>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
Putin ha bisogno di uno Schacht
Stampa
  Text size
L’Occidente sta vincendo la guerra economica che ha sferrato contro la Russia? È quel che ha mostrato, gongolando, Ambrose Evans Pritchard sul Telegraph del 22 ottobre.

Le sanzioni euro-americane, e soprattutto il crollo dei prezzi del greggio attuato dai sauditi (1) vendendo sottocosto a 85 dollari al barile (il prezzo per compensare i costi di estrazione essendo per l’Arabia Saudita sui 99 dollari) stanno imponendo un pesante contributo ad un’economia «tossicodipendente» da petrolio, metalli e gas, un’economia da rentier. Le esportazioni russe non-petrolifere valevano il 21 del Pil nel 2000, sono cadute all’8 nel 2013.

La fine dell’era sovietica ha visto lo smantellamento dell’apparato industriale, certo non competitivo... E l’industria militare di prim’ordine, gli istituti di ricerca di altissima qualità che la Russia aveva? «Hanno esternalizzato i loro cervelli e perso il know how tecnologico. I migliori ingegneri russi lavorano per la Boeing, le ferrovie russe dipendono da tecnologia tedesca» fa dire il giornalista del Telegraph a Lubomir Mitov, capo a Mosca dello Institute of International Finance.

Si faccia pure la tara su questi dati, ma una cosa è certa: s’è intensificata la fuga di capitali: ogni ricco oligarca o privilegiato si è buttato a cambiare rubli in dollari e a tenerli nel cassetto, se non a portarli all’estero. La fuga di capitali è una piaga cronica e un dissanguamento enorme, sottrae ogni anno all’economia 4-5% del Pil russo anche in tempi normali. Questa emorragia veniva coperta dal surplus dei conti correnti introitati grazie ai prezzi sostenuti di gas, greggio e materie prime minerarie. Oggi non è compensato da nulla, anzi anche i capitali esteri che entravano, non entrano più a causa delle sanzioni.

Il potere di regolazione globale USA mostra la sua faccia crudele: le banche, le imprese e gli enti di Stato russi sono stati chiusi fuori dai mercati finanziari mondiali; sicché i 720 miliardi di dollari di debiti esteri che avevano contratto quando Mosca era all’onor del mondo – un peso assolutamente gestibile in tempi normali – rischia di non poter essere rinnovato, ossia sostituto con altro debito quando scade. Le riserve russe sono grosse, ma vengono rapidamente intaccate: alla Banca Centrale, calcola Moody’s, sono rimasti 396 miliardi (non tenendo conto, è vero, del Fondo di Riserva voluta da Putin; e ugualmente si tace dei 443 miliardi di dollari in riserve auree costituite fino ad oggi, un polmone che consentirebbe alla Russia di resistere per un paio d’anni). L’Arabia Saudita vende il greggio al disotto dei suoi stessi costi d’estrazione: ma può durare anche due-tre anni pescando nelle sue riserve valutarie di 745 miliardi di dollari. Quanto può reggere Mosca?

La Casa Bianca ha ordinato alla Exxon Mobil di sospendere la joint-venture che aveva coi russi nell’Artico. Significa che costoro restano privati delle tecnologia ultra-avanzate (immagine sismica 3D) che sono necessarie per sfruttare il gas nel bacino di Bazhenov. La Cina non è in grado di subentrare agli americani a questo livello. Se poteva la Total, la «sciagura» che ha eliminato il suo capo, Christophe de la Margerie, proprio mentre decollava da Mosca, ci fa pensare che non potrà più.

Conclusione gongolante di Evans-Pritchard: «La Russia aveva possibilità di costruire una economia moderna e diversificata con l’aiuto entusiastico (sic) dell’Occidente. Questa opportunità è stata sprecata. Il basso prezzo del greggio sarà il pugno della morte per Putin».

Se la previsione si avverasse, sarebbe la disfatta finale per la civiltà, essendo oggi la Russia la sola potenza che osi sfidare il «diritto extra-legale al dominio del mondo» di Washington, come ha detto lo stesso Vladimir Putin nel memorabile incontro di Valdai in Crimea davanti a 108 esperti e analisti politici internazionali; un discorso che fa di lui, secondo Paul Craig Roberts, «il leader morale el mondo». Cancellato Putin, costretta la Russia a chiedere pietà e a rientrare umiliata nel Sistema, sarebbe la fine del diritto internazionale, il trionfo definitivo della violenza e la sovversione come unica ratio nei rapporti internazionali.

Ora la grande nazione sconta l’ingenuità (a dir poco) dei suoi capi, di aver voluto l’integrazione nel sistema di capitalismo globale, nei «mercati», nel WTO e nelle sue reti di smistamento (tipo SWIFT), credendo alla propaganda occidentalista che questo fosse il passo avanti per un mondo pacifico e concorde, nell’interesse di tutti. Oggi ci si accorge che tale integrazione non è altro che asservimento all’imperialismo globale anglo-americano; che si sono date all’oligarchie occidentali le chiavi delle catene finanziarie, che allentano e stringono a loro arbitrio.

Se ne è parlato con eccezionale franchezza – che sgomenterà diversi lettori, come ha sgomentato me – tra esperti russi in un dibattito tv su Russia Today, cui hanno partecipato Sergei Glaz’ev consigliere del presidente Putin e membro della Accademia Russa delle Scienze, l’economista Mikhail Leonidovich Khazin, Vladimir Jur’evich Levchenko, economista esperto del mercato azionario (2). Hanno puntato il dito con spietata precisione sulle manchevolezze dell’economia russa, che la indeboliscono in questa lotta.

«...Il fatto è che nei primi anni ’90 abbiamo abbandonato il nostro modello di profitto, pensando che fosse inefficiente, e ci siamo integrati nel modello americano occidentale», ammette l’economista Khazin, «nel suo sistema finanziario che è il sistema di Bretton Woods, con tutte le sue istituzioni: il FMI, la Banca Mondiale, il WTO e il Centro di emissione. Il fatto è che questo modello è in crisi profonda. Ed è assolutamente chiaro che gli Stati Uniti hanno in programma di uscire dalla propria crisi a scapito degli altri partecipanti all’economia globale. Possiamo vedere chiaramente i conflitti di Stati Uniti con la Cina. Possiamo vedere chiaramente la guerra economica tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Gli Stati Uniti cercano di creare una zona di libero scambio con l’Unione Europea, i cui risultati potranno de-industrializzare l’Europa occidentale».

Per lui, «La Cina e parti dell’Europa occidentale stanno resistendo alla pressione dell’America molto più della Russia, ma questo succede, per così dire, dietro le quinte. La Russia, in particolare con la situazione in Ucraina, ha dovuto esporsi in pubblico. Così tutto il mondo ha visto che c’è un potere nel mondo, che non vuole sottomettersi agli Stati Uniti. E estremamente pericoloso per loro, che ci sia qualcuno che sta resistendo. Per questo motivo, non conterei sul fatto che le sanzioni saranno abolite».

Manca un «programma positivo»

Il problema, ha aggiunto Khazin, è che la Russia va a questo confronto con gli Stati Uniti «senza un programma positivo»: «Cioè, stiamo dicendo agli Stati Uniti: “Non ci piace il modo in cui vi state comportando. Non ci piace che stiate interferendo negli affari dell’Ucraina. Non ci piace che stiate bombardando paesi sovrani senza il permesso delle Nazioni Unite...”. Ma quale visione del futuro possiamo offrire al mondo? L’Impero russo portava un’immagine di un futuro ortodosso con valori cristiani. L’URSS portava un’immagine del comunismo, cioè l’uguaglianza delle persone. E che cosa ha la Russia di oggi da offrire? Il nostro Governo e la Banca Centrale dicono apertamente che stiamo costruendo sul modello del capitalismo liberale degli Stati Uniti». Dunque manca un’ideologia veramente alternativa, un programma da offrire al mondo.

Ma inoltre manca un «programma positivo» in un altro senso, concretamente economico. Il presidente Putin ha avanzato che le sanzioni euro-americane possono persino beneficiare la Russia, se sviluppano un’industria e un’agricoltura nazionale di sostituzione. Ma per adesso non si vede «una sostituzione di merci occidentali con merci russe, ma di una sostituzione di merci occidentali con merci cinesi».

Khazin: «Stiamo dicendo: “sostituzione delle importazioni”, “sviluppo economico” ed altre cose. Ma qual è la nostra fonte di sviluppo? Abbiamo, per esempio, la nostra risorsa d’investimento?».

«Come sappiamo dal 1991, fin dai tempi di Gajdar ci hanno detto che l’unica fonte di investimento devono essere gli investimenti stranieri, vale a dire il dollaro».

Yegor Gajdar
  Yegor Gajdar
Yegor Gajdar è stato Primo Ministro russo nel 1992, sotto Eltsin: fu lui ad assoldare come consulente delle riforme economiche il monetarista americano ebreo Jeffrey Sachs (Scuola di Chicago), e – su consiglio di tal consigliere – ad imporre ai russi «il passaggio shock all’economia di mercato»: milioni di russi precipitarono nella miseria nera per la svalutazione dei loro risparmi e l’iper-inflazione del rublo (sei milioni di vecchi morirono), il deterioramento sociale fece avanzare la criminalità e la corruzione, qualche migliaio di ben piazzati, spesso con fondi occidentali, si accaparrarono per un pezzo di pane i cespiti sovietici «privatizzati» diventando i cosiddetti oligarchi. Il solo nome di Gajdar suscita terribili ricordi e moti di odio in Russia.

«Tutto il nostro sviluppo attuale è legato al centro di emissione del dollaro», continua spietato Khazin, «dobbiamo ottenere dollari. O sperando che gli Stati Uniti facciano crescere il prezzo del loro petrolio, o da alcuni investitori stranieri. Ma questi vanno e vengono, e oggi possiamo vedere che siamo stati tagliati fuori da una parte significativa di fonti di dollari. Abbiamo bisogno di una nostra risorsa, dobbiamo creare un nostro sistema di investimento-finanziamento».

Ma il ministro delle Finanze russo ha appena detto che non risponderà al secondo round di sanzioni occidentali con sanzioni russe, si obietta. «Il Ministero delle Finanze non sta prendendo in considerazione la prospettiva della creazione di un sistema finanziario sovrano». La gente che sta nelle istituzioni finanziarie russe, a cominciare dalla banchiera centrale Elvira Nebiullina, sono formati in Occidente, (lei a Yale), «ha fatto la carriera grazie ai rapporti con le istituzioni finanziarie internazionali. Non sto nemmeno a parlare di Arkadi Dvorkovich, che ha praticamente studiato lì». È il vice-primo ministro russo. È gente che non riesce nemmeno a pensare ad una alternativa al sistema del dollaro, al monetarismo globale.

«Se c’è un’idea che abbiamo bisogno di comprendere, è che abbiamo bisogno di risorse», interviene Levchenko: «Per ottenere risorse, la soluzione del passato è stata sempre quello di correre verso l’Occidente». Il denaro costava poco in Occidente, ma aveva un prezzo: «Ricordate tutti che cos’è un “prestito vincolato”? Ricordate quando nei primi anni ’90 ci davano finanziamenti? Non c’erano praticamente soldi ‘dal vivo’. C’erano alcuni beni, tecnologie, attrezzature e così via. Ancora una volta, ci utilizzavano per espandere il proprio mercato, per l’espansione di un mercato, che già esisteva. Questa è l’essenza della globalizzazione». E le industrie nazionali che oggi potrebbero produrre merci di sostituzione a quelle occidentali, non s sono sviluppate.

D’altra parte, Levchenko sottolinea le dimensioni enormi dei mercati finanziari dominati dagli USA: «Se guardiamo ai volumi di scambio, al numero di investitori e speculatori, agli strumenti finanziari, i quelli del mercato azionario di New York o di Londra, a Chicago, il mercato americano, e prendiamo qualsiasi mercato asiatico, in quest’ultimo il volume delle operazioni, il volume di investitori e la quantità di capitale – sono a livello di errore statistico rispetto a quanto avviene negli Stati Uniti». Questo condiziona anche le possibilità di sviluppo tecnologico: «Per esempio, creare uno smartphone super-moderno è semplicemente impossibile senza 7 miliardi di persone con un certo livello di vita e un certo livello di intelligenza. Più grande è il mercato, più grande è lo sviluppo. Aggiunge: «Noi tutti comprendiamo perfettamente il motivo per cui non siamo in grado di produrre nulla nel nostro paese. È perché non siamo competitivi. Per una serie di ragioni. Siamo in grado di fare riforme strutturali. Ma è sempre la stessa storia, le persone che potrebbero farle, se avessero potuto, le avrebbero fatte negli ultimi 15 anni».

È una critica a Putin, al potere proprio da 15 anni, o alla sua impotenza davanti al sistema post-sovietico di oligarchi e rentiers, che non ha veramente intaccato. Lo sottolinea agli ascoltatori Vladimir Lepyokin, direttore dell’EuRaSec (Eurasian Economic Community): «Se avete notato, ciò che è stato discusso è un po’ in dissonanza con ciò che è stato scritto sulla stampa di recente, in contrasto con l’ottimismo dei media. I politici continuano a dire che le sanzioni non sono un pericolo per noi, e sono anche uno stimolo, perché permetteranno al paese di fare un’inversione di marcia. E l’economia inizierà a crescere. Lo hanno detto per un paio di mesi. Ma non ci hanno detto in che cosa consiste il piano. Non sto nemmeno parlando del piano di politica industriale, una certa strategia per invertire l’industria. Ma anche per l’agricoltura nessun piano simile è stato presentato (3), e il lavoro è in corso, come ho detto, per la sostituzione dei prodotti occidentali con quelli fatti in Cina».

Frase inquietante. Non esiste più una cultura del dirigismo di Stato. I politici (Putin?) che speravano in un farsi avanti della economia reale in Russia per coprire le merci estere con prodotti interni, hanno affidato la speranza al «mercato» e all’imprenditoria, che praticamente non esiste. Solo un oculato energico dirigismo economico – come quello che Hitler applicò nella sua Germania prosperando nella grande depressione e chiusura degli investimenti esteri degli anni ’30 – avrebbe potuto. Ma ormai manca evidentemente anche là la cultura e la sapienza dell’economia politica, diretta dall’alto.

Interviene Glazev. Nonostante sia consigliere economico di Putin, non è meno tagliente: «Di recente ho visto un’intervista a un vice ministro dell’Energia che ha detto: “Non c’è problema, sostituiremo in breve tempo tutte le apparecchiature relative all’estrazione del petrolio e del gas. Abbiamo tutto e la tecnologia ci è nota. Risolveremo tutto entro uno o due anni”. Questo fa nascere una domanda. Dov’è stato l’onorevole ministro nell’ultimo decennio? Perché non siamo già diventati autosufficienti? La decisione di trasferire le perforazioni e, in particolare, le perforazioni esplorative a società occidentali è stata semplicemente imperdonabile. Era un sintomo puro e semplice della mancanza di potere del nostro processo decisionale esecutivo che, indipendentemente dalla quantità enorme di persone qualificate in campo petrolifero, delle macchine utensili e dell’ingegneria, ha permesso a Halliburton e altre società occidentali di venire qui portando con sé queste attrezzature importate. Abbiamo pagato enormemente più del dovuto».

La Banca Centrale fa sabotaggio?

«... il Consiglio di Stato abbia ora il compito della sostituzione delle importazioni. Il governatore Savchenko ha fatto un discorso che condivido . Ha dato i numeri, vale a dire che 2-3 miliardi di rubli di merci possono essere, in questo momento, sostituite per mezzo di una sostituzione delle importazioni. Queste cifre si riferiscono ai prodotti alimentari e beni di consumo. Tuttavia, sorge la domanda: Al fine di produrre 2 o anche 3 miliardi di rubli di merci è essenziale disporre di fonti di finanziamento, vale a dire di credito. Ci sarebbe bisogno di iniettare nell’economia un ulteriore miliardo di rubli di credito (senza il quale non si verificherà la sostituzione delle importazioni). Inoltre, se si considerano i prodotti alimentari, il ciclo alimentare segue l’anno solare, il che significa che il credito è necessario per un anno intero».

«Per la Banca Centrale semplicemente non esistono questi problemi. In realtà la quantità di denaro in circolazione non è aumentata per oltre un anno. E questo è lo sfondo su cui è stato assegnato il compito di aumentare la sostituzione delle importazioni. La Banca Centrale, con tali politiche, rende il raggiungimento di tali compiti impossibile».

Veniamo così a sapere che la Banca Centrale russa – come Mario Draghi, in una replica funesta della Banca Centrale Europea sotto il tallone tedesco – fa una politica deflattiva. Proprio in questo momento, «non supporta l’estensione del credito supplementare» ai potenziali imprenditori produttori di merci di sostituzione dell’import; «la Banca Centrale non crea un sistema di credito per compensare il credito che è stato congelato dall’Occidente; In linea con le politiche di trasparenza sistemica e il buon governo, la banca prenderà anche le distanze dal ruolo di ‘creditore di ultima istanza’. Come risultato di questo vi è stata una stretta creditizia artificialmente imposta nel Paese. Nessuna società, non importa di quale dimensione, è in grado di accedere al credito. È questo che ci dicono gli industriali! Da un lato il Governo li incoraggia ad intraprendere la sostituzione delle importazioni, mentre dall’altra è impossibile ottenere credito perché non c’è credito nel sistema. Il tasso d’interesse è superiore alla redditività del settore produttivo, diciamo del 150% per le macchine utensili, il tasso di interesse supera la redditività dei guadagni di 4 volte. È economicamente impossibile ottenere crediti in questi termini»

E l’enorme fuga di capitali? «La Banca Centrale fa finta che questo non sia il suo problema, ma delle forze dell’ordine che devono combattere l’evasione fiscale insieme con i servizi di monitoraggio finanziario e fiscale. Si rifiuta di applicare le misure repressive e amministrative, a cominciare dal controllo delle posizioni in valuta estera alle banche commerciali, al controllo sui cambi, fino ad una tassa sull’export di capitali: «Il problema principale che dobbiamo risolvere oggi è di superare l’ostinata mancanza di volontà della Banca centrale di difendere gli interessi della sicurezza nazionale ed economica della nazione e di evitare che la Banca Centrale segua gli interessi di speculatori stranieri».

Ritengo, più per servile adesione ai dogmi finanziari occidentalisti che per chiara volontà di tradimento: a molti oggi è impossibile pensare fuori degli schemi posti dal Washington Consensus, dalle «istituzioni finanziarie internazionali» , dalle università custodi dell’ortodossia monetarista. L’economia politica è materia desueta anche nella Germania dove funzionò come «modello renano» post-nazista, anche nell’Italia che l’ha praticata fino al criminoso «divorzio fra Tesoro e Bankitalia», inizio della nostra svendita nazionale.

Vladimir Putin, grande figura politica, sta rischiando molto, non da ultimo perché gioca «secondo le regole» in un mondo dove Washington come ha detto e chiarito lui stesso – gioca «senza regole». Alla sovversione si risponde con la sovversione, al sabotaggio col sabotaggio portato in casa del nemico.

Inoltre non sembra possedere sufficienti competenze in economia, così da avviare programmi concreti di ri-sviluppo industriale ed autosufficienza alimentare che gli facciano vincere la guerra asimmetrica (economica) che l’impero gli sta sferrando.

Hjalmar Schacht
  Hjalmar Schacht
Avrebbe disperato bisogno al suo fianco di un clone contemporaneo di Hjalmar Schacht (1877-1970), il banchiere centrale di Hitler dal 1933 al ’39, autore del miracolo economico nazista e dell’assorbimento della disoccupazione di massa in due anni, impiegando i milioni di disoccupati in opere pubbliche, dalle autostrade alle ferrovie. Schacht praticò misure «non convenzionali» per superare la restrizione del credito e la deflazione, fra l’altro emettendo gli Effetti MeFo, tratte emesse da una ditta inesistente, la Metallurgische Forschungsgesellschaft, garantite dallo Stato: costituirono una sorta di moneta alternativa e complementare che sfuggiva al debito pubblico e non lo aumentava, circolante fra le imprese e le industrie a cui fornì abbondante liquidità, riportando le industrie a livelli produttivi altissimi. Contro la scarsità di valute estere, escogitò un sistema sofisticato di baratto internazionale che faceva a meno delle cosiddette ‘monete di riserva’ (dollaro e sterlina) liberando anche gli scambi dalle turbolenze dei mercati valutari e scongiurando l’uscita di capitali. E poiché le merci importate erano pagate con prodotti finiti dell’industria, facevano da stimolo al settore manifatturiero.

Se ne trovano ancora, di Schacht?




1) È la vendetta dei sauditi contro Putin. È il caso di ricordare che un anno fa, il principe Bandar bin Sultan, allora capo dei servizi segreti sauditi, chiese un colloqui al presidente russo: un incontro di cui Mosca stessa rivelò i particolari. Bandar offrì un a Putin un controllo congiunto, semi-monopolistico, sul mercato mondiale energetico (con vantaggiosa manipolazione dei prezzi), ad una condizione: che smettesse di sostenere il regime del siriano Assad. Lo avvertì anche che poteva dare protezione per lo svolgimento delle Olimpiadi di Sochi senza attentati «islamici», perché «i ceneni che minacciano i Giochi sono controllati da noi». Putin rigettò l’offerta e la minaccia gangsteristica. Oggi è evidente che Bandar minacciava e faceva offerte con il pieno appoggio americano. Questo tipo di minacce legittimano (e forse esigono) risposte ostili di pari efficacia: dalla promozione della sovversione interna al regno dei Saud (istigando qualche primavera tra la minoranza sciita) con la scopo di ottenere un «regime change», fino al sabotaggio degli impianti petroliferi sauditi.
2) Esiste una versione integrale della trasmissione in italiano qui.
3) Sappiamo così che anche l’agricoltura s’è ripresa in Russia, sulla terra più fertile del pianeta, e il Paese dipende dall’estero per i consumi alimentari. La collettivizzazione marxista-leninista sembra aver distrutto per sempre la sapienza contadina, e non esiste la capacità di farla rinascere. Esisteranno aziende agricole moderne e competitive in Russia? Ecco un settore dove il know-how italiano poteva fare molto, se i nostri governanti non si fossero accodati alle sanzioni.


L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità