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La preminenza del cafone 2.0
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Devo qualche risposta alle «reazioni» al mio articolo precedente su Piombino. In primo luogo a questa di Luigi Roberti (che ringrazio perché almeno si è firmato):

«Faccio notare al direttore che molti pazienti che si stanno curando con ''metodo Vannoni'' reclamano con forza la possibilità di continuare la cura. Sono pazzi o masochisti?
Non condivido inoltre i continui attacchi al M5S: ''Grillo a volte dice cose giuste, ma poi a saper governare, è tutt'un altro paio di maniche''. Bene, allora continuate (io non riesco a farlo dal 1972) a votare per chi ci ha governato e ridotto così. Luigi Roberti
»

L’assicuro caro lettore, che non ce l’ho con lei personalmente; ma devo farle notare che, in queste poche righe, lei illustra, conferma e dimostra alcuni dei più tipici difetti del Cafone.

«Non condivido i continui attacchi al M5S»: ebbene, ecco il Cafone che, quando entra nell’agone politico, pretende imperiosamente che ogni critica alla «sua» parte si taccia. È proprio del cafone, cui sfuggono le complessità e dinamiche di una società pluralista, non capire che la critica – oltreché un diritto – è vivificante ed utile per la sua stessa parte e per i suoi leader, perché può permettere di rettificare e correggere posizioni errate, tenere a freno gli utopismi, o almeno tener conto che esistono nell’agone politico altre posizioni.

Ma per il Cafone, le altre posizioni non hanno diritto di esistere. Questo è il punto. C’è una sola posizione legittima, un solo Capo infallibile, e tutti devono chiudere la bocca. Ciò vuol dire che il Cafone urbanizzato porta nell’agorà la stessa fede totale che, quand’era rurale, poneva in Sant’Oronzo, San Ciriaco od altro patrono del paesello di cui seguiva, devoto, le processioni – e da cui si aspettava le grazie. Urbanizzatosi, il Cafone si aspetta grazie celesti dalla sua parte politica, e vi aderisce con una fede totale. Attualmente sono i grillini ad esibire questa caratteristica con la più comica dismisura; ma in un recente passato ne hanno sofferto altrettanto comicamente i leghisti. Guai a criticare Bossi! Guai a sminuire la fede dei credenti permettendosi il minimo dubbio, facendo notare certi aspetti ridicoli! I risultati si sono visti: Trota, Cerchio Magico e la devastazione delle ragioni stesse del partito, «terronizzatosi» (familismo amorale) e «romanizzatosi» (nel senso di Roma Ladrona) fino al grottesco. Magari un po’ di critica a Bossi, prima, gli avrebbe fatto bene, non gli avrebbe consentito di credersi il dio infallibile, padrone dei Neanderthaliani devoti che lo incensavano col culto. E mantenere i piedi per terra, e il partito in mano, invece di finire lui sotto il controllo del Cerchio Magico e della moglie sìcula.

Ovviamente, lo stesso vale per i berlusconiani di fede (vedi Bondi e compagni, che hanno aggravato la patologica propensione di Silvio di essere Geova+Casanova); vale per i comunisti che una volta venivano definiti «trinariciuti», in quanto si facevano un punto d’onore a non informarsi che sopra L’Unità, e a non credere a informazioni provenienti da altra fonte: «L’Unità non lo dice», era la loro risposta.

Insomma, è una tendenza onnipresente in ogni area politica, e ciò non è strano essendoci dappertutto i cafoni – ma quello che è tipicamente italiano, è che i cafoni qui esigono che tutti gli altri, i raffinati, i colti, gli informati, si adeguino alla loro imperiosa ristrettezza mentale; i cafoni pretendono di «comandare», e riescono a zittire le voci non cafone. E se proprio non ci riescono, si turano le orecchie per non sentire le critiche – hanno paura che queste indeboliscano la loro fede totalitaria nel Capo di turno. È per questo motivo che la «democrazia» in Italia non migliora mai, ma continuamente peggiora, e le istituzioni si degradano senza sosta.

Mi spiego con un esempio: Reporter. Il programma della Gabanelli, che è notoriamente di sinistra, svolge secondo me (che di sinistra non sono) una critica documentata ed utilissima, rivela magagne e corruzioni dell’orribile oppressiva macchina statale, scandali regionali e locali, eccetera. Ebbene: il Governo Berlusconi considerava Report «nemico». Io mi sono sempre domandato perché: al posto dei governanti, avrei preso nota delle rivelazioni e delle corruzioni, degli sprechi e dei malfunzionamenti lì denunciati, per poi il giorno dopo stesso ordinare punizioni, correzioni – insomma rimediare alle magagne – con gran grancassa pubblicitaria, e ringraziando pubblicamente la Gabanelli che «ci ha permesso di rimediare»…

In compenso, la Gabanelli è stata l’idolo dei grillini: se ben ricordate, se fosse stati per loro, la giornalista sarebbe ora presidente della Repubblica. L’hanno adorata – fino al giorno in cui ha rivolto il suo faro critico sui 5 Stelle. Da quel momento, l’hanno riempita di insulti (il Cafone fa così: non dibatte, insulta), le hanno ingiunto di tacere, l’hanno chiamata «serva del PD» e peggio. Beppe Grillo: «Faremo i conti anche con lei che ci si è rivoltata contro», sottintendendo sinistramente: quando avremo tutto il potere, faremo le epurazioni. È appunto questo che fa paura, perché Grillo può davvero prendere un sacco di voti e – tacitando ogni voce critica – può fare enormi guai, dato che si muove all’interno di un’utopia cataro-decrescista ed è appoggiato dai totalitarismo dei suoi seguaci, i quali hanno una gran voglia di instaurare la psico-polizia. Anzi l’hanno già instaurata al loro interno.

Su Grillo e il suo movimento ho avuto molte speranze iniziali. Vedo anch’io, come mi dice il lettore Fabiou, che «attaccano banche e poteri forti e non rubano». Se permettete, anch’io ho attaccato banche e poteri forti prima di lui e dei grillini, alcuni dei quali si sono probabilmente ispirati (o sono stati risvegliati) da miei scritti. Quel che mi distanzia da loro è quella loro utopia casaleggiana e grillesca (gli utopirla) della decrescita felice, della riduzione di due terzi del genere umano, e in più l’intolleranza minacciosa, le espulsioni-epurazioni (se avessero il potere potranno diventare eliminazioni fisiche?), la pulsione totalitaria.

Su certe cose resto d’accordo. Mi propongo per una simpatia condizionata e critica, «laica» se vogliamo – di uno che non si vede in Grillo il nuovo sant’Oronzo –, come si deve fare nell’agone pluralista. Ma no: loro pretendono «obbedienza pronta cieca assoluta» (come i trinariciuti sbeffeggiati da Guareschi) al Casaleggio, al Comico e alla Rete, altrimenti sei «nemico».

Così facendo, fanno male a sé stessi, alla loro stessa causa. Ma non lo capiscono. I Cafoni imperiosi fanno male alla politica, le impediscono di elevarsi sopra il livello terra-terra. della gleba di cui sono parte.

Un lettore crede di cogliermi in castagna: «In punta di sarcasmo le ricordo che negli anni anche lei ha votato. Addirittura per il massimo Dulcamara che si sia mai visto in Italia: Silvio Berlusconi».
Ma certo, ho creduto al programma – programma esplicito e formulato – di Silvio Berlusconi. Ma le faccio notare che a dare forza – forza politica, elettorale, forza sociale – a Berlusconi non sono stato io, né quelli come me, quelli che hanno creduto al suo programma: sono i fanatici del Milan, sono le masse rincretinite da Mediaset: in una parola, sono i Cafoni. Quelli che non tollerano, anzi nemmeno capiscono le critiche che gli venivano rivolte dai simpatizzanti con la testa sul collo (ed anche adesso che il vecchio impresario è fallito, un berlusconiano mio lettore, Franco-Pd, si ostina a credere che io ce l’ho con Berlusconi per moralismo cattolico, perché va a escort: capito niente).

La stessa massa ha sancito il successo politico di Beppe Grillo. Le sue accuse ai poteri forti le facevo anch’io, prima e meglio documentate, nel mio piccolo; la mia critica all’euro ha preceduto tutti gli attuali critici, datemene atto; la mia critica ai ricchi di Stato è arrivata molti anni fa – e non ho suscitato a lungo che incredulità, financo nei miei lettori, fino a quando non l’ha denunciato Sergio Rizzo sul Corriere. Perché attorno a me non s’è radunato un grande movimento di massa capace di reclamare la sovranità popolare espropriata? Ma è ovvio: perché Grillo è un comico. Fa spettacolo.

Non sto criticando Grillo; fa bene il suo mestiere, ed è ovvio che il comico chiami attorno a sé delle masse. Registro solo il fatto che dire le cose giuste, formulare programmi giusti, non basta: bisogna attirare i Cafoni, suscitare il loro applauso, sedurli. Altrimenti si tengono alla larga, diffidenti, e continuano a ripetere vanterie come: «Io non voto dal 1972»: come il cafone alla fiera, appunto, che si tiene stretto il portafoglio. Lui si tiene stretto il suo prezioso voto, per poi darlo al Discutibile — che lui esige, da quel momento, che nessuno altro discuta.

È questo che non fa avanzare la democrazia, la prevalenza del Cafone, che impone le sue limitazioni, la sua angustia mentale, come standard a chi ha la mente più larga; abbastanza larga dal tener conto delle critiche, senza sentirsi colpito nell’io.

In questo senso, trova una risposta il lettore che ansiosamente mi chiede:

«Di grazia, direttore, chi si dovrebbe votare quindi? Il Dio Kal? Quello di origini russe, intendo? Non semplice né forse auspicabile. Cos’altro dunque? Ormai si è capito che neppure l’astensione serve. Cosa fare quindi per mandarli veramente TUTTI, ma proprio TUTTI a casa? Ci illumini, direttore. Io resto sul dividere l’itaglia, non certo con la LN, però

Anche questo, ahimé, è sintomatico. Di fronte a un problema complesso, si esige un’indicazione semplice e tassativa: «Ci dica per chi votare, e sùbito!». Sapete perché sorge questa domanda? Perché non si capisce che la «politica» è solo, se vogliamo, la superficie, l’epidermide esterna, della società: il suo male sta nel profondo, nei suoi tessuti ed organi interni guasti, nelle sue istituzioni fondamentali che, sgangherate e corrotte troppo a lungo, hanno corrotto i membri sociali, svalutato l’onestà e l’intelligenza. È proprio del cafone – purtroppo – non comprendere che il problema è più serio e profondo di quello che può essere risolto rispondendo all’imperiosa domanda: «Mi dica per chi votare ...ma non per LN!».

Tutto il mio sforzo, in questi anni, non è stato altro che indicare le magagne profonde della società italiana, ed evocarne i possibili rimedi. Vedo che non serve a niente. Persino alcuni dei miei lettori si sono incafoniti progressivamente, cedendo all’ambiente, allo standard.

Solo da questo scadimento possono nascere domande come: «I grandi nomi dell’ufficialità scientifica screditano e irridono Stamina e Di Bella. Blondet dovrebbe allora dirci perché per l'una la critica è scientificamente fondata e per l’altro no».

Un lettore assiduo dimentica che anche Blondet ha avuto il cancro, ha rifiutato la chemio, ha esaminato ed escluso anche la terapia Di Bella e infine s’è curato con vitamina C endovena in altissime dosi — è dunque insospettabile di fede cieca e conformista nei «grandi nomi dell’ufficialità scientifica». È semplicemente un’offesa nei miei confronti, gratuita, per evitare di darmi ragione. Blondet, caro lettore, non parte dal presupposto del complottismo cafone, ossia che «bisogna diffidare dell’ufficialità scientifica»; Blondet s’è informato in un caso e nell’altro, ha soppesato criticamente la letteratura scientifica e quella alternativa. Mi si vorrà dare atto che ho scelto a ragion veduta, oculatamente, da essere intelligente ed onesto intellettualmente, trattandosi in fondo della mia vita? No, non mi si dà atto: «Blondet ci dica perché la critica a Stamina è scientificamente infondata», ingiunge imperioso il lettore.

Si informi. Veda che cosa sono le cellule staminali; esse sono effettivamente totipotenti, ossia possono tramutarsi (essendo embrionali) in fegato o in neuroni. Ma si domandi perché mai il Metodo Stamina, del professore di lettere Vannoni, dovrebbe far sì che le cellule staminali, iniettate secondo dosaggi, metodi e purificazioni sconosciute, dovrebbero trasformarsi in neuroni anziché in fegato, o unghie e peli. Lo chieda a Vannoni, che non ha mai voluto rivelare i suoi segreti di fabbrica. Visto che non gli basta, a diffidare, la nota faccia...



Si informi, come mi sono informato io sulle cure alternative, non dalle Iene, decidendo infine – con fiducia condizionata e critica – per l’acido ascorbico.

Macché. Tutto inutile. Il cafone si fida di Vannoni, delle Iene, e non si fida di me nemmeno per un momento, condizionatamente. Come il lettore: «Faccio notare al direttore che molti pazienti che si stanno curando con metodo Vannoni reclamano con forza la possibilità di continuare la cura. Sono pazzi o masochisti?».

No, non sono pazzi o masochisti. Sono Cafoni, semplicemente. Ossia ermeticamente chiusi al ragionamento, alla critica, alla cultura, in una parola alla civiltà. Voi magari dite che sto esagerando. Ma guardatevi attorno: i Cafoni sono in tutte le alte cariche, hanno il potere — perché i Cafoni del basso non lo capiscono, non sapendo distinguere il dottore onesto dal Dulcamara con la faccia da pregiudicato... È il potere totale del Cafone. E infatti, questo potere è riuscito ad espellere, a costringere a trovare lavoro all’estero (dove li accolgono a braccia aperte) almeno trecentomila giovani italiani intelligenti, ultra-qualificati, ultra-studiosi, archeologi, storici, scienziati, matematici, conoscitori d’arte coltissimi: che qui non han trovato posto, essendo i posti tutti occupati da Cafoni — pardon, da Venerati Maestri. Ovviamente coalizzati per impedire che salga uno migliore di loro, che li metta in discussione, che li costringa a «competere» e li mandi dove meritano di stare: sulla zolla, con la vanga in mano. Tutto il sistema l’hanno creato e perfezionato allo scopo di tenere alla larga i migliori, e mantenere a sé gli indebiti vantaggi che hanno usurpato.

E voi mi chiedete per chi votare?

La «fede cafona» è uno dei motivi per cui questo popolo non è capace di autogoverno. Finisce per selezionare i peggiori. È incapace di sforzo intellettuale, o almeno di umiltà davanti a chi di questa fatica è capace. Chiudo con un esempio:

La questione degli immigrati. Qualche tempo fa, una radio ha «aperto er dibbattito»: da una parte un leghista, Salvini. Dall’altra, a contraddirlo, Luigi Manconi e tale Valentina Brinis: autori a quattro mani di un libro sul tema, dal titolo «Accogliamoli tutti».

Accogliamoli tutti. Capito? È il tipico modello del dibattito politico italiano. I due autori di «Accogliamoli tutti» non hanno alcuna voglia di risolvere il problema; hanno solo voluto fare rabbia ai leghisti. È questo il loro scopo finale. Il loro progetto si ferma lì. È la stessa scena he si ripete nelle riunioni di condominio: dove una proposta viene osteggiata ferocemente, con la bava alla bocca, dal condomino Brambilla, non perché gli sembri sbagliata, ma perché ha in odio il condomino Fumagalli, che l’ha proposta. Perché Fumagalli gli sta antipatico. Perché ha la moglie bella, l’auto nuova, o un tono che gli dà ai nervi. Capite che il condominio è una fonte infinita di litigi idioti e di cause tribunalizie assurde... come il condominio Italia.




 

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