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Bancarotte sovrane: chi comincia?
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«Coloro che prendono le decisioni a nostro nome non hanno ancora capito la misura della crisi che attraversiamo. La capiranno quando non resteranno che rovine e desolazione»: così l’economista Paul Jorion.

Esempio: per aiutare la Grecia, la Merkel pretende che i prestiti europei allo staterello disastrato siano addebitati al tasso del 6%: il che vanifica l’oggetto del piano di salvataggio, che è precisamente di consentire alla Grecia di accedere a prestiti a costo minore di quel che chiede il mercato per i suoi BOT. La Merkel vuol punire la Grecia. Se la Grecia farà fallimento, a soffrire saranno le banche tedesche che, con le francesi, hanno in pancia 120 miliardi di euro di obbligazioni sovrane elleniche.

Ho scritto «se» la Grecia fallirà? Meglio dire «quando». Anche se lo Stato ellenico riuscisse a rifinanziare il suo intero fabbisogno di fondi del 2010 al 6% circa, dovrebbe pagare un sovrappiù di interessi di 1,3 miliardi di euro. Può sembrare poco; invece è schiacciante, dal momento che la Grecia s’è impegnata a ridurre il suo deficit pubblico di 9,5 miliardi nel 2011 e altri 7 l’anno dopo.
Il sovraccosto per interessi del 2011 costerà da solo il 20% dell’aggiustamento in basso del bilancio.

Si tocca qui l’impossibilità matematica di ripagare il debito, tanto più che la crisi globale ha portato una perdita significativa di crescita economica, con la conseguente riduzione dei redditi e profitti e dunque degli introiti fiscali, e invece un aumento permanente di spese pubbliche necessarie, come i sussidi di disoccupazione.

La Grecia farà dunque bancarotta (1) e probabilmente uscirà dall’euro. Ma non prima di aver applicato le misure di austerità imposte dall’ideologia euro-liberista: abbassamento dei salari per aumentare la sua competitività, riduzione dei deficit commerciali insostenibili, ipertassazione per servire i creditori, il che significa recessione assicurata e di lunga durata.

Di più: il salvataggio del debito pubblico greco malamente previsto dall’Europa e dal FMI non tiene conto dei debiti privati, che anch’essi andranno ridotti. L’eccesso di debito privato non riguarda solo la Grecia, ma anche i Paesi che – quando la Grecia cadrà – la seguiranno nell’insolvenza, perchè i prestatori nel panico chiederanno loro tassi impossibilmente cari per prestare i loro soldi: Portogallo, Spagna, Inghilterra. Ed altri. A cominciare dai Paesi dell’Est, a cui le banche britanniche, tedesche, svedesi e austriache hanno prestato a man bassa, indebitandoli in euro (che è rialzato in rapporto alle loro divise).

Sta male la Grecia? Guardate in che stato sono la Lettonia, l’Estonia e la Lituania, la Bulgaria e la Slovenia: le loro economie sono al collasso. Si impoveriscono, e dunque crollano gli introiti fiscali, e dunque non ci sono soldi per pagare i creditori.



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Calo del PIL nel 4° trimestre 2009 rispetto al 4 trimestre 2008



Falliranno anche loro. Il problema sarà delle banche, prima che dei debitori dell’Est: «Nessuno vuol vuole accettare il fatto che i debiti che non possono essere onorati non lo saranno», lamenta Michael Hudson sul Financial Times. Si illudono che i debitori pagheranno, serviranno il debito anche se non possono.

Magari non la Lituania, ma il Giappone, certo, continuerà a pagare. Contrariamente agli altri, il Giappone finanzia il suo enorme debito pubblico, che ha superato quello italiano a livelli stratosferici (oltre il 200% del PIL) con il risparmio interno, dei giapponesi. Il che è parzialmente esatto: solo che gran parte del debito (BOT) nipponico è acquistato dalle banche giapponesi, le quali a loro volta si finanziano presso la Banca Centrale giapponese dando in garanzia... le obbligazioni sovrane (i BOT dei Paesi esteri) che hanno acquistato.

Ora, quanto valgono i BOT sovrani? Sempre meno. Perchè tutti i Paesi, a cominciare dai colossi USA e Giappone, hanno emesso colossali montagne di debito per salvare le loro banche (senza peraltro riuscire ad altro che a farne degli zombies) nel collasso finanziario globale. I titoli in garanzia sono svalutati, dunque la Bank of Japan crea meno denaro per queste «garanzie» sempre più dubbie.

Quel che è avvenuto per gli immobili in USA (hanno perso valore, al punto che i mutui accesi su di essi superano quel valore), sta per avvenire per i Buoni del Tesoro pubblici. Il problema è generale: le banche si sono scambiate miliardi e triliardi di titoli di debito, sovrano e privato, in «garanzia» (è il bello della globalizzazione); quanto valgono queste garanzie può suggerirlo l’organo creato dallo Stato irlandese (altro Paese  pericolante) per salvare le sue banche: acquisterà da dette banche i loro «attivi» (tossici) con uno sconto del 47%. Ciò dà un’idea del livello di svalorizzazione che colpirà le ecoonomie di altri Paesi. Meno attivi, significa meno denaro creato dal nulla dalle banche...

Siamo al punto che il Financial Times valuta che il deterioramento dei bilanci pubblici è divenuto «strutturale» (cioè permanente): tutti i Paesi sviluppati, non solo la Grecia, affrontano una riduzione delle entrate tributarie dovute alla depressione mondiale, mentre aumentano le loro spese pubbliche perchè bisogna dare sussidi a numeri maggiori di disoccupati, pensionati e pre-pensionati, nonchè curare un numero sempre maggiore di vecchi. Misure di spesa pensate come provvisorie nell’idea ottimistica che la crisi economica mondiale fosse passeggera, diventano permanenti. (‘The deterioration in fiscal balances has been structural rather than cyclical’)

E tutti gli Stati le vogliono pagare emettendo, tutti insieme e in una situazione di crisi globale che fa scarseggiare la liquidità, i loro BOT. La Banca dei Regolamenti Internazionali paventa perciò «un improvviso rincaro dei rendimenti dei titoli», perchè gli investitori chiederanno frutti sempre più alti per accettar di comprare debiti pubblici sempre più astronomici.

L’Irlanda, fino a ieri portata ad esempio, ha visto aumentare il suo debito pubblico del 98 % tra i 2007 e il 2009. La Gran Bretagna avrà un debito pubblico di tipo «italiano», 110%, nel 2011. USA e Spagna, attorno al 75-78% del debito rispetto al PIL, non sono lontani da Roma. E i debiti non faranno che aumentare, perchè l’economia non riprende.

La Banca dei Regolamenti profetizza che nel prossimo decennio il debito del Giappone sarà sul 300% del PIL, quello inglese del 200%, quello degli altri (Francia, Italia, USA, Belgio) sul 150%. Di conseguenza, il pagamento degli interessi sul debito – che nei Paesi virtuosi succhia oggi il 5% del PIL – ne divorerà il 10%; e in Gran Bretagna, per il 2040, il 27%. Per onorare quel debito, i Paesi occidentali dovrebbero creare un avanzo primario del 3,5% del PIL e sostenerlo per venti anni almeno: cosa palesemente impossibile.

«I governi dovranno presto scegliere tra rovinare le loro economie e dissanguare le loro popolazioni per rimborsare i debiti, oppure rinegoziare» o ripudiare il debito, dice Michael Hudson. Per lui, la scelta è indubbia: fra gli interessi dei loro cittadini ed elettori asserviti al debito, e gli interessi delle banche (estere per lo più), i politici sceglieranno i primi.

Sarà la guerra mondiale dei creditori contro i debitori. La finanza predatrice ha la meglio per ora, imponendo (con l’aiuto delle Merkel e simili politici) misure draconiane di austerità agli Stati che l’hanno salvata, perchè il loro debito «è insostenibile» ed occorre dunque «rigore» (più tasse più disoccupati, meno investimenti, meno consumi) perchè loro, i finanzieri, possano continuare a succhiare gli interessi.

Le banche mondiali ci vogliono schiavi del debito, che siamo noi a pagare per le loro irresponsabilità.

I contratti di prestito saranno più sacri che la vita delle società, e la salute delle economie, che proprio adesso hanno bisogno di interventi pubblici vigorosi per non collassare nella depressione più grave della storia moderna?

Io credo, più pessimista, che i politici faranno così. Tenteranno di dissanguarci per accontentare i signori della finanza, perchè non hanno capito le proporzioni immense della crisi. Smetteranno solo quando sarà matematicamente impossibile servire il debito, e falliranno l’uno dopo l’altro; e allora sarà tardi per rinegoziare ordinatamente i debiti; si ricorrerà alla monetizzazione e all’inflazione, per diluirli e azzerarli. Chi non ha comprato abbastanza oro fisico se ne pentirà.

Il primo Stato a fallire, può darsi allora che si trovi avvantaggiato. La Grecia, poniamo, smette di onorare il debito ed esce dall’euro: fatto temporaneamente doloroso per la popolazione, ma la svalutazione della dracma nuova sarà tale da renderla competitiva, tutti andremo in vacanza Mikonos e ad Atene.

In alternativa, occorrerebbero figure di politici capaci di stroncare la speculazione con sovrattasse astronomiche sui profitti finanziari speculativi (paghino loro, non i popoli), di esercitare un controllo draconiano sul settore bancario, e di nazionalizzarle. Altrimenti, proprio mentre i Paesi emergenti dell’Asia accelerano la corsa, l’Europa diventa un buco nero, Germania compresa.




1) Il fatto non è così inaudito come si vuol far credere. Secondo uno studio del Fondo Monetario, tra il 1824 e il 2004 sono avvenute 257 bancarotte sovrane. Solo tra il 1981 e il 1990 ben 74 Stati hanno ripudiato il debito, per lo più in Africa e in America latina.

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