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Neonazisti pagati da ebrei, ed altre falsità
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Ezra Levant, giornalista e scrittore ebreo-canadese, lo rivela nel suo ultimo libro, «Shakedown»: negli anni ‘60, il Canadian Jewish Congress organizzò e finanziò un «partito neonazista canadese» allo scopo di creare l’allarme sociale necessario a far varare la legge che restringe la libertà di espresione, sotto il nome di «hate speech» (1).

E’ una vecchia storia, se vogiamo, ma sempre istruttiva.

Nel 1965 il Canadian Jewish Congress assunse John Garrity, un ex agente di polizia, incaricandolo di infiltrare il Canadian Nazi Party, un partitino oggi (e da tempo) defunto. Meno di un anno dopo Garrity divenne il numero due del partitino, e trasformò «quella dozzina di falliti inconcludenti» (rag-tag band of losers) e di adolescenti in una organizzazione capace, con le sue imprese, di far notizia sui giornali.

canadian_nazi_1.jpgNiente di particolarmente violento: piccole parate in divisa bruna con la svastica al braccio,  volantinaggi inneggianti al Reich. Il maggior successo della demoniaca organizzazione, se vogliamo chiamarlo così, fu un raduno a Toronto il 30 maggio 1965 (per cui i neonazisti avevano chiesto l’autorizzazione al Comune) che attirò una imprevista folla di 4 mila persone: quasi tutti ebrei, che si misero a pestare selvaggiamente la piccola banda di falliti e, per giunta, i membri di un club di motociclisti che passava di lì e che presero erroneamente per nazisti. Otto ebrei furono arrestati per le violenze.

Ciò bastò perchè il Canadian Jewish Congress emettesse un comunicato che diceva: «Toronto subisce la provocazione di una dimostrazione pubblica nazista... Ciò pone una minaccia alla pace e all’ordine. Per i cittadini di Toronto, ci può essere solo una risposta: condannare totalmente gli atti dei neonazisti, e far subire loro il peso dell’opinione pubblica oltraggiata».

Tutti i giornali ne parlarono, chiedendo misure draconiane. Il parlamento istituì una commissione speciale, detta Commissione Cohen,  che varò in tutta fretta la legge attualmente vigente (sezione 319 del codice penale, e sezione 13 della Legge Canadese sui diritti umani), la quale vieta la diffusione di discorsi o articoli, idee o espressioni che possano configurarsi come «parole di odio».

La Commissione Cohen diede a questo «odio» penalmente perseguibile la più vasta e generica accezione possibile: condanna espressioni del pensiero che possano «indurre negli individui soggetti a ostilità razziale o religiosa malessere psicologico, perdita di auto-stima, sentimenti di rabbia e di offesa e una forte pressione a rinunciare alle differenze culturali che li rendono distinti e diversi».

Nel crimine viene compreso ogni discorso che possa, «anche in modo sottile, convincere gli  ascoltatori che i membri di un certo gruppo razziale e religioso sono inferiori». Si noterà che  la legge non condanna azioni oggettive, ma viene appliata sulla base di stati d’animo soggettivi: sono le presunte vittime a farla scattare, dichiarando che qualche espressione ha provocato in loro «malessere psichico, perdita di auto-stima», e la voglia di «abbandonare le specificità culturali che li rendono distitnti». Anni dopo, questa legge è stata estesa ad internet.

Le rivelazioni di Ezra Levant non sono una novità assoluta. Già nel 1966 John Garrity, il poliziotto assunto dal Congresso Ebraico per allestire la provocazione, aveva dato una intervista al periodico canadese Maclean’s raccontando come era divenuto membro del partitino neonazista e come  avesse fornito al Congresso Ebraico non solo la lista dei membri, ma tutte le informazioni in anticipo sulle iniziative che il partito intendeva prendere. Del resto, lui, Garrity, era il numero 2, «l’Heinrich Himmler» (parole sue). Quando al numero 1, l’«Hitler», trattavasi di John Beattie, un disoccupato di 24 anni. Garrity divenne la sua guardia del corpo, il suo autista (con la sua auto: Beatty ne era privo), il suo propagandista e il suo addetto stampa: riusciì a fare intervistare il suo «Hitler» da giornali importanti, e persino da Playboy. Insomma ne fece una figura di primo piano. Che guadagnò dalla sua popolarità sei mesi di galera.

Garrity ammise già allora che il partitino nazista canadese non complottò nè attuò mai alcuna azione violenta o illegale. «Anzi, sono gli estremisti antinazisti che hanno regalato a Beattie la pubblicità a cui aspira. Se non fosse stato per i disordini, le aggressioni e le pubbliche manifestazioni di costoro, non ci sarebbe notizia», disse.

Per  il suo lavoro come «Himmler», Garrity (ora defunto) ammise di aver ricevuto dal Congresso Ebraico 200 dollari canadesi al mese per 13 mesi: pari a 17 dollari ai valori 2009.

Su Beattie è da allora calato il silenzio. Anzi no. Il suo nome è tornato alla luce nel novembre 2008,  in relazione al processo contro Ernst Zundel, più volte incarcerato per negazionismo dell’olocausto.   In quell’occasione Paul Fromm, della Associazione Canadese per la Libertà d’Esporessione,  ottenne che la corte dei diritti umani chiamasse a testimoniare l’ex capo nazista Beattie: questa persona, annunciò Fromm, «potrà rivelare come fu uno zimbello e una pedina e come le azioni del suo gruppo furono suggerite da un personaggio (Garrity) che agiva per conto del Congresso Ebraico Canadese... Vi rivelerà come l’agente del Congresso Ebraico lo ha trascinato a violazioni illegali che lo hanno portato in prigione per sei mesi. E come l’agente proponesse azioni calcolate per causare angoscia fra gli ebrei, onde usarla come argomento per la legge contro lo “hate speech” del 1971».

Convocato in udienza, Beattie non si presentò a testimoniare. Del resto oggi, a 64 anni, lavora come ragazzo d’ufficio in uno studio legale tirando la vita coi denti. Non ha più voglia di popolarità.

Ezra Levant, nel suo libro, racconta che questo tipo di provocazioni non sono finite. Morto e sepolto il Canadian Nazi Party, adesso il controspionaggio canadese ha infiltrato un altro gruppuscolo, The Heritage Front. Dice anche il nome dell’agente provocatore del CSIS: Grant  Bristow, che è diventato dirigente del gruppo e lo usa per creare la paranoia necessaria che ha portato all’estensione della legge anti-odio ad internet.

Anzi, aggiunge Levant, è la Commissione Canadese per i Diritti Umani, il tribunale speciale che - nella sua attiva ricerca di colpevoli da incriminare per razzismo verbale - infrange la legge che applica. Per esempio, un membro di questa commissione di nome Richard Warman, è stato recentemente colto sul fatto mentre postava sul sito dei suprematisti ariani americani, Stormfront.org, frasi come «Gli ebrei sono schifezze» (Jews are scum). Warman s’è difeso asserendo che l’aveva fatto per raccogliere notizie sui veri nazisti che gli scrivevano simpatizzando con il suo «hate speech». Si noti che questo Warman è stato il querelante di tutti i crimini giudicati dalla Commissione o corte per i diritti umani, e ci ha guadagnato migliaia di dollari. Ora è stato  licenziato dalla Commissione. Il Congresso Ebraico Canadese lo ha insignito di un premio speciale per le sue fatiche nello smascherare neonazisti, e farli venire allo scoperto dovunque si celino.

Rabbi Leuven Bulka, attuale presidente del Congresso Ebraico Canadese, ha dichiarato che quelle del giornalista Levant sono tutte fantasie.

NIENTE INCHIESTA PER L’ATTENTATO «ISLAMICO» DI LONDRA - Da quattro anni le famiglie delle vittime dell’attentato alla metropolitana di Londra (firma islamica, 52 morti) chiedono invano una «inchiesta indipendente» (ossia non condotta dal governo)  sull’accaduto. Hanno anche fatto appello all’Alta Corte (la corte costituzionale) per l’ostinato rifiuto del potere politico. Questa non è una novità: anche per l’attentato di «Al Qaeda» dell’11 settembre, le famiglie e i sopravvissuti non hanno avuto una inchiesta indipendente.

La novità è che alla richiesta dei familiari dei morti si è associato, a Londra, l’ex vicecapo dell’antiterrorismo di Scotland Yard, Andy Hayman, che in quel giorno del 2005 era vice-commissario per le operazioni specali della polizia londinese (2). Nel suo libro appena uscito, «The Terrorist Hunter», egli dichiara di «essere a disagio» per la posizione ufficiale, secondo cui un’inchiesta indipendente che un’inchiesta sottrarrebbe risorse alla lotta al terrorismo.

«Fatti molto meno gravi hanno portato ad una inchiesta indipendente: un incidente ferroviario, una morte in custodia, altri attentati. Perchè non si deve fare piena e pubblica luce luce sulla morte di 52 passeggeri  nel metrò di Londra?».

Una inchiesta indipendente, secondo i familiari dei morti, dovrebbe rispondere alla seguente domanda: come mai il presunto capo della cellula terroristica, l’insegnante trentenne Mohammed Sidique Khan, benchè fosse fotografato, pedinato e persino intercettato dall’MI5, sia stato poi lasciato libero di compiere l’attentato. (All’epoca si disse che Khan, inglese di origine pakistana,  era addirittura un informatore dei servizi  britannici).

C’è stata un’inchiesta della Commissiome Intelligence and Security, che qualche settimana fa ha scagionato l’MI5, sancendo in un suo rapporto che la decisione di non fare di Khan l’oggetto di arresto fu «comprensibile e ragionevole». Ma questo rapporto è stato elaborato da un comitato di esperti interamente nominati dal primo ministro, e ha raccolto le prove e gli indizi in segreto, cosa che la stampa inglese ha criticato. Ora l’ex dirigente dell’anti-terrorismo Andy Hayman appoggia queste critiche.

A questo si aggiunge la recente querela presentata da Jamil Rahman, un impiegato statale inglese che nel 2005 andò in Bangladesh per sposare una donna di laggiù. Invece, a dicembre, fu arrestato dalla polizia bengalese, denudato e picchiato perchè confessasse.

«Volevano che ammettessi che ero di Al Qaeda e che avevo organizzato l’attentato (di Londra) del 7 luglio 2005. Mi minacciarono che, se non parlavo, avrebbero violentato mia moglie e incendiato la casa della sua famiglia... Anche l’ufficiale dell’intelligence bengalese che mi interrogava ammise che non sapevano niente di me, che facevano questo perchè lo chiedevano gli inglesi».

Jamil Rahman ha presentato denuncia contro il ministero dell’Interno (Home Office), sostenendo che un paio di agenti partecipavano ai suoi interrogatori; essi uscivano dalla stanza quando i poliziotti locali lo pestavano, poi rientravano e continuavano a interrogarlo.

Va notato che il massimo dirigente di Scotland Yard nei giorni dell’attentato, Sir Ian Blair, ha ricevuto, negli ultimi otto mesi in cui ha ricoperto la carica, qualcosa come 580 mila sterline, il doppio del suo mormale stipendio annuale. Ed ora sta per andare in pensione con una liquidazione insolita per un «civil servant» inglese, 3,5 milioni di sterline.

LA UE SI PREPARA AL TERRORISMO «INDICIBILE»
- Dati questi precedenti, è con qualche ansietà che apprendiamo che la Commissione Europea ha annunciato il 24 giugno un piano d’azione per «un approccio complessivo ad una minaccia terroristica assoluta: distruzioni di massa per mezzo di armi atomiche o batteriologiche». Il nostro obbiettivo è «prevenire lo scenario più indicibile», ha detto il commissario competente, il politico francese Jacques Barrot (3).

canadian_nazi_2.jpgBarrot guida l’orwelliano «Direttorato Generale Giustizia, Libertà e Sicurezza», che con il nuovo piano - per cui sono stanziati 100 milioni di euro - coordinerà, e quindi unificherà sotto di sè, tutti i vari apparati polizieschi eurocratici, Europol, Eurojust, ed altre agenzie. Questo super-ministero dell’Interno (che supererà per accentramento di poteri anche l’americana «Homeland Security») si occuperà della prevenzione, la localizzazione, la risposta ad un eventuale attentato con armi non convenzionali. Il piano contempla l’attuazione di «130 misure» che non sono specificate. Si tratta, a quel che è dato capire, di una sorveglianza più stretta sulle frontiere della UE per le transazioni di materiale sospetto con personale specificamente addestrato. Altri 300 milioni di euro saranno stanziati per «sviluppare la sicurezza NRBC (Nucleare-radiologica-biologica-chimica) in Paesi terzi». Perchè, sussurrano a Bruxelles, solo il 20% dei siti russi di armi nucleari sono correttamente sorvegliati, ma anche una parte di centri di ricerca militare e civile in Europa occidentale. Il piano entrerà in vigore dal 2010.

La presa di controllo e la restrizione di movimento dei sudditi europei sarà così accentuata grazie a questo super-ministero, a cui non basta il mandato di cattura europeo. Se poi avverrà l’indicibile, o un false-flag, ricordatevi che dobbiamo tutto al Dipartimento per la Giustizia, Libertà e Sicurezza. Esso veglia su di noi.

CHUTZPAH IN BREVE

NEW YORK: L’ambasciatrice israeliana all’ONU, Gabriela Shalev, ha scritto un’aspra lettera al segretario dell’ONU per criticare il rapporto sulla guerra di Gaza, in cui John Holmes, il capo della sezione affari umanitari delle Nazioni Unite, elenca le gravi violazioni del diritto di guerra da parte dello Stato ebraico. Il rapporto, lamenta la Shalev, «non fa alcuna menzione degli straordinari sforzi di Israele per  evitare perdite tra i civili». Nell’aggressione di Gaza, Israele ha ucciso 1.440 palestinesi, di cui 431 bambini e 114 donne. Sul suolo sono rimaste 75 tonnellate di uranio impoverito.

TEL AVIV - Le manifestazioni in Iran destabilizzano gli sforzi di demonizzazione, scrive Haaretz: «Di colpo, pare che ci sia un popolo iraniano. Non solo tecnologia nucleare, ayatollah estremisti o il negazionista Ahmadinejad (…). Il grande nemico ben confezionato in un contenitore sciita inegralista e nucleare sta disfacendosi (...). Tanto più quando si comincia ad avere il vago sospetto che la questione di un Iran nucleare non pone una minaccia così grave come ci davano a credere».

MOSCA - Se Israele non vuole che vendiamo i missili S-300 all’Iran, ha detto il presidente russo Dmitri Medvedev, ha un modo semplice per farlo: può comprarli al suo posto, o convincere qualche altro Paese ad acquistarli, ad esempio l’Arabia Saudita. Medvedev ha così risposto alle troppo insistenti richieste del ministro degli Esteri israeliano, il razzista Avigdor Lieberman. La Russia ha firmato un contratto da 800 milioni di dollari per vendere all’Iran sistemi S-300 (che non ha ancora consegnato). Questi missili terra-aria per la difesa anti-aerea possono intercettare missili da crociera e balistici e caccia per un raggio di 196 chilometri e fino a 27 chilometri di altitudine. Il modello più sofisticato è in grado di localizzare fino a cento bersagli simultaneamente.




1) «Canadian Jewish Congress organized nazis», The Right Perspective, 15 giugno 2009.
2) Sean O’Neill, «Call for public inquiry into 7/7 from former head of counter-terrorism», Times, 20 giugno 2009.
3) Jean-Pierre Stroobants, «Un plan européen pur le ‘scénario le plus effroyable», Le Monde, 25 giugno 2009.


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