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Affamare la Bestia
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Su tutte le radio, sento gli slogan e i piagnistei degli «insegnanti» e degli «studenti». Soprattutto istruttive le lagne degli «insegnanti di ogni ordine e grado». Esse si riducono ad alcuni argomenti-base.

«La Gelmini taglia 8 mila miliardi alle scuole pubbliche, e regala un miliardo alle private», ossia cattoliche. Argomento di propaganda sempre ben accetto a sinistra: il Governo aiuta i preti.

La realtà: lo Stato alle scuole private paga 535 milioni, non un miliardo; e inoltre la Gelmini prevede un taglio di 133 milioni in quattro anni. Con questo contributo, lo Stato risparmia in realtà 5 miliardi e passa ogni anno: se infatti dovesse prendere nelle scuole pubbliche il milione di studenti delle private, gli costerebbe molto di più.

Nella scuola pubblica, un alunno delle elementari costa 7.366 euro; nella privata - a noi contribuenti - costa 866 (il resto lo pagano i genitori con le rette). Un alunno delle superiori pubbliche costa allo Stato, cioè a noi, 8.108 euro; alle private, costa... 51 euro.

Altra lagna: lo Stato ha trovato i soldi per salvare Alitalia, e i tre maestri per classe, no?

Con ciò, gli insegnanti dalle maestre ai docenti universitari, confermano di sentirsi Casta; essi esigono i privilegi della altre Caste, ossia lo stesso titolo all’accaparramento di denaro pubblico, indipendentemente dal merito. Avete aiutato gli altri fancazzisti, perchè noi no? Anche noi lo siamo. Vogliamo i soldi vostri.

Qui, bisogna ammettere, l’argomento ha una sua forza: da qui si vede quanto male abbia fatto il Salame a «salvare» Alitalia, i suoi fancazzisti e supermanager. Il Salame è stato eletto per ridurre la spesa pubblica inefficiente ed eccessiva; lo impone anche l’arretramento economico generale dell’Italia, la sua economia privata asfittica - la sola che produce ricchezza aggiuntiva - e in grave pericolo per la restrizione del credito, aggravata da pesi assurdi dalle bollette più care d’Europa e dalle burocrazie, fiscali o amministrative, che la ostacolano in ogni modo.

Bisognava avere coscienza che, in Italia, questo significa ingaggiare una vera guerra contro le Caste. E che sarebbe stata una guerra dura, lunga e difficile, perchè ci sono milioni di italiani che appartengono all’una o all’altra Casta, e ancor più che sperano di entrarci.

Bisognava aver coscienza che certi partiti della maggioranza, da AN alla Lega, sono in parte o in tutto protettori di qualche loro Casta di riferimento, e quindi pronti a tradire, a «dialogare» con la cosiddetta sinistra, che è il blocco sociale delle Caste unite, la leva politica il cui solo scopo è la difesa dei privilegi indebiti, delle incompetenze, delle disonestà castali.

Si doveva sapere che questa guerra dura andava preparata bene. Doveva essere inattaccabile sul piano morale e civile.

Ossia: se tagli ci sono, ci devono essere per tutti. A cominciare dalle caste e casterelle vicine al potere di governo. Ridurre gli emolumenti ai direttori generali che il precedente governo Berlusconi ha «managerializzato», applicando loro assurdamente i contratti di manager privati: per cui la signora Spitz, direttrice del Demanio e moglie di Follini, che prima prendeva 150 milioni di lire annui, ora prende 300 mila euro. Vogliamo ridurre a 150 mila euro?

Non moriranno di fame, i direttori di Stato. Se poi lo stipendio sembra loro poco, se ne vadano pure: vediamo se nel settore privato c’è qualche impresa disposta a pagare 300 mila euro, alla Spitz, per quel che sa fare.

Naturalmente, i tagli devono essere applicati anche a senatori e deputati e ai loro portaborse, ormai messi a carico del contribuente. Abbiamo il Parlamento più costoso d’Europa. Dove uno stenografo con 5 anni di anzianità riceve, per 15 mensilità, 4.769 euro (netti 2.854), e può arrrivare per anzianità a 15.144 euro mensili (netti, 8.120).

Ma soprattutto, abbiamo una serqua di ex-presidente che cumulano tripli stipendi e pensioni in aggiunta a quello di senatori a vita. Senza contare i «benefit», infiniti, e inimmaginabili. Uno, l’ho sentito spiegare da Willer Bordon, possiamo chiamarlo «il bonus Reikiavik».

Si tratta di questo: ogni deputato o senatore può farsi rimborsare il biglietto aereo, se dice che va in missione di studio in un Paese europeo. L’ufficio parlamentare  competente gli ha spiegato: lei faccia un biglietto per Reikiavik, che è la destinazione europea più lontana; poi a suo piacere può cambiarlo, e andare dove le pare. Alle Maldive o a Cancun o a Copacabana. Naturalmente, con signora (o amante). Paghiamo noi contribuenti.

Lì doveva cominciare a tagliare, il Salame: emolumenti, viaggi e benefici dei deputati e dei senatori; che ricominciassero a pagarsi i portaborse, come si faceva una volta (quando, spiega Bordon, i portaborse e assistenti erano pensionati, militanti del partito del deputato o senatore, che arrotondavano così la pensione). Tagliare i viaggi, tagliare gli aerei blù, invece di comprane altri 18 nuovi.

Ora attendo il solito cretino che mi scriverà (è già successo): ma non è tagliando queste spese che si risana il debito pubblico; sono briciole, via...

Vorrei chiedere al cretino: da dove propone di cominciare, lui? A parte che quelle non sono briciole ma centinaia di milioni di euro, vale il principio etico e civile elementare: chi al comando si appresta a tagliare la spesa pubblica eccessiva, deve cominciare da sè. Altrimenti, perde l’autorità morale per chiedere sacrifici alle altre caste, se la «sua» casta continua ad ingozzarsi di caviale e champagne.

Questa è la situazione, la crisi lo richiede (lo richiedeva anche prima il debito pubblico fra i più alti del mondo): la comunità deve tirare la cinghia, e dunque si comincia dall’alto, si dà l’esempio. Per dimostrare che non ci saranno isole privilegiate; che tutti sono chiamati a contribuire.

Se il cibo è razionato, il generale Annibale (o Rommel) mangia la razione dei soldati; è così che Annibale e Rommel ebbero truppe disposte a morire per loro. Questo è un principio elementare del comando. E questa, contro le Caste, è una guerra vera. Non gli si deve lasciare la possibilità di additare altre Caste che sono state «salvate», cui è stato concesso di tenersi privilegi indebiti. Per far capire che non c’è grasso che cola, il capo deve far vedere che non ce n’è per nessuno.

Livellare il campo da gioco, «level the playing field», dicono gli americani. Se si comincia così, alle Caste si toglie l’argomento principale, sempre pronto in Italia: perchè colpite «noi»? E «loro», invece?

L’ultimo pseudo-argomento della propaganda anti-Gelmini è la quintessenza dello spirito di Casta: «Non è una riforma, sono solo tagli».

Signori, qui i tagli «sono» la riforma. La prima riforma, la più necessaria in Italia. Qui da noi, si sono sempre aumentate le tasse ai cittadini, per aumentare la spesa pubblica, gli stipendi pubblici e parapubblici; ora, la riforma consiste nel fare il contrario: cominciare a tagliare.

«Affamare la Bestia», come si dice in America.

Naturalmente, non si fa. Nemmeno Tremonti lo fa: rifiuta di detassare le tredicesime perchè deve dar da mangiare alla Bestia. Il taglio dei tributi sulla tredicesima sarebbe immediatamente compensato da un aumento dei consumi, quindi di IVA e balzelli vari, e dalle tasse aggiuntive che si possono ricavare da una minima ripresina economica. Ma Tremonti non osa, perchè deve dar da mangiare alla Bestia pubblica.

Prima la Bestia, poi i cittadini, ecco il punto.

Conclusione: il Governo è sceso malissimo in guerra - la sola guerra civile necessaria - sbagliando  tutto. Ha fatto in modo che  la casta docenti trascinasse al suo fianco le sue vittime (gli studenti), e potesse agitare non si sa quale superiorità morale: ci tagliano «la ricerca» (ma quale?), penalizzano «i giovani» (i giovani, chi è così cattivo da dargli addosso? Sono sempre così carini, sia al TG3 sia negli spot della Coca-Cola) e naturalmente Kippà Fini e il Gheddafi padano già vogliono «dialogare».

Sulla moralità della docenza universitaria si sono scritte pagine. Alcune delle notizie più istruttive si devono a Francesco Forte (1). Da economista, si allarma dei 7 mila nuovi docenti  che stanno per entrare a divorare le finanze pubbliche: duemila professori ordinari nuovi costano a noi contribienti altri 2.000 milioni di euro l’anno (400 miliardi di lire); gli altri, associati o ricercatori, ci costeranno altri 500 milioni di euro, mille miliardi; destinati a crescere con l’anzianità di questi nuovi figli della Bestia.

Ma da dove vengono, questi 7 mila professori nuovi? Per legge, dice Forte, per bandire un concorso ci vuole uno stanziamento. E le università non hanno soldi.

«Buona parte», scrive Forte, «vengno dalle università fantasma e dalle sedi distaccate delle università normali».

Università-fantasma? Ne esistono 11, telematiche e private, ma (ecco la tragicommedia) «riconosciute dallo Stato»: ossia danno titoli di studio a valore legale.

Strano: i docenti che vorrebbero ridurre alla miseria le scuole private cattoliche, contro queste  università private, non hanno nulla da obiettare.
Vediamone alcune, di queste università private, visto che le paghiamo sempre noi:

Università Telematica Leonardo Da Vinci con sede a Torrevecchia (Chiesti)

E-Campus, con sede a Novedrate (Como)

Università Giustino Fortunato, sede a Benevento

Unitel, di Milano

Uninettuno, sede a Roma

Università Pegaso, di Napoli

Universitas Mercatorum, sede a Roma

Università di Scienze Gastronomiche, sede a Pollenzo (Cuneo): bandisce tre concorsi per cattedra, di cui uno in chimica. Darà titoli a valore legale - l’avvelenamento è dietro l’angolo.

La celebre Università LUM Jean Monnet, raro scientifico di Casamassima (Bari); fondata, a quel che vedo, «dall’imprenditore pugliese Giuseppe Degennaro. Scomparso il fondatore, è divenuto rettore e presidente il figlio Emanuele». Qui, l’esercente passa l’esercizio agli eredi, come fosse una salumeria: Grassi & Rossi & Figli.

Evidentemente il CEPU ha trovato imitatori, il business è ghiotto: gli studenti, i «giovani», accorrono a frotte, furbetti, a prenderea pagamento il pezzo di carta «legale» per partecipare a concorsi sempre più truccati.

E’ il mercato privato, d’accordo: ma perchè lo Stato riconosce le lauree di questi esercizi comerciali?

La Casamassima University ha facoltà di Economia e Giurisprudenza, riconosciute dal governo Prodi. Ora la Grassi & Figlio bandisce concorsi a cattedra.

I docenti che la salumeria seleziona con concorso non se li terrà a Casamassima, beninteso: «le cattedre non saranno coperte, perchè le università in questione presentano budget pro-forma, che non vogliono impegnare davvero, perchè non ne hanno i mezzi, nè hanno ordinari in quelle materie».

Stesso trucco le sedi distaccate delle università vere (diciamo così): si rivolgono agli «enti locali dove è ubicata la sede decentrata, che stanziano un budget per soli tre  anni, il che basta a dar diritto a fare bandi di concorso». Dopo tre anni l’onere passa alla università, ma la cosa non preoccupa il Comune, e nemmeno il rettore, che «pensa di passare la patacca al successore. O spera che, facendo chiasso, avrà i soldi dallo Stato, in deroga alle leggi vigenti».

Avete capito? Questi moralmente superiori stanno «facendo chiasso» per mettere a carico di noi contribuenti i residui tossici del loro business, uno sporco business probabilmente miliardario, il cartolificio delle lauree false, ma a valore legale.

Fa forse ricerca, la «Pegaso» di Napoli? O la «Scienze Gastronomiche» di Pegaso? Prepara «un futuro ai giovani», quel futuro che il governo Berlusconi, secondo loro, vuole troncare?

Ecco cosa difende la «sinistra».

Ecco perchè i tagli sono la riforma stessa. Bisogna tagliare un lercio spaccio affaristico di titoli. E i tagli devono per forza essere indiscriminati; perchè in Italia è impossibile valutare il merito dei docenti e delle università, e ciò per l’opposizione feroce dei docenti stessi.

Eppure, questi malviventi - su cui dovrebbe indagare la magistratura (buona quella) - riescono pure ad apparire come i moralmente superiori. Ci vuole tutta.




1) Su Libero,  29 ottobre 2008.


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