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La Mogherini in Europa ha creato speranze. Dunque ha dei nemici
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«Dopo i fatti di Gaza, il desiderio della gente è che non si vada avanti così per vent’anni. Anche perché, in assenza di rappacificazione, avremo una Gaza dopo l’altra. C’è una consapevolezza che rappresenta una finestra di opportunità. [...] Bisogna guardare alla luna, non al dito. Il riconoscimento è il dito. La luna è lo Stato palestinese, l’elemento più importante. Trovo che il nodo più interessante è se riusciremo ad avere uno Stato palestinese nei miei cinque anni di mandato». Ha fatto il giusto colpo questo auspicio di Federica Mogherini, che la commissaria UE per la politica estera ha espresso nell’intervista del 3 novembre, poche ore prima di partire per Israele e Gaza. Un’intervista «istituzionale» e ufficiale, come dimostra il fatto che sia stata pubblicata uguale da sei giornali ufficiali ossia ventriloqui dei poteri noti: Le Monde, El Pais, per l’Italia La Stampa...

Poi c’è stato un incontro con i numerosissimi membri del servizio diplomatico europeo (SEAE, «Servizio Europeo per l’Azione Esterna» nella neolingua orwelliana: un ufficio con 1643 dipendenti), a cui ha rivolto parole come: «Siate creativi! Pensate con spirito aperto, formiamo tutti una sola squadra»... Tuttavia, chi ha partecipato ed ha ascoltato in diretta (i giornalisti non erano stati invitati) parla di un’atmosfera calorosa, un anfiteatro «pieno fino all’inverosimile» di funzionari eurocratici venuti ad ascoltare l’italiana, e di speranze suscitate. La Mogherini sembra si sia guadagnata la stima e la simpatia di questi funzionari e tecnici, il che non è poco.

Una fonte anonima, palesemente un diplomatico bruxellese citato dal sito belga Dedefensa (che ha buone fonti interne al Palazzo Charlemagne) ha riferito: «La prima impressione è che, quando Mogherini è apparsa e ha preso la parola, abbiamo visto la comparsa di un essere umano»: il che la dice molto lunga sullo standard robotico abituale di chi siede su quelle poltrone, e permette di indovinare i cinque anni di sofferenza vissuti da quei diplomatici sotto Lady Ashton, una presenza che è stata piuttosto un’assenza, smorta e scipita telescrivente degli ordini di Londra e Washington.

Alla fonte, Federica Mogherini è apparsa «cosciente fino alla gravità tragica della terribile situazione che eredita». E che «una crisi la preoccupa più di tutte le altre: la crisi con Mosca». Beninteso, sulle cause e responsabilità della crisi in Ucraina la Mogherini ha ripetuto la versione ufficiale, atlantista e americanista, quella dettata da Washington e da Berlino, da Londra e Parigi come da Varsavia, e non avrebbe potuto fare altrimenti nella sua veste di «alto rappresentante» di quelli. Tuttavia ha pronunciato una frase che è apparsa molto significativa: «È totalmente escluso – ha detto parlando al suo corpo diplomatico – che io lasci le relazioni della UE con la Russia nell’attuale stato durante il mio mandato». Il senso del suo discorso è stato che «con la Russia siamo in una situazione che non può durare; non si può lasciar sussistere una tale situazione con un Paese così importante, è insostenibile». Ha anche detto: «Se avessimo saputo un anno fa che ci saremmo trovati dove ci troviamo oggi, forse avremmo agito in modo diverso»: frase che è stata interpretata come una discreta allusione critica alle responsabilità della Commissione precedente (quella di Barroso) sull’invelenimento della crisi ucraina e l’averla fatta sboccare in guerra civile. È apparsa consapevole che la causa profonda del disastro è stata nel 2013, quando la Commissione Barroso, nelle trattative con l’allora presidente Yanukovitch, lo forzò a scegliere: «O la UE o Mosca», un aut-aut che l’altro doveva rifiutare, dipendendo il suo Paese per troppe cose dalla Russia. Da allora la piazza Maidan fu scatenata dai milioni di dollari della Nuland, con Barroso in combutta...

Nel complesso, ad osservatori qualificati, la nostra Mogherini ha fatto una impressione rispettabile. E pare aver acceso una lieve speranza: di essere una personalità capace poter portare la politica estera della UE ad un altro livello e in una direzione più conforme ai reali interessi europei. «Sembra non abbia deluso quelli che vedono in lei un nuovo modo di pensare e una personalità non ancora del tutto prigioniera del Sistema», si arrischia a scrivere il sito Dedefensa.

Naturalmente lo sperimentato diplomatico che riferisce l’evento, non è affatto ottimista: «Tutto sta a sapere per quanto tempo terrà»: per quanto tempo, cioè, alle tremende pressioni del Sistema americanista che ha tanti e così potenti servi e maggiordomi in Europa, dentro i cui Stati – ciascuno e tutti – opera la ben nota lobby israeliana (1) che sorveglia l’ortodossia dei personaggi politici, occhiuta e fornita di tutti i mezzi di distruzione di personalità scomode.

Basterà ricordare che Polonia e Baltici hanno cercato di rigettare la Mogherini accusandola di essere filo-Putin, e che la stessa accusa è stata elevata addirittura del Financial Times, il grande e potente giornale della City. Sguardi sospettosi internazionali sono concentrati su di lei, ostilità pronte a scatenarsi, penne di giornalisti sui libri-paga pronte a stillare veleno, trucchi sporchi dietro le quinte, senza esclusione di colpi: il Sistema americanista neocon che ci domina per mezzo dei suoi servi europoidi, «che non fa regali e non dà quartiere», che vuole «tutto controllare e sottomettere», s’è dimostrato capace di qualunque brutalità e colpo basso, disinformazione, menzogna e false flag. Tuttavia, lo stesso Sistema e ad un punto di parossismo nella produzione del disordine e nello spargimento del caos a livello globale, da poter essere esso stesso vicino all’autodistruzione, al collasso – magari monetario, o civile interno. È anche possibile sia prossima una finestra d’opportunità per una politica d’altro stampo.

Certo, aiuterebbe la «tenuta» della Mogherini se venisse da una nazione coesa, orgogliosa e decente, capace di sostenerla, di far quadrato e difenderla nelle difficoltà che certo non mancheranno. Sappiamo cos’è questa nazione, sappiamo che è piena di servi, di vermi al soldo dello straniero e di pugnalatori alla schiena. Non possiamo farle altro che i nostri auguri, osservando l’emergere dei suoi nemici. Quasi sicuri, ahimè, che se il mandante darà l’ordine di colpire, il sicario sarà italiano. Magari del suo stesso partito.

Tra i dossier che dovrà affrontare, ce ne sono di rognosi.

Pagheremo noi il riscaldamento ai golpisti di Kiev?

La domanda è più che lecita visto il contratto che la Commissione Europea (ultimo atto di Barroso) ha fatto firmare a Gasprom (russa) e Naftogas (ucraina):

Mosca riprenderà a fornire il gas al vicino per tutto l’inverno, e l’Ucraina lascerà transitare il gas destinato a noi europei. L’accordo comprende un grosso e generoso sconto da parte di Mosca sul prezzo del gas agli ucraini, ma per la fine dell’anno Kiev dovrebbe sborsare 3,1 miliardi di dollari nel totale di 5,3 miliardi che deve. Ora, il punto è che l’Ucraina non ha mai pagato. Dal 2009 aveva un contratto con Mosca, ancora in vigore, su cui ha accumulato un debito – per gas non pagato – di 18,5 miliardi di dollari, cifra che aumenta ogni anno essendo il contratto ancora in vigore. Ma Kiev ha avuto la pensata di denunciarlo, e di aprire una causa contro Gazprom alla corte internazionale di arbitrato di Stoccolma. La causa è pendente, e dunque non si paga.

Almeno, il Governo golpista pagherà i 3,1 miliardi che le garantiranno il calduccio invernale? Niente è meno certo. Il Commissario UE all’Energia Gunter Oettinger, tastato il terreno, è tornato con questa informazione: l’Ucraina preferisce spendere gli aiuti internazionali che riceve – miliardi dal Fondo Monetario – per il settore militare e lo sforzo bellico. Secondo Poroschenko, fare guerra ai suoi cittadini nel Donbass gli costa qualcosa come 5,2 milioni al giorno, 938 milioni di dollari in 180 giorni.

La Commissione europea (Barroso) che ha fatto da mediatrice all’accordo, non si è fatta garante dei pagamenti di Kiev. Ma il fatto è che Kiev può bloccare il transito del gas per noi, un ricatto che la UE accetta, visto che Kiev è «i buoni» e i russi i cattivi. Anzi, molti Paesi europei – su ordine di Angela Merkel – si stanno adoperando nel «reverse flow», ossia nel pompare all’Ucraina il gas che ricevono dalla Russia per il proprio riscaldamento, e che pagano di tasca loro, senza che Kiev dia segno della minima gratitudine. La Slovacchia per esempio dipende dal gas russo al 100%, ma ne vende all’Ucraina 25-26 milioni di metri cubi al giorno: «vende» per modo di dire, visto che Kiev non paga il nemico, e nemmeno gli «amici». Il Primo Ministro slovacco Robert Fico se n’è lamentato con la padrona, Angela, dicendole: «Noi abbiamo fatto la nostra parte assicurando il reverse flow di gas in Ucraina. Ma non funziona, perché l’Ucraina aspetta che ogni altro trovi una soluzione ai suoi problemi, eccetto l’Ucraina stessa». Pare che anche Polonia e Romania si siano lamentati perché si tolgono il gas (russo) di bocca, e Kiev non paga il conto. Però tutti sospirano, a riforniscono il ricattatore.

Finirà che pagheremo tutti noi contribuenti europei – che navighiamo nell’oro – per la bolletta energetica dello Stato-canaglia detto Ucraina, per il quale ci siamo rovinato i rapporti economici e politico con la Russia. Mogherini potrà farci qualcosa?

Euroscandalo in Kossovo

Ecco un altro dossier scottante.

Un’eletta accolita di giuristi che abbiamo mandato in Kossovo a trattare le cause penali e civili troppo delicate perché i selvaggi kossovari se ne occupino, s’è scoperto che prendeva la mazzette per «aggiustare» i processi. Fra quelli che intascavano c’è la ceca Jaroslava Novotna, procuratrice europoide, e – poteva mancare? – l’italiano Francesco Florit, giudice di Eulex. Eulex è il nome dell’augusta Missione EU per il Diritto in Kossovo, creata nel 2008 e che ha già ben 1500 dipendenti (li paghiamo tutti noi). C’è un tentativo loschissimo di insabbiare la sporca faccenda; la procuratrice britannica Maria Bamieh, che ha scoperto il caso ed elevato le accuse ai colleghi, è stata sospesa dal servizio. Dal capo della missione Eulex, l’italiano Gabriele Meucci.





1) Per esempio, il sito fanaticamente giudaico Informazione Corretta l’ha già segnalata al Kahal centrale, con una furente filippica: «Chiediamo alla neo-responsabile della politica estera dell’Unione Europea: 1.il problema più urgentedell’intero Medio Oriente è il riconoscimento di uno Stato palestinese? Eppure sembra che solo questo importi alla Mogherini: la barbarie dell’Isis, il terrorismo, la violazione dei diritti umani in tutti i Paesi musulmani, il ricatto petrolifero ei regimiislamofascistinon interessano. 2. secondo Mogherini, l’obiettivo principale della politica dell’UE in Medio Oriente è “avere uno Stato palestinese nei miei cinque anni di mandato”. Non interessa giungere a uno Stato palestinese tramite un processo di accettazione, da parte araba, di Israele, ma si vuole uno Stato palestinese e basta. Poco importa se questo cercherà di prolungare all’infinito la guerra contro Israele. 3. Il terrorismo non è nemmeno citato: non sa Mogherini dell’arsenale di 100mila missili di Hezbollah, non conosce la minaccia dell’Isis, non ha sentito gli appelli alla lotta armata, cioè al terrorismo, da parte del “moderato” Abu Mazen nei giorni scorsi?». E pubblica una foto di Federica diciottenne a fianco di Arafat, e poi di Abu Mazen: «Terroristi moderati». Il Foglio del neocon Ferrara l’ha esaminata, sottolineando con disapprovazione che la «Mogherini pensa che con la Russia serva “il dialogo” e che sull’Ucraina “non si può ragionare solo parlando di buoni e cattivi”. Si tenga d’occhio anche l’Associazione Amici di Israele...



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