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USA: bancarotta nell’estate 2009
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Secondo il sito francese Europe 2020, avverrà entro l’estate 2009:  approfittando di «un week-end prolungato o di una chiusura amministrativa di banche e Borse sul territorio americano per più giorni», sarà «instaurato un New-Dollar», e i creditori degli Stati Uniti scopriranno «che i loro Buoni del Tesoro US e i Dollari US non valgono più che il 10%» (1).

La cessazione dei pagamenti da parte del governo americano è inevitabile, secondo il suddetto gruppo «di anticipazione politica», che ha spesso indovinato le previsioni.

Sì, il dollaro ha visto un rialzo negli ultimi giorni; ma questa, dice Europe 2020, è conseguenza diretta e provvisoria del crollo delle Borse mondiali, e delle valute dei Paesi emergenti. In realtà, la crisi dell’Islanda  offre una visione in provetta del destino americano.

L’Islanda  ha applicato alla lettera tutte le liberalizzazioni e finanziarizzazioni estreme dettate dalla   dottrina liberista terminale; oggi è in bancarotta, e con un’inflazione al 15%, e che salirà ancora.

Per contro, il «battesimo politico» dell’euro ha avuto un certo successo, «e fornisce un’alternativa ‘di crisi’ al dollaro in quanto valore-rifugio credibile».

Il debito pubblico americano si è gonfiato in maniera ormai incontrollabile, con i salvataggi di Fannie e Freddie e i bail-out delle banche da 700 miliardi di dollari; praticamente è raddoppiato di colpo.

«Il collasso in corso dell’economia reale negli USA impedisce ogni soluzione alternativa alla cessazione dei pagamenti».

Basti pensare che il tracollo di Wall Street ha volatilizzato 2 mila miliardi di dollari, ossia il 20% del valore raccolto dai fondi pensione privati, che investono per lo più in azioni, mettendo in pericolo le pensioni di milioni di americani 50-60 enni (2).

Il direttore di «US  News and World Report» e commentatore politico della CNN David Gergen, prevede che il livello di vita degli americani si ridurrà «del 40%», e lui deve saperlo, visto che è membro della Trilateral e del Bilderberg, nonchè amico di Zbigniew Brzezinski.

Europe 2020 prevede «forte inflazione o iper-inflazione negli USA nel 2009», vista l’immane creazione di pseudo-moneta operata dal Tesoro e dalla FED per salvare le amate banche egli speculatori.

Una dichiarazione d’insolvenza degli Stati Uniti, la più grande economia mondiale e il più grande debitore planetario, sarebbe una mossa in qualche modo disperatamente razionale.

Molti economisti, da Roubini  a Brad  Setser (3), si aspettavano una rottura di quel che chiamano «l’equilibrio del terrore finanziario» da parte dei creditori e detentori di BOT americani, anzitutto la Cina.

L’equilibrio del terrore consiste in questo: che la Cina non può vendere i suoi BOT americani di cui è stracolma, altrimenti il maggior compratore delle sue merci, l’America, non ha più i mezzi per comprarle; d’altra parte l’America deve tener conto che la Cina e i suoi creditori asiatici possono distruggere il dollaro in un lampo, se decidono di diversificare e di prendere meno BOT USA.

Setser e i suoi superiori del Council on Foreign Relations  si aspettavano  che la Cina rallentasse piano piano i suoi acquisti di BOT, obbligando il Tesoro americano ad aumentarne i rendimenti, per continuare a renderli appetibili.

Invece il collasso è avvenuto altrove, nello scoppio della bolla immobiliare, e questo ha provocato d’improvviso «un blocco della finanza mondiale ad  un livello mai visto dalla Grande Depressione».

Dunque, perso per perso, il potere americano ha interesse ad anticipare i suoi creditori: l’ultima «guerra preventiva»  USA può essere  appunto la dichiarazione d’insolvenza, che lascerà la Cina, il Giappone, la Russia  e i Paesi esportatori di greggio, con in mano quei  BOT che valgono il 90% in meno, a pagare il conto della crisi statunitense.

Il sito francese invita i responsabili politici di Eurolandia, ma anche quelli asiatici e dei Paesi esportatori di petrolio, di  anticipare l’anticipatore, «si agisce meglio in via preventiva che in stato d’emergenza».

Gli interventi di emergenza degli Stati europei per le proprie banche, benchè necessari a scongiurare «il panico che stava inghiottendo il sistema finanziario», non sono una cura, ma «il trattamento provvisorio di un sintomo». Hanno fatto guadagnare tempo: ma non più di «due o tre mesi al massimo», perchè l’implosione degli USA si  accelera e crea nuove tensioni economiche, sociali e politiche. E purtroppo, i colossali mezzi finanziari dedicati in tutto il mondo alle «riparazioni d’urgenza» della finanza sono altrettante cifre che non potranno essere messe a disposizione dell’economia reale per fronteggiare la recessione globale.

Il fatto  relativamente positivo è che le decisioni e i flussi finanziari avvengono sempre più «al difuori dell’orbita americana» proprio mentre gli USAne hanno più bisogno; ormai il mondo «è sempre più determinato a fare le proprie scelte» senza la soggezione alla superpotenza.

Se l’ipotesi di Europe 2020 è giusta, non si possono nemmeno immaginare i contraccolpi, sia all’interno sia globali, della bancarotta americana: si tratta della virtuale scomparsa degli Stati Uniti, il grande consumatore, la locomotiva che ha trascinato l’economia globale, dalla scena degli scambi commerciali.

Con il «N ew Dollar» svalutato del 90%,  gli americani eviterebbero di pagare il loro immane debito; ma chi farà loro più credito? E quante giacche di Armani, quante BMW, quanti soggiorni turistici e crociere potranno pagare con i New Dollar i consumatori americani, dalle pensioni falcidiate e probabilmente vittime di disoccupazione di massa? Costretti per di più, come contribuenti impoveriti, a pagare i salvataggi degli speculatori operati da Bernanke e Paulson?

C’è di peggio. Bisogna chiedersi se il potere americano - che dispone tutt’ora della massima potenza militare - si rassegnerà alla riduzione della sua egemonia globale, finendo con un gemito anzichè con un grido.

In questa prospettiva, si comincia forse a intuire il senso della «profezia» di Joe Biden, il candidato e probabile vicepresidente democratico a fianco di Barack Obama, a proposito di una «crisi internazionale», una crisi «generata» (così l’ha definita) che metterà alla prova la «stoffa» del neo-presidente nei primi mesi del suo insediamento. «Profezia» confermata anche da Colin Powell, che l’ha prevista per il 21-22 gennaio 2009, anche se (ha detto) «ancora non sappiamo nemmeno cosa sia».

La crisi generata può essere la dichiarazione americana di insolvenza sul suo debito, con la creazione del New Dollar svalutato. Certo una decisione «dura», «impopolare», come ha detto Biden, che farà crollare nei sondaggi la nuova presidenza.

Ma quello a cui hanno alluso gli improbabili profeti Biden e Powell sembra qualcosa di diverso.
Qualcosa che metterà alla prova Obama come la crisi di Cuba del ‘62 mise alla prova il presidente Kennedy.

Fatto significativo, John McCain, il candidato repubblicano, ha ripreso esattamente la stessa profezia di Biden  - come fosse la cosa più normale - per sostenere che lui ha più stoffa di Obama. In uno dei suoi ultimi comizi, ha evocato lo spettro di un conflitto atomico.

Vale la pena di riportare le sue frasi (4).

Anzitutto, ha avvertito i suoi ascoltatori che gli USA hanno di fronte «molte sfide qui in casa, e molti nemici all’estero, in questo mondo pericoloso». E la minaccia si concretizzerà  in modo tale che il nuovo presidente «non avrà tempo di abituarsi alla carica», di fare esperienza. Invece, ha detto McCain, io nella crisi di Cuba c’ero.

«Io sedevo  nell’abitacolo (di un caccia) sul ponte di volo della USS Enterprise al largo di Cuba. Io avevo un bersaglio assegnato. Io so quanto fummo vicini a una guerra nucleare, e io non sono un presidente che abbia bisogno di essere provato. Io sono stato già provato. Il senatore Obama, no».

McCain sembra conoscere la natura della «crisi internazionale generata» prossima ventura. Un atto di guerra. Sia la risposta ad un attentato tipo 11 settembre sul suolo americano, sia un conflitto con la Russia per una causa qualunque (Georgia, Ucraina, i missili in Polonia...) o con l’Iran, sembra trattarsi di una crisi estrema, in cui l’uso di armi atomiche viene perlomeno minacciato.

Non è poi assurdo come sembra.

Lo stato di guerra totale  fornirebbe la scusa al potere americano per  realizzare la sua bancarotta, facendola passare come una «necessità» in «questo mondo pericoloso»; lo stato di guerra consentirebbe di  militarizzare gli americani, instaurare un potere dittatoriale d’emergenza, sottoporre il Paese a legge marziale, e così controllare militarmente i disordini  sociali, i tumulti per il pane e le proteste di piazza (5) che certo seguirebbero la svalutazione del dollaro, la comparsa di una nuova moneta super-svalutata, l’inflazione e la riduzione tragica dei livelli di vita dei cittadini USA.




1) «Alerte crise systèmique globale: été 2009, cessation de paiement du gouvernement américain», Europe 2020, 15 ottobre 2008. Solo dieci anni fa, nell’agosto 1998, la Russia di Eltsin fece bancarotta sui Buoni del Tesoro, e il rublo si svaluto di sei volte rispetto al dollaro. Il 53% della popolazione scese sotto il livello di povertà.
2) Sandra Block, «$2 trillions wiped out of retirement funds», USA Today, 8 ottobre 2008.
3) Brad Setser, «The end of Bretton Woods II?», Council on Foreign Relations, 21 ottobre 2008.
Brad Setser, docente di economia globale ad Oxford, è membro del Council on Foreign Relations, è stato «visiting fellow» del Fondo Monetario, ed  ha lavorato in posizioni di alta responsabilità per il Tesoro USA.
4) Mira Oberman, «McCain raises specter  of nuclear war», AFP, 22 ottobre 2008.
5) Alexander Bolton, «Police prepare for unrest», The Hill, 21 ottobre 2008. «Le polizie di varie città del Paese si preparano per possibili disordini civili e rivolte in vista del giorno delle elezioni.
Gli ufficiali hanno detto che l’elezione, che finirà con l’elezione del primo presidente nero o con la prima vicepresidente donna, richiederà una più forte presenza di polizia. C’è il timore che se Barack Obama perde ed esiste il sospetto di brogli, la violenza possa irrompere nelle città con una grande popolazione nera». Dal primo ottobre una brigata di fanteria, la «First Brigade Combat Team», che era dispiegata in Iraq, è stata richiamata in USA e addestrata per affrontare «disordini civili e di controllo di folle, o a fronteggiare porribili scenari di orrore, come avvelenamenti di massa e risposte ad attacchi chimici, batteriolgici, nucleari». Inoltre, «Homeland Security Secretary Michael Chertoff said the U.S. may be vulnerable to a terrorist attack during the next six months, with violent groups more likely to try to take advantage of a new president and administration. Any period of transition creates a greater vulnerability, meaning there's more likelihood of distraction», Chertoff said in an interview. «You have to be concerned it will create an operational opportunity for terrorists». Un altro profeta: Chertoff ha doppia cittadinana, una è israeliana.


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