counter the respective Israeli and US backlashes.
Americans for Peace Now and its Israeli counterpart support the Israeli government in its pursuit of a two-state solution. But it also speaks out against Israeli action it perceives to be counter to this goal.

“While conservative, hawkish groups presume to speak for American Jews, Americans for Peace Now actually represents the positions held by the majority of our community,” said Ori Nir, a spokesman.
“Polls consistently show that most American Jews support a two-state solution and agree with the Israeli government’s position that only peace will ensure Israel’s security, prosperity and continued viability as a Jewish, democratic state.”

Closer questioning of US foreign policy comes as previous policies have done little to stop the violence in Israel and the occupied territories. Adding to concern over the wider region is the morass in Iraq and the pressure from US and Israeli hawks for action against Iran’s nuclear ambitions.
He said many liberal American Jews could not support the essay The Israel Lobby by two US academics, John Mearsheimer and Stephen Walt, because one of its central tenets – that Israel pushed the United States into war against Iraq – was simply wrong and gave ammunition to anti-Semites, who inflate the Jewish role in American life to a sinister, shadowy force.

“An opportunity to discuss the role and place of Jews in the US was squandered because of shoddy scholarship,” he said. “If you look at the footnotes, you can see the authors did not talk to anybody and relied on journalistic accounts.”

Diane Balser, executive director of the Jewish Alliance for Justice and Peace, said more American Jews are moving away from the right on Israel. Such momentum is often masked, for example, by recent coverage of the vocal American Jewish animosity generated by the recent talks between Hamas and Jimmy Carter, the former US president.

Ms Balser’s group has 38,000 active supporters but she believes it reflects the views of many thousands more.
“There is a greater diversity of voices in Israel than in the US,” she said. “Our target is for the US government to change its policy and it’s up to us to make change.”

Polls show that many American Jews consider themselves liberal and support the Democrats while many Arab Americans lean towards the Republicans because of their conservative stands on religion and the economy.

The American Jewish Committee (AJC) is a hawkish organisation but it has had success in reaching out to the Arab world. Jason Isaacson, director of the office of government and international affairs, said there is “no great distance” between the AJC and Aipac and they share “similar” positions, such as prohibiting contacts with Hamas.
Nonetheless, he has been to the Gulf three times in the last year as part of outreach work to explain the AJC’s support of Israel and to discuss issues of “non-proliferation” – a reference to Iran’s nuclear stance, which has caused discomfort in the Gulf as well as Israel.
"The AJC has tried to make connections with scholars, journalists, leaders in the Arab world,” he said. The organisation has an Arabic website (www.aslalyahud.org) and in March, it sent a delegation of American Jewish women to the Women as Global Leaders conference in Dubai.
In the US, the group works with other minorities such as Latinos and African-Americans although it has been more difficult to create a dialogue with Arab Americans because of the passions that Israel arouses. “We minorities should stick together,” he said.

Nonetheless, the AJC’s views different from those of J Street, which plans to persuade, if not pressure, Israel more actively to promote a two-state solution.
J Street’s small budget – a reported US$1.5 million (Dh5.5m) compared to Aipac’s endowment of more than US$100m – could mean a diluted impact, some liberal Jewish Americans say. J Street and Aipac did not reply to calls and e-mailed requests for comment.

Meanwhile, some Palestinians look on and hope their leadership will seek further engagement with the liberal mainstream.

“The Palestinian Authority has utterly failed to reach out to liberal American Jews,” said another Palestinian former adviser to the previous Fatah-led government.

“Millions have been spent on private jets and fancy hotels and pennies spent on lobbying. Their efforts would have been much better spent on reaching out to natural allies – whether Jewish or otherwise.”


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