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I Gorbaciov del capitalismo
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Tanti lettori mi invitano a condividere la loro rabbia per il governo Goldman Sachs e Bilderberg, per la sospensione della democrazia, per l’oligarchia bancaria, per Passera ministro, e mi mandano articoli (de Il Foglio, de Il Giornale) che eccitano a quello sdegno, che denunciano Goldman Sachs, Bilderberg e Trilaterale – facendo finalmente i nomi di quelle entità ed organizzazioni di cui hanno taciuto per decenni. Qualcuno dice: dietro la faccenda c’è Prodi...

Mi si consenta di non accodarmi. E di esprimere il mio disagio al vedermi in compagnia di Giuliano Ferrara (il cantore di Wolfowitz e del suo maestro in doppiezza, Leo Strauss) finalmente guadagnato alla teoria del complotto universale. Ferrara si fa complottista ed anti-oligarchico per ragioni strumentali, filo-berlusconiane: ossia combatte Goldman-Bilderberg in difesa dello status quo ante, del governo di prima. Ossia della democrazia marcia fino al midollo, irriformabile, che si è autosospesa e che ci ha portato appunto all’inevitabile governo dei tecnocrati.

Dovremmo scendere in piazza, tricolore in pugno, per riavere quel governo? Con la Carfagna, la Minetti, e Bossi?

Vorrei solo ricordare (taccio il resto, non c’è spazio) che l’esecutivo Berlusconi-Bossi e Carfagna-Calderoli s’è fatto espropriare di una quantità di funzioni – per le quali aveva ricevuto il mandato popolare – da Napolitano, a cominciare dalla politica estera (vedi Libia) fino ai rapporti con la UE, e in chissà quali altri rapporti segreti coltivati nei viaggi all’estero, frequentissimi nell’ultimo periodo, dell’ottantenne capo dello Stato. Fino alla scelta di Monti, senza elezioni. E tutto ciò, senza violare formalmente la costituzione, perchè Napolitano è stato sommamente abile. Ovviamente, l’accorta usurpazione formalmente ineccepibile diventerà un precedente per altre accorte usurpazioni, entrerà a far parte della Costituzione materiale, insomma abbiamo una repubblica presidenziale di fatto senza diritto. E chi doveva impedirlo? Il capo di un governo che non fosse dilettantesco e vile. Invece Berlusconi non ha avuto il coraggio nè la dignità (nè l’accortezza) di reclamare le proprie prerogative.

È bene che i dilettanti (come i pagliacci) escano di scena. Quando un governo si lascia espropriare  e menare per il naso fino a questo punto, non c’è alcun motivo di rimpiangerlo. Anzi, c’è da chiedersi seriamente se democrazia ed elezioni siano il mezzo adatto con cui i cittadini possono difendersi dai cosiddetti poteri forti.

Se si votasse oggi, state certi che Monti e i suoi professori di governo prenderebbero la maggioranza assoluta: è il trimestre della luna di miele, la gente è stufa di tutta la classe politica arraffona, ladra, invadente, rovinosa – e ben contenta di non andare ad elezioni, così per un altro anno e mezzo l’emolumento da 15 mila mensili è garantito. La stampa sviolina (come sempre quando annusa poteri forti, anche se non ci sono) loda la sobrietà, lo stile moderato: la stessa stampa che strillava allarmata contro «lantipolitica», e la additava in Beppe Grillo! Il pericolo pubblico! Ora slingueggia «lantipolitica» al governo, sotto la sua forma classica: tecnocrazia. Ma ha il doppiopetto, mentre Grillo è sciammannato.

Qui c’è da aver paura della demokrazia e del voto, più che del Bilderberg. Personalmente, sono stato colpito del numero di professori cattolici – alcuni adulti prodiani, altri no – di cui Monti s’è circondato. Un tratto non del tutto Bilderberg, nè Trilaterale. Il che conferma una diagnosi che ho già dato: brava persona, Monti ha il limite intellettuale nell’incapacità di pensare oltre il pensiero unico, l’europeismo tecnocratico come tappa verso la globalizzazione, la convinzione che chi pensa in termini di Stati e patrie viva «in un panorama mentale che non esiste più» (dixit Rockefeller) la finanziarizzazione da salvaguardare, l’ossequio al Washington consensus (e si capisce, a Washington) le banche da salvare, ossia precisamente: salvare la privatizzazione del denaro creato dal nulla, funzione strappata meno di mezzo secolo fa agli Stati.

Bisogna capire che il Gruppo Bilderberg, o Goldman Sachs, non dà ordini diretti a Draghi, Monti e Papademos. Non ne ha bisogno. La frequentazione delle prestigiose università americane (Yale, MIT, Harvard) la pratica nella banca d’affari, le cariche negli alti luoghi del liberismo terminale, l’ammissione al Bilderberg e persino la generazione comune  – tutti e tre hanno 64 anni – li ha formati nella mentalità e nel carattere. Sanno esattamente cosa devono fare, cosa devono pensare, e a che cosa – invece – si devono vietare di pensare: è questo che li rende sicurì di sè, tecnocrati. Sono lì, in perfetta buonafede, per mantenere il potere della superclasse mondiale.

Il fatto che siano stati messi in posti-chiave per scongiurare il collasso (non dite che ce li ha messi Goldman Sachs: Draghi alla BCE è andato col placet di Berlusconi, Monti ce l’ha messo sopra Napolitano, forse solo Papademos in Grecia è stato messo sulla poltrona da un diktat diretto, ma la Grecia, si sa, è ormai una cavia indifesa della non-sovranità) è, come ho già detto, un segno di disperazione. E la loro azione non basterà a scongiurare l’implosione del sistema, come già prova l’espandersi del contagio degli spread a Francia e Austria. Falliranno nello scongiurare il fallimento dei debitori.

Seguo l’ipotesi del blogger francese Alain Dumait: siamo entrati nella «fase gorbacioviana della finanza terminale». Come Gorbaciov e i suoi apparatchnik credettero di poter riformare il sovietismo dall’interno, mantenendone al potere la nomenklatura di cui facevano parte, così il trio Goldman si incarica di salvare il sistema della speculazione mondiale, senza che l’oligarchia finanziaria debba cedere nulla del suo potere.

Ricordo personalmente come gli apparatchnik di medio livello, che incontravo in convegni internazionali, parlassero con entusiasmo della ristrutturazione (perestroika) in atto nell’URSS, come si illudessero che bastasse inserire un po’ di trasparenza e di apertura ( glasnost) perchè il sistema cominciasse a funzionare, a produrre come il sistema occidentale: ciò che mi colpiva in questi tecnocrati, era la loro incapacità di pensare in termini di libera iniziativa, di piccola impresa, delle efficienze note da noi a qualsiasi piccolo imprenditore, della formazione dei prezzi, come gli restasse totalmente estranea la nozione di mercato, che credevano di aver appreso dai testi degli economisti americani... proprio non ci riuscivano. Avevano un limite mentale. Come credo abbiano Monti, Draghi e Papademos.

Gorbaciov fallì, il sistema era irriformabile, il sovietismo collassò, come si dice, «per le sue interne contraddizioni».


Il Politburo


Eppure anche Gorbaciov era sostenuto dal Bilderberg e dalla Trilaterale, come rivelò il fatto che di punto in bianco si mise a parlare la lingua di legno dei trilateralisti, ad evocare una «casa comune europea», e la stampa occidentale (come sempre quando annusa poteri forti) si sdilinquiva a leccarlo e a santificarlo, mentre il popolo russo (d’istinto) lo detestava.

Il dissidente Vladimir Bukovsky, sulla base di documenti del Politburo a cui ha avuto accesso dopo la caduta dell’URSS, è stato più preciso. Riporto qui una sua intervista, pubblicata da questo sito il 27 dicembre 2006:

«Nel gennaio1989 una delegazione della Commissione Trilaterale andò da Gorbaciov a fargli la proposta. Cerano Valery Giscard dEstaing, David Rockefeller, Henry Kissinger… Di punto in bianco Giscard prese la parola e disse a Gorbaciov: ‘Signor presidente, non posso dirle esattamente quando accadrà - probabilmente fra 15 anni - ma lEuropa si sta avviando ad essere uno Stato federale… voi stessi diventerete parte di esso. Dovete essere pronti. E si parlò francamente di come lURSS avrebbe dovuto integrarsi nelle istituzioni finanziarie globali, il GATT, il Fondo Monetario e la Banca Mondiale... LUnione Sovietica avrebbe dovuto ammorbidirsi verso posizioni più socialdemocratiche, mentre lEuropa sarebbe passata ad una socialdemocrazia più socialista».

La chiamarono «convergenza». Giscard d’Estaing (Bilderberg, Trilateral) stava infatti stilando la costituzione europea, quella bocciata dai referendum di francesi e olandesi; il Trattato di Maastricht, l’abbozzo dell’Europa federale o Stati Uniti d’Europa, era in via di elaborazione e sarebbe stato varato nel ‘92, fra le solite leccate e applausi dei media e il consenso dei politici eletti.

Secondo Bukovsky, dietro le quinte gli eurocrati plasmavano le istituzioni della UE « in modo da adattarsi alle istituzioni sovietiche»: tant’è vero che secondo lui oggi «La Commissione Europea è identica al Politburo: un governo i cui membri non sono eletti dai cittadini, e che non risponde a nessuno. E il parlamento europeo è come il Soviet supremo».

Eppure, Gorbaciov fallì. Intervennero imprevisti: la liberalizzazione della Thatcher ebbe successo e fu adottata da Reagan, la parte vincente dell’oligarchia capitalista scelse quella svolta come più profittevole al business; in USA, la casta degli ebrei trotzkisti influenti nella stampa, nel  sottogoverno, nei think-tank e nella compra di voti, si tramutò in neocon, ultraliberista, bellicista, che sostituì alla rivoluzione permanente l’esportazione della democrazia armata (che è sempre trotzkismo, ma di segno diverso). Ai russi ignari fu imposto (da Jeffrey Sachs della scuola di Chicago, incautamente assoldato come consulente da Eltsin) il «passaggio istantaneo al mercato», con il saccheggio conseguente delle risorse privatizzate da parte dei Rothschild e complici.

 Ma insomma, l’integrazione semi-socialista di UE e Russia non si ebbe. Segno che il Bilderberg e la Trilaterale non sono onnipotenti e onniscienti. Noi viviamo ancora sotto la deriva neocon, di cui il capitalismo speculativo senza legge, e il potere totale dei banchieri d’affari sulle amministrazioni americane è un derivato ideologico – analogo alle guerre d’invasione senza diritto, alla democrazia delle bombe. È infinitamente peggio, ma non è il progetto di Kissinger e di Giscard.

Sono convinto che falliranno anche Monti, Draghi e Papademos. Falliranno, cioè, a mantenere la solvibilità degli Stati-debitori alla cui testa sono stati messi, e a darci la crescita senza cui il debito pubblico diventa insostenibile. Come tecnici del sistema che non sono mentalmente capaci di superare, sono pronti a riconoscervi degli errori tecnici: i subprime, i CDS nudi, le vendite allo scoperto magari. Per loro, basterà iniettare un pò di sobrietà, qualche regolazione dei mercati, qualche controllo dell’indebitamento, perchè tutto riprenda a funzionare correttamente.

Anche Soros, anche Warren Buffett cominciano a denunciare le follie dei mercati; segno che qualche correzione i loro delegati tecnocrati la faranno; è permesso ciò che fino a ieri era dogmaticamente vietato.

Ma già si vede che non funziona. Draghi ha abbassato i tassi primari, e nonostante ciò i tassi dei debiti pubblici s’involano al cielo. Magari, si arriverà a far sì che la BCE compri debiti pubblici con moneta creata dal nulla, nella convinzione che il lassismo monetario sia una risposta alla crisi (che  ne è il frutto) che il debito serva a riavviare i consumi e perciò la crescita. Tutto, tutto, tranne  «restituire alla funzione monetaria il suo carattere di bene pubblico»; tutto tranne il divieto della riserva frazionale con cui le banche creano liquidità nelle fasi di boom, e la distruggono nei momenti di depressione, quando la moneta occorre (1).

Non ce la fanno a pensarlo. Sbatteranno contro il muro della realtà che il sistema ha creato,  l’impagabilità dei debiti. La vaporizzazione della moneta creata ex nihilo.

Sarà quello, dopo la tragedia, il momento in cui si tornerà ad un’economia sana?

Il sistema – nel suo aspetto ormai impersonale – mantiene nelle sue viscere il solito, antico progetto: ci diranno che la salvezza è nella creazione di una moneta unica mondiale; che se la crisi non passa ma si aggrava, è perchè bisogna instaurare gli Stati Uniti del Mondo, con una sola Banca Centrale e un solo governo globale, che sarà come la Commissione Europea, il super-Politburo non eletto da nessuno e che non risponde a nessuno.

Già si vuol imporre l’uso della moneta elettronica anche per le piccole spese, e media e partiti applaudono perchè è « la lotta allevasione»; al fondo, c’è il marchio sulla mano, «senza cui non si potrà nè vendere nè comprare». E anche questo sarà votato dai partiti che noi abbiamo eletto, ma che si sono auto-sospesi per via della crisi.

È questa democrazia, queste elezioni, questi politici che mi fanno paura. Più del Bilderberg.





1) Sto alludendo alla proposta avanzata dal celebre economista Irving Fisher (1867-1947) per contrastare la deflazione degli anni ‘30, contenuta nel suo saggio 100% Money. Fisher propose la riserva frazionale al 100 per 100 (ossia: le banche possono prestare solo quanto hanno realmente nei depositi a vista, non 9 volte di più come con la riserva frazionale del 10%), mentre «si restituisca allo Stato, tramite la commissione monetaria, lemissione di moneta...». (Irving Fisher, 100% Money, 1935)

 

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