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Bombe di Madrid: altri quattro assolti
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Il tribunale supremo spagnolo ha assolto in appello altri quattro dei 21 condannati per gli attentati «islamici» alla metropolitana di Madrid (11 marzo 2004, nell’imminenza delle elezioni: i morti furono 191). Già sette degli accusati erano stati assolti nel novembre 2007. Gli assolti sono Basel Galyum, Mohamed Almallah Dabal, e Abdelilah El Fadual El Akil, per i quali è caduta l’accusa di «appartenenza e collaborazione ad una organizzazione terrorista» (si noti, l’accusa non li incolpava nemmeno della diretta partecipazione all’attentato), nonchè uno spagnolo, Raul Gonzalez Pena, accusato di traffìco di ordigni esplosivi (1).

Fatto ancora più significativo: nonostante gli sforzi della procura, la corte ha confermato la estraneità di quello che tutti i media indicarono, e tuttora indicano, come «la mente dello spaventoso attentato islamico»: Rabei Ousman Sayed Ahmed, detto «Mohamed l’egiziano». Le prove della sua partecipazione diretta sono state giudicate inconsistenti dai giudici; quanto alla sua appartenenza ad una organizzazione terrorista, s’è ritenuto che Mohammed l’Egiziano non può essere condannato in Spagna, in quanto già giudicato e condannato ad otto anni in Italia, dove è infatti detenuto.

La schiacciante prova contro Mohamed l’Egiziano consiste, si ricorderà, in una telefonata intercettata dagli inquirenti italiani subito dopo l’attentato in Spagna. In cui  il sospetto, che viveva a Milano, si vantava: «Sono io il capo dell’affare di Madrid, le bombe di Madrid erano un progetto mio, e quelli che sono morti da martiri erano miei cari amici». I suoi difensori, in Spagna almeno, hanno dimostrato con successo che i nastri delle intercettazioni erano stati tradotti male, sicchè sono stati esclusi come prova (2).

Invece, il tribunale d’appello di Madrid ha deciso di ricondannare a quattro anni  uno spagnolo – Antonio Toro – che era stato assolto nell’ottobre scorso. Antonio Toro, chi era costui?

Un informatore della polizia iberica, più precisamente del «Tedax», la squadra esplosivi della Guardia Civil. Antonio è  fratello di Carmen Toro – anch’essa arrestata, poi rilasciata – la quale è moglie di Emilio Suarez Trashorras, il minatore asturiano, piccolo delinquente per fatti di droga, che vendette gli esplosivi ai terroristi islamici, esplosivi sottratti  da una miniera delle Asturie, cui aveva  accesso. In pagamento, ottenne un carico di hashish.

In fatto è che Trashorras era anche lui un informatore, dal 2001, dopo essere stato beccato in spaccio di droga.  E disponeva del numero telefonico privato  del super-poliziotto Juan Jesus Sanchez Manzano, il capo della Tedax, la squadra esplosivi della Guardia Civili: il numero fu trovato in un foglietto addosso alla Carmen Toro, moglie di Trashorras (3).

Emilio-Suarez-Trashorras.jpgUn altro informatore coinvolto nella vicenda è Rafah Zouhier, che «lavorava» con Trashorras nello spaccio di hashish marocchino (i «terroristi islamici» di Madrid  sono marocchini, e molti di loro trafficanti in hashish). È comprovato che i «terroristi islamici» furono riforniti degli esplosivi da Trashorras, e che Zouhier dovette insegnar loro come ricavarne una bomba innescata da un telefono cellulare: quegli incapaci non ci sarebbero arrivati da soli.

La polizia ha sostenuto che i quattro, benchè suoi informatori, non avevano mai riferito del traffico del’esplosivo, poi usato nell’attentato al metrò di Madrid. Zouhier invece ha detto il contrario. Lui aveva avvisato il suo poliziotto referente, noto con il nome in codice «Victor»: «Gliel’ho detto. Gli ho parlato di tutti i miei sospetti su quegli esplosivi; nel 2003 li avvisai, ‘quelli vogliono venderne 150 chili’. Gliel’ho detto mille volte».

Chiamato a testimoniare nel processo dell’ottobre-novembre 2007, il poliziotto «Victor» (che resta non identificato) ha dovuto ammettere  che Zouhier gli aveva riportato, nel marzo 2003, che Trashorras e suo cognato Antonio Toro trafficavano anche in esplosivi rubati e ne avevano 150 chili da vendere. Zouhier aveva anche riferito dell’uso di telefoni cellulari per innescare le bombe. Ma l’agente Victor, dice, «s’era dimenticato» di quelle soffiate.

Poco probabile, visto che nel giugno del 2003 la polizia fa un’ispezione a sorpresa nella miniera in cui lavorava Trashorras nelle Asturie, e da quel momento mette sotto controllo sia Trashorras sia i  fratelli Toro, suoi parenti. Tra l’altro, alcuni dei marocchini coinvolti nella vicenda sembrano essere anch’essi stati informatori di polizia (4). Nonostante questi controlli, quelli riescono a dare gli esplosivi ai terroristi islamici, fino al tragico epilogo.

Trashorras  sta scontando 40 mila anni di galera; Zouhier ne sta scontando dieci; Antonio Toro, se ne farà quattro. Fatto curioso: i principali colpevoli, che hanno ricevuto le pene più dure, sono tutti spagnoli, delinquenti comuni e informatori della polizia; mentre i musulmani catturati (parecchi si sono fatti saltare in aria  nell’appartamento di Madrid in cui erano asserragliati, circondati dalla polizia) vengono via via assolti, senza clamore. Strano per un attentato islamico.

Anzi: «attentato di Al Qaeda», come ci spiegarono allora tutti i media. Oggi, davanti al tribunale supremo di Madrid, l’accusatore pubblico non ha nemmeno tentato di portare qualche prova di un legame materiale tra gli attentatori di Madrid e la nebulosa di Al Qaeda, qualunque cosa possa essere chiamata così. S’è limitato ad evocare l’azione di «cellule di tipo jihadista».

Che cosa resta, alla fine? Che l’attentato «islamico» di Madri fu commesso nell’immineza delle elezioni: elezioni che secondo i sondaggi  avrebbero dovuto riconfermare Josè Maria Aznar, molto stimato dai neocon USA. Invece, l’opinione pubblica, proprio a seguito dell’attentato, votò per il PSOE e per Zapatero. L’ex premier Aznar, prima di lasciare gli uffici, fece cancellare tutte le memorie dei computer di stato usati da lui e dal suo staff.

Abbiamo visto cose simili anche in Italia: attentati indiscriminati con strage, esecutori materiali con curiosi contatti con la polizia o il ministero del’Interno, documenti cancellati o introvabili, o trafugati. Allora, si chiamava  «strategia della tensione».




1) «Attentats du 11-mars à Madrid: 4 accusés acquittés en appel», Le Monde, 17 luglio 2008.
2) Victoria Burnett, «7 acquitted in Madrid bombings», New York Times, 1 novembre 2007.
3) Edward Owen, «Bomb squad link in Spanish blasts», Times, 19 giugno 2004.
4) Per esempio Said Berraj, che lavorava come servitore di Serhane Abdelmajid Fakhet, uno dei sicuri colpevoli (ucciso un mese dopo l’attentato). Già arrestato in Turchia nel 2000, Berraj ricompare in Spagna nel 2003, dove ha incontri regolari, secondo El Mundo, con agenti dell’intelligence iberica.  Berraj aveva trovato lavoro presso un’agenzia di sicurezza privata gestita da un ex poliziotto madrileno. Berraj ha lasciato la Spagna due giorni prima delle bombe di Madrid, ed è irreperibile.  Anche  Mohamed Afalah, autista di Allekema Lamari, uno degli attentatori principali (e morti), è irreperibile; anche lui è ritenuto un informatore. Nel giugno 2005, il Guardian di Londra riporta la notizia che Afalah si sarebbe fatto saltare come attentatore suicida in Irak, nel maggio 2005: inutile dunque ricercarlo ancora...Invece è vivo e vegeto Mohamed Haddad, altro presunto informatore:  abita in Marocco alla luce del giorno, anche se sotto  strane condizioni (gli è vietato parlare coi giornalisti); le prove contro di lui sono numerose, ma le autorità spagnole non ne chiedono l’estradizione. El Mundo ha calcolato nel 2006 che, dei 40 personaggi coinvolti negli attentati di Madrid, 34 erano sottoposti a controlli di polizia, pedinamenti e intercettazioni, oppure informatori.  Si veda al proposito il sito «History Commons», che ha ricostruito le «timelines» di tutti i presunti attentati terroristici post-11 settembre. Una fonte preziosa di informazioni apparse sui media, e subito sepolte e dimenticate.


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