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La perversa relazione tra banche e politica
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Il nome di Mike Shedlock detto Mish non credo dica molto nè al pubblico nè, purtroppo, alla stragrande maggioranza degli operatori finanziari italiani.

Mike è americano, socio di una società di asset management ed è uno dei più preparati e acuti osservatori del mondo finanziario ed economico, ma non esita a prendere a martellate i dati ufficiali e le interpretazioni di fantasia che vengono propinate al pubblico riguardo agli andamenti dell’economia e della finanza. Il suo blog, Global Economic Trend Analysis è il quarto più letto negli USA.

Definita la fonte prendo a prestito una sua analisi riguardo ad uno dei dati più recentemente strombazzati sui mercati finanziari: le stime sulle vendite mensili di agosto negli USA in crescita dello 0,4% che hanno dato la stura ad un nuovo fulmineo rialzo delle Borse. Il dato è elaborato dal U.S. Census Bureau, il corrispondente del nostro ISTAT, quindi un dato ufficiale, di fonte governativa e che dovrebbe essere quanto di più trasparente e affidabile che uno si possa aspettare. Ancora una volta non è così; i dati vengono prodotti con delle metodologie che sono strumentali a quello che poi i politici potranno e vorranno dire e questo dato è falso. Vediamo perché.

Mike Shedlock
   Mike Shedlock
Mike ha comparato questo dato con quello sulle entrate fiscali emesso dal Nelson Rockfeller Institute sule tasse statali (quelle di ogni singolo Stato dell’Unione) ed ha evidenziato come a fronte di questo incremento delle vendite ottimo ed inaspettato, ci sia stato un corrispondente calo delle tasse statali sui beni (la nostra IVA) rispetto ad un anno fa.

Di conseguenza, si domanda Mike, come è possibile che a fronte di un incremento delle vendite ci sia stata una caduta delle entrate fiscali?

Nessuno Stato ha diminuito le aliquote, quindi ci deve essere un’altra spiegazione che è la seguente: il metodo di calcolo del USCB non tiene conto delle aziende che nel periodo hanno chiuso i battenti, ma prende in considerazione solo le imprese esistenti. E’ ovvio che se molte aziende chiudono, qualcosa in più le restanti lo venderanno, ma tra questo e il dire che nel suo complesso le vendite al dettaglio sono aumentate ce ne passa un bel po’.

Tenendo conto di questo fattore le vendite al dettaglio sono ancora al disotto di ben il 10% dai massimi raggiunti nel gennaio 2008 e nelle dinamiche degli acquisti un gap del 10% non si recupera in qualche mese, ma in qualche anno (se va bene).

Sempre nello stesso filone dei dati distorti, ma che definirei di nuovo galleria degli orrori, mi viene in mente l’enfasi con la quale nel mese di aprile furono presentati e come furono entusiasticamente accolti i dati sugli utili delle banche americane. Le prime indiscrezioni in marzo e il successivo dato in aprile alimentarono un euforico rally di Borsa che mi fece scendere un brivido freddo lungo la schiena.

Al di là del gioco delle tre tavolette nel quale gli utili battono le stime e quindi ipso facto ciò è un bene, mi viene da chiedermi se a qualcuno passa almeno per l’anticamera del cervello su come siano stati fatti questi utili: sono utili da trading. Cosa vuol dire?

Vuol dire che sono lo stesso tipo di utili che hanno portato al disastro di due anni fa, solo che gli hanno cambiato i connotati: una bella plastica facciale e come i boss della mafia questi meccanismi sono diventati irriconoscibili. Ma non meno pericolosi.

Lo so che nel mondo in cui viviamo non c’è posto per gli idealisti, ma come è possibile che non ci si ponga mai la domanda del come originano gli utili, in particolar modo quelli delle banche e delle multinazionali? Siamo tutti così privi di strumenti per combattere queste modalità di arricchimento oppure non lo vogliamo fare per comodità?

Quello che di certo ci ha lasciato la scorsa ed attuale crisi è il fatto che tutto non è più come prima, anche se c’è chi vuole convincerci del contrario dicendoci che i meccanismi stanno pian piano tornando sotto controllo.

Io credo che dopo una certa rabbia e ribellione siano le nostre coscienze a tornare sotto controllo. Quando effettuiamo un investimento non ci poniamo mai la questione di vedere che tipo di comportamenti stiano dietro a quell’azienda sulla quale pensiamo di investire i nostri soldi.

Torniamo alle banche in generale ma anche a quelle di casa nostra.

Basilea 3: magica frase che fa sentire tutti i governanti e i banchieri più buoni e dotati di una coscienza per aver partorito una regolamentazione che darà una corretta struttura patrimoniale al sistema bancario: in nove anni. Per forza che i banchieri poi si sono sentiti sollevati!

Cerchiamo di capire meglio: se Basilea 3 serve per ricapitalizzare le banche vuol dire che ora sono sottocapitalizzate e non di poco, vedasi la farsa dello stress test di luglio. Vuol dire in poche parole che non hanno i soldi per svolgere in modo corretto ed efficiente il loro lavoro: e ci vogliamo mettere nove anni perché si mettano in riga?

Qui poi brillano le perle che l’informazione irreggimentata strombazza a più non posso.

Draghi: ancora una volta le banche italiane si dimostrano solide. E i 59 miliardi di euro che le banche italiane possono perdere entro il 2011 (fonte S&P)?

Per il periodo 2009-2011 poi il livello delle sofferenze è previsto a 132 miliardi di euro. Per renderle più solide le banche italiane hanno ottenuto un bonus del 10/15% sul capitale sottoposto a vigilanza a causa «della particolarità della composizione del portafoglio degli asset a rischio» e l’adeguamento, come detto, avverrà in un lungo numero di anni.

Traduzione: se si dovessero veramente applicare nel giro di due o tre anni le nuove misure, come la gravità della situazione richiederebbe, le banche italiane sarebbero già fallite.

Chi mi spiega come mai Unicredit che sta così bene di salute ha deciso di disfarsi di due asset patrimoniali che generavano solo cassa e costi irrisori?

Mi riferisco al custody bussines ossia all’attività di deposito titoli per conto degli investitori istituzionali, poco più di una sine cura. Adesso c’è in ballo la cessione di Pioneer Asset Management (dalle voci sui 3 mld di euro): la stampa allineata la chiama «valorizzazione degli asset»: quando si vendono i gioielli e l’argenteria di famiglia per mantenere un benessere di facciata non vuol dire che si valorizza qualcosa,vuol dire che si hanno le pezze sul fondo dei pantaloni.

Ho citato poco sopra S & P, parliamone.

Quand’è che la triade Moody’s, S&P e Ficht complici coscienti dello sfascio generale degni dell’inferno dantesco (consiglieri fraudolenti, canto XXVI) verranno regolamentati con severissime sanzioni per i loro giudizi fuorvianti e i loro rating allegri?

Mai, forse perché sono troppo strumentali al gioco delle parti del potere, ve l’ho detto e continuo a rimanere un irriducibile ed illuso idealista. Dall’altra parte c’è Intesa Sanpaolo che si vende Banca Fideuram perché «non più strategica», questo poco tempo dopo il delisting da Piazza Affari (2006) necessario per razionalizzare i processi decisionali. La nuova quotazione o vendita che cosa farà? Porterà cassa nelle tasche della banca di Passera, che evidentemente non se la passa poi così bene come vuol far credere se cede un’attività che procura solo abbondanti utili.

E già che ci siamo parliamo un po’ della concessione del credito e mettiamola in relazione con Basilea 3. Le nuove norme, come detto, puntano a ricapitalizzare le banche, ma ci siamo scordati (noi no, ma loro sì) perché oggi le banche sono sottocapitalizzate? Perché hanno distribuito giganteschi dividendi che per lo più andavano in tasca ad investitori istituzionali e solo in minima parte ai risparmiatori anziché rafforzare i requisiti patrimoniali; perché hanno concesso credito allegro per manovre speculative senza garanzie (vedi laffaire Zalesky) ridottesi poi in un bagno di sangue per varie banche, mentre al piccolo e medio imprenditore viene chiesto di dare in garanzia un multiplo di quanto chiede in beni reali; perché hanno speculato non solo con il proprio denaro, ma soprattutto con quello dei loro clienti usando delle leve finanziarie mostruose; perché sono imbottite di titoli sovrani di Stati sull’orlo del fallimento.

Ecco che ancora una vota si svela la perversa relazione tra banche e politica dove non si capisce più, a suon di vicendevoli ricatti, chi sia prigioniero dell’altro. E su tutto si stende l’ombra più che inquietante della massoneria e delle sue lotte intestine.

Giovanni Sicola


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