>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
g8.jpg
Il vero mercato agricolo: quello rionale
Stampa
  Text size
Il primo ministro britannico Gordon Brown ha rimproverato i consumatori inglesi: fanno incetta di riso nei supermercati. Ciò è uno spreco, ha detto Brown, ed ha minacciato di bloccare la corsa all’accaparramento: già è in corso il razionamento di fatto del riso che si può comprare nelle botteghe inglesi.

Ciò è comico, perchè negli stessi giorni l’accaparramento delle granaglie - quello che riduce alla fame miliardi di uomini - sta avvenendo, su scala colossale, non già nei supermercati, ma sul «mercato globale» delle materie prime, nelle borse-merci di Chicago, Londra e New York.

A produrre i rincari e le scarsità sono gli speculatori che, avendo perso nella bolla speculativa dei subprime, si sono buttati a fare profitti di compenso «comprando» granaglie sotto forma di futures. E ovviamente non per consumarle, ma per rivenderle quando rincareranno ancora.

Evidente qui l’ideologismo che blocca il pensiero: i mercati da regolamentare sarebbero quelli rionali, mentre i «mercati» finanziari devono restare senza regolamentazione, in nome della libertà del capitale. L’ideologia del capitalismo terminale non legittima solo i «mercati» fittizi, dove non si scambiano pomodori e riso, ma ordini elettronici. Non avviene da oggi.

Banca Mondiale e Fondo Monetario, da trent’anni, ai Paesi poveri e indebitati hanno sempre imposto un solo rimedio: eliminare i sussidi all’agricoltura locale di autoconsumo, aprire le frontiere (abolendo i dazi) ai prodotti agricoli che vengono da Europa ed USA («più competitivi»), eliminare le pubbliche riserve di granaglie (sono «un costo»), e se si ha fame, andare a comprare sul mercato globale (1).

Insomma, hanno volontariamente distrutto i mercati rionali per avvantaggiare il «mercato» delle Borse-merci. Il Fondo Monetario ha voluto deliberatamente sottrarre ai governi la capacità di proteggere i loro cittadini dalle fluttuazioni dei prezzi mondiali.

I Paesi indebitati hanno dovuto consegnare le terre agricole a grandi imprese private, nazionali o multinazionali, alle quali non interessa il frumento o il riso in quanto tali, ma i «margini di profitto» che possono spuntare sul «mercato» elettronico dei futures. Da qui la rarefazione dei contadini sulla terra. Da qui l’abuso mostruoso di pesticidi, fertilizzanti chimici, di monoculture e di sementi geneticamente modificate, sempre alla ricerca di «economie di scala» di concezione industriale, concetto estraneo e nemico alla terra fertile.

E’ essenziale capire che tutto ciò è stato voluto, e che i padroni del vapore continuano a volerlo. Perchè hanno voluto rendere il mondo favorevole alla finanza, anzichè alla vita umana. E’ la loro preferenza.

La prova si è avuta nell’ultimo G-8. Nemmeno un vago tentativo, anzi nemmeno l’annuncio, di voler stroncare l’accaparramento speculativo in corso sul «mercato globale» (quello falso). Braccia alzate davanti alla libertà del capitale, che non deve essere intaccata nemmeno oggi, quando ormai devasta e saccheggia nei suoi ultimi spasimi.

Eppure, non è poi difficilemettere le redini al «mercato»; le piazze su cui si esercita sono tre o quattro, e lì la Tobin Tax - ove solo ci fosse un accordo per applicarla - avrebbe la sua efficacia. Infatti, la Tobin Tax è concepita per colpire non il passaggio di attivi finanziari in sè, ma la frequenza dei passaggi; più un future di riso passa velocemente da una mano all’altra, più viene tassato. Chi compra per consumare, paga una Tobin Tax minima, e irrilevante per il mercato rionale; chi compra per speculare, paga molto.

Ma i maggiordomi del potere sono sordi. Sordi anche all’allarme lanciato da ambienti scientifici: un quarto delle terre utilizzabili nel mondo sono pesantemente degradate, a forza di agricoltura industrializzata, pesticidi in eccesso, fertilizzanti che induriscono i terreno, deforestazione forsennata per aumentare le estensioni a coltura, abolizione dei metodi antichi di fertilizzazione.

Si comincia a vedere chi paga il costo delle «economie di scala» perseguite dalle multinazionali agricole: la terra fertile (2). Che non è rinnovabile come si crede. Ci ha messo milioni di anni la roccia originaria a diventare humus. Miliardi di fratturazioni, di sottili decomposizioni chimiche, di azioni microscopiche di batteri; millenni in cui ai terreni si sono mescolate foglie ed erbe per renderli friabili e porosi. Tutto ciò non può essere ricostruito velocemente, con metodi industriali e l’occhio all’ultima riga del bilancio semestrale.

Solo nella dolce Francia, e solo l’urbanizzazione (essa stessa una conseguenza del capitalismo terminale) fa sparire ogni anno 60 mila ettari di terra fertile sotto il cemento, in dieci anni equivalente alla sparizione di un intero dipartimento francese. Basta un acquazzone violento per far sparire 50 tonnellate di humus, su un terreno deforestato in pendenza.

E gli esperti consigliano, adesso, di non lasciere i terreni nudi fra due raccolti: bella scoperta, che i contadini conoscono da millenni, e dopo il raccolto di grano seminano nei campi il trifoglio; trifoglio che - dopo esser servito al pascolo delle bestie - viene arato perchè si mescoli alla terra, e le sue radicole rilascino le sostanze azotate prodotte dai microbi che convivono con la pianticella. L’antica pratica del sovescio, che la Monsanto non pratica, preferendo vendere i suoi semi, i suoi pesticidi, i suoi fertilizzanti.

Daniel Nahon, docente di geochimica dei suoli all’università di Aix-en-Provence, dice che di questo passo non si potranno nutrire i 9 miliardi di uomini che vivranno nel 2025. «Esiste un vero analfabetismo riguardo al funzionamento dei terreni fertili, sia tra i politici, tra i media e tra gli scienziati. Invece, occorrerebbe una mobilitazione come in tempo di guerra».

Perchè alla terra si chiede non solo di essere un supporto (presunto passivo) delle piante alimentari. Si chiede anche di riciclare i rifiuti urbani, di «catturare» l’anidride carbonica presunta causa dell’effetto-serra, di filtrare le acque, di partecipare al mantenimento della cosiddetta «biodiversità».

Nahon e i suoi ricercatori propongono molte cose antiche, ed alcune nuove. Arare la terra in modo meno profondo. Evitare la semina a spargimento, preferendo quella diretta, buca per buca. Piantare trifoglio e senape tra due raccolti di cereali. Diminuire i pesticidi. Lasciare sul terreno dei detriti vegetali (grande scoperta!). Studiare il paesaggio per indicare la riforestazione delle pendenze naturali del suolo. Quel paesaggio che i contadini europei hanno creato e mantenuto da millenni.

Fra le cose nuove, Nahon propone lo studio e la selezione intensiva di micro-organismi «orientati» alla migliore filtrazione delle acque, o anche alla decomposizione dei rifiuti urbani. Non è un programma che richiede grandi spese.

Niente di paragonabile ai 2 mila miliardi di dollari, almeno, che sono stati bruciati dalla speculazione nello scoppio della bolla-subprime, come ribasso dei corsi azionari (una «ricchezza» illusoria, che non esisteva). Niente rispetto ai profitti di Monsanto. Profitti fatti a spese dei suoli mineralizzati, induriti, salificati e avvelenati.

La presunta efficienza del capitalismo si rivela ogni giorno di più un costo insostenibile, e alla fine omicida. La competitività dei «mercati globali», un costo enorme a danno dei mercati rionali, quelli in cui persone vere comprano vero cibo. E la presunta intelligenza della mano invisibile del mercato rivela la sua idiozia nel mancato sfruttamento delle terre arabili,che lascia incolte.

Già, perchè nella sola ex-Unione Sovietica, il crollo del regime ha fatto passare la coltura dai 240 milioni di ettari a 207. Restano 30 milioni di ottima terra nera, il celebre humus dell’Ucraina e della puszta, della Bielorussia e della Russia, che non sono impiegati. In Russia, è coltivato solo il 43% del terreno arabile (3). Facilmente, i raccolti russi possono essere raddoppiati, e quelli ucraini triplicati, con poche modernizzazioni. La terra, là, costa 1.000 dollari all’ettaro, contro i 9 mila dollari dello Iowa e i 7.500 dello Champagne.

Ma non interessa alla Monsanto, perchè in Ucraina la terra non si compra; non esistono ancora chiari diritti di proprietà, e l’ambiente generale nell’Est «non è favorevole al business privato».

E’ ancora l’ideologia terminale, quella che domina. Niente al mercato rionale, tutto al mercato globale.




1) Sameer Dossani, «Greed and dogma  fertilize food crisis», Asia Times, 9 luglio 2008.
2) Christiane Galus, «Il est urgent de sauver les sols», Le Monde, 21 giugno 2008.
3) Ambrose Evans-Pritchard, «Slav farm reserves could avert global famine», Telegraph, 20 giugno 2008.

Home  >  Economia                                                                                           Back to top


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità