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Kosovo e Serbia
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Ricevo lettere sul Kossovo.
Eccone due:

«Gentile direttore,
ho visto che lei non si è espresso riguardo l’indipendenza del Kosovo.
Mi piacerebbe un suo parere al riguardo.
Senza volerla condizionare, mi interesserebbe sapere il suo punto di vista  sulle seguenti questioni:
1 - E’ giusto che un popolo decida per sè?
2 - E’ giusto che in nome del diritto internazionale le ingiustizie della conferenza di Vienna del secolo scorso siano ancora attuali (come la spartizione dell’Albania nella stessa conferenza dopo le guerre balcaniche dell’inizio 1900).
3 - Lei crede che gli albanesi (autoctoni nei Balcani da sempre) siano un popolo mostruoso come è solito dipingerlo dopo il 1991?
4 - E’ possibile che un popolo cosi antico come gli albanesi discendente degli Illiri i quali a loro volta discendenti dei Pelasgi (ne hanno parlato nei loro scritti, Omero nell’Iliade, Erodoto, Esiodo, Tucidide, Dionigi di Alicarnasso, Strabone) non abbia il posto ed il diritto di esistere?
Aggiungo qui che molti scritti in etrusco sono decifrabili solo con la lingua albanese.
5 - E’ giusto che un popolo che ha dato alla storia figure come Pirro di Epirio, Alessandro Il Grande (da parte della madre della tribù illirica di Enkelej), Scanderbeg (il difensore dell’occidente per 25 anni nel 1443) Costantino I, e per finire con madre Teresa di Calcutta e molti altri che non
elenco qui, abbia un trattamento e un disconoscimento tale oggigiorno??
Non le chiedo (senza volerla offendere, forse qui esagero, ma la prego me lo permetta) un parere geopolitico della situazione, perchè credo che l’autodeterminazione sia più importante di certi equilibri che devono essere mantenuti. Vorrei semplicemente un suo parere sull’Albania e come lei
vede e percepisce questo posto e questo popolo.
Mi scuso per l’italiano un po’ zoppicante, ma sono ormai due anni che vivo lontano e inizio a perdere certe nozioni
».

Enton - Tirane Shqiperi

«Caro Direttore,
la seguo sempre con attenzione perchè i suoi articoli sono di una lucidità disarmante e, soprattutto, abituano le persona a vedere un altro punto di vista (nella remota speranza che si ricominci ad usare il cervello).
Vorrei una sua opinione sulla situazione serba.
Da quello che ho potuto leggere e capire della situazione il Kosovo sembra essere la culla della popolazione serba, quindi a tutti gli effetti terra di Serbia come vanno dicendo i politici in questi giorni; quindi non concepisco come tutti questi Stati possano riconoscerlo, indifferenti all’opinione della Serbia.
Per fare un paragone un po’ azzardato, è come se via Paolo Sarpi a Milano si rendesse indipendente perchè è a maggioranza cinese!
Inoltre non posso fare a meno di notare il servilismo della nostra classe dirigente e del nostro popolo nei confronti degli Stati Uniti paragonato all’orgoglio e, se mi permette la volgarità, le PALLE del popolo e del governo serbo
».

Michele C.


Infatti non vorrei dire nulla su Kosovo e Serbia.
Come il conte Ugolino, risponderei: «Tu vuoi che rinnovelli/ disperato dolor che il cor mi preme». Perché io quelle guerre balcaniche, dalla Croazia all’atroce assedio serbo di Sarajevo, fino a Pristina, ai massacri e all’espulsione in massa di centinaia di migliaia di kosovari, le ho viste.
tutte, coi miei occhi.
Ci ho perso degli amici.
Nella Krajna, che i serbi avevano ripulito etnicamente dai croati, sono stato sottoposto ad una finta fucilazione (ma non sapevo che era finta); ho perso degli amici in Croazia e a Sarajevo, di cui ho ammirato la popolazione.
Ho visto i massacri, ho visto cadaveri insanguinati e coperti di mosche, in case in cui i miliziani erano entrati soprattutto per rubare TV e frigo.
Ho sentito le loro giustificazioni «nazionaliste» (il Kosovo culla della patria…), e le ho confrontate coi loro atti, indegni.

In Kosovo, ho visto i serbi espellere centinaia di migliaia di albanofoni nella vicina Albania… tutti i miei giudizi su quella lunghissima sporca faccenda sono frutto di esperienza di prima mano.
E il mio giudizio è netto: i popoli balcanici, con il loro secessionismo irriducibile, sono responsabili delle proprie disgrazie.
E quel che è peggio, vogliono accollare le loro disgrazie a noi vicini.

I serbi hanno fatto cose tali contro i popoli vicini, da aver perso ogni diritto storico ad esercitare una qualunque egemonia nei Balcani.
Invece di cercare soluzioni, di trattare (potevano farlo da posizioni di forza), sparavano, preferibilmente su inermi.
Quando gli inermi croati hanno ricevuto le armi tedesche, sono scappati come conigli.
A Sarajevo hanno fatto di peggio.

In Kosovo, ho ammirato l’autodisciplina dei kosovari oppressi.
Poi ho guardato con orrore quegli stessi kosovari buttarsi a incendiare i monasteri serbi…
Ecco perché sono arrivato a non volermi occupare dei Balcani.
Perché la questione balcanica è insieme insolubile - per la cattiva volontà dei popoli che la compongono - e irrilevante, nel senso che benchè si credano il centro del mondo (tutti, serbi, croati, albanesi, come dimostra la lettera del nostro amico da Tirana), tutte le etnie balcaniche sono irrilevanti.
Solo perché sono incapaci di autogoverno finiscono per provocare l’intervento straniero, per disgrazia di noi popoli vicini.

I serbi si vantano di aver «provocato» la prima guerra mondiale con l’attentato di Sarajevo, ed ora si gloriano che la Russia prenda le loro parti.
Anche allora s’illudevano di provocare l’intervento bellico di Mosca: lasciamo che s’illudano, non guariscono mai.

L’amico albanese manifesta la stessa sindrome che ho visto nei serbi: noi discendenti di Pirro e Alessandro il Grande… poteva aggiungere: Diocleziano era illirico, ossia albanese.
Lasci perdere, noi italiani discendiamo da Cesare, e guardi come ci siamo ridotti.
Rivanga anche la conferenza di Vienna (1918) e le ingiustizie subite; proprio questa tenace memoria, piena di risentimenti per ingiustizie vere o spesso immaginarie, è la causa di tutto.
Spesso nasconde anche un vero razzismo: i serbi hanno brividi di schifo davanti a un albanese… e anche loro rivendicano il Kosovo perché le sue zolle, in un’oscura battaglia contro i turchi nel ‘200, si bagnarono di sangue serbo, ossia di sangue superiore.
No, caro amico albanese, non penso affatto che gli albanesi siano «un popolo mostruoso».
Ma la sua memoria, che spazia nel passato remoto, dovrebbe ricordare i fatti vicini: che la nazione albanese - così ben fornita quanto ad unità di sangue e di storia - si volatilizzò.
Tutti cercarono di venire in Italia, e i primi a scappare furono i soldati e gli ufficiali.
Una nazione deve essere capace di darsi uno Stato - una sovranità - e allora gli albanesi se ne dimostrarono incapaci.

Guardi che sono pronto a gettare la stessa accusa a noi italiani: anche noi siamo, alla prova della storia, incapaci di autogoverno.
Ma mai così incapaci come i balcanici, c’è qui un grado di intensità.
E non è che siano incapaci: è che non vogliono.
I serbi credono di essere forniti da Dio del compito di «comandare» nella Slavia del Sud: ma «comandare» non è opprimere i popoli su cui si comanda, bensì farli partecipare al potere.
Come disse Talleyrand a Napoleone: le baionette servono a tante cose, ma non a starci seduti sopra.

Ora, il «comando» è star seduti, su un trono, magari.
Attività essenzialmente pacifica e pacificante, in cui la violenza è ridotta ad ultima ratio, e in cui «genti diverse» sono chiamate «a fare una cosa grande insieme».
Più che le baionette, il comando vero richiede larghezza di vedute.
Loro non vogliono: vogliono la purezza etnica, vivere tra la propria razza pura, senza estranei.
Il risultato è quello che vediamo.

Ritengo che, quando Milosevic ha buttato fuori quelle centinaia di migliaia di kosovari in Albania (ora i serbi lo negano, ma io c’ero ed ho visto), ha trasformato la questione «interna» (stava ammazzando croati, bosniaci e kosovari da tre anni, pulizia etnica a tutto spiano) in una questione «internazionale», perchè l’Albania è un altro Paese.
L’intervento internazionale era a quel punto inevitabile; nonostante tutte le falle e ambiguità di quell’intervento NATO.
Ora, la situazione ha chiamato glì americani che fanno il proprio comodo, europei che servono gli americani a fanno un po’ di beneficenza.

Qual’è il motivo degli interventi stranieri?
Uno solo: il vuoto di potere.
Quando popoli non sanno governarsi da sé, presto o tardi diventano protettorati di altri.
Accade periodicamente anche a noi italiani.
E spesso è una fazione a chiamare lo straniero contro l’altra.

Una risposta completa sarebbe troppo complicata ed anche troppo marginale per valere la pena di un’analisi.
Non si offenda, ma il Kosovo è comunque marginale, non è indipendente, è sotto tutela, ed è strumento in mano altrui.
La tragedia dei popoli balcanici è quella di credersi il centro del mondo.
Anche i serbi, s’illudono se credono che la Russia  scenderà il guerra per restituire loro il Kosovo.

Dico questo a ragion veduta: le guerre balcaniche le ho viste coi miei occhi dal ‘93, ed ho visto che il particolarismo balcanico è insanabile… e irrilevante, a meno che le vere potenze non lo usino come strumento.
Rispondo all’albanese che chiede: «E’ giusto che un popolo decida per sé?».
Tipica domanda balcanica.
E’ giusto che un popolo decida per sé, ma quando espelle e ripulisce o uccide altri popoli, in nome di memorie antichissime o fantastiche, è ovvio che qualcuno - per i propri interessi - intervenga.
E metta un protettorato.

Ora il Kosovo celebra la sua «indipendenza».
Ma quale indipendenza è?
E’ gestito da americani, da poliziotti e giudici europei; non è indipendenza, ma un protettorato.
E il protettorato nasce dalla non-volontà, serba e kosovara, di addivenire a un accordo reciproco.
Un protettorato, anche se si vanta di essere indipendente, nonostante tutto irrilevante.
E’ una piccola provincia che non può mantenersi senza aiuti internazionali, in cui la classe dirigente si confonde con la criminalità (vale anche per la Serbia e, ahimè, per l’Italia).
E l’irrilevanza vuol dire questo: che serbi, albanesi o kosovari, saranno sempre «gli strumenti di altri».

Credono di agire, e sono agiti da interessi più forti, da visione più larghe dell’etnicismo provinciale. Tutto qui quello che posso dire.
Non voglio più parlarne, perché so che tutti, là, commetteranno di nuovo gli stessi errori e delitti, politici e umani, senza mai guarire.
Da qui la disperazione.

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