>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
New-York-Stock-Exchange.jpg
Quella voglia di ottimismo
Stampa
  Text size
Venerdì 18 luglio ho ricevuto questa mail: «Direttore, Citigroup 10% anche oggi. Il suo articolo è un miracolo di tempismo, la crisi sembra scongiurata o, in ogni caso, si sta risolvendo in modo positiva. Grazie per le sue gufate, direttore Blondet: grande giornalista, è meglio lasci stare l’economia». Il lettore si firma: «un bocconiano». Dunque si ritiene un analista economico per titolo di studio. Voglio sperare che abbia studiato male, altrimenti devo riconfermare i miei peggiori giudizi della Bocconi: si fa pagare un occhio da famiglie, e poi prepara gli studenti così?

Le azioni Citigroup (la più grossa banca del pianeta) sono risalite a Wall Street dell’8-10%. In base ai risultati trimestrali. Forse che Citi ha esibito insperati profitti? No, al contrario: ha «presentato svalutazioni inferiori alle attese».

Ecco i suoi successi: bilancio ancora in rosso per 2,5 miliardi di dollari, per il secondo trimestre consecutivo, dopo aver messo in passivo altri 14,2 miliardi di dollari per «write - downs», ossia svalutazioni dei suoi presunti attivi, e rivelato che si cercherà di vendere 450-500 miliardi di dollari di «attivi indesiderati» nei prossimi tre anni (di questi tempi, gli «attivi» sono indesiderati da tutti, venditori ed acquirenti).

Varrà la pena di ricordare che a gennaio Citi aveva perdite per 9,3 miliardi di dollari, «risanate» da una iniezione di 12,5 miliardi versate dal fondo sovrano di Singapore in cambio di quote di proprietà: in pratica, adesso la proprietà è di questo Stato estero, suo creditore, azionista e pignoratore. La banca ha licenziato 12 mila dipendenti. Dopo le svalutazioni, gli introiti dalle operazioni sono crollati del 29%. Il business dei prestiti al consumo, l’attività maggiore di Citi, ha subito perdite per 700 milioni dato che i suoi debitori non-paganti sono triplicati.

La branca di Citigroup che agisce da banca d’investimento ha visto i suoi profitti calare del 71% (dicesi 71), avendo dovuto imbarcare 3,4 miliardi di dollari in esposizioni sui sub-prime, più 2,4 miliardi di svalutazioni sui «bond insurers», più 870 milioni di perdite nell’immobiliare. E più chissà quale altro buco nero: esistono, visto che le banche, fra loro, non si vogliono prestare nemmeno i soldi per quadrare il conto quotidiano, se non a tassi esosissimi.

E Wall Street ha premiato Citi per simili  «risultati» in rosso. Perchè si aspettava il rosso-sangue, ed ha visto che è solo rosso-geranio. Wall Street si contenta di poco, di questi tempi. Anche perchè le banche americane hanno avuto cali azionari dal 50% al 79% nell’ultimo anno. D’accordo: gli speculatori vedono il brevissimo termine, non altro: un rialzo di un giorno li rallegra già. Ma il bocconiano vede «la crisi scongiurata, e in ogni caso si sta evolvendo in maniera positiva». Un consiglio: vada alla Bocconi e si faccia restituire il salatissimo prezzo della laurea. I suoi pagatissimi insegnanti privati, non gli hanno trasmesso tutto il sapere di cui sono depositari.

Anzitutto questo: che spasmodici rialzi e ribassi di azioni sono tipici di una fase iniziale delle crisi sistemiche; gli speculatori alla canna del gas, si aggrappano ad ogni voce, ad ogni segnale di speranza, e la Borsa sale; poi si affrettano a vendere le azioni risalite e a «prendere i benefici», appunto perchè sono a corto di liquidi, anzi indebitatissimi, e l’azione scende a precipizio.

Accadde anche nei mesi dopo il 1929, prima che la Borsa si componesse - nella fredda rigidità della morte - al livello sottozero, per il decennio seguente. Accade, nelle crisi, quando i corsi azionari hanno perso ogni contatto con l’economia reale (contatto vaghissimo anche prima), e vivono una vita propria fatta di speranze e disperazioni innescate da voci, aggiotaggi minimi e panico: il shakespeariano «discorso del pazzo, pieno di furore e di foga, e che non significa nulla».

Mentre Citi «saliva», del resto, Merrill Lynch (la terza banca d’affari) calava a precipizio, per perdite peggiori delle attese degli investitori; oltre il 4% in giù. Sono le gyrations tipiche, e insensate, della speculazione in convulsione agonica. Ma cosa insegnano alla Bocconi?

Temo: ragioneria speculativa, con la griffe (falsa) di «banchiere d’affari», o «grande manager» o «analista economico». Un po’ come gli stracci firmati Volta & Gabbana. Avranno insegnato al bocconiano a guardare, ogni tanto, ai fundamentals? A capire da qualche indizio come stanno i pilastri dell’economia, se sono solidi?

Ecco un indizio: Fannie Mae e Freddie Mac, i colossi dei mutui che di mutui ne detengono 6 mila miliardi di dollari (la metà del PIL della UE), hanno un capitale proprio che è pari all’1,5% dei  mutui che hanno accordato, i loro cosiddetti «attivi».

Ciò significa questo: basta che l’1,5% dei loro debitori - i padroni di casa col mutuo variabile - smettano di pagare le rate, e l’intero capitale di Fannie e Freddie viene spazzato via in un anno. Ora, coi tempi che corrono, i debitori con mutuo che sono in arretrato sono molto più dell’1,5%. Per esempio i debitori che non pagano, ha reso noto Citi, sono già il 2,33%. La fine di Fannie e Freddie è solo questione di mesi. Saranno «salvate» da enormi inizioni di dollari creati dal nulla dalla FED d’accordo: ma ad un prezzo altissimo. Perchè la è FED già stra-indebitata, lo Sato americano è il più indebitato del mondo, le famiglie USA sono tutte indebitate, e quindi i soldi se li devono far prestare dagli stranieri.

A che prezzo? A interessi più alti, vista la situzione mondiale generale e la sfiducia che cresce nella solvibilità dei debitori in genere, e degli Stati Uniti in particolare.

Quello che sta succedendo dunque, fondamentalmente, è questo: il mondo occidentale intero (l’Italia fra i primi) deve pagare interessi più alti sui debiti eccessivi che ha contratto per «consumare» e malversare, o fare guerre. E l’economia produttiva, i milioni di lavoratori che si guadagnano la vita col sudore (e non speculando) non riesce a generare un potere d’acquisto sufficiente per pagare i debiti propri, figurarsi quelli pubblici; le società e le imprese indebitate, stessa situazione; quel che producono e vendono - in un mercato decrescente - non basta a coprire il servizio del debito.

La General Motors ha già gettato la spugna. Gli USA sono nella condizione peggiore: i lavoratori americani - quelli su cui pesa il compito di generare ricchezza e beni e servizi vendibili - sono schiacciati dal peso sovrapposto dei debiti loro propri, delle imprese, degli Stati e dello Stato federale. L’Italia è, proporzionalmente, nella stessa situazione, e così l’Inghilterra, la Spagna, la Francia... forse esclusa per ora la Germania. Tutti schiacciati dall’immenso debito che gli usurai speculativi ci hanno fatto accettare, perché «il denaro costa poco».  Costava poco, prima; oggi non più. Domani peggio.

I governi ci imporranno più tasse, sempre di più, perchè i loro introiti fiscali caleranno a causa della recessione economica. Tassati fino all’osso, mentre ci impoveriamo. S’intende non tutti: ogni Paese ha la sua Casta parassitaria, che continua a succhiare potere d’acquisto che non ha formato, a spese degli altri che sgobbano e imprendono. E’ il bello del pseudo-mercato libero, alcuni si procurano sempre i pasti gratis (e la Porsche Cayenne).

I «rimedi» dei governi liberisti rischiano di essere peggiori dei mali. La SEC ha annunciato l’intenzione di vietare le vendite «short», alla scoperto; ossia di vendere azioni che non si hanno, con lo scopo di comprarle quando saranno ribassate. Benissimo: le vendite di titoli che non si hanno furono vietate anche dopo il ‘29, perchè  accentuavano il movimento di ribasso.

In teoria, il divieto dovrebbe essere ancora in vigore; la SEC, l’istituto di controllo, lo ha semplicemente «dimenticato» negli anni del boom; consentiva persino le operazioni «naked short», ossia la vendita di azioni nemmeno prese in prestito (ad interesse), ma proprio non esistenti nel portafoglio del venditore: una truffa semplice, un azzardo criminale. Ecco come si applicano le regole nel liberismo, quando non fanno comodo agli speculatori. Riapplicato oggi, il divieto non ha molto senso. Incolla gli speculatori già rovinati ai loro pacchetti azionari, comprati a prestito, e che sono in spirale discendente.

«La crisi pare scongiurata o si sta evolvendo in maniera positiva», dice il bocconiano. Strano che non dico Tremonti, ma nemmeno Draghi condivida  questo ottimismo. Un analista economico della Bocconi dovrebbe aver almeno imparato a copiare i mostri sacri e venerati maestri. A cantare nel coro. E’ per questo che esiste la Bocconi, per formare conformisti verniciati da «manager». La Bocconi stessa è una copia di una «Business School», una finta.

Già: il petrolio è calato un po’ dai 153 a 130 a barile. Ma meno di due anni fa era a 23 dollari. E che dire dei grani? Confagricoltura lancia l’allarme: abbiamo riserve alimentari per soli sette mesi, e il raccolto non basterà a coprire il fabbisogno. Indebitati come siamo, tartassati, dovremo comprare grani all’estero - che sono dovunque in rialzo. Questi sono i «fondamentali», e lo impareremo nei prossimi mesi.

Forse Berlusconi lancerà la battaglia del Grano: il presidente-mietitore, in completo blu sulle bionde messi. Ha già «risolto» la spazzatura a Napoli, la propaganda intona il peana, la monnezza è sotto qualche tappeto. Il bello è che persino la cosiddetta opposizione - Il Riformista ad esempio - loda l’ottimismo di Berlusconi (bravo! Ha coperto le piaghe di Napoli!), e lo mette in contrasto con le notizie tristi che dà Tremonti (ho sentito il suo alto discorso di bilancio: poco di simile è mai stato pronunciato nel parlamento, per ampiezza di sguardo e informazione internazionale): siamo alla crisi mondiale, chiudiamo gli sportelli. Come sempre, l’Italia ama il facilismo, vuol essere cullata da false speranze, pretende i suoi venditori di olio-di-serpente che cura tutto.

L’ottimismo borsistico - come fa il merlo per poca bonaccia - è dello stesso stampo: in USA c’è già chi dice che il Dow Jones ha raggiunto, a forza di scendere, il suo «giusto valore» (fair value). E’ il momento di ricomprare! Investite in azioni! Tornate in Borsa!

Gli americani, legati a fondi-pensione privati azionari, in Borsa ci hanno già perso la pensione. Dovranno lavorare fino a 78 anni, ammesso che i vecchietti trovino lavoro in recessione. Anche volessero, non hanno più un cent con cui «tornare alla Borsa».

Ma quelle grida ottimiste, quegli inviti euforici, furono lanciati anche nel ‘29. Sono parte della sceneggiata della grande crisi. Servono a non guardare ai fundamentals, e a distrarre dai crimini dei governati-maggiordomi della speculazione.


Home  >  Economia                                                                                           Back to top


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità