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Governo Obama, ovvero Goldman Sachs
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E così, anche Elena Kagan, la donnicciola scelta dal presidente Obama per occupare il posto di giudice alla Corte Suprema, è una che deve qualcosa a Goldman Sachs. La giurista e avvocatessa è stata chiamata dalla mega-banca d’affari a sedere come membro del Research Advisory Council del «Goldman Sachs Global Market Institute», e vi ha partecipato dal 2005 al 2008.

In quest’ultimo anno, come la Kagan ha dovuto rivelare per legge essendo un funzionario federale (Obama l’ha voluta come «solicitor general», il procuratore o avvocato dello Stato, che difende le posizioni dello Stato nelle cause presso la Corte Suprema), Goldman l’ha compensata con 10 mila dollari; 40 mila in tutto, nei quattro anni come «consulente». Sembra una cifra modesta, almeno secondo il metro Scajola, che ha ricevuto 900 mila euro senza accorgersene. Ma Goldman non paga molto i suoi servi, se non sono direttamente profittatori finanzieri che portano profitti; e la Kagan non ha potuto che dare le sue consulenze come giurista.

La Kagan è una «progressista» nel senso della «sinistra» americana: per i diritti dei gay e abortista, niente di «sociale», stiamo tranquilli. Avrà consigliato a Goldman i trucchi per difendere il global market. In ogni caso, la donnetta ha un motivo di gratitudine verso Goldman Sachs; di cui va sottolineata la preveggenza con cui mette a libro paga dellle persone che, poi, occupano altissimi posti-chiave.

Sono infatti una caterva gli uomini Goldman, o pagati da Sachs, che compaiono nel governo o nell’entourage di Obama. Anzitutto:

Tim Geithner
   Tim Geithner
Tim Geithner, oggi ministro del Tesoro, già «managing director» della mega-banca. Autore del moostruoso salvataggio da un trilione di dollari detto TARP a favore di Wall Street, ha consentito alla AIG di non rivelare i suoi pagamenti privilegiati a certe grandi banche (indovinate quali).  Inoltre, ha provocato il fallimento di Lehman Brothers, sbarrandole la scappatoia di dichiararsi banca commerciale e dunque di profittare del salvataggio, scappatoia concessa invece a Goldman Sachs e a Morgan Stanley. Un concorrente in meno per l’amata casa-madre. Come tutti i banchieri d’affari, Geithner non è a suo agio con le regole e con le tasse: nel 2005 ha ammesso di aver evaso vari contributi fiscali e assicurativi quando era un diritgente del Fondo Monetario.

Joe Biden
, il vicepresidente, ha ricevuto contributi milionari da Goldman Sachs per la sua campagna.

Hillary Clinton, oggi ministro degli Esteri. Ma quando competeva con Obama per la presidenza, ha ricevuto da Goldman un contributo di 415 mila dollari.

Rahm Emanuel, il capo dello staff della Casa Bianca. Nel 1992 e non si sa per quanti anni dopo, mentre era un raccoglitore di fondi per Bill Clinton, Emanuel era stipendiato con 3 mila dollari al mese da Goldman Sachs «per presentare delle persone» ai banchieri. Tornato a vita privata dopo la presidenza Clinton, Emanuel «ha fatto milioni di dollari» lavorando (si fa per dire) per la ditta di servizi finanziari «Wassertsein & Perella» di Chicago, che ha colti affari in comune con Goldman Sachs.

Diana Farrell
   Diana Farrell
Diana Farrell, nominata da Obama vice-direttrice del National Economic Council, ha lavorato per due anni a Goldman Sachs di New York come analista finanziaria, per poi divenire direttrice della McKinsey per sette anni. Nel 2003, la Farrel ha scritto uno studio dal titolo: «Prospettive della delocalizzazione» (Perspectiveon Outsourcing), in cui si legge che la delocalizzazione di imprese (e posti di lavoro) fuori dall’America «è un bene per gli Stati Uniti almeno quanto per il Paese di destinazione, se non di più».

Stephen Friedman
   Stephen Friedman
Stephen Friedman, che Obama ha scelto come presidente dell’Ufficio per l’intelligence estero (Foreign Intelligence Advisory Board), ha lavorato praticamente tutta la vita per Goldman Sachs, fino a diventarne presidente, ed è tutt’ora nel consiglio d’amministrazione. E’ stato anche presidente della Federal Reserve di New York (la più importante delle dodici Federal Reserves), da cui ha dovuto dimettersi nel maggio 2009, quando si seppe che un anno prima aveva comprato azioni Goldman per 3 milioni di dollari. Un insignificante conflitto d’interessi. Quando per miracolo Goldman Sachs si convertì in normale banca commerciale onde godere degli aiuti pubblici, Friedman  ha chiesto e ottenuto una sorta di amnistia lustrale. Ridivenuto puro come un giglio, ha potuto entrare nel «concilium principis» sullo spionaggio, restando consigliere di Goldman.

Thomas Donilon
, oggi vice-consigliere alla sicurezza nazionale per Obama, è un avvocato d’affari che ha fatto 4 milioni di dollari rappresentando in vari giudizi Goldman Sachs ed altre finanziarie.

Douglas Elmendorf
   Douglas Elmendorf
Douglas Elmendorf, messo da Obama a dirigere il Congressional Budget Office, è stato prima direttore dello «Hamilton Project», un think tank ultraliberista (propugna più forti tagli alle spese sociali) incistato nella fondazione «progressista» Brooking’s Institution. Lo Hamllton Project è stato fondato da Robert Rubin e finanziato da Goldman Sachs. Rubin, ministro del Tesoro sotto Clinton, è stato per 26 anni ai vertici di Goldman Sachs.

Larry Summers
, consigliere economico principale di Obama, per cui capeggia il National Economic Counsel. Prima, cacciato dal rettortato di Harvard per sue asserzioni sessiste, aveva trovato «lavoro» in Goldman Sachs, sotto Robert Rubin.

Karen Kornbluh, nominata da Obama ambasciatrice all’OCSEm, detta il cervello di Obama, è stata vice-capo dello staff di Robert Rubin, detto «mister Goldman Sachs».

Jacob Lew
   Jacob Lew
Jacob Lew, oggi vice-segretario di Stato (Gestione e Risorse), è un dirigente del già citato Hamilton Project, fondato e pagato da Goldman Sachs. Propugna la «disciplina di bilancio nella previdenza soiale» (nessuna disciplina di bilancio invece per il Pentagono).

Peter Orszag, direttore al Bilancio per Obama, è stato uno dei fondatori del citato Hamilton Project (pagato da Goldman): è al posto giusto per compiere i tagli della spesa sociale caldeggiati dal think-tank .

Alice Rivlin, nominata da Obama alla «Deficit reduction commission», è un alter ego del suddetto Orszag, con cui ha firmato uno studio (Restoring Fiscal Sanity) in cui tra l’altro propugna l’aumento dell’età pensionabile in USA (dove già è sui 70  anni). Non a caso, Alice Rivlin è anche direttrice della Borsa di New York (NY Stock Exchange).

Phillip Murphy, fatto ambasciatore in Germania, forse perchè per decenni ha capeggiato la filiale tedesca di Goldamn Sachs. Poi è stato capo della Goldman Sachs Asia.

... E la lista è largamente incompleta. Bisognerebbe citare personaggi più nell’ombra, che magari non hanno cariche ufficiali nel governo Obama, ma costituiscono la nebulosa dei suoi consiglieri privati e del suo entourage di «amici», finanziatori, raccoglitori di fondi: da Steven  Shafran (che ha consigliato Geithner sul TARP, ed è da sempre un dirigente esecutivo di Goldman) a John Thain, altro consigliere di Geithner e capo operativo di Goldman dal 1999 al 2003; da Laura D’Andrea Tyson, consigliera economica del presidente abbronzato e membro del suddetto Hamilton Project a Duncan Niederauer, attuale amministratore delegato della Borsa di New York, che proviene da 22 anni di carriera in Goldman...

Altri nomi si potrebbero aggiungere. Tanti, che ci si stufa solo a scriverli. Chi vuole, può consultare gli altri qui (An Updated List of Goldman Sachs Ties to the Obama Government Including Elena Kagan)

Ma questi sono sufficienti, credo, per far capire una cosa: sull’economia e la finanza, Obama non ascolta mai nessuna idea che non provenga da Goldman Sachs.

Basta questo a prevedere che nessuna regolamentazione seria del sistema finanziario impazzito sarà attuata dal potere politico.

Così, è solo a futura memoria che riportiamo una parte delle dichiarazioni rilasciate alla Commissione Giustizia del Senato USA qualche giorno fa dall’economista James Galbraith, figlio di John Kenneth Galbraith, il massimo studioso della crisi del ’29.

Galbraith junior ha spiegato ai senatori che «è stata la frode finanziaria», non la pratica finanziaria normale, a «far collassare l’economia». Ed ha concluso:

«Molti sembrano ritenere che la ‘fiducia nelle banche’ possa essere restaurata da una nuova tornata di buone notizie economiche, dal rialzo delle azioni, dalle rassicurazioni dei dirigenti politici e bancari... e evitando di scrutare troppo da vicino le infinite prove di frodi, abusi, inganno e sotterfugi. Quanto più voi senatori continuerete la vostra inchiesta, tanto più minerete, e io credo distruggerete, questa illusione.

Ma dovete agire. L’alternativa è che la bancarotta si estenderà col tempo dal sistema economico a quello politico. Così come ben pochi hanno predetto questa crisi finanziaria, così troppo pochi oggi dicono francamente dove può portare l’insuccesso nell’affrontarne le  conseguenze.

O il diritto deve compiere la sua opera, o i mercati non saranno risanati. Deve operarsi  una pulizia completa, trasparente, efficace e radicale del settore finanziario, ed anche di quei pubblici funzionari che sono venuti meno alla fede pubblica. Ai finanzieri bisogna far sentire fin nelle ossa il potere della legge. E la società, che vive della legge, deve vedere con estrema chiarezza e senza ambiguità che questo è il caso». (The US Intelligentsia and Middle Class Are In the Firm Grip of Fear, Fraud and Denial)


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