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Karadzic, proprio no
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Ricevo questa mail:

«Dottor Blondet,
gradirei se possibile una sua opinione sulle dichiarazioni di Karadzic secondo cui vi era tra lui e gli USA un accordo. Vista la prematura morte di Milosevic forse ha pensato bene di vuotare il sacco anzitempo? Buon lavoro.
Gian»


Come giornalista sono stato mandato a coprire le guerre balcaniche; sono stato a Sarajevo ai tempi dell’assedio, e dunque sono ben cosciente - anzi testimone oculare - delle atrocità (e stupidi atti di ferocia gratuiti, senza la minima giustificazione militare) commessi dal governo di Pale, da cui comandava Karadzic. Personalmente, dunque, non partecipo ad alcun tentativo di «riabilitazione» di Karadzic, nè di Milosevic. Tali riabilitazioni sono basate sull’asserzione di accordi e complicità americani (o massonico-europei) verso le azioni della Serbia in quegli anni: vedete, erano tutti uguali...

Di quelle complicità scrivemmo ampiamente a suo tempo (non io solo, voglio dire): Milosevic aveva la piena fiducia di due consiglieri americani di sicurezza nazionale, Scowcroft e Eagleburger, con cui faceva persino affari (fondarono una società che cercò di vendere in USA la «Yugo», una utilitaria costruita in Jugoslavia, di fattura derisoria).

La Francia di Mitterrand e di Chirac tenne bordone a Milosevic molto più del lecito, in nome delle memorie massoniche e del business comune; l’Europa stette dalla parte della Serbia contando che avrebbe tenuto unita la Jugoslavia contro la Croazia, e chiuse tutt’e due gli occhi sull’assedio idiota di Sarajevo. La speranza era che una Jugoslavia unita avrebbe continuato a pagare i ratei del debito jugoslavo alle banche europee, che era enorme, debito che non si sarebbe saputo a chi accollare fra gli staterelli nati dalla implosione balcanica.

Tutte queste complicità sono vergognose. Ma non alleviano la responsabilità di chi ha commesso crimini come a Sarajevo e a Srebrenica, e prima nella Kraina e a Vukovar in Croazia, e poi a Pristina in Kossovo. Quelli sono stati delitti senza alcuna giustificazione politica, così come Mladic e i suoi pari commettevano eccidi senza alcun disegno strategico o necessità tattica. A meno che non si chiami «strategia» la pretesa di eternare una oppressione senza limiti legali della etnia serba contro tutte le altre, basandola sulla mera violenza e senza alcuna offerta di contropartita.

Aver creduto che il mondo gli avrebbe lasciato fare questo, è stato - a dir poco - l’errore di Milosevic e della maggioranza di serbi che lo hanno seguito. Poteva crederlo perchè l’Occidente lo lasciò fare, almeno fino a quando ebbe la scusa che si trattava di «una questione interna  jugoslava».

Quando però Belgrado scacciò centinaia di migliaia di kossovari sbattendoli in Albania (c’ero, posso testimoniarlo) la questione divenne «internazionale»: non si può sbattere la propria spazzatura umana (così Belgrado considera i kosovari) in un’altra casa, che appartiene ad altri.

Questa fu l’idiozia finale di Milosevic: e in politica, la stupidità è ancor peggio della criminalità. E’ imperdonabile. Anche perchè ha reso ancor più improponibile qualsiasi altra politica nazionalista; danneggiando quindi chi - come me nel mio piccolo - crede alla necessità di politiche di interesse nazionale contro il dominio della globalizzazione.

Quanto a Karadzic che «vuota il sacco»: dice che Holbrooke gli aveva «garantito» l’immunità se usciva dalla scena pubblica. Tutta qui la rivelazione? Le pare scottante?

In quei mesi ed anni, lunghe trattative si condussero in ogni modo, da ogni parte, per far ragionare sia Milosevic sia i capetti delle varie «Republike Srpske» nate - secessioni nelle secessioni - per creare enclaves serbe in Croazia, in Bosnia, armate e pericolose. Avere rapporti «diplomatici» con quei tizi - spesso pendagli da forca, criminali comuni - era sicuramente defatigante; a quei «governi» cosa si poteva proporre?

Si sarà proposto anche questo, sparite e chiudiamo un occhio. Non so se sia avvenuto - e so per esperienza diretta che Karadzic è un mentitore abituale - ma non mi stupirebbe.

Ciò non implica alcun «accordo tra Karadzic e gli USA»; solo l’espressione fa ridere, per chi abbia visto Pale, la sua «capitale», e il suo «governo» che sparacchiava sui passanti di Sarajevo, di preferenza mentre si ammassavano al mercatino, o per avere il cibo d’emergenza dell’ONU (a volte consistente solo in un cucchiaio di latte in polvere a testa).

In molti casi, la trattativa di Holbrooke aveva il tipico aspetto di quella che corre tra rapinatori asserragliati in una banca, e che tengono degli ostaggi, e il commissario di polizia che là fuori cerca di convincerli a farla finita.

«Vogliamo un elicottero», dicono quelli da dentro.
«Arriva, arriva», dice il commissario.
«E anche l’immunità…».

Questo è il livello di Karadzic e di Mladic, il suo boia. E infatti, non ha rivelazioni da fare, che mettano davvero in imbarazzo gli americani; nè gli europei che non furono da meno: ricordo il nostri ministro De Michelis e mi vengono i brividi (la Fiat aveva dei begli interessi con Belgrado).

Ma ricordo soprattutto gli ufficiali francesi, con il casco blu in testa, che lasciarono ammazzare un dirigente bosniaco dentro la loro autoblinda, mentre lo portavano dall’aeroporto a Sarajevo assediata, evidentemente sotto la loro protezione, e aprirono il portello su ingiunzione di una banda serba, onde quelli potessero sparare alla persona. Il tutto sotto gli occhi di militari ucraini - anch’essi parte delle forze ONU, come i francesi - che me lo raccontarono personalmente, sgomenti e scandalizzati dell’«Occidente».

Tutto questo l’ho scritto e documentato su Avvenire, per cui sono stato inviato speciale durante il tragico decennio delle guerre balcaniche. Lì, in archivio, c’è abbastanza per superare le «rivelazioni» che può fare un Karadzic. Ma nessuna in grado di assolverlo o di giustificarlo.


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