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Urla per i minareti, silenzio su SWIFT
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Quanti clamori mediatici sul referendum svizzero che ha vietato la costruzione di minareti. «Colpo alla libertà religiosa», condannano uniti UE e Vaticano. Quanta indignazione ipocrita, quanto politicamente corretto. Quanti fiumi di inchiostro, e stridule idiozie. La Lega: mettiamo la croce sul tricolore; difendiamo la nostra identità.

Eppure, lo stesso giorno dell’indignazione, 30 novembre, il ministro leghista Maroni ha svenduto «la nostra identità», insieme a  tutte le nostre informazioni personali, a Washington. Zitto, zitto. Senza clamore.

C’era Maroni nella riunione a Bruxelles dei ministri degli Interni UE che, all’unanimità, hanno deciso di continuare a dare alle Polizie degli Stati Uniti l’accesso ai dati bancari di tutti i 500 milioni di cittadini europei. Le Polizie americane potranno ancora ficcare il naso nei dati di SWIFT, la grande società privata di clearing, la camera di compensazione elettronica con base a Bruxelles, che gestisce i trasferimenti e le comunicazioni fra ottomila banche nel mondo.

In realtà, gli americani ficcano il naso nei dati SWIFT fin dal 2001, con la scusa della caccia ai terroristi islamici e ai loro presunti trasferimenti bancari. Per anni questa forma di spionaggio è andata avanti segretamente; nel 2006, rivelata per caso, ha provocato polemiche e indignazione dell’opinione pubblica tedesca, e delle grandi aziende europee: gli USA s’erano dati enormi possibilità di spionaggio economico, potevano sapere tutto delle mosse di Fiat o Philips, di Volkswagen e di Lufthansa.

I manager di SWIFT, riservatissima ed anonima istituzione, s’erano giustificati: abbiamo ceduto ad ingiunzioni giudiziarie degli USA.

La quantità e gravità delle violazioni della privacy non sono mai state veramente spiegate dagli eurocrati, che hanno insabbiato tutto. Concedendo il permesso agli USA di spiare.

Ora si apprende che il 30 novembre i ministri europei – zitti, zitti – hanno prorogato questo permesso, «legalmente», per altri nove mesi. Der Spiegel è stato uno dei pochi media a dirlo, spiegando che i nostri cari ministri, da noi votati, hanno ceduto alle «massicce pressioni del segretario di Stato Hillary Clinton» e degli ambasciatori USA nelle capitali europee, che sono andati a bussare ai governi «come venditori di spazzole porta a porta».

Evidentemente gli americani ci tengono molto, a questo spionaggio. Si capisce che gli è utile, e non vogliono rinunciarvi.

Il fatto è che i ministri, senza farlo sapere a noi che li abbiamo votati, hanno obbedito ancora una volta a Washington. Almeno i governi tedesco e austriaco, premuti dalla loro opinione pubblica meglio informata di noi, hanno fatto finta di opporre qualche resistenza, prima di cedere.

Il ministro degli Interni tedesco Thomas de Maizière aveva detto a Spiegel: non voteremo «sì» alla proroga, ma ci asterremo. Una foglia di fico, se vogliamo. Ma Maroni invece ha votato sì. Zitto, zitto.

Perchè la decisione è stata presa alla chetichella il 30 novembre? E’ stata un’astuzia del maggiordomo Barroso: perchè dal 1 dicembre andava in vigore il Trattato di Lisbona, e il trattato dà al Parlamento Europeo una qualche (limitata) voce in capitolo su questioni di questo genere: e si sapeva che la maggioranza dei parlamentari (quelli informati, almeno) è contraria a cedere agli americani le informazioni bancarie dei cittadini europei.

Dunque la cosiddetta Costituzione Europea ha esordito subendo una violazione dagli stessi «costituenti», riuniti in segreto per sottrarre al Parlamento anche la sua modesta prerogativa consultiva. E c’era Maroni fra loro.

Al TG serale, abbiamo sentito Maroni dire la sua sul referendum svizzero anti-minareti. Parlava da Bruxelles, dove ci aveva appena venduto; ma non ha detto una parola su SWIFT.
SWIFT sta per the Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, e naturalmente ha posizionato uno dei suoi server negli Stati Uniti, per servire meglio. Certo non farà nulla per far cessare l’intrusione nella nostra privacy la nuova ministra degli Esteri europea, l’obbediente lady Ashton.

Non una parola su Corriere nè su Repubblica, che invece avevano parecchi pezzi dolenti contro gli svizzeri, che hanno (secondo le grandi firme) «violato la libertà di religione» europea. «Ha vinto il pregiudizio, ha vinto la paura», strillano i titoli.

Grandi  interventi di politici nostrani, pro e contro i minareti, religiosamente accolti dai giornali; grandi lodi della «sinistra» a Fini, che è contro gli svizzeri (e la volontà popolare in genere); grandi spazi alle uscite estemporanee dei leghisti, alle loro proposte come sempre vacue, sceme e irrealizzabili, e che nemmeno tentano di realizzare. Ma nulla su SWIFT e su come Maroni ci abbia venduto agli americani.

Maroni aveva un’occasione, finalmente, di difendere «la nostra identità» nel senso più letterale; di fare qualcosa di concreto e realizzabile, votando «no» al permesso della CIA di ficcare il naso nei nostri affari. Ma naturalmente, non ha fatto nulla.

Spiace di non essere svizzeri. Hanno il referendum, loro; hanno ancora la sovranità popolare, la democrazia diretta. Hanno votato perchè non si costruiscano minareti? Hanno fatto benissimo. Che cosa sarebbe il paesaggio svizzero coi minareti? Sarebbe l’Albania. Gli svizzeri sono un popolo prosaico, ma proprio per questo anti-ideologico. Se ne infischiano dei giudizi altrui, del «politicamente corretto» ipocrita.

Ci sono altri modi  più serii e concreti per rispettare i musulmani: fra cui evitare di aggredirne i Paesi e di occuparli per nove anni, di bruciarne i bambini col fosforo, di bombardarne i matrimoni con i droni, di minacciare interi Stati di annichilimento atomico. E la Svizzera, in Iraq e in Afghanistan, non ha mandato nemmeno un uomo. E con l’Iran ha buoni rapporti, ben ostentati.

Gli svizzeri hanno votato anche no ad un altro referendum, che proponeva il divieto di esportare armi. Lo avevano proposto, ovviamente, organizzazioni pacifiste e verdi, le stesse che si sono indignate per il no ai minareti. Nel Paese della Oerlikon, dove l’armamento dà posti di lavoro, nemmeno questo referendum è passato.

Bravi svizzeri, prosaici e concreti. Gli ultimi ad essere impermeabili al politicamente corretto dettato dall’alto, gli ultimi ad esercitare la sovranità popolare e la democrazia. Gli ultimi veri e liberi europei.



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