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Israele perde la campagna-simpatia
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A lamentarsene è il Jerusalem Post (di Murdoch): «La guerra che Israele continua a perdere è la guerra dell’opinione pubblica mondiale, la conquista dei cuori e  delle menti» (1).

A Gaza, per esempio, noi ebrei avevamo tutte le ragioni per bombardare i civili, dice il giornale. Israele ha il diritto di difendersi. Dov’è che abbiamo sbagliato?

Il Jerusalem Post si dà la risposta: «Purtroppo, l’operazione è stata chiamata Piombo Colato (Cast Lead), un’immagine che in lingua inglese risulta controproducente. Il piombo è un metallo associato con l’idea di veleno. Sicchè s’è suggerita l’idea di un piano concepito in modo non-professionale, motivato da pregiudizi e condotto con metodi tossici».

L’errore non sono state le bombe al fosforo, la distruzione di migliaia di case e di tutte le infrastrutture, gli assasinii deliberati di civili, la messa alla fame di un milione e mezzo di inermi; ma la terminologia. Sicchè, dalla «guerra di Gaza, i nemici dipingono Israele come un bullo spietato... Pat Oliphant, il vignettista politico americano, ha dipinto Israele come un nazista stivalato senza testa e senza cuore che divora la piccola indifesa Gaza, e questa vignetta ha fatto il giro dell’America».

Risultato: «Gli Stati Uniti sono sul punto di impegnare Hamas (in trattative) alla pari con Israele. Anzi non alla pari, ma come una entità moralmente superiore... E’ la sconfitta nella nostra guerra per la verità».

Quel che è peggio, rincara il giornale ebraico, stiamo perdendo persino l’appoggio degli evangelici americani, quei 70 milioni di «cristiani rinati» che credono ai loro tele-predicatori ed hanno appoggiato Israele in tutti questi anni, vedendo nel ritorno dei giudei in terrasanta il realizzarsi delle promesse divine e l’avvicinarsi dell’Apocalisse. Ebbene: resta «una minoranza esplicita a fianco di Israele, ma la comunità più ampia non è monolitica. Molti suoi membri sono vogliosi di cambiamento, un impulso simile all’appetito politico che ha fatto vincere a Barak Hussein Obama la presidenza».

Questa sete di cambiamento si vede nel movimento che segue un predicatore come Brian McLaren, autore di un saggio dal titolo che dice tutto: «A New Kind of Christian», un nuovo tipo di cristiano. Si vede in Stephen Sizer, «un pastore che è diventato popolare condannando apertamente il Sionismo Cristiano», e, naturalmente, il mutamento dei cristiani USA si vede «da Jimmy Carter, che accusa Israele di aver commesso un ‘olocausto’».

Il 29 luglio 2007, piange il giornale, è apparsa sul New York Times una «Lettera al presidente Bush dei capi evangelici» (Letter to President Bush from Evangelical Leaders), in cui tali capi evangelici prendevano le distanze dall’appoggio cieco ad Israele e si dichiaravano a favore della soluzione a due Stati. Basta scorrere le firme sotto quella lettera aperta, per capire «che la loro pretesa di rappresentare un gran numero di evangelici è vera» (2).

Il rischio imminente, scrive il Jerusalem Post, è «il riemergere della teologia della sostituzione (l’idea che il cristianesimo sia il «Novus Israel», ndr) che per 1.700 anni ha istigato atrocità contro gli ebrei».

Poveretti, sempre perseguitati. Per fortuna, «uno degli aspetti più grandiosi del giudaismo è che, mentre gli altri parlano, esso agisce», si consola il JP.

«Il governo israeliano ha rafforzato il lobbismo nei Paesi e nei media occidentali. Fa uno sforzo speciale per attrarre i cristiani attraverso il ministero del Turismo e il gruppo “Alleati cristiani” nel parlamento. Le organizzazioni religiose ebraiche fanno un ottimo lavoro nel difendere Israele presso i gentili, e molte organizzaizoni non-profit non sono seconde a nessuno nel proclamare la verità su Israele e nello smentire le menzogne del nemico».

Ma questo non basta, bisogna rendersi più simpatici. Qui, il giornale dà alcuni consigli. Bisogna «portare dalla nostra parte il mondo del commercio. Le notizie su Israele che devono essere diffuse dai media devono parlare di aumentati investimenti (esteri) nelle tecnologie israeliane, spiegare che essi faranno avanzare la medicina, scopriranno nuove fonti di energia, e forniranno acqua e cibo per tutta la popolazione mondiale».

Insomma, Israele è scientifica, è buona, è profittevole e pensa pure a voi goym. Seguono altri consigli del tipo: le lobby ebraiche nei vari Paesi organizzino eventi, invitino i goym, usino internet come strumento-simpatia...

Tra i consigli manca vistosamente il solo forse decisivo: Israele lasci passare i camion di rifornimenti alimentari per la popolazione di Gaza, che continua a bloccare, facendo di Gaza il suo lager.

Proviamo qui ad elencare alcuni dei fatti recenti che contribuiscono a rendere Israele uno Stato poco simpatico.

EL BARADEI ANTISEMITA - Come si ricorderà, nel 2007 Israele bombardò in Siria un sito che asserì essere un reattore nucleare a grafite. La IAEA, l’ente dell’ONU che sorveglia la non-proliferazionenucleare, ha condotto l’inchiesta in loco, trovando solo minute tracce di uranio (che potrebbero essere lasciate dalle bombe israeliane). L’ambasciatore israeliano Israel Michaeli ha accusato pubblicamente El Baradei, capo della IAEA e premio Nobel, di aver condotto l’inchiesta in base a «pregiudizi politici» ovviamente anti-israeliani. El Baradei ha replicato che è proprio l’atteggiamento di Israele «a rendere quasi impossibile  stabilire i fatti sul terreno», dato che Israele non disse subito che quella che aveva bombardato era una centrale atomica, ma solo mesi pù tardi (una scusa? Sopprimete questo pensiero: è  antisemita). Non solo. El Baradei ha aggiunto che il bombardamento «è stato una chiara violazione del diritto internazionale, che si applica ad ogni Paese»; che «Israele non è nemmeno firmataria dei trattati di non-proliferazione»; e che lo Stato ebraico «non può stare a giudicarci, facendo uso del sistema (di non proliferazione) senza essere chiamata a rendere conto» (3).

CARTER ANTISEMITA - L’ex presidente Jimmy Carter ha visitato Gaza, e ha detto di «aver faticato a trattenere le lacrime» alla vista delle condizioni in cui la gente è costretta a vivere lì. Ha visto una scuola pagata dai contribuenti USA e bonbardata dagli eroi sionisti, ed ha detto che essa è stata bombardata «deliberatamente e senza motivo». Alla Knesset, poi, ha criticato Netanyahu, fra l’altro, per la sua pretesa che i palestinesi riconoscano Israele «come Stato ebraico, quando il 20% dei cittadini non sono ebrei». I media israeliani hanno detto che «l’ex coltivatore di noccioline» è mosso dal suo antisemitismo.



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HEDI EPSTEIN ANTISEMITA- Questa  militante per i diritti umani dei palestinesi, dopo aver tenuto una conferenza sul tema alla Missouri Scholar Academy di St. Louis su come Israele tratta gli arabi, è stata picchiata da ignoti mentre tornava a casa. Hedi è una sopravvissuta dell’olocausto ed ha 84 anni. Evidentemente, un’altra antisemita.

LE COLONIE SEMITE - Nonostante le richieste della comunità internazionale (compreso Obama) di congelare l’espansione degli insediamenti ebraici sulle terre rubate ai palestinesi, la Knesset ha stanziato 250 milioni di dollari proprio per l’espansione (di questi, 125 milioni, 90 milioni di euro, sono destinati alla «difesa e sicurezza» di tali insediamenti). E’ una sfida aperta ai goym, dunque tipicamente semita.

LIBANO ANTISEMITA - Israele ha nuovamente violato il territorio del Libano. L’esercito libanese ha denunciato la violazione ed ha dispiegato pattuglie nell’area. Nel comunicato dell’armata libanese si legge: «In chiara violazione di un’area del territorio libanese, e in un tentativo di imporre un fatto compiuto sul terreno, il nemico israeliano ha posto un punto d’osservazione militare a ridosso di Kfar Shouba, nonchè un centro militare in posizione dominante sul lago di Baatael, con ciò violando la linea immaginaria che l’UNIFIL ha delineato, come linea dietro a cui Israele deve ritirarsi. Dato questo atteggiamento provocatorio, l’armata libanese ha dispiegato pattuglie sul confine», aggiungendo che sta esaminando la situazione «insieme agli ufficiali dell’UNIFIL per risolvere questa situazione urgente». Ciò viola la risoluzione ONU 1791, adottata nell’agosto 2006 dopo i 33 giorni di attacchi israeliani al Libano. Tale risoluzione impegna Israele a ritirare le sue forze dal villaggio di Ghajar e delle colline di Kfar Shouba. Israele ha commesso la violazione sotto gli occhi dei caschi blu, fra cui numerosi soldati italiani. E’ una  notizia che i nostri media non hanno dato. E hanno fatto bene. Non sono antisemiti, loro.

LA PUREZZA DELLE ARMI EBRAICHE - Il 19 giugno, una trentina di pacifisti israeliani si sono recati a Safa, in Cisgiordania, per aiutare i contadini palestinesi nelle coltivazioni e per difenderli con la loro presenza. Invece, sono stati gli stessi attivisti ebraici a non potersi difende dal lancio di pietre che i coloni fanatici ebraici hanno lanciato contro di loro. I pacifisti hanno chiesto aiuto al glorioso Tsahal, citando una sentenza della Corte Suprema del 2006, che sancisce che l’esercito israeliano deve proteggere i contadini di Safa dalla violenza dei «coloni». L’esercito israeliano è infatti prontamente interventuo... ed ha arrestato non i fanatici violenti, bensì sette dei pacifisti ebrei. Essi sono stati poi rilasciati, a causa della sopra citata sentenza della Suprema Corte (antisemita, sicuramente). Il giorno prima, gli stessi attivisti ebrei  erano andati sulla «Collina 18», dove i fanatici stanno costruendo un nuovo insediamento. Il glorioso Tsahal, prontamente intervenuto, ha decretato l’area «zona militare chiusa», il che significa che tutti i civili dovevano immediatamente lasciarla, sotto pena di arresto. I pacifisti sono stati portati via a forza, e i «coloni» talmudici no. Forse non sono civili, dopotutto. Su questo episodio, i pacifisti hanno diffuso anche un video:

COME FARSI AMICI GOYM - Il giornalista britannico Stuart Littlewood (4) ha lamentato che tantissimi parlamentari inglesi sono entrati nel gruppo chiamato «Amici di Israele». Ecco le sue parole: «.... Diventare Friend of Israel è un gradino necessario per salire a più alti uffici. Con l’effetto che sostenitori di una potenza straniera sono profondamente inseriti nel tessuto della vita politica e del governo. Diciotto mesi fa un gruppo di universitari preoccupati ha scritto allo Standards Committee (la commissione parlamentare sui comportamenti dei politici, ndr) lamentando la «penetrazione» di Israele nel sistema politico, e come tale penetrazione impedisca alla Gran  Bretagna di mantenere una posizione politicamente oggettiva negli affari del Medio Oriente, e nelle continue violazioni dei diritti umani dei palestinesi. Gli accademici chiedevano alla Commissione un’inchiesta urgente sulle attività dei Friends of Israel. Il presidente sir Christopher Kelly ha rifiutato, senza dirne il motivo. Diversi membri della Comissione risultano legati ai Friends of Israel (...). Il Conservative Friends of Israele (CFI) contra fra i suoi 2 mila membri, l’80% dei parlamentari conservatori; è il più grosso gruppo del partito. Nel sito web del CFI, nella rencente campagna per le elezioni europee, è apparsa questa frase: «Il CFI  ha sviluppato una speciale programma di briefing settimanali, eventi con oratori e offerte di partecipare a delegazioni in visita ad Israele. Il CFI incoraggia tutti i membri ad aiutare a fare campagna per i nostri candidati...». Anche l’Italia ha una «Associazione Amici di Israele» (ADI) con centinaia di parlamentari affiliati. Anche l’ADI fornisce eventi, crea mobilitazione, e regala viaggi in Israele sotto la guida della straniera Fiamma Nirenstein, di nazionalità israeliana. Un’organizzazione Amici di Israele esiste anche nel parlamento europeo, con le stesse metodologie e tattiche: evidentemente una strategia unica, dettata da Sion. Recentemente, un membro di Amici di Israele Italia, tale Davide Romano, ha annunciato, contro le «ronde nere» (?), di voler ricreare la Brigata Ebraica. Per la «destra», fra gli amiconi di Israele vanno segnalato Gianfranco Fini, Fabrizio Cicchitto, Carlo Giovanardi, Margherita Boniver, Paolo Guzzanti (il senatore-comico), Gabriella Carlucci. Per la sedicente sinistra, segnaliamo i senatori del Pd Francesca Marinaro, Pietro Marcenaro, Roberto Di Giovanpaolo, Roberto Della Seta, Albertina Soliani.

LE SOLITE SPIE IN USA - Wayne Madsen segnala (5): cellule di giovani agenti israeliani continuano ad aprire piccoli chioschi in cui fingono di vendere «cosmetici del Mar Morto», in shopping center vicini a basi militari americane. Uno di questi chioschi opera attualmente al Mac Arthur Center Mall di Norfolk, Virginia, dove c’è una grossa base navale. E il personale militare viene importunato da giovani israeliani, che attaccano discorso e chiedono dove i militari sono stazionati, qual è il loro lavoro nella base, eccetera. Giovani donne israeliane che lavorano al chiosco  «sembrano disposte a stringere relazioni personali più strette con il personale della base».

Nei mesi precedenti l’11 settembre, l’FBI e la DIA segnalarono che decine di giovani israeliani avevano allestito chioschi vicino a basi militari, e che facevano domande sospette sulle attività del personale. In quei casi non vendevano cosmetici israeliani, ma giocattoli chiamati «zoocopter». Altri israeliani si presentavano come «studenti d’arte» e bussavano alla porta di casa di funzionari e ufficiali USA e – con la scusa di vendere dei quadretti che sostenevano dipinti da loro (in realtà Made in China) – curiosavano sulla disposizione dell’appartamento, ficcavano il naso, curiosavano.

Nel marzo 2001 il National Counter Intelligence Center segnalava: «Nelle ultime sei settimane, impiegati di uffici federali in tutti gli Stati Uniti hanno riportato attività sospette da parte di individui che si presentavano come studenti stranieri venditori di oggetti d’arte. Sia maschi sia femmine sono stati colti nel tentativo di eludere la security e di entrare negli edifici federali». Parecchi di questi furono fermati – risultarono soldati israeliani che avevano appena terminato il servizio militare in unità d’intelligence – e poi, naturalmente, rilasciati.

Il fatto che tanti loro colleghi siano tornati a curiosare in USA, che cosa vorrà dire? Un nuovo 11 settembre?

Certo è che ciò non rende Israele lo Stato più simpatico del pianeta. Anzi. Nonostante tutti gli sforzi della campagna-simpatia, i soldi spesi e l’arruolamento di politici amici, Israele è stato giudicato il quarto fra gi Stati più pericolosi del mondo (6), in una lista di 144; peggio di Israele ci sono solo la Somalia, l’Afghanistan e l’Iraq (i due Paesi sotto occupazione americana, si noti). La classifica non viene da un giornale antisemita, ma dall’Economist. La Economist Intelligence Unit stila questa lista non già in base a sondaggi d’opinione, ma in base a 23 criteri oggettivi, fra cui: guerre esterne, conflitti interni, rispetto dei diritti umani, numero di persone in prigione, grado di democrazia, eccetera.

Un bello smacco per «l’unica democrazia del Medio Oriente» essere giudicata dall’Economist più pericolosa, poniamo, della Giordania, dello Yemen o dell’Egitto. Anzi, Israele è scesa di un gradino rispetto all’anno scorso.

Non a caso il turismo in Israele, dall’operazione Piombo Colato in poi, è letteralmente crollato: meno 27% di presenze, e il tasso di occupazione delle camere d’albergo è caduto del 18%. Persino gli Amici d’Israele non hanno tanta voglia di visitare l’unica democrazia rabbinica dell’apartheid. Il ministero competente ha reagito con aggressive campagne pubblicitarie in tutta Europa.

Per esempio, nel metrò di Parigi ha fatto affiggere manifesti giganti in cui si vede la carta dello Stato sionista: la Grande Israele sognata dai fanatici, creata con l’occupazione di tutti i territori palestinesi e di pezzi di Giordania e Siria. Tanto per rendersi simpatici.




1) Brian Schrauger, «Israel is losing the PR war so badly that even evangelical support is eroding», Jerusalem Post, 15 giugno 2009.
2) Ecco la lista dei firmatari disillusi da Sion: Ronald J. Sider, President Evangelicals for Social Action. Don Argue, President Northwest University. Raymond J. Bakke, Chancellor Bakke Graduate University. Gary M. Benedict, President The Christian & Missionary Alliance. George K. Brushaber, President Bethel University. Gary M. Burge, Professor Wheaton College & Graduate School. Tony Campolo, President/Founder Evangelical Association for the Promotion of Education. Christopher J. Doyle, CEO American Leprosy Mission. Leighton Ford, President Leighton Ford Ministries. Daniel Grothe, Pastoral Staff New Life Church (Colorado Springs). Vernon Grounds, Chancellor Denver Seminary. Stephen Hayner, former President InterVarsity Christian Fellowship. Joel Hunter, Senior Pastor Northland Church Member, Executive Committee of the NAE. Jo Anne Lyon,
Founder/CEO World Hope International. Gordon MacDonald, Chair of the Board World Relief. Albert G. Miller, Professor Oberlin College. Richard Mouw, President Fuller Theological Seminary. David Neff, Editor Christianity Today. Glenn R. Palmberg, President Evangelical Covenant Church. Earl Palmer, Senior Pastor University Presbyterian Church Seattle. Victor D. Pentz, Pastor Peachtree Presbyterian Church, Atlanta . John Perkins, President John M. Perkins Foundation for Reconciliation & Development. Bob Roberts, Jr., Senior Pastor  Northwood Church, Dallas. Leonard Rogers, Executive Director Evangelicals for Middle East Understanding. Andrew Ryskamp, Executive Director  Christian Reformed World Relief Committee. Chris Seiple, President Institute for Global Engagement. Robert A. Seiple, Former Ambassador-at-Large, International Religious Freedom U.S. State Department. Luci N. Shaw, Author, Lecturer  Regent College, Vancouver. Jim Skillen, Executive Director  Center for Public Justice. Glen Harold Stassen, Professor  Fuller Theological Seminary. Richard Stearns, President World Vision. Clyde D. Taylor, Former Chair of the Board  World Relief. Harold Vogelaar, Director Center of Christian-Muslim Engagement for Peace and Justice. Berten Waggoner, National Director Vineyard USA.
3) Israel accuses U.N. nuke agency of ‘bias’, Jewish Telegraphic Agency, 18 giugno 2009.
4) Stuart Littlewood, «Mucking out» British politics»,Redress Information & Analysis, 1 giugno 2009.
5) Wayne Madsen, «Mossad still stalking malls near U.S. military bases», Online Journal, 19 giugno 2009.
6) Giorgio Beretta, «Global Peace Index: l’Italia perde otto posizioni, terzultima in Europa», Unimondo, 4 giugno. Per quanto riguarda noi, «L'Italia perde in un anno otto posti a livello internazionale (dal 28mo al 36mo) e nell'Europa occidentale ricopre la terzultima posizione seguita solo da Cipro e Grecia: lo riporta il 'Global Peace Index' (Gpi), l'indice che misura "il valore economico-sociale della pace" redatto dall'Institute for Economics and Peace in collaborazione con la divisione analisi commerciale del settimanale finanziario The Economist. Nella classifica internazionale che comprende 144 Paesi i primi tre posti sono assegnati a Nuova Zelanda, Danimarca e Norvegia, mentre gli ultimi annoverano Sudan, Israele, Somalia, Afghanistan e Iraq. Il peggioramento dell'Italia non è da sottovalutare se si considera che di norma se un Paese avanza in classifica di dieci posizioni, aumenta la qualità di vita dei suoi cittadini e cresce anche il PIL pro capite. Tra le peggiori performance dell'Italia in rapporto ai principali Paesi europei come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna vi sono "il funzionamento del governo" (6.43 rispetto agli 8.57 della Germania), la "percezione di corruzione" (4.8 rispetto ai 7.9 della Germania), il "livello di criminalità" (3 rispetto all'1 di Francia e UK) e l'uguaglianza tra i sessi (0.65 rispetto a 0.76 della Germania). Secondo il 'Global Peace Index', nel mondo occidentale e tra i Paesi economicamente avanzati peggio dell'Italia figurano solo gli Stati Uniti che sono fortemente penalizzati da spese militari, alta popolazione carceraria e facilità di accesso alle armi».


 

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