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Doverosa delazione contro un’antisemita
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Questa è una lettera aperta e una denuncia a:

Autorità Giudiziaria
Ordine dei Giornalisti
Presidente della repubblica Giorgio Napolitano
RAI News 24
Polizia Postale
ai giornali
e a qualunque psico-polizia possa interessare.


Esimie autorità,

vi è ben noto che l’onorevole Fiamma Nirenstein, insieme ad altri politici, sta chiedendovi di attivare misure di Polizia per chiudere siti web che si macchiano di «antisemitismo, revisionismo e antisionismo». A questo scopo la onorevole vostra deputata Nirenstein, che presiede la Commissione Affari Costituzionali della presidenza del consiglio e la Commissione Esteri e Interni  della Camera, ha usato le due suddette commissioni per denunciare tali siti, schedati preventivamente.

Nonostante fra i denunciati e schedati e dunque passibili di imminente chiusura amministrativa ci sia anche il sito da cui le scrivo, io voglio essere tra i primi a rallegrarmi per l’iniziativa della madama e vostra, dato che sicuramente vi affretterete ad obbedire alle istruzioni ricevute. Anzi, sono a voi per contribuire volonterosamente al nuovo clima di libertà che sta per essere instaurato, denunciando con apposita delazione civica una giornalista ora passata al governo Berlusconi che, in complicità con altri deputati e giornalisti, ha tenuto gravissimi propositi antisemiti.

Tale personaggio è la onorevole Fiamma Nirenstein.

Essa, esimie autorità, ha perpetrato il suo crimine in modo pubblico, il 27 gennaio 2010, nel corso dell’audizione intitolata «Indagine conoscitiva sull’antisemitismo» (era collegata all’intervento di Elie Wiesel in parlamento): commentando il fatto che dopo l’operazione israeliana a Gaza nota come «Piombo Fuso» ci sono state manifestazioni di protesta  in tutto il mondo, la Nirenstein ha detto: «Si tratta di episodi pesantissimi [le proteste cioè, non la strage di Gaza], che in gran parte riguardano l’esistenza stessa dello Stato di Israele, inteso come ebreo collettivo».

Qui il testo, tratto dallo stenografico delle audizioni alla Camera, che vorrete considerare come prova incriminante.

Richiamo la vostra attenzione sulla gravissima espressione: per la onorevole Nirenstein, lo Stato d’Israele è l’Ebreo Collettivo, e ogni accusa ad Israele si ripercuote su questa entità che lei chiama l’Ebreo Collettivo.

Evocare l’Ebreo Collettivo è evocare una colpa collettiva di tutti gli ebrei del mondo per le malefatte di Israele, una responsabilità per così dire in solido con tutti gli altri ebrei. E’ il massimo crimine antisemita del defunto Terzo Reich, il quale, siccome degli esponenti ebrei americani avevano dichiarato guerra con tutti i mezzi al regime tedesco, invitando tutti gli ebrei del mondo ad osteggiarlo, se la presero con gli ebrei tedeschi, polacchi, russi, come sappiamo. E’ un tipo di atteggiamento che ben a ragione la onorevole Nirenstein denuncia quando ad assumerlo sono gli altri.

Come ha detto recentemente lo scrittore Uri Avneri, la Nirenstein fa proprio l’atteggiamento degli ebrei militanti, i quali continuamente infarciscono le loro frasi con l’espressione «Noi ebrei...», ma appena qualcun altro comincia a dire «Voi ebrei...», subito lo accusa di antisemitismo: come osi dire «Voi ebrei»? Noi ebrei non siamo un’entità collettiva; nessuno di noi è responsabile degli atti che compiono altri ebrei. Siamo individui, ciascuno responsabile per sè, mica un’entità collettiva e solidale.

Ed ha perfettamente ragione. L’Ebreo Collettivo, signore autorità, non esiste; esistono ebrei individuali, ciascuno con la sua libertà e volontà personale, che non può nè deve essere chiamata a rispondere delle azioni di altri ebrei. Come noto, è vietato dire per esempio che «gli ebrei uccisero Gesù Cristo»: erano «alcuni» di «quegli» ebrei dell’epoca, mica tutti e sempre gli ebrei di oggi.  Perchè, appunto, l’Ebreo Collettivo non esiste, è un flatus vocis, una maligna astrazione intesa a colpevolizzare tutto un popolo. Chi in passato ha evocato lo spettro dell’Ebreo Collettivo ha incitato a pogrom.

E chi oserà chiamare gli ebrei in genere responsabili delle speculazioni di George Soros, o delle truffe di quel Bernie Madoff, il finanziere che ha derubato anche non pochi ebrei di fama internazionale, fra cui quell’individuo che si fa chiamare Elie Wiesel? Sarebbe assurdo. E chi oserà incolpare tutti gli ebrei nel mondo, come entità collettiva e solidale, delle stragi, pulizie etniche e crimini che Israele commette a Gaza, nei Territori, ed ultimamente contro le navi della Pace salpate dalla Turchia?

Non noi, rispettate autorità. Benchè bollati come «antisemiti», mai ci siamo spinti a tanto. Se a volte abbiamo criticato ebrei come l’onorevole Nirenstein, è solo in quanto essi attivamente – e in modo individuale – hanno giustificato, difeso, coperto e approvato le azioni di Israele che cadono sotto le leggi di Norimberga e sono contrarie dlele convenzioni internazionali di guerra e umanitarie.

E adesso, ecco, scopriamo che è l’onorevole Nirenstein e i suoi reggicoda antisemiti ad evocare l’Ebreo Collettivo, e ad identificarlo tout court con lo Stato sionista. Le proteste e le manifestazioni avvenute in Europa e in Medio Oriente contro le atrocità commesse da Israele a Gaza, per lei, mettono in pericolo «l’esistenza stessa dello Stato di Israele, inteso come ebreo collettivo».

Secondo lei, insomma, chi critica Israele e ne denuncia i crimini, colpisce non solo il governo sionista e i gli autori dei fatti, ma l’Ebreo Collettivo. Ossia tutti gli ebrei sparsi sul pianeta, in solido.

Questa frase è di un antisemitismo rivoltante, signore autorità. E’ un insulto per il sionismo ed Israele – per anni ci hanno detto che Israele vuol essere «uno Stato come tutti agli altri», laico, democratico, e di colpo, ecco, la signora ci dice che invece è il mistico «Ebreo Collettivo». E’ anche un’asserzione contraria alla realtà: ci sono molti ebrei che prendono le distanze da Israele e dal suo razzismo, con coraggio, subendo anche persecuzioni e violenze. Il fatto è che anche questi ebrei sono presi di mira dalla Nirenstein, che cerca in tutti i modi di silenziarne la voce.

Recentemente, vari gruppi di ebrei importanti hanno preso le distanze dall’azione di Israele: in America stanno riunendosi in un gruppo di pressione che si chiama «J Street» (J da Jewish), e in Francia hanno raccolto firme sotto un «appello alla ragione» rivolto al regime israeliano.

Ebbene: la onorevole Nirenstein ha inviato a tutti i parlamentari italiani – o almeno a quelli che ritiene guadagnati alla sua causa – nonchè a molti esponenti ebraici nostrani una lettera in cui invita a censurare e contrastare l’appello di quegli altri ebrei.

Ecco qui la lettera, passatami da un parlamentare che la Nirenstein crede suo amico, mentre invece è solo da lei terrorizzato (1):

«Cari Colleghi,

nei giorni scorsi, un gruppo di intellettuali francesi ha promosso un appello (JCall - ‘Appello alla ragione’), che è sostanzialmente un invito a Israele ad arrendersi. L’appello di JCall fa parte della grande ondata di delegittimazione dello Stato d’Israele e della sua politica. Noi abbiamo risposto con la forza della vere ragioni, le ragioni di Israele, e vogliamo che il numero e la qualità dei nostri firmatari dimostrino che esiste un grande movimento d’opinione che difende Israele, in Europa e nel mondo. Vi allego due articoli in merito usciti su Il Foglio. Questo che segue è il nostro appello ‘Con Israele, con la ragione’ (disponibile anche in inglese e in francese). Al momento, in poche ore abbiamo raggiunto oltre 500 firme. Qualora lo condividessi, puoi sottoscriverlo al link:
www.petitiononline.com/israel48/petition-sign e ti prego di darmene comunicazione anche a questo indirizzo email.

Un caro saluto,
Fiamma Nirenstein
»

Con questa lettera, faccio notare, la Nirenstein sostanzialmente accusa gli ebrei dissidenti, che osano esprimere il loro libero e individuale disagio per i crimini israeliani, di delegittimare Israele; dunque, di non rispondere al richiamo dell’Ebreo Collettivo che secondo lei si identifica in tutto e per tutto con l’attuale Stato isareliano. E li richiama all’ordine: non osate di chiamarvi fuori, siete come noi collettivamente responsabili, in solido e senza possibilità di distinguo. Perchè non siete individui, ma siete – lo vogliate o no – l’Ebreo Collettivo.

La Nirenstein vanta che la sua petizione per l’Ebreo Collettivo ha già raccolto «oltre 500 firme».  Ne dà poi solo alcune. Ma queste poche le segnalo a voi, esimie autorità repressive, come complici volonterosi dell’antisemita Nirenstein. Sono firme interessanti e rivelatrici:

Fiamma Nirenstein (giornalista e deputato),
Giuliano Ferrara (direttore de Il Foglio),
Paolo Mieli (presidente Rcs Libri, ex direttore de Il Corriere della Sera: il «moderato» e «pensoso», ha risposto all’appello dell’Ebreo Collettivo),
Angelo Pezzana (giornalista, informazionecorretta.com e Libero),
Ugo Volli (semiologo, Università di Torino),
Shmuel Trigano (professore, Universités à Paris X-Nanterre),
Giorgio Israel (Università La Sapienza),
Giulio Meotti (giornalista, Il Foglio),
Raffaele La Capria (scrittore),
Gianni Vernetti (deputato, ex Sottosegretario agli Esteri),
Susanna Nirenstein (giornalista),
Peppino Caldarola (giornalista),
Alain Elkann (scrittore, consigliere ministero Beni Culturali),
Carlo Panella (giornalista, Il Foglio),
Emanuele Ottolenghi (Senior Fellow, Foundation for the Defense of Democracies),
Daniele Scalise (giornalista),
Giancarlo Loquenzi (Direttore, l’Occidentale),
Edoardo Tabasso (professore, Università di Firenze),
Leonardo Tirabassi (presidente Circolo dei Liberi Firenze, Fondazione Magna Carta),
Angelo Moscati (Presidente Benè Berith Giovani Italia),
Johanna Arbib (World Chairman Board of Trustees Keren Hayesod),
Giacomo Kahn (Direttore mensile Shalom),
Magdi Allam (parlamentare europeo),
Luigi Compagna (senatore),
David Cassuto (ex vicesindaco di Gerusalemme),
Riccardo Pacifici (presidente Comunità Ebraica di Roma),
Anita Friedman (Associazione Appuntamento a Gerusalemme),
Cecilia Nizza (Consigliere Comunità Ebraica Italiana, Gerusalemme),
Leone Paserman (presidente della fondazione Museo della Shoah di Roma),
Massimo Polledri (deputato),
Enrico Pianetta (deputato, presidente Associazione parlamentare di amicizia Italia-Israele),
Alessandro Pagano (deputato),
Renato Farina (deputato, alle vostre autorità già noto come vostro agente Betulla),
Marco Zacchera (deputato),
Gennaro Malgieri (deputato),
Dore Gold (President, Jerusalem Center for Public Affairs, former Ambassador of Israel to the UN),
Norman Podhoretz (Writer, Editor-at-Large, Commentary Magazine),
Michael Ledeen (Freedom Scholar, Foundation for Defense of Democracies, già «persona non gradita» in Italia),
Barbara Ledeen (senior advisor, The Israel Project: moglie di Michael),
Phyllis Chesler (Emerita Professor of Psychology and Women's Studies, City University of New York),
Nina Rosenwald (Editor-in-Chief, www.hudson-ny.org ),
Harold Rhode (esperto di Medioriente, ex Pentagono),
Caroline Glick (editorialista, Jerusalem Post),
Rafael Bardaji (Foreign Policy director, FAES Foundation),
Raffaele Sassun (Presidente Keren Kayemeth LeIsrael Italia),
Max Singer (a founder and Senior Fellow, Hudson Institute),
George and Annabelle Weidenfeld (President, Institute for Strategic Dialogue),
Anna Borioni, (associazione Appuntamento a Gerusalemme),
Efraim Inbar (Director, Begin-Sadat Center for Strategic Studies),
Zvi Mazel (former Ambassador of Israel to Egypt and Sweden),
George Jochnowitz (Professor emeritus of Linguistics, College of Staten Island).

So, signore autorità, che per aver riferito i nomi di questa cricca antisemita, la madama mi attaccherà in parlamento e sulla stampa, parlerà di «schedatura», aggressione e minaccia. L’ha già fatto pochi giorni fa, quando abbiamo dato notizia della riunione da lei convocata alla Commissione parlamentare che presiede, riferendo anche i nomi dei partecipanti sostenitori, del resto divulgati dalla Nirenstein stessa: anche allora ha convocato una conferenza stampa per denunciare che l’aver riferito «con nome e cognome» i partecipanti alla sua riunione semi-segreta intesa a far chiudere i siti come il nostro, configurava per sè «una gravissima minaccia», una inaudita schedatura.

Lo so e so che pagherò un prezzo per questa mia rispettosa denuncia. Ma ogni sacrificio è nulla, quando c’è da lottare contro l’antisemitismo. Ed io, signori, denuncio Fiamma Nirenstein per antisemitismo; per aver incitato al pogrom evocando la falsa immagine dell’inesistente Ebreo collettivo; per aver identificato il laico Stato di Israele con il suddetto Ebreo Collettivo; per aver operato contro ebrei firmatari dell’Appello alla Ragione – da lei considerato disertori dall’Ebreo Collettivo – con metodi più che discutibili, dietro le quinte.

Vi chiedo dunque di trattare la Nirenstein come la Nirenstein vuol far trattare me: ossia di espellerla dall’Ordine dei Giornalisti (com’è stato già fatto per l’agente Betulla), e di dare disposizioni perchè venga chiuso Il Giornale, su cui la Nirenstein scrive, e anche Radio Radicale, su cui tiene i suoi deliranti sproloqui antisemiti, in cui – lo sottolineo – si arroga di parlare a nome dell’Ebreo Collettivo. Come ha detto il deputato PD Paolo Corsini nella seduta convocata dalla Nirenstein, bisogna farla finita col «presunto problema del rispetto della libertà di pensiero» che «è in realtà licenza». Giustissimo.

Voi, esimie autorità di repressione della sorpassata libertà di pensiero, avrete magari un’esitazione a perseguire la Nirenstein e tutti i suoi complici sopra elencati come antisemiti. Ma vi sia di conforto nella vostra azione repressiva ciò che ha detto nella suddetta audizione parlamentare uno degli esperti auditi, Stefano Gatti: è il responsabile dell’Osservatorio dell’Antisemitismo per conto del CDEC, Centro di documentazione ebraica contemporanea. Data la fonte, le sue parole dovranno essere considerate da voi come un indirizzo giuridico per la stesura delle nuove norme, che vi affrettate a varare, di repressione dell’antisemitismo su internet. Gatti delinea le nuove direttive a cui atterrete, le sue parole sono «ius condendum», il diritto del domani.

Ebbene: Stefano Gatti ha dichiarato che è antisemita anche il sito Infopal, che si dedica esclusivamente a riportare notizie su ciò che avviene in Palestina. Egli riconosce che in quel sito «non c’è un utilizzo di stereotipi anti-ebraici classici, ma attraverso la demonizzazione dello Stato ebraico, si trasforma Israele in una sorta di ebreo delle nazioni».

Ebbene, la Nirenstein e la sua evocazione dell’Ebreo Collettivo ricadono proprio nel caso previsto da Gatti: trasformano Israele in un Ebreo delle Nazioni (qualunque cosa ciò voglia dire). Se decidete di chiudere Infopal, che non usa steretotipi antisemiti, a maggior ragione dovete chiudere con decreto di Polizia il sito della Nirenstein, che li usa e ne abusa. Non c’è peggior stereotipo dell’Ebreo Collettivo.

Nè vale, esimie autorità, l’obiezione che l’onorevole Nirenstein e i partecipanti alle sue audizioni e firmatari dei suoi contro-appelli anti-ebraici non sono antisemiti  per il semplice fatto che molti di loro sono ebrei, e che la loro intenzione non è di danneggiare Israele nè di mettere in cattiva luce l’ebraismo, ma se mai – al contrario – di difendere e giustificare l’uno e l’altro.

Dovete infatti essere stati edotti che, nel neo-diritto in Stato nascente che la Commissione Nirenstein sta cercando con tanta buona volontà di introdurre nel diritto italiano, la «mancanza di intenzioni» cattive non è una  attenuante.

Non lo diciamo noi. Lo dice un rapporto molto ufficiale dell’«Osservatorio di Politica Internazionale» del ministero Affari Esteri, intitolato «Nuove forme di antisemitismo e mezzi di contrasto». Esso recita testualmente:

«Le nuove forme di antisemitismo, infatti, spesso non sono antisemite nel loro intento bensì nei loro effetti. Si pensi ad esempio alla negazione del diritto dello Stato di Israele all’autodeterminazione (2): l’intento in sé non è antisemita, ma gli effetti lo sono senz’altro, se si pensa alle tensioni in Medio Oriente».

Lo studio – e dunque la frase riportata – è firmato da un «dottor Andrea Spagnolo», che risulta essere un superlaureato in diritto internazionale all’Università di Milano e collaboratore dell’ISPI.  E’ dunque un grande giurista che vi parla, un dipendente del vostro Stato, e vi incita ad avanzare nel nuovo diritto nascente: in questo diritto, si cancellerà la sorpassata distinzione tra atto «volontario» e involontario, tra delitto doloso e delitto colposo. Vi ritroverà il suo posto il «crimine oggettivo»,  un istituto già trionfante nell’URSS staliniano. Allora, i tribunali speciali condannavano uno qualunque non per una colpa commessa, ma per il solo fatto che – per ceto e istruzione – risultava un borghese, ossia un nemico del proletariato. Non a caso questi tribunali si autodefinivano «troike amministrative»: i suoi tre membri, poliziotti e commissari politici, sottolineavano così il fatto che non erano nè volevano essere organi giudiziari (altrimenti avrebbero dovuto affrontare la seccatura di ascoltare un avvocato difensore) ma organi amministrativi: non cercavano il dolo o l’intenzione cattiva e attiva. A loro, per condannare, bastava l’anagrafe: sei laureato? Professionista? Abiti in un quartiere signorile? Allora sei un borghese. Al Gulag.

L’esimio giurista internazionale Spagnolo reintroduce la stessa innovazione giuridica: uno può diventare antisemita senza volerlo, «oggettivamente», solo perchè  le informazioni che dà possono avere ipoteticamente effetti «antisemiti», e specificamente delegittimare Israele.

Qui, è superato anche l’inesistente problema di «fare il processo alle intenzioni», tenacemente perseguito dai tribunali speciali delle migliori dittature, con ovvie difficoltà. Qui, non c’è nemmeno bisogno di provare «intenzioni» antisemite; basta guardare agli «effetti» di informazioni che, ancorchè veridiche, possono in qualunque modo peggiorare l’immagine di Israele. O della Nirenstein in quanto Ebreo Collettivo.

L’onorevole Fiamma Nirenstein danneggia certamente (anche se inconsciamente) lo Stato ebraico con le sue asserzioni e fantasie malate circa l’Ebreo Collettivo, e mette in pericolo tutti gli ebrei.

Perciò agite, signori, senza esitare. Afferrate con buona coscienza il martello del neo-diritto che già Felix Dzerzinski, il fondatore della CEKA bolscevica, vibrò sulle teste di milioni di nemici non-intenzionali del proletariato (la cosa non dovrebbe spiacere a sua eccellenza Napolitano): censurate il blog della Nirenstein, pericolo pubblico antisemita.




1) Ecco il testo della contro-petizione anti-ebraica che la nominata Nirenstein invita a firmare: «Con Israele, con la ragione».
«L’aggressione a Israele dei firmatari del documento Jcall è ispirata da una visione miope della storia del conflitto arabo-israeliano, da una mancanza di percezione chiara del pericolo che Israele corre oggi di fronte a un grande attacco fisico e morale. E’ addirittura incredibile che personaggi intelligenti e colti come Alain Finkelkraut e Bernard-Henri Levy, invece di occuparsi dell’Iran che ben presto terrà tutto il mondo nel raggio della minaccia della sua bomba atomica, bamboleggino con l’idea che Benjamin Netanyahu sia il vero ostacolo alla pace, che l’impedimento essenziale per giungere a una risoluzione del conflitto sia un ipotetico, riprovevole atteggiamento israeliano. Sembra che gli intellettuali firmatari ignorino la realtà e inoltre che se ne infischino del contributo che il loro documento darà e sta già dando al movimento di delegittimazione senza precedenti che minaccia concretamente la vita di Israele. Voler spingere Israele a concessioni territoriali senza contraccambio significa semplicemente consegnarsi nelle mani del nemico senza nessuna garanzia: lo sgombero di Gaza, compiuto senza trattativa, ha portato risultati disastrosi, il territorio lasciato dagli abitanti di Gush Katif è diventato un’unica rampa di lancio per missili e terroristi; la trattativa di Ehud Barak, intesa a cedere a Arafat praticamente tutto quello che chiedeva, portò semplicemente all’orrore della seconda Intifada, con i suoi duemila morti uccisi da attentati suicidi. Lo sgombero della fascia meridionale del Libano nel 2000 ha rafforzato gli Hezbollah, li ha riempiti di missili, ha condotto alla guerra del 2006. Alain Finkelkraut, Bernard-Henri Levy e i loro amici sostengono di preoccuparsi per il futuro e la sicurezza d’Israele, ma di fatto ignorano l’elemento basilare che ha impedito ai processi di pace di andare in porto, ovvero il rifiuto arabo e palestinese di riconoscere l’esistenza stessa dello Stato d’Israele come dato permanente nell’area. Basterebbe che ogni mattina leggessero la stampa palestinese e araba e se ne renderebbero conto. Nessuna concessione territoriale di quelle che gli intellettuali francesi sembrano desiderare con tanta energia può garantire la pace, ma solo una rivoluzione culturale nel mondo arabo. E nessuno la chiede, nemmeno Obama che invece preme solo su Israele. E’ divenuta la moda di questo tempo. L’attacco a Netanyahu che si legge nell’appello di Jcall è volto a destrutturare la sua coalizione di destra. Ma la realtà è che non è mai contato nulla che un governo israeliano fosse di destra o di sinistra: i palestinesi hanno sempre comunque rifiutato ogni proposta di pace. Ma che Israele diventi ancora più piccolo non servirà a niente finché Abu Mazen non rinuncerà a intitolare le piazze al nome dell’arciterrorista Yehiya Ayash, finché il mondo palestinese non smetterà di distribuire caramelle quando viene ucciso un ragazzo ebreo in qualche ristorante, finché non accetterà la richiesta davvero minimalista di Netanyahu di riconoscere che lo Stato di Israele è lo Stato del popolo ebraico. Sembrano ignorare questo dato evidente anche gli intellettuali israeliani che hanno firmato un documento addirittura contro il premio Nobel Elie Wiesel che ha scritto una nobilissima lettera in sostegno di Gerusalemme come patria morale e storica del popolo ebraico. E’ una triste epidemia perbenista, con la quale probabilmente si pensa di fornire un po’ d’ossigeno ai movimenti pacifisti che in questi anni non hanno saputo altro che fallire ripetutamente sullo scoglio della cultura dell’odio islamista e contribuire alla diffamazione di Israele. Ma non si arriverà a nessun processo di pace (e le generose offerte di Olmert rifiutate da Abu Mazen ne fanno fede) finché una larga parte del mondo non smetterà di sperare che la distruzione di Israele sia dietro l’angolo, sulla scia della nuova eccitazione islamista dell’Iran e dei suoi amici Siria, Hezbollah, Hamas tutti sempre più armati di armi letali, e non solamente di vane parole, come i firmatari dell’’appello alla ragione’. Ma anche le parole possono uccidere e distruggere. Non ci sfugge, di fronte a una così evidente ignoranza della politica della mano tesa di Netanyahu con il discorso di Bar Ilan e il congelamento di dieci mesi degli insediamenti, lo sblocco di molti check point e la promozione di importanti misure per agevolare l’economia palestinese, che sia presente nel ‘documento Finkelkraut’ un traino obamista, un perbenismo da salotto buono cui spesso gli intellettuali non sanno dire no. Esso mette i nemici di Israele, e sono più di sempre e più agguerriti, nella condizione di delegittimare e attaccare lo Stato ebraico, dicendo: ‘Anche molti ebrei sono dalla nostra parte’. Se questo era lo scopo dei firmatari, lo hanno raggiunto».  
Clicca questo link: www.petitiononline.com/israel48/petition-sign.html
2) L’espressione del grande giurista Spagnolo qui non è chiarissima: non spiega chi e come «nega il diritto dello Stato di Israele all’autodeterminazione». Qualcuno può negare il diritto di Israele, al massimo, a bombardare un milione e mezzo di inermi con bombe al fosforo e bombe mutilanti. E’ Israele, se mai, che nega il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi.


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