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La comunione dei bambini
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Un paio di settimane fa ero a pranzo da una coppia di amici che chiamerò convenzionalmente Angelo e Livia. Lui è un operaio in una piccola azienda che appalta lavori in outsourcing per l’ENEL, una di quelle dove, per intenderci, se fai un giorno di malattia te lo senti rinfacciare per tre mesi di fila e se osi chiedere un permesso contrattuale retribuito devi vedertelo cadere dal cielo come grazia ricevuta. Un’azienda modernamente organizzata dove va tutto bene e dove nemmeno i soloni della CGIL trovano niente fuori posto.

  
Lei, forzatamente casalinga, ma con un moto perpetuo addosso, figlia di un maresciallo dei Carabinieri in pensione, uno di quelli che piuttosto che sgarrare si sarebbe fatto passare sopra da un carro armato. I nostri hanno tre figli, la maggiore ha otto anni, gli altri due uno quasi quattro, il più piccolo due e mezzo: la domenica tutti a Messa e nessuno stranamente fiata, i piccoli sono addirittura rapiti da quello che fa il sacerdote! Quando si fa la fila, per ricevere l’Ostia, il bambino di mezzo sbraita dicendo e piagnucolando che la vuole anche lui, il più piccolo, più di una volta, ha cercato di mettere le manine in bocca al padre dicendo Ache io ahm. Parlando siamo finiti a ragionare di comunione: la figlia maggiore è in età giusta per ricevere il sacramento. Gli amici un po’ dispiaciuti mi hanno raccontato che ne avevano parlato con il loro sacerdote, don Martino, una degna persona, che in forza della penuria di vocazioni nella diocesi di Roccacannuccia, è costretto a gestire quattro paesi. Oppure potrebbe  chiedere a Nostro Signore il dono dell’ubiquità, sempre che al vescovo vada bene e non trovi da ridire; la Chiesa, oggi, sa ancora correre dietro a queste pratiche stegonesche…

Don Martino anche lui contrariato, ma tenuto all’ubbidienza, ha loro risposto che sua eccellenza il vescovo ha deciso di portare l’età per la prima comunione dei bambini a 12 anni! Quindi niente da fare! Confesso che anche io ho avuto un’esperienza molto particolare in materia! Mia figlia minore già a quattro anni si scioglieva in lacrime quando, al momento della comunione, lei non poteva ricevere l’Ostia consacrata. Il parroco don Marsilio, finita la Messa, donava a lei e ad altri bambini dei rimasugli di ostie, pezzetti di farina ed acqua: mia figlia ogni volta, guardando il sacerdote ripeteva la stessa cantilena «Io voglio Gesù eucarestia non questi pezzetti di pane, con questi non ci faccio niente». Lapidaria! All’epoca potevamo ancora avere la fortuna di essere seguiti spiritualmente da padre Andrea D’Ascanio. Gliene parlammo e siccome aveva in quel periodo cominciato la battaglia per la comunione ai piccoli volle parlare con lei. Quando mia figlia, alla sua domanda su cosa fosse la croce, rispose «Ma è la chiave che apre le porte del cielo», il frate prese  me e mia moglie sotto braccio e con sguardo severo ci disse: «Guardate che se non fate fare la Comunione a questa creatura ne dovrete rispondere direttamente a Dio, voi siete i responsabili diretti essendo genitori!».

A cinque anni e mezzo Marianna, mia figlia, ottenne l’agognata ostia, quella vera, per la prima volta, infischiandosene della festa, dei regali, del ristorante! Quando, radiosa e con la faccetta di chi sfida, disse al parroco che si era comunicata per la prima volta, apriti cielo, a momenti gli veniva un travaso di bile! Povero don Marsilio! Ma da zelante uomo di Chiesa e con l’orgoglio ferito nella sua carica di dignitario ecclesiastico, andò a parlare anche con i parroci dei paesi vicini, alcuni appartenenti anche ad altra diocesi, ingiungendo loro, in base a cosa non lo ho mai saputo, di proibire la comunione a mia figlia! È superfluo dire che il prete in questione, è ancora incardinato in una grossa e popolosa parrocchia della diocesi, dove le offerte sono abbondanti e la medesima viene gestita come una società per azioni o, meglio, una piccola corte dove il munifico monarca  distribuisce prebende a chi, naturalmente, ritiene degno! Inutile che vi ricordi chi invece è sospeso a Divinis: in un precedente articolo ne ho parlato diffusamente! A questo punto sarà opportuno dare un’occhiata a quello che dice la Chiesa cattolica apostolica romana a cui, credo, ancora, anche se con moltissime riserve e distinguo, appartengono ancora l’illustrissimo vescovo di Roccacannuccia e l’altrettanto illuminato santo sacerdote, sempre che costoro non se ne abbiano a male!

Stranissimo, ma la materia è stata ampiamente trattata e le prese di posizione sono chiarissime: ci sono pronunciamenti diretti di ben cinque Pontefici: San Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ma di questo delicato argomento si occuparono anche ben due Concili Ecumenici, il Lateranense IV del 1215 ed il Concilio di Trento del 1545. Commenti ci rimandano ad eminenti nomi di alti prelati della Chiesa cattolica come il cardinale Casimiro Gennari, della Santa Congregazione dei Sacramenti, il cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato di Benedetto XV prima e di Pio XI poi, il cardinale Domenico Iorio, Segretario della Santa Congregazione dei Sacramenti sotto il Pontificato di Pio XI. Ma forse quanto detto non sarà molto gradito ed accettato dall’eminentissimo vescovo di Roccacannucia, che pretende di seguire solo le direttive vaticane che a lui sembrano giuste; per il resto nella sua diocesi comanda lui e nessun altro! Questi i frutti della democrazia nella Chiesa! Mi permetto di seguire lo schema di un libricino che alcuni anni fa fu edito da padre Andrea D’Ascanio, che tratta in maniera esaustiva e completa l’argomento di questo articolo. Le ricerche che la moderna psicologia infantile ha condotto negli ultimi anni hanno stabilito con sicurezza la complessità che presenta la mente di un neonato: le sue capacità di elaborazione e di intuizione sono riconducibili al patrimonio biologico e genetico grazie al quale il processo di apprendimento inizia appena nato. Addirittura già nel grembo materno il feto comincia a riconoscere sia il ritmo cardiaco della madre, ma anche il suono della sua voce, o a distinguere brani musicali ed altri rumori di fondo. A quindici giorni di vita riesce a distinguere due differenti volti, riconosce perfettamente le voci ed associa le medesime a differenti figure di persone; ciò gli conferisce la possibilità di adattarsi a differenti situazioni che nella vita quotidiana gli si presentano; siamo quindi in presenza di una complessa struttura mentale di cui il neonato è il soggetto attivo.

Nei primi tre anni di sviluppo la sua mente arriva ad un livello altissimo di potenzialità di apprendimento, quando pronuncia la prima parola riesce in un brevissimo lasso di tempo ad utilizzarne almeno una cinquantina per la sua normale conversazione, ma ne comprende e distingue bene almeno altre 250.

Alcuni esperimenti svolti in Giappone hanno permesso ai bambini di apprendere, oltre al proprio idioma naturale, altre sei differenti lingue di diversi ceppi; nell’Europa orientale gli ebrei mandavano a scuola i loro figli già a tre anni affinché imparassero a leggere i testi ebraici; a seconda delle attitudini, in un tempo tra i tre ed i sei mesi, essi imparavano a farlo e riuscivano a tradurre i cinque libri di Mosè dalla lingua originale nella loro lingua corrente. Ma stante quanto sopra se ci si sposta sul piano dello spirito cosa possiamo rimarcare? Se Doman ci dice che i bambini, già a tre anni, sono in grado di leggere sul piano dello spirito, essi sarebbero assolutamente incapaci e non avrebbero nessun tipo di percezione del trans naturale e del divino? Anche qui le casistiche non mancano per darci risposte completamente sorprendenti ed opposte al presunto analfabetismo morale. Una bambina, ricordando un’esperienza dei suoi primissimi momenti dell’infanzia, racconta di aver inseguito una farfalla sentendosi attratta da essa e mentre lo faceva, intorno a lei tutto si faceva chiaro e luminoso, tutto si apriva e si sentiva pervasa dalla gioia e da un calore su tutto il corpo. La sensazione fu così forte da farla scoppiare in un pianto di gioia e, correndo verso la madre disse: «Mamma conosco Dio». Altro caso interessante è quello di Francesco, bambino di cinque anni. Avendo intuito che la madre non era credente, le chiese se lei volesse più bene a lui o a Dio. La risposta della madre fu che voleva certamente più bene a lui; il piccolo, di rimando rispose: «Credo che questo sia il tuo grande errore» (1).

Il filo conduttore comune in questi casi citati è costituito dalla mancanza di apprendimento, in quanto nessuno dei bambini aveva potuto ascoltare, dai grandi, espressioni simili, ma anche dal modo repentino con cui queste affermazioni emergono: «Simili ad un bagliore che illumina vivamente e poi si spegne» (2). Spesso addirittura il fattore religioso ha per il bambino un’attrazione maggiore dei suoi giochi o normali passatempi. Edda, bambina non battezzata, quando capita partecipa volentieri alle preghiere in casa dei bambini che frequenta; durante l’estate trasferitasi in campagna con i genitori, scopre che i contadini vanno a Messa ed insiste con i genitori per potervi partecipare anche lei. Essi, fortemente impressionati dal suo comportamento, pur essendo atei, la fanno battezzare. Charlotte, tre anni e mezzo, vedendo che la zia si reca a Messa chiede di poterla accompagnare e la stessa cosa fa spontaneamente nei giorni successivi. Un pomeriggio l’arrivo di un amichetto sembra distoglierla da questo suo piccolo impegno, ma poi cambia idea e dice alla zia: «Stefano può aspettare,vengo prima con te» (3). Esiste un particolare feeling che unisce il bambino al concetto del sacro e che precede l’istruzione religiosa e questa profonda aderenza al sacro, pur essendo presente anche nei grandi, nel bambino è più forte ed evidente che mai! L’infanzia pertanto è «Il tempo sereno del godimento di Dio, in cui la risposta che la creatura dà a Dio consiste nellaccettare nella gioia piena, il dono» (4). La preghiera fatta dai piccoli è sempre esclusivamente ringraziamento e lode; nel bambino è naturale abbandonarsi fiduciosamente nelle mani di chi si prende cura di lui e di non sentire l’esigenza di chiedere (5). Maria Montessori, a proposito dell’educazione religiosa dei bambini scriveva: «Gesù sentiva nei bambini qualcosa che gli adulti non percepivano duemila anni fa e non percepiscono neanche oggi; ed il Vangelo dice che molti misteri saranno rivelati ai fanciulli… essi hanno una spiritualità differente dalla nostra e sono vivi in essi impulsi spirituali che talvolta nelladulto sono atrofizzati… possiamo sperare molto dalla spiritualità dei fanciulli».

Arrivati a questo punto bisogna chiedersi se sia logico ed opportuno ritardare e procrastinare nel tempo l’incontro dei bambini con Gesù nell’Eucarestia e se sia opportuno o meno congelare una così vasta potenzialità e sprecare tanta ricchezza spirituale. Così come sono i tempi moderni penso proprio che non ce lo possiamo permettere e che fare una cosa del genere sia un vero spreco indipendentemente dall’augusto pensiero del vescovo di Roccacannuccia.

Nel 1954, quindi tempo di oscurantismo e conculcazione religiosa, in quanto non era ancora arrivato il Concilio Vaticano II, e addirittura di assoluta mancanza di vera fede, monsignor Keller, in una lettera pastorale, scriveva: «Soprattutto in questi tempi di estremo pericolo, non possiamo donare ai nostri bambini nulla di migliore, più bello e di più grandioso di questa interiore e profonda unione con Cristo, portatrice di ogni Grazia». Ma per fortuna oggi i tempi sono molto migliorati, non c’è più quel pericolo di cui parlava monsignor Keller; oggi abbiamo davanti lalba radiosa del nuovo mondo e della nuova spiritualità, i bambini poi sono cresciuti e mediamente sono molto più maturi di allora, quindi meglio indirizzarli, grazie ad internet, verso la pornografia o la pedofilia e proiettarli nel mondo virtuale: per ricevere Cristo c’è tempo ed occorre un grado di «maturazione, preparazione e conoscenza» molto più elevato rispetto ad allora!!! Sua eccellenza il vescovo di Roccacannuccia docet! L’individuo deve esser in grado liberamente di scegliere, quindi sarebbe consigliabile che il battesimo si ricevesse almeno a diciotto anni, al raggiungimento della maggiore età, che la comunione fosse impartita almeno a trent’anni, la Cresima poi si può anche sopprimere tanto a che serve? Ma i bambini devono, invece, essere portati al Gay Pride, evento molto più istruttivo e non condizionante, in modo che liberamente possano poi scegliere l’inclinazione sessuale: dar loro un’educazione religiosa è invece condizionante e fuorviante, nonché coartante la loro libertà!

Lasciamo da parte l’ironia e diamo invece un’occhiata ai documenti ufficiali della Chiesa in materia di Comunione ai bambini. «La Chiesa cattolica procurò fin da primi tempi di avvicinare i pargoli a Cristo per mezzo della Comunione Eucaristica, che usò amministrare anche a lattanti. Ciò, come trovasi prescritto in quasi tutti gli antichi rituali fino al secolo XII, si faceva al battesimo e, siffatta consuetudine in qualche luogo durò anche più a lungo; presso i greci e gli orientali vige tuttora (siano essi di osservanza romana sia ortodossi). Per allontanare il pericolo che i bambini, specialmente se lattanti, emettessero fuori il pane consacrato, invalse il costume di amministrare loro lEucarestia sotto la sola forma del vino. Né soltanto nel battesimo, ma in seguito anche si facevan più volte partecipare alla celeste vivanda. Infatti secondo l’uso di alcune chiese si porgeva lEucarestia a bambini immediatamente dopo il clero: in altri luoghi se ne davano ad essi frammenti dopo la comunione degli adulti». È  l’incipit del decreto Quam singulari Christus amore emanato da Sua Santità Pio X l’otto agosto del 1910; ma già anche il Concilio Ecumenico Lateranense IV del 1215, con il celebre Canone XXI, sanciva, in materia di Confessione sacramentale e di Santa Comunione, quanto segue: «Ogni fedele delluno e dellaltro sesso, giunto alletà  della discrezione, confessi da solo e fedelmente tutti i suoi peccati, almeno una volta allanno, al suo sacerdote e procuri di adempiere secondo le forze la penitenza ingiuntagli, ricevendo almeno alla Pasqua, il Sacramento dellEucarestia, salvo che per consiglio del suo sacerdote o per qualche ragionevole motivo credesse doversene temporaneamente astenere».

Successivamente anche il Concilio di Trento, tenutosi nel 1545, «… lungi dal riprovare lantica disciplina di amministrare lEucarestia ai bambini prima che abbian raggiunto luso della ragione, confermò il decreto Lateranense e pronunciò anatema contro chiunque  la pensasse altrimenti»; è sempre San Pio X che parla e cita testualmente il dettato del Concilio di Trento: «Chi negasse che tutti, e i singoli cristiani fedeli delluno e dellaltro sesso, giunti alletà della discrezione, siano  obbligati ogni anno, almeno nella Pasqua a comunicarsi, secondo il precetto della Santa Madre Chiesa sia anatema». Del resto Papa Sarto aveva sempre avuto in somma considerazione l’idea di somministrare la Prima Comunione il prima possibile ai bambini; abbiamo, di questa sua premura, varie testimonianze riportate nel Positio super Introductione causae, cioè gli atti del processo di canonizzazione del Santo Padre: vediamone alcuni.

Quando era sacerdote, testimonia la sorella Maria Sarto, soleva sempre, prima della recita dei Vespri, impartire la dottrina ai bambini e, nello stesso tempo, sollecitava i genitori affinché preparassero in maniera adeguata i loro figli a ricevere Gesù nell’Eucarestia nel migliore dei modi possibili. Nel suo intimo sempre aveva avuto questa grossa spinta a fare accostare alla Comunione il prima possibile ai fanciulli «Prima che entri (in loro) il diavolo, entri Nostro Signore». Il teste  numero 127 della Causa di Canonizzazione, suor Modesta dell’Immacolata, dichiarò alla commissione che da vescovo di Mantova voleva che le educande venissero ammesse alla Comunione negli anni più teneri ed affermava «Quando il Signore ha preso possesso di questi teneri cuori, il demonio non potrà più averne possanza». Don Alberto Silli, teste numero 12 della Causa e Agostino Vian, deposero che da patriarca di Venezia il futuro Papa esortava i parroci ad esaminare i piccoli e se trovati sufficientemente coscienti del passo da compiere dovevano essere ammessi al Sacramento non avendo preoccupazione dell’età. Quando don Silli faceva notare che era bello vedere i fanciulli in tenera età accostarsi all’altare, il futuro Pio X rispondeva «È meglio che i fanciulli ricevano Gesù quando hanno ancora il cuore puro». Una volta diventato Sommo Pontefice, l’emanazione del Decreto per anticipare a sei, sette anni la comunione è la riprova di quanto a cuore avesse questa cosa il futuro Santo. Anche qui varie sono le testimonianze esaminiamone alcune.

Don Giuseppe Pescini, teste numero 5: «Egli era tanto devoto alla Santissima Eucarestia che volle fosse affrettata ai bambini la Prima Comunione, perché, come ripeteva sovente, Cristo doveva entrare nei loro cuori prima di satana. … Dirò che si doleva assai delle contrarietà che gli venivano da parte dei vescovi di diverse nazioni, i quali notavano che i bambini non erano molto preparati per poter apprezzare il dono che ricevevano. Ma anche di fronte a queste contraddizioni diceva di non dubitare di procedere secondo lo spirito di Cristo e della sua Chiesa». «Molto spesso Pio X mi parlava della necessità di far fare la Prima Comunione ai bambini ben presto, affinché il Signore prendesse possesso delle loro anime prima che vi entrasse il peccato. Per la qual cosa ebbe alcune opposizioni che sorgevano da antichi pregiudizi e consuetudini, ma mantenne con risultato felice, le disposizioni prese». Chi parla è il cardinale Raffaele Merry del Val ex Prefetto del Sant’Uffizio prima e poi Segretario di Stato di San Pio X. Don Nicola Canali: «La Comunione dei bambini opera esclusivamente personale, da principio sembrò uninnovazione ardita e pericolosa, incontrando qualche opposizione e resistenza in qualche paese. Ma malgrado ciò egli non cessava di mostrarsi persuaso della opportunità di questa decisione… …il rinnovamento dello spirito cristiano della nuova generazione si attribuisce in gran parte alla pia pratica della Comunione in tenera età».

Da tutto ciò  possiamo trarre due conclusioni: la prima che la Comunione data in tenera età faceva, senza dubbio, entrare nell’animo dei fanciulli prima Cristo che Satana. Già prima del suo Pontificato, durante il quale impartiva anche la dottrina ai bambini di Roma (a tal fine volle scrivere il famoso catechismo fatto con domande e risposte per rendere più facile la comprensione della dottrina) faceva la prima Comunione a bambini di otto e nove anni, ma in più di un caso la somministrò anche a bambini di quattro anni. La seconda conclusione è che egli era convinto che il rinnovamento dello spirito cristiano delle nuove generazioni si sarebbe dovuto in gran parte attribuire alla pia pratica della Comunione data in tenera età. «Oggi, scrive padre Andrea D’Ascanio, cosa cè di più urgente nella Chiesa e nel mondo, di un rinnovamento dello spirito cristiano delle nuove generazioni? E perché non seguiamo la traccia che San Pio X ed i suoi successori hanno segnato?». Stante le elevatissime prese di posizione del vescovo di Roccacannuccia, forse uno degli ostacoli al ritorno di padre Andrea alla sua Missione, sembra proprio anche questa sua battaglia per il bene dei più piccoli. Anche i Papi che si sono succeduti dopo San Pio X hanno mantenuto la linea del loro predecessore.

Benedetto XV definì onnipotente la forza dello Spirito dei bambini che fanno la Comunione. Durante la Prima Guerra Mondiale, con un’omelia del 30 luglio 1916, il Pontefice così si espresse:

«Noi abbiamo risoluto di ricorrere alla invocazione del divino soccorso collonnipotente mezzo della vostra innocenza. Che piaccia, cioè, alla longanime bontà del Divin Padre attendere più che  alla penitenza dei grandi, alla innocenza dei piccoli. E mille fanciulli, migliaia di fanciulli, non muoveranno il cuore di Gesù? Stendete adunque, o cari ed onnipossenti fanciulli, una mano al vicario di Cristo e confortatene gli indeclinabili voti colle vostre preziose preghiere. Su questa cotale onnipotenza Noi  abbiamo confidato, o bambini, vi abbiamo rivolto linvito di avanzarvi tutti alla Mensa Celeste» (6). In tempi molto più recenti, siamo al 17 febbraio 1968, Papa Paolo VI così parlò ai bambini. «Se voi pregate, senza dubbio il Signore vi ascolta. La vostra voce innocente possiede una forza di attrazione superiore a quella dei grandi». Lo stesso Pontefice, ne Il Direttorio Generale della catechesi, dell’undici aprile 1971, richiamava all’osservanza  del decreto Quam Singulari e tornava su tale argomento con altri due documenti ufficiali, uno del 20 maggio 1973 e l’altro del 24 maggio 1977, esortando «Tutti e dovunque ad ottemperare al decreto Quam Singulari perché la disciplina della Chiesa venga restituita allo spirito di quel documento».

Giovanni Paolo II, in data 17 ottobre 1979, confermò la linea dei sui augusti predecessori nella Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae indirizzata all’episcopato, al clero ed ai fedeli di tutta l’intera Chiesa cattolica circa la catechesi nel nostro tempo. In essa si dichiarava che il Direttorio Generale della Catechesi era documento fondamentale per il rinnovamento catechistico di tutta la Chiesa. In buona sostanza quindi sia Paolo VI che Giovanni Paolo II ci ricordano che bisogna tornare alla fonte del Quam Singulari «per stimolare ed orientare il rinnovamento catechistico in tutta la Chiesa». Il 17 agosto 1994 Giovanni Paolo II parlando della grande importanza dei fanciulli «cuore della chiesa» pronunciava queste parole: «… Mi è spontaneo concludere con una  espressione incisiva del mio predecessore San Pio X. Motivando lanticipo delletà della Prima  Comunione egli dicevaci saranno Santi tra i fanciulli’. I Santi ci sono effettivamente stati, ma noi possiamo aggiungere: ‘Ci saranno degli apostoli tra i fanciulli’. Preghiamo perché questa previsione, questo auspicio si avveri sempre più, come si è avverato quello di San Pio X». Mi pare che non ci sia bisogno di commentare niente tanto è chiaro il pensiero di quel Papa. Del resto anche nel nuovo Codice di Diritto Canonico troviamo un allineamento alle direttive di San Pio X.

Il Canone 912 recita: «Ogni battezzato, il quale non ne abbia proibizione dal Diritto, può e deve essere ammesso alla sacra Comunione».

Il Canone 920 recita: «Ogni fedele, dopo che è stato iniziato alla Santissima Eucarestia, è tenuto allobbligo di ricevere almeno una volta allanno la sacra comunione». Il Canone 989 a sua volta recita: «Ogni fedele, raggiunta letà della discrezione, è tenuto allobbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta allanno». Le espressioni «può», «deve», «è tenuto», hanno evidentemente un significato imperativo, come è espressamente dichiarato dal Canone 11: «Alle leggi puramente ecclesiastiche sono tenuti i battezzati nella Chiesa cattolica o in essa accolti e che godono di sufficiente uso di ragione e, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto, hanno compiuto il settimo anno di età».

Padre D’Ascanio commenta: «Quindi coloro che hanno compiuto il settimo anno di età hanno lobbligo di ricevere i sacramenti della Confessione e della Comunione. Non obbedire a tali direttive impartite con obbligo graveè una disubbidienza che distrugge anziché edificare il Regno di Dio. La vita della Chiesa, infatti, è legata alla Grazia che, quale linfa divina, viene immessa nel suo Corpo Mistico. Questa linfa divina per i battezzati è essenzialmente il Corpo e Sangue di Gesù donati a noi nellEucarestia. La Comunione di ogni singolo membro torna a giovamento di tutto il Corpo Mistico, la Prima Comunione in tenerissima età prima di tutto mette in salvo i piccoli immunizzandoli contro il male e, al tempo stesso, rigenera tutto il tessuto del Corpo Mistico guastato dal peccato degli adulti. Se ai piccoli non si dà la Prima Comunione al primo uso di ragione e si lascia così che vengano devastati nello spirito e nella mente dallondata di violenza scatenata contro di loro (TV, cartoni, giocattoli, educazione sessuale nelle scuole) ne deriva l’inevitabile e tragica conseguenza che:

ricevono la Prima Comunione spesso in stato di peccato
, anche perché in molti luoghi non si usa più confessarli,

invece di porre le basi per
un rinnovamento dello spirito cristiano la Prima Comunione diventa uno strumento di maggior tenebra per tutto il Corpo Mistico.

Ma altra cosa molto importante è che anche se il bambino ha raggiunto l
uso della ragione non può assolutamente autodeterminarsi; la Chiesa quindi si fa carico di questa incombenza affidando la responsabilità di ciò a quanti hanno il dovere di prendersi cura di loro. Il Canone 914 recita: È dovere dei genitori e di coloro che ne fanno le veci, come pure del parroco, provvedere affinché i fanciulli che hanno raggiunto luso della ragione siano debitamente preparati e quanto prima, premessa la Confessione sacramentale, alimentati di questo divino cibo».

L’obbligo quindi è dei genitori ed è obbligo grave. Da ciò deriva il precetto di comunicare i fanciulli appena giungano all’uso della ragione, come afferma il cardinale Gennari in un commento al decreto Quam Singulari. Viene spontaneo domandarsi quale sia l’età della discrezione  e della ragione. Facendo riferimento al parere espresso da San Tommaso d’Aquino, alle dichiarazioni del Concilio Lateranense IV, del Concilio di Trento, del Concilio Romano del 1725 celebrato sotto Benedetto XIII, riportando le asserzioni di Pio IX fatte nel 1866 e di vari pareri della Congregazione dei Sacramenti espressi nel 1851 e nel 1910, San Pio X nel suo Decreto affermava ufficialmente: «Dunque come per la Confessione letà della discrezione sintende quella in cui si arriva a distinguere il bene dal male, così per la Comunione conviene dire sia quella in cui si sappia distinguere il pane eucaristico dal pane comune ed è appunto questa letà in cui il fanciullo ha raggiunto luso della ragione».

Il Santo Papa non specificava espressamente l’età ma è chiaro che faceva riferimento a quello che pochi giorni prima la Sacra Congregazione della Disciplina dei Sacramenti aveva dichiarato: «Il fanciullo comincia  a ragionare verso il settimo anno sia al disopra di esso sia anche al disotto. Da questo momento comincia lobbligo di soddisfare alluno e allaltro precetto della Confessione e della Comunione». Più chiaro di così!

Nel 1928 il cardinale  Iorio, Segretario della Santa Congregazione dei Sacramenti, scrivendo un commento al Decreto di San Pio X così si esprimeva: «Oggi luso della ragione nei bambini inizia molto presto e tutti lo riconoscono; bimbi di tre, quattro, massimo cinque anni sono già in grado di giudicare e possono distinguere molto bene il pane normale dal Pane Eucaristico».

«Oggi i media, le avanzate tecniche dinsegnamento, i giochi elettronici hanno accelerato di molto il ritmo di sviluppo delluso della ragione dei piccoli… Inoltre oggi cè un accanimento veramente diabolico proprio verso linnocenza dei bambini, che può essere arginato ed annullato unicamente dalla potenza della Grazia che in loro viene comunicata mediante lEucarestia. Come si concilia tutto ciò con letà della Prima Comunione fatta slittare nuovamente verso i nove, dieci, undici, dodici anni? Oltre che contrario ad una elementare logica di spirito, oltre che una grave colpa di omissione nei confronti dei piccoli, questo ritardo nellammettere alla Prima Comunione non è anche una disubbidienza formale alle disposizioni della Chiesa?» (7).

Il tutto per ben inquadrare il comportamento sia dello zelante prete che andava avvisando gli ignoranti colleghi in merito ad una decisione più che legittimamente presa sotto tutti i punti di vista dai genitori, sia l’altrettanto sapientissimo ed eccellentissimo vescovo di Roccacannuccia: certe prese di posizione sono «disubbidienza formale alle disposizioni della Chiesa». Purtroppo oggi assistiamo, all’interno della Chiesa, come nel Corpo sociale, ad un vulnus di auctoritas per cui le leggi e le disposizioni, anche le più vincolanti, diventano parole vane e soggette al capriccio dei singoli, che ne attuano a loro piacimento ed arbitrio l’esecutività: una moderna rivisitazione delle famose grida manzoniane. Atteggiamenti come quelli sopraddetti, in un organismo sano, andavano soggetti ad un potere sanzionatorio immediato: ma, come dicevo prima, i due eminenti personaggi sono ancora lì a ricoprire indisturbati le loro cariche e a condurre il gregge loro affidato verso il burrone della perdizione. Mutatis mutandis chi è sospeso a Divinis è chi sostiene che le leggi della Chiesa vadano rispettate ed applicate per la salvezza e l’integrità delle anime, il che è il colmo.

Dio nella sua Infinita Misericordia abbia pietà di noi e di loro! Maria regina delle Vittorie ora pro nobis!

Luciano Garofoli





[1]
) I suddetti episodi sono tratti da Aspetti psicologici, a cura di Ugo ed Alessia Zimei, capitolo finale del libro Collezione di Testi e documenti ecclesiastici sulla Età della Prima Comunione dei bambini, testo a cura di padre Andrea D’Ascanio.
2
) G. Doman, Leggere a tre anni, Roma, 1970.
3
) S. Cavalletti, Il potenziale religioso del bambino, Roma, 1993, citato in Aspetti Psicologici, ibidem.
4
) S. Cavalletti, opera citata, pagine 30, 31.
5
) Padre Dimitri Dudko, Parroco a Mosca, conversazioni serali, Milano, 1976, pagine 144, 145, citato in Aspetti Psicologici, ibidem.
6
) Esortazione di Papa Benedetto XV nello spirito de Decreto Quam Singulari, di Papa Pio X, 30 luglio 1916, estratto dall’Osservatore Romano.
7
) Padre Andrea D’Ascanio, Collezione di testi, opera citata, pagine 14, 15.

 

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