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Castrillon Hoyos: la Messa in latino
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Quel che segue è la traduzione per i lettori del discorso tenuto dal cardinale Dario Castrillon Hoyos (presidente della Commissione Ecclesia Dei) alla Latin Mass Society di Londra, prima della messa a Westminster.

Maurizio Blondet


(...) La prima cosa che voglio dirvi è che ho apprezzato il lavoro che la Società della Messa Latina d’Inghilterra e del Galles ha compiuto in questi quattro decenni. Voi avete agito a fianco dei vostri vescovi e rispettando la loro autorità, a volte senza ottenere tutti i risultati che desideravate. E intanto, in tutto quel che avete fatto, siete rimasti fedeli alla Santa Sede e al successore di Pietro. E siete rimasti fedeli in un tempo molto difficile per la Chiesa – un tempo che è stato di prova particolare per coloro che amano e stimano le ricchezze dell’antica liturgia.

Evidentemente questi anni non sono trascorsi senza numerose sofferenze, ma il nostro Signore amato le conosce e, nella sua divina provvidenza, trarrà per voi grandi benefici dai vostri sacrifici e dai sacrifici dei membri della Latin Mass Society che non hanno vissuto fino a questo giorno. A voi tutti, a nome della Chiesa, dico grazie per essere restati fedeli alla Chiesa e al Vicario di Cristo, grazie di non aver permesso che il vostro amore della liturgia classica di Roma vi conducesse fuori dalla comunione con il vicario di Cristo.

E vi dico anche: in alto i cuori! Perchè è evidente dai giovani d’Inghilterra e del Galles che amano l’antica liturgia, che voi avete ben lavorato per conservare e trasmettere questa liturgia ai vostri figli.

In secondo luogo, voglio parlare del Motu Proprio «Summorum Pontificum» del nostro amato santo padre, Papa Benedetto XVI. So quale grande gioia la pubblicazione del "Summorum Pontificum" ha dato ai vostri membri e, d’altra parte, a tanti fedeli cattolici nel mondo. In risposta a tante sofferenze e preghiere di tante persone nel corso di quattro decenni, Dio onnipotente ha suscitato per noi un sovrano Pontefice che è molto sensibile alle vostre preoccupazioni. Il Papa Benedetto XVI  conosce e sente profondamente l’importanza dei riti dell’antica liturgia per la Chiesa, sia per la Chiesa di oggi che per la Chiesa di domani. Per questo ha pubblicato un documento giuridico, un Motu Proprio, che instaura la libertà legale degli antichi riti nella Chiesa. È importante comprendere che il "Summorum Pontificum"  instaura una nuova realtà giuridica nella Chiesa.

Esso dà ai fedeli ordinari e ai sacerdoti dei diritti, che devono essere rispettati da coloro che hanno la funzione d’autorità.
Il Santo Padre sa che in certi luoghi del mondo, molte richieste di sacerdoti e fedeli laici che volevano celebrare secondo gli antichi riti, spesso non sono state accolte. Ecco perchè  ha ora stabilito, con la sua autorità, che celebrare secondo la forma più antica di liturgia – tanto il Santo Sacrificio della Messa quanto i sacramenti e gli altri riti liturgici – è un diritto giuridico, e non un semplice privilegio accordato.

Certo, questo deve essere fatto in armonia sia con la legge ecclesiastica che sono i superiori ecclesiali, ma i superiori devono anche riconoscere che questo diritto è adesso fermamente stabilito nella legge della Chiesa dal Vicario di Cristo stesso. Si tratta di un tesoro che appartiene a tutta la Chiesa cattolica e che deve essere a disposizione di tutti i fedeli di Cristo. Questo significa che i sacerdoti parrocchiali e i vescovi devono accettare le suppliche e le richieste dei fedeli che lo chiedono, e che i preti e i vescovi devono fare tutto il possibile per dare ai fedeli questo tesoro liturgico eminente della tradizione della Chiesa.

In questo periodo che segue immediatamente la pubblicazione del Motu Proprio, il nostro compito più urgente è di far sì che la celebrazione della forma straordinaria del rito romano sia celebrata là dove è più desiderata dai fedeli e là dove le loro legittime aspirazioni non sono ancora state soddisfatte. Da una parte, nessun sacerdote deve essere costretto, contro la sua volontà, a celebrare secondo questa forma straordinaria. D’altro canto, questi preti che non desiderano celebrare secondo il messale romano del 1962 devono essere generosi a rispondere alle richieste dei fedeli che lo desiderano.

Da come vedo le cose, due fattori sono necessari.
1) Anzitutto è importante trovare una chiesa in una zona centrale, che vada bene al maggior numero di fedeli che hanno richiesto questa Messa. Naturalmente deve essere una chiesa il cui parroco accetta di accogliere questi fedeli, della sua parrocchia e delle parrocchie vicine.
2) E’ essenziale che ci siano dei preti che desiderino celebrare secondo il messale romano del 1962 e rendano questo importante servizio pastorale ogni domenica. Spesso possono esserci uno o più sacerdoti, in un decanato o settore diocesano, che  possono volere, o anche desiderare, di celebrare questa Messa. I vescovi devono essere molto sensibili a queste disposizioni pastorali e devono facilitarle. E’ obbiettivo fondamentale della "Summorum Pontificum".

E’ molto triste vedere dei preti a cui si vieta di celebrare questa forma straordinaria della Messa a causa di misure restrittive che sono state prese contro le intenzioni del Santo Padre, e dunque contro la legge universale della Chiesa (...).

Permettetemi di dirlo con franchezza: il Santo Padre vuole che l’antica forma di Messa divenga un caso normale nella vita liturgica della Chiesa, in modo che gli antichi riti diventino familiari a tutti i fedeli di Cristo – giovani e anziani – affinchè attingano alla loro bellezza tangibile e alla loro trascendenza. Il Santo Padre lo vuole per ragioni pastorali come per ragioni teologiche. Nella lettera che accompagna il "Summorum Pontificum", Papa Benedetto scrive:

«La storia dellla Chiesa è fatta di crescita e progresso, mai di rottura, Ciò che era sacro per le generazioni precedenti resta grande e sacro oggi, e non può all’improvviso trovarsi completamente vietato, se non considerato come nefasto. È bene per noi tutti, conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e dare loro il giusto posto».

Questo mi porta al terzo punto. Voi siete a buon diritto convinti che l’usus antiquior non è un pezzo da museo, ma l’espressione vivente del culto cattolico. Se è vivente, noi dobbiamo credere anche che si sviluppi. Il Santo Padre ha questa stessa convinzione.

Come sapete, ha scelto «motu proprio», ossia di sua iniziativa, di modificare il testo della preghiera «Pro Judaeis» nella liturgia del Venerdì Santo. L’intenzione della preghiera non è in alcun modo indebolita, ma si è concepita una formulazione che rispetta le sensibilità.

Allo stesso modo, come sapete, "Summorum Pontificum" ha disposto che la liturgia della parola sia proclamata in lingua vernacorale, senza essere letta prima dal celebrante in latino. Nella Messa pontificale (che celebrerò) oggi, ovviamente, le letture saranno solennemente cantate in latino, ma per delle celebrazioni meno solenni la liturgia della parola può essere proclamata direttamente nella lingua del popolo.

(...)

Le due forme d’uso del rito romano possono arricchirsi reciprocamente: nell’antico messale potranno e dovranno essere inseriti i nuovi Santi, e alcuni dei nuovi prefazii. La Commissione Ecllesia Dei, insieme alle diverse entità dedicate all’usu antiquior, studierà le possibilità pratiche.

Naturalmente, saremo felici del vostro contributo in questa importante questione. Vi domando solo di non opporvi per principio ai necessari adattamenti che il nostro Santo Padre richiede. (...) è un sacrificio che vi chiedo di fare con gioia, come segno della vostra unità con la Chiesa cattolica del vostro Paese.

Dario Castrillon Hoyos


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