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Fenomeni di accaparramento
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Sento dire che per avviare la ripresa bisogna «dare più potere dacquisto alle famiglie» e «aumentare i salari», e che è colpa del governo (di Temonti) che non lo fa. Lo si sente dire dalle sinistre. Da quelle stesse sinistre che baciavano le mani a Ciampi, loro venerato maestro, quando raccomandava moderazione salariale. Siccome Ciampi era (creduto) di sinistra, la moderazione salariale è diventata di sinistra, e grazie alla moderazione dei sindacati, il lavoratore italiano ha le paghe più basse d’Europa, e da 15 anni le retribuzioni sono ferme (non quelle dei dipendendi pubblici). Ora invece «serve una nuova politica dei redditi», dice Epifani, e subito un aumento di 100 euro mensili...

Ma allora, adesso, si può? Non esiste più la concorrenza cinese che impediva l’aumento dei nostri salari? Si possono aumentare le paghe così, senza tener conto della nota bassa produttività del lavoratore italiano? E infine: come si fa a invocare insieme un aumento del potere d’acquisto alle famiglie, e baciare le mani di Mario Draghi, l’altro loro venerato maestro del momento, che esorta (il govero) a «fare come la Germania»?

I successi della Germania nell’export derivano appunto da una stretta feroce della moderazione salariale, là accettata dai sindacati. Otre che naturalmente dalla maggiore produttività (il che significa: maggiori investimenti in beni capitali) lavoratori più istruiti, prezzi mantenuti bassi dall’onestà dei negozianti, servizi pubblici incomparabilmente migliori e non gravati dai costi della corruzione. E bisogna vedere se i successi germanici dureranno, tutti basati come sono sull’export, e non sui consumi interni. A luglio l’export tedesco (un dumping di un certo genere, a danno dei concorrenti europei, anzitutto l’Italia) è calato bruscamente dell’1,5%...

Tremonti ha definito l’affermazione di Draghi «infantile». La domanda più generale è : ma questi, sanno di cosa parlano?

Si ricordano che un aumento del potere d’acquisto senza l’aumento di produzione di beni reali provoca solo inflazione? E anche fosse, si ricordano che non è più in potere dell’Italia di stampare moneta? Del resto, in USA Bernanke stampa moneta a fiotti, ad oceani, e l’economia reale non riprende.

Questi aedi della globalizzazione non hanno previsto la crisi finanziaria globale. Eppure il meccanismo era già insito nella globalizzazione da loro applaudita: si fabbricano merci là dove le paghe sono basse, e le si esporta là dove le paghe sono alte, in Occidente... senza prevedere che le paghe alte occidentali non ci sarebbero state più, perchè i posti di lavoro ben pagati erano andati in Asia.

Niente di male, dissero questi geni: ciò che manca al potere d’acquisto a voi consumatori occidentali, ve lo diamo col credito. Comprate a credito. Indebitatevi. Accendete un mutuo al 100% anche se non avete un reddito decente (tanto poi, noi banchieri il rischio della vostra insolvenza non ce lo accolliamo; lo cartolarizziamo, lo trasformiamo in obbligazioni ad interesse che poi spacciamo ad altri)...

Si sa com’è andata a finire, ed era prevedibile. Ma Giavazzi, Monti, Padoa Schioppa, Draghi, non l’hanno previsto. O almeno così dicono.

Certo i luminari e i venerati maestri non ci diranno in tempo quel che sta avvenendo adesso e minaccia una nuova fase di crisi, la cui decifrazione è abbandonata ai nostri poveri mezzi intellettuali (e senza inviti a Villa d’Este).

Un indizio è la corsa all’acquisto di yen, di un Paese in deflazione tragica: la corsa allo yen che rincara le esportazioni giapponesi e le rende invendibili aggravandone la crisi, mentre riduce i prezzi delle merci importate, aggravando la deflazione. Il governo nipponico – come gli altri, come l’Italia – è preso fra la necessità di ridurre il suo enorme deficit pubblico aumentando le tasse (ma ha spazio più di noi: in Giappone, l’IVA è al 5%) ma sapendo che questo stroncherà ogni speranza di crescita basata sui consumi interni.

Rigore e crescita insieme, come dicono oggi i venerati maestri: ma come perseguirle insieme, non lo sa il governo giapponese, figurarsi i nostri venerati e venerabili.

Magari potrebbero chiedersi come mai la finanza mondiale corre a comprare yen (contribuendo alla distruzione del lavoro giapponese) un Paese profondamente malato, dove per di più si lucra pochissimo in interessi, dato che la Bank of Japan ha ridotto il tasso primario allo 0,1%.

La risposta è: nonostante tutto, la speculazione considera lo yen una moneta-rifugio, in relazione al dollaro e ai cattivi auspici sull’economia USA, e all’euro, con l’Europa in cui i debiti sovrani (dopo la Grecia) sono sentiti come ben poco sicuri.

Assistiamo ad un enorme, malsano aumento dei mercati delle divise su scala mondiale: più 20% dal 2007, secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali si scambiano oggi 4 mila miliardi di dollari al giorno, contro i 1.500 al giorno del 1998.

Molto semplicemente, le masse monetarie mondiali sono sproporzionate rispetto agli attivi esistenti, prodotti in ultima analisi dal lavoro (più il capitale fisico). La speculazione che detiene quelle masse si accaparra le monete che le danno l’impressione di aver cumulato più valore reale, in ultima analisi lavoro produttivo dentro. Ma essa destruttura il valore reale del lavoro, che permetterebbe a USA e ad Europa, a Giappone e a Cina di produrre i beni reali che, scambiati internazionalmente, riassorbirebbero i debiti delle varie zone monetarie (la famosa crescita). La finanza produce la sottovalutazione del lavoro cinese, e la sopravvalutazione del lavoro in Europa, Giappone ed USA, rendendo impossibile il riassorbimento.

La Cina resiste alla pretesa di Washington di rendere convertibile la sua moneta, lo yuan, e fa bene: i fiumi della finanza si getterebbero in massa a comprare attivi in yuan, e metterebbero la Cina fuori-competitività. Ma lo fa al prezzo di mantenere basso lo yuan attraverso l’accumulazione di riserve in dollari, euro e yen. Insomma la sotto-remunerazione dei lavoratori cinesi viene pagata in pagherò in monete di Paesi che sono sostanzialmente non rimborsabili, perchè quei Paesi (USA, EU e Giappone) non producono più abbastanza beni vendibili, e dunque non cresceranno.

O in altre parole: il capitalismo americano e il capitalcomunismo cinese sono alleati per estrarre plusvalori in Cina attraverso la disoccupazione di americani, europei, giapponesi, il cui lavoro ha un costo eccessivo in rapporto ai cinesi. Situazione insostenibile sul piano umano, sociale e politico.

Ma i capitalisti finanziari non capiscono – non vogliono capire – che il prezzo dei loro capitali è, alla lunga, indissociabile da quello del lavoro, e che il lavoro è ancora nazionale, con ritmi, culture ed anche magagne nazionali. Non possiamo «fare come la Germania», a meno che non ci facciamo governare dalla Merkel (ve la raccomando, dipendenti pubblici...) nè fare come la Cina. Abolite le dogane, restano confini mentali, abitudinari, culturali (o sotto-culturali). La cultura europea già sta innescando rivolte sociali e scioperi: in Grecia, in Francia, non in Germania.

Non so se lo vogliono capire in tempo i venerati maestri. C’è un’altra cosa da capire: che la corsa all’acquisto di yen (svendendo monete di sistemi in deficit o debito netto) non è più tanto speculazione, quanto accaparramento: si accaparrano yen in mancanza di meglio.

L’economista francese Paul Jorion segnala altri fenomeni di accaparramento. Esempio: siccome continua a mancare la ripresa economica, i prezzi dei noli marittimi restano bassi. Così bassi, che le navi cargo specializzate vengono oggi noleggiate non per viaggiare, ma per accumularvi, come in gazometri, il gas naturale liquido. Il calcolo è: quanto devo far aumentare i prezzi del GPl con l’accaparramento, per lucrare più di quel che perdo in gas fisico nello stoccaggio navale, dove il GPl tende ad evaporare, anzi a bollire?

C’è un certo Anthony Ward, analista del settore cacao, che ha accaparrato da solo il 7% del cacao mondiale. Ci sono fenomeni di accaparramento dell’argento. Il prezzo del grano è ancora inferiore del 38 % rispetto alla punta del 2008, ma il blocco delle esportazioni russe ordinato da Putin per la perdita dei raccolti (la Russia produce il 13,6% dei grani nel mondo) si configura come un principio di accaparramento.

L’accaparramento non è (solo) provocato da cattiveria e avidità. La causa è, fondamentalmente, il disordine monetario.

«Quando la moneta cessa di essere affidabile», scrive Jorion, «è più prudentee conveniente a medio terminedi immagazzinare i prodotti» sottraendoli alla vendita e dunque al consumo. E l’accaparramento delle sussistenze è qualcosa che dovrebbe preoccupare la politica.

Jorion cita un discorso tenuto alla Convenzione da Saint-Just, l’arcangelo del Terrore e numero due dopo Robespierre, il 29 novembre 1792: « Ciò che ha rovesciato in Francia il sistema del commecio dei grani dopo la rivoluzione è lemissione sregolata del segno», disse Saint-Just: e per segno s’intendeva allora il segno monetario, ossia la moneta cartacea (assignat) che la Rivoluzione stampava a rotta di collo.

E Saint-Just proseguiva: «Il lavoratore, che non vuol mettere della carta nel suo tesoro, vende malvolentieri i grani... preferisce accumulare grani che accumulare carta». E concluse: «Bisogna dunque che il legislatore faccia sì che il faticatore spenda o non ripugni ad accumulare carta; che tutti i prodotti della terra siano in commercio, e bilancino il segno (monetario). Bisogna rendere equipollenti il segno, i prodotti, i bisogni: ecco il segreto dellamministrazione economica».

Aveva capito il Saint-Just che occorre stabilire un equilibrio tra la moneta e la ricchezza prodotta? A parole sì. A Parigi erano alla fame tutti, ma specialmente i sanculotti, sostegno della rivoluzione giacobina: erano addirittura pagati un gettone di presenza per assistere alle sedute della Convenzione, ossia intimidire con le picche e le grida (Alla ghigliottina!) gli ultimi moderati rimasti. Ma la paga di rivoluzionario di professione non bastava a comprare il pane. Il grano era sparito.

Robespierre e Saint-Just temevano, a ragione, di venir scavalcati a sinistra: un prete il cui cuore sanguinava per i poveri, Jacques Roux, s’era messo alla testa degli Arrabbiati e strappò dalla Convenzione, l’8 dicembre del 1792, un decreto di condanna a morte degli accaparratori. Seguì nel ‘93 il calmiere obbligatorio dei prezzi (ai quali fu ordinato di scendere anche del 30%). Poi tassazione generale delle derrate, altro giro di vite contro l’accaparramento, divieto della vendita di argento monetato (pericoloso concorrente reazionario dell’Assignat); fu instaurato il Terrore, i fornai che nascondevano il grano, ormai nemici del popolo, erano passibili di esecuzione immediata. Saint-Just in persona fece approvare decreti come la vendita dei beni degli emigrati, il pagamento in natura dell’imposta fondiaria, la libera circolazione dei grani all’interno e il divieto della loro esportazione, e la libertà di commercio. Ma gli assegnati si continuavano a stampare a rotta di collo.




L'arresto di Robespierre, 9 termidoro 1794, 27 luglio


Il risultato fu che il pane si fece più raro. E, quando si trovava, conteneva dosi sempre più forti di segatura di legno. Così fallì il primo tentativo di sinistra di mettere potere d’acquisto nelle tasche delle famiglie.

Il 9 termidoro 1794, 27 luglio, Robespierre è messo in minoranza dai convenzionali e arrestato. Saint-Just cerca di pronunciare un discorso in difesa dell’Incorruttibile (ne resta il testo) ma viene violentemente interrotto prima da Tallien poi dall’assemblea finalmente liberata: i sanculotti pagati non erano accorsi a difendere il loro idolo, erano stanchi di mangiare segatura.

Dicono che Saint-Just rimase alla tribuna tutto il tempo, pallididissimo, a braccia conserte, impenetrabile, mentre si scatenava la furia vile dei convenzionali. Fu ghigliottinato alla svelta il giorno dopo.

L’ìper-inflazione prodotta dagli assignat durò invece altri quattro o cinque anni.



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