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La UE è «antisemita»?
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Ecco una notizia che i grandi giornali non pubblicheranno. La nuovissima ministra degli Esteri della UE, lady Catherine Ashton, baronessa di Upholland, ha chiesto nei toni più duri ad Israele di mettere fine al blocco della Striscia di Gaza; ha detto che l’Unione Europea disapprova il Muro di separazione, ed è contraria alle espulsioni di palestinesi dalle loro case a Geruslemme Est. Ha ricordato che per la UE «Gerusalemme Est è territorio occupato, insieme con la Cisgiordania», richiamo implicito alle convenzioni internazionali per cui l’occupante ha la responsabilità della popolazione occupata.

Di più: Lady Ashton  se l’è presa con Tony Blair, che guida (si fa per dire) il cosiddetto «Quartetto» (composto da UE, USA, ONU e Russia) che dovrebbe far avanzare il processo di pacificazione.

«Ho detto personalmente a Blair che il Quartetto deve dimostrare di valere i soldi che costa, che può essere rinvigorito».

Incoraggiati dal discorso di lady Ashton, alcuni membri del parlamento europeo hanno chiesto misure contro Israele, fra cui la sospensione dell’accordo di associazione di Israele nella Comunità. Il parlamentare irlandese Prinsias De Rossa, che è appena tornato da una visita in Cisgiordania, ha affermato che Israele applica «l’apartheid». (Israel: EU official's 'occupation' remark casts pall on ties)

Ai primi di dicembre Israele ha vietato al ministro degli Esteri irlandese Michael Martin di visitare la striscia di Gaza, dove voleva vedere coi suoi occhi gli effetti dell’operazione Piombo Colato e capire le conseguenze del divieto israeliano di fare entrare gli aiuti europei.

«La morte e la sofferenza, la deprivazione umanitaria inflitta al popolo di Gaza come continuazione dell’operazione Piombo Colato non si giustifica in nessun modo e deve finire immediatamente», ha detto Martin. (Israel refuses Irish FM permission to visit Gaza)

Il governo israeliano si è detto «sorpreso, scontento e preoccupato» che «una figura responsabile della UE abbia abbia criticato Israele prima di venire a vedere di persona i fatti. La cosa, hanno detto «getta un velo funebre sui legami» fra Israele e la Comunità.

«L’anti-israelismo è il nuovo antisemitismo», ha proclamato il ministro degli Esteri Avigdor Liberman. Aggiungendo che «l’antisemitismo globale ha superato il segno», cercando di  «distruggere lo Stato ebraico pezzo per pezzo con il boicottaggio accademico e le sanzioni economiche». ('Anti-Israel is the new anti-Semitism' )

Un sobrio articolo sul Jerusalem Post, a firma di Anderson Harkhov, un noto avvocato penale, illustra bene l’atteggiamento dell’opinione pubblica del Paese dell’apartheid di fronte alle richieste europee.

«Non ne possiamo più. Continuamente nella storia Israele è stata invasa, aggredita da bombe di terroristi, colpita da sanzioni, attaccata da missili sparati da terroristi, rapita, sotto attacco di terroristi che si sono fatti saltare, attaccata dagli eserciti di tutti i Paesi arabi. Ogni volta di nuovo Israele ha raggiunto il punto in cui gli assassinii e i disordini erano troppi da sopportare, portandoci ad azioni militari. E’ tempo che Israele risponda sul fronte diplomatico allo stesso modo».
«Non sto suggerendo che Israele attacchi l’Unione Europea per il fatto che la UE sostiene la divisione di Gerusalemme», precisa Harkhov bontà sua, «ma è tempo per Israele di affermare che non ne può più di questa  Europa, nè di chiunque altro abbia la faccia di trattarci come la provincia coloniale, desolata e arretrata, che fu durante i mille anni di occupazione musulmana. E’ tempo che Israele agisca con rabbia e con forza, nel senso diplomatico, e dica chiaro che ci saranno conseguenze per chi vuole imporle soluzioni unilaterali. E’ tempo di insegnare al mondo che, proprio come Israele è giunta al punto da non essere piegata dalla violenza, è giunta al punto da non essere piegata dalla diplomazia (...). E’ ironico che Israele accetti altri insulti dal continente più inzuppato di sangue ebreo di tutto il resto del mondo messo insieme (...). Abbiamo dimostrato di saper tenere testa agli arabi, ma oseremo tener testa ai discendenti di coloro che hanno perpetrato le Crociate, l’Inquisizione, i pogrom e l’olocausto? Non siamo stati capaci di tener testa ai politici concilianti quando l’Europa sacrificò gli ebrei nel vano tentativo di salvarsi da Hitler. Ora che la storia si ripete, e gli europei cercano di sacrificare Israele per conciliarsi gli arabi e l’Iran, possiamo e dobbiamo tener testa alle loro vili azioni. Dobbiamo render loro chiaro che siamo pazzi di rabbia e non sopportiamo più». (We're not going to take it anymore)

ue_antisemita_1.jpgLa presa di posizione di lady Ashton è una di quelle che non troverete sul Corriere della Sera. Gian Antonio Stella si occupa invece del sottoscritto in un suo libro, chiamandomi ripetutamente «antisemita» perchè  ho dato notizie del genere - notizie che cita, per esempio sul potere dei Lubavitcher negli Stati Uniti. Si vede che conosce queste notizie e informazioni, ma anzichè negarne la verità, preferisce insultare chi le dà, anzi invocare la polizia perchè ci faccia tacere. E’ un atteggiamento vergognoso per un giornalista, ma è tipico dei tempi del Quarto Reich mellifluo e ipocrita in cui viviamo: è proprio quando vige un regime che toglie la libertà di informazione che giornalisti «famosi» partecipano con voluttà alla delazione e al linciaggio della sotto-razza del momento.

E’ il tempo in cui la propaganda è totalitaria, tanto da essere riuscita a nascondere all’opinione pubblica  le atrocità commesse a Gaza e ancora in corso, e poi anche a non dare notizia del Rapporto Goldstone, che denuncia quelle atrocità, nè delle manovre per liquidarlo e farlo cadere nel nulla.

E’ il tempo del totalitarismo gelatinoso in cui potete apparentemente dire «tutto», anche tutte le più sconce idiozie, tranne che una cosa: che, sotto i nostri occhi, sta avvenendo un genocidio. Che a Gaza e in Cisgiordania, mentre scrivo, sbattono fuori dalle loro case famiglie palestinesi, bruciano i loro olivi; che i «coloni» hanno appena incendiato una moschea, lasciando sui muri scritte ingiuriose verso la religione e minacce di morte. (Israeli vandals attack West Bank mosque)

Pensate se accadesse in Italia: quanto strillerebbe allora Antonio Stella! Quanto si accenderebbe di alto sdegno! Griderebbe - a ragione - contro il «razzismo lumbard». Il Corriere darebbe a una notizia del genere la prima pagina, ardente di sacro sdegno; si cercherebbero i colpevoli, si indicherebbero i mandanti morali nella Lega Nord, nelle sparate irresponsabili di Calderoli o di Prosperini. Ma accade là, e allora non una parola.

Anzi: con il pretesto offerto dai dementi anti-berlusconiani, si sta cercando di chiudere siti che - a giudizio insindacabile dei persecutori - vengono additati come antisemiti. Persino alcuni amici mi trovano un po’ troppo «antisemita»; altri ci invitano ad essere prudenti: quindi sanno in che tempi vivono, e si adeguano.

Sono ben consapevole del rischio, e dell’etichetta demonizzante che mi viene applicata, preludio alla mia «messa in riga». Ma ritengo che informare su quel che si «deve» tacere è un mio dovere morale.

E’ la lezione che ho imparato proprio dall’ebraismo, che da decenni ci chiede: e voi dove eravate mentre  Hitler ci perseguitava? Avete taciuto, e tacendo avete reso possibile il delitto, il genocidio... Ebbene, io non ero nato e non potevo fare il giornalista nel 1933-45. Sono giornalista in questi nostri anni, e informo sul genocidio di cui sono testimone negli anni in cui vivo: devo dire che un intero popolo è messo alla fame, scacciato, privato dei diritti e della dignità da un regime super-armato e razzista.

Proprio l’essere insultato e minacciato di sanzioni poliziesche per le notizie che dò mi convince che il regime sotto cui vivo somiglia all’altro, che viene definito «male assoluto»: è già accaduto in Europa, nessun giornalista che avesse osato denunciare i delitti nazisti, o i Gulag di Stalin, poteva pensare di farla franca.

Continuo a parlare finchè non mi verrà impedito. Perchè è evidente che il solo risultato delle parole di Lady Ashton sarà una intensificata offensiva della propaganda e della psico-polizia contro quella superstite parte del settore informativo che non è completamente sotto controllo, il web.

L’intervista che Fiamma Nirenstein ha dato al Jerusalem Post è indicativa: «In Europa non abbiamo mai visto tanto antisemitismo come adesso». Ergo stringiamo le viti. ('We in Europe have never witnessed such anti-Semitism before)

La campagna è stata indetta, e l’ordine è arrivato. Il direttore nazionale USA del’Anti Defamation League (ADL) ha dato il via. In un recente discorso, ha detto: «Anzitutto, lasciatemi dire che l’anti-sionismo è antisemitismo. Non ci deve essere discussione su questo. Che cosa è l’anti-sionismo se non la negazione del nazionalismo ebraico? Niente l’ha reso più chiaro che la risoluzione ONU “Sionismo è razzismo”. Ciò che s’intende è che ciò che è permesso, che è degno di lode, che è universalmente accettato da tutti i popoli del mondo - l’auto-espressione, l’auto-determinazione, l’indipendenza, la sovranità - non è permesso agli ebrei. Questo è quel che si vuol dire. Non dice che il nazionalismo irlandese, il nazionalismo congolese o il nazionalismo francese o palestinese è razzista. Dice che il nazionalismo ebraico è razzista. Questo è antisemitismo puro e semplice».

Naturalmente non serve a nulla assicurare che, noi, non siamo ammiratori di nessun «nazionalismo». E che siamo pronti a denunciare «il nazionalismo irlandese» se e quando comincerà a cacciare dalle loro case i non irlandesi, a bombardarli, a metterli alla fame, a bruciarne le chiese, a sparare sui loro bambini, a troncarne gli oliveti. E a negare la cittadinanza irlandese a chi non sia di «razza» irlandese, come fa Israele. Inutile dire che non vogliamo la «cancellazione di Israele», ma che si comporti secodo le regole della civiltà e non completi la pulizia etnica.

Inutile anche obiettare che proprio l’ADL ha denunciato come «razzista» il referendum con cui gli svizzeri hanno deciso che non devono essere costruiti altri minareti nel territorio elvetico. E che in America l’ADL fa campagne per l’eliminazione di segni e simboli in pubblico del Natale cristiano, mentre  promuove programmi scolastici a favore della «diversità sessuale», ossia dei «diritti degli omosessuali». Diritti ai gay sì; ma non si parli dei diritti dei palestinesi: è antisemitismo.

E soprattutto, non servirà ricordare che l’ADL si oppose furiosamente a che il Congresso USA  riconoscesse la strage degli armeni provocata dai Giovani Turchi agli inizi del ‘900 come «genocidio degli armeni». L’ADL mandò allora una lettera aperta ai parlamentari americani  che recitava così:

«... Noi siamo fermamente convinti che una risoluzione del Congresso su questo tema (il genocidio degli armeni) è una diversione controproducente, e non aiuterà la riconciliazione fra turchi e armeni, e può  mettere in pericolo la comunità ebraica turca (e perchè mai!?, ndr) e le importanti relazioni tra Turchia, Israele e Stati Uniti».

Ma più fondamentalmente, Abe Foxman aggiunse: «L’olocausto (ebraico) è qualcosa di diverso. E’ un evento unico. Non è semplicemente un esempio di genocidio, ma un tentativo quasi riuscito di togliere la vita ai figli eletti di Dio e, dunque, a Dio stesso. E’ un evento antitetico alla Creazione come ricordata nella Bibbia; e diretto contrario della creazione com’è ricordata settimanalmente nel Shabbat e annualmente con la Torah, e che perciò deve essere ricordato di generazione in generazione».

ue_antisemita.jpgInutile obbiettare che questa frase è razzista al più alto grado, e con le sue stesse parole Abe Foxman dichiara il proprio razzismo: esistono popoli meno importanti degli ebrei, e il loro genocidio non merita il ricordo. Difatti, Abe Foxman e l’ADL si sono dichiarati contrarissimi alla «cosiddetta soluzione ad uno Stato» (palestinesi cittadini con gli israeliani allo stesso titolo) «perchè è la pura e semplice negazione della legittimità di Israele come Stato ebraico». (ADL Supremacist by its own definition)

Ecco dunque  la verità: per l’ADL, chiedere che Israele diventi uno Stato normale è «antisemitismo». Si deve accettare che resti uno Stato etnico, basato sulla superiorità del sangue ebraico, riconoscergli il diritto di mantenersi tale con l’uso di ogni misura spietata e anti-umana.
Chi non gli riconosce questo «diritto», si macchia di genocidio antisemita.

E’ la stessa argomentazione dettata da Ariel Sharon alla France Presse il 15 novembre 1998: «Non può esserci sionismo, colonizzazione nè Stato ebraico senza l’espulsione degli arabi e l’esprorio delle loro terre».

E’ la politica di Stato, formulata con la ben nota chiarezza: Gian Antonio Stella approva? Certo è che l’approvano la Nirentsein e l’ADL.

E’ la stessa ADL che protesta contro il referendum svizzero, trovandolo «razzista». La stessa che ha bollato come «razzista» Pat Buchanan perchè in un suo saggio («Stato di emergenza - L’invasione del Terzo Mondo in America») ha lamentato che, a causa dell’eccessiva immigrazione, «l’America può perdere il suo nucleo etnico-culturale, diventare una nazione di nazioni, e non sopravvivere».

In che cosa è diversa l’avversione di Buchanan per gli immigrati del Terzo Mondo, dalla volontà di Israele di restare uno Stato «ebraico»? La differenza è se mai che quello di Buchanan è un lamento privato, mentre per Israele è una politica di Stato, effettivamente attuata, e con mezzi ripugnanti.

Come osano criticare gli svizzeri, o Buchanan, coloro che approvano il blocco di Gaza, l’espulsione dei palestinesi dalla Cisgiordania, e ritengono il Muro una necessità per mantenere la natura «ebraica» dello Stato?

Il Terzo Reich non pretese, almeno, di fare la lezione di diritto e di civiltà al mondo. Abe Foxman contesta a tutti gli altri popoli «il diritto all’auto-determinazione e all’auto-espressione», nella stessa frase in cui lo pretende solo per Israele.

Questo è razzismo. E continuerò a dirlo finchè non me lo impediranno.

Ma poichè non si aspetta che un pretesto per farci tacere e rovinarci, non accetterò oltre commenti beceri di lettori - e forse provocatori - che danneggiano questo sito e lo spirito e il senso civile della nostra battaglia. Dò ragione all’amico Stefano, che mi scrive mettendomi in guardia: «Certe frasi muggite da certi cialtroni che si adornano magari di adesione superficiale al tuo pensiero, offendono l’intelligenza, il gusto e Nostro Signore, prima ancora che gli ebrei, oltre ad arrecare danno a te e all’editore».

Non daremo più spazio ai trolls dementi, quest’orda di cavallette che infestano internet e finiranno per far chiudere anche quest’ultimo spazio del diritto e della verità.

Noi non vogliamo «la morte di Israele», ma il suo ritorno nel seno della comune umanità. Non la «morte degli ebrei», ma la fine del loro impazzimento. Noi preghiamo che si ravvedano e vivano.



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