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Unificazione occulta Europa-USA
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Entro il 2009, l’eurocrazia ci prepara una sorpresa: assoggetterà noi cittadini all’«Homeland Security», l’orwelliano ministero per la Sicurezza Interna («Sicurezza della patria») creato da Bush e diretto fino a ieri dall’israeliano Michael Chertoff. Quel ministero insomma che presiede al nuovo diritto americano, quello delle «renditions», degli arresti senza accusa, di Guantanamo e Abu Ghraib.

Di fatto, i governi europei accettano di fornire in modo permanente alle autorità USA una serie di informazioni private su ciascuno di noi, a richiesta di Washington: numero di carta di credito, conti bancari, investimenti realizzati, viaggi compiuti, siti internet visitati, e anche informazioni riguardanti la nostra «razza», religione, opinioni politiche e costumi. Il tutto nel quadro della «difesa del territorio». Americano, naturalmente.

I ritocchi finali di questo accordo si leggono in un documento interno del Consiglio d’Europa, dal titolo sibillino «Note from Presidency to Coreper, Final Report by EU-US Hight Level Contact Group on information sharing and privacy and personal protection» , 9831/08, Brussels 28 maggio 2008.

Il Coreper lì citato (l’abbreviazione sta per l’orwelliano «Comitato dei Rappresentanti Permanenti») è il principale degli organi eurocratici non votati che usurpano la sovranità e la democrazia, senza che la maggior parte di noi ne conosca nemmeno l’esistenza.

Formalmente, è costituito dagli ambasciatori degli Stati membri presso la UE (i «permanenti»). Di fatto, è nelle mani di burocrati anonimi, che tramano in ben 250 commissioni tecniche (diconsi 250) composte di funzionari, di cui il Coreper coordina i lavori.

E’ appunto il Coreper che lavora in intima unione con l’Homeland Security il trasferimento generalizzato dei dati privati e personali agli USA. Ciò che viene chiamato, nella lingua di legno dei kommissari, costituire «uno spazio comune di libertà, di sicurezza e di giustizia»: Orwell allo stato puro (1).

Beninteso, questo trasferimento di dati riservati personali già avviene di fatto dal 2001, su intimazione americana, specie tramite le istiuzuoni di clearing bancario tipo SWIFT. Ma l’accordo che sta per essere conchiuso mira a sopprimere tutti gli ostacoli legali – e la possibilità per i sudditi europei di fare opposizione giudiziaria – alla diffusione di informazioni personali e anche commerciali alla potenza straniera.

Gli Stati Uniti – che almeno non usano la lingua di legno edulcorante – vedono nella faccenda «un grosso affare, che diminuirà i costi per il governo americano per ottenere informazioni dall’Unione Europea».

Ma c’è di peggio. Questa manovra, che come s’è detto sarà norma entro il 2009, si inquadra in un più vasto e ancor più occulto progetto in corso: la creazione del «grande mercato transatlantico» entro il 2015, ossia una unione economica USA-UE.

I TG (per bambini scemi) di Riotta non ce ne hanno dato notizia; ma la cosa è stata decisa da una risoluzione del parlamento europeo del 28 maggio 2008 («Résolution du Parlement européen sur les relations transatlantiques», B6-0280/2008): dove si proclama la volontà di abolire tutte le barriere, doganali, tecniche e regolamentari, al commercio con gli Stati Uniti, anzi di fatto con il NAFTA, il «mercato» comune americano che comprende anche il Messico, attualmente in mano ai narcos.

L’accordo prevede il mutuo riconoscimento delle regole in vigore nelle due sponde dell’Atlantico: il che significa, tra l’altro, che gli europei non potranno più opporsi all’importazione di vitelli all’ormone (vietati nella UE) che fanno così obesi gli americani, nè alle sementi geneticamente modificate della Monsanto, nè alle altre manipolazioni genetiche permesse in USA e proibite qui. Saranno infatti le regolamentazioni «più favorevoli al business» quelle che verranno adottate.

Codicillo di questo accordo segreto è il segretissimo rapporto sulla «area di libertà, sicurezza e giustizia» che prevede entro il 2014 di riformare la giustizia europea e degli Stati membri «in rapporto alle relazioni estere dell’Unione», ossia alle relazioni con Washington. Di fatto questo significa, probabilmente, che il famigerato «mandato di cattura europeo» sarà esteso agli USA. Ciascuno di noi potrà essere estradato in USA per rispondere di un reato che tale non è nella sua patria, ma lo è per l’America. O anche peggio, visto che in USA la Military Commission Act del 2006 permette di perseguire, catturare e arrestare indefinitamente senza processo qualcunque persona desìgnata come «nemica» dal governo (ossia l’Homeland Security, ossia Israele), anche se appartiene ad un Paese non in guerra con gli USA: la legge che ha affollato Guantanamo. (Report of the Informel, Hight Level Advisory Group on the Future European Affairs Policy (Future group), «Freedom, Security, Privacy. European Home Affairs in a Open World» , June 2008, p. 10, paragraph 50.)

L’accordo è stato concluso dietro le nostre spalle in un incontro avvenuto alla Casa Bianca il 30 aprile 2007: strano che Corriere, Repubblica, 24 Ore non ce lo abbiano segnalato (2). Lì, il presidente Bush ha dettato ad Angela Merkel e a Josè Manuel Barroso, il presidente della Commissione Europea, i suoi desiderata.

Secondo un comunicato della Casa Bianca – non riportato dal Corriere nè dai grandi media europoidi – in quella sede:

«E’ stata adottata una cornice per l’integrazione economica transtlantica (...) in particolare nei settori dei diritti di proprietà, investimenti, mercati finanziari, commercio sicuro e innovazione».

«Adottata una dichiarazione comune su temi poltici e di sicurezza che  proclama di collaborare per combattere il terrorismo, insieme con la contraddittoria intenzione di operare per un’espansione dei viaggi senza visto tra USA ed Europa.
«Adottata una dichiarazione congiunta sulla sicurezza energetica e il cambiamento climatico che impegna le parti ad operare per ottenere forniture energetiche sicure, pulite e a prezzo abbordabile
».

Si tratta di un progetto di fusione dei due mercati in uno. Lo chiarì il presidente Bush alla firma di quel trattato, dicendo:

«Ringrazio il cancelliere (Merkel) e Jos (Barroso, familiarmente chiamato col diminutivo che spetta a un maggiordomo) per il piano di integrazione transatlantica che abbiamo firmato oggi. E’ un impegno ad eliminare le barriere al commercio. E’ il riconoscimento che più si avvicinano gli USA e la UE, più i nostri popoli staranno meglio (sic). Sicchè è un accordo decisivo, e io lo apprezzo».

Strano che nessun giornalista italiano fosse presente a questa conferenza stampa, o non abbia degnato d’interesse la notizia del nascente mercato comune. Ma d’altra parte, questo era solo il penultimo atto di un lavoro sotterraneo in corso da un quindicennio.

Il 3 dicembre ’95, al vertice USA-UE di Madrid, già le due parti avevano firmato una «Nuova agenda Transatlantica» per il mercato comune. Questa parte commerciale del progetto ha avuto una battuta d’arresto (mentre  il «mercato comune» poliziesco faceva passi da gigante), ma è stata rimessa in vita nel 2005.

Il tutto grazie alla silenziosa, tenace azione dietro le quinte di una istituzione privata, non governativa e non ufficale, che ha l’etichetta di ONG: il Transatlantic Policy Network (TNP).

Anche di questo organismo, i nostri grandi media non hanno mai parlato. Strano, perchè visto da vicino rivela molto sui metodi e i modi (segreti) con cui le oligarchie mondialiste portano a termine i loro piani.

Questo ente privato è nato appunto per favorire la fusione commerciale di USA ed Europa; ed ha lavorato per contattare, convincere, guadagnare al suo programma ministri e parlamentari delle due sponde atlantiche, farli incontrare, unirli nel perseguire il progetto.

Nel febbraio 2007, prima del vertice USA-UE di Madrid, questo privato TNP già profetizzava la firma che Barroso e la Merkel avrebbero apposto ai desideri di Bush. Aveva infatti pubblicato allora, per gli intimi, un libro bianco dal titolo «Completing the Transatlantic Market» in cui provlamava:

«E’ giunto il tempo per un approccio complementare, dall’alto in basso, alla cooperazione transatlatica, attraverso un impegno congiunto di USA e UE a completare il Mercato Transatlantico per il 2015, e per la creazione del quadro complessivo dei dialoghi e dell’azione per ottenere questo scopo».

Si noti la dizione: il progetto va diffuso «dall’alto in basso» (top-down). E’ questo il metodo tipico con cui i poteri forti, attraverso le loro lobby a Bruxelles, impongono le loro direttive alla Commissione Europea «convincendo» i commissari e, attraverso questi, alla totalità dei cittadini o sudditi ignari.

Anche l’UE nacque, 60 anni fa, «dall’alto in basso», all’inizio come Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA), un ente che sottraeva la sovranità alla Francia e alla Germania della zona carbonifera-siderurgica contesa, la Ruhr; i due Paesi devastati dalla guerra dovettero accettare, anche perchè se no non avrebbero ricevuto i fondi del Piano Marshall, la cui distribuzione le banche americane (Lazard in testa) avevano affidato al loro fiduciario, Jean Monnet.

Nel 1957, «top down», la CECA venica inglobata nella Comunità Europea, il primo «mercato comune». A forza di altri atti «dall’alto in basso», trattato di Maastricht, Trattato di Lisbona, eccetera, eccoci alla Unione Europea con moneta comune.

I prossimi atti dall’alto in basso prevedono: l’assunzione della sovranità politica da parte della Commissione; la fusione della UE con gli USA in un unico mercato; e sullo sfondo, non troppo lontano, l’inglobamento del nuovo insieme USA-UE nel governo mondiale.

Prima economico, poi politico; e via via sempre meno soggetto al controllo democratico, meno ancora di quello cui è soggetta (si fa per dire) la UE, che non risponde ai cittadini, ma alle 3.400 lobby che hanno uffici aperti a Bruxelles. Il tutto, con l’aiuto cosciente di politici guadagnati alla causa.

Che è indicata così dal TNP: «Unire le democrazie è stata la tendenza decisiva della politica internazionale negli ultimi cento anni; comprendere questa tendenza e consentirle di proseguire è la chiave dello sviluppo politico del mondo».

A questo scopo, «in breve tempo il TNP ha costituito una credibile ‘rete di reti’ (network of networks) collegante le comunità politiche, d’affari e universitarie. Ha confermato ai suoi membri quanto vale conformano progressi-chiave nella partnership Eu-USA durante gli anni ‘90».

I capi di questa ONG di così alto livello sono Peter Sutherland – presidente onorario, e direttore, della Goldman Sachs International, nonchè presidente della British Petroleum (BP); e Robert Strauss, ex ambasciatore USA in Russia, ebreo, già special envoy per il Medio Oriente, ed ex inviato per il commercio nei vari «Round» che hanno dato origine al WTO. Strauss è stato anche agente speciale dell’FBI, e attualmente guida uno studio di avvocati d’affari (Akin, Gump, Strauss, Hauer & Feld, LLP) che ha sedi a Wahington, Texas, Bruxelles e Mosca.

Nel comitato esecutivo (quello che conta) spiccano Erika Mann, membro del parlamento europeo, socialista, specializzata in questioni del commercio internazionale (WTO). William E. “Bill” Frenzel,  ebreo, parlamentare repubblicano USA molto vicino a Bush, rappresentante USA al GATT di Ginevra (l’antenato del WTO) per 15 anni, consigliere special del NAFTA. Ed altri personaggi meno noti, o noti per le posizioni mondialiste che hanno promosso, e le leggi sul commercio internazionale che hanno presentato e votato.

I soci di questa bella organizzazione privata non sono persone fisiche. Sono aziende, banche, multinazionali, che vedono nel mercato transatlantico il loro tornaconto. Eccole (3):

ABB (Asea Brown Boveri, il colosso elvetico-svedese dell’elettricità);
Deutsche Bank
Pechiney
Accenture, una costola della Arthur Andersen, prudenzialmente con base nel paradiso fiscale delle Bermuda, che agisce come agenzia di lobby: a questo scopo spendendo nel 2006 oltre 4 milioni di dollari per convincere gli eurocrati.
Dow Chemical, la più grande multinazionale chimica, produttrice del napalm, che nel 2007 ha speso in lobbying 2,3 milioni di dollari.
Pfizer International, la farmaceutica, detentrice di brevetti miliardari come il Viagra e Zoloft.
AOL Time Warner, il più grosso provider di accesso a Internet, e la più grande agenzia delll’industria dello spettacolo-
EDS o Electronic Data Systems, la più grossa multinazionale elettronica-telecomunicazioni, anche militare.
Philips BASF
Ford Motor Company SAP
Bertelsmann AG , la grande editrice tedecsa (giornali, riviste, radio, libri).
AG General Electric SAS
Boeing
Honeywell
Siemens AG
BP
IBM
Unilever BT
Merck
United Technologies Corporation, holding multinazionale che possiede famose industrie dell’armamento, da Sikorsky (elicotteri) a Pratt & Whitney (motori d’aereo)
Caterpillar
Michelin
UPS
Coca-Cola
Microsoft
Xerox
DaimlerChrysler
Nestlé

Sul suo sito, il Transatlantic Policy Network elenca anche «istituzioni che cooperano» al progetto, un esempio di rete delle reti:

Aspen Institute - Berlin
Aspen Institute - Italy
The Atlantic Council of the United States
Brookings Institution
Carnegie Endowment for International Peace
Centre for European Policy Studies (CEPS)
Congressional Economic Leadership Institute (CELI)
Council on Foreign Relations
Center for Strategic and International Studies (CSIS)
European Policy Centre (EPC)
The European Round Table of Industrialists (ERT)
European-American Business Council
EC Committee of the American Chamber (Brussels)
European Institute (Washington)
German Marshall Fund of the United States
Institut Francais des Relations Internationales (IFRI)
Trans European Policy Studies Association (TEPSA)
UNICE
U.S. Chamber of Commerce
US Council on Competitiveness

Il Gotha dei poteri forti mondialisti, tutti più o meno emanazioni dei Council on Foreign Relations dei Rockefeller.

Lasciamo alla pazienza dei lettori esplorare quali personaggi affollano questi eletti consessi. Limitiamoci a constatare la presenza di Aspen Italia. Un think-tank il cui padre originale è in USA, e chhe si dichiara «un'associazione privata, indipendente, internazionale, apartitica e senza fini di lucro dedicata alla discussione, all'approfondimento e allo scambio di conoscenze, informazioni e valori. La comunità Aspen è composta di Soci Sostenitori, Soci Ordinari, Amici di Aspen e, dal 2002 dagli Aspen Junior Fellows. Dai loro contributi l’Istituto trae le risorse necessarie per il proprio funzionamento». Non senza precisare che Il «metodo Aspen» privilegia il confronto ed il dibattito «a porte chiuse» (4).

A porte chiuse come l’Europa dei Commissarii, come comitati europei e i think-tank lobbistici che li circondano.

Così adesso, quando in TV appare Lucia Annunziata (che con Marta Dassù dirige «Aspenia», la rivista dell’Aspen Italia) a difendere il diritto di Israele all’esistenza, sappiamo meglio per chi lavora e perchè.

Sull’insidia che il progetto di mercato unico USA-UE presenta, vale la pena di sunteggiare quel che ne dice il sociologo francese Jean-Claude Paye (5): è il progetto per trasformare la «sovranità esterna» degli Stati uniti sull’Europa in «sovranità interna».

Fin dal dopoguerra i Paesi europei, occupati dalle forze americane e membri della NATO, hanno ceduto la loro politica estera e militare agli USA; ma dal punto di vista americano, questa «sovranità dall’esterno» può essere reversibile, specie dopo la caduta dell’URSS e l’evidente legame energetico dell’Europa con la Russia.

Con il progetto di mercato transatlantico, la sovranità interna che i 27 Stati europei hanno già ceduto alla Commissione Europea, viene ceduta agli americani, attraverso «l’egemonia del diritto degli Stati uniti sul suolo europeo». In tal modo, l’esecutivo USA «eserciterà un potere diretto sulle popolazioni europee», attraverso «numerosi accordi» con cui la UE ha legittimato e legalizzato questa sovranità di Washington.




1) The 2015 Merger of America with Europe, Flanders Fields, 9 maggio 2008.
2) Dennis Behreandt, «Transatlantic two-steps», The New American, 11 maggio 2008.
3) Fonte: Sorcewatch, alla voce «Transatlantic Policy Network»: «The Transatlantic Policy Network (TPN) is a US organisation dedicated to influencing EU policy while described as a 'partnership'.
4)  Nel comitato esecutivo dell’Aspen Italia figurano: Luigi Abete, Giuliano Amato, Lucia Annunziata, Alberto Bombassei, Francesco Caltagirone, Giuseppe Cattaneo, Fedele Confalonieri, Francesco Cossiga, Maurizio Costa, Gianni De Michelis, Umberto Eco, John Elkann, Pietro Ferrero, Jean-Paul Fitoussi, Franco Frattini, Cesare Geronzi, Piero Gnudi, Gian Maria Gros-Pietro, Enrico Letta, Gianni Letta, Emma Marcegaglia, Francesco Micheli, Paolo Mieli, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Corrado Passera, Riccardo Perissich, Angelo Maria Petroni, Mario Pirani, Roberto Poli, Ennio Presutti, Romano Prodi, Gianfelice Rocca, Cesare Romiti, Paolo Savona, Carlo Scognamiglio, Domenico Siniscalco, Lucio Stanca
Robert K. Steel, Giulio Tremonti Giuliano Urbani, Giacomo Vaciago.
5) Jean-Claude Paye, «Le futur grand marché transatlantique», Réseau Voltaire, 4 febbraio 2009. Paye è autore del saggio «La fin de l’Etat de drot», 2004.


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