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Truppe USA controllano Rafah (e altre porcherie)
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Soldati e ufficiali USA del genio sono presenti al valico di Rafah, il solo varco che unisce Gaza all’Egitto: dal lato egiziano del passaggio, badano a «impedire il contrabbando di armi dai tunnel illegali»: lo ha detto Andrea Mitchell, grande firma della NBC e prima corrispondente di politica estera. I tunnel verso l’Egitto sono l’unico tramite per cui i palestinesi assediati ottengono alimenti e medicinali. Gli Stati Uniti partecipano dunque alla «guerra», come ordinato dai loro padroni, direttamente (1).

Dopodichè, il nuovo presidente Obama pretenderà di posizionare gli USA come negoziatore imparziale. Ha già pronto lo staff per il Medio Oriente. Tutti negoziatori imparziali:

Martin Indyk, già ambasciatore in Israele in passato. Non è solo ebreo, è stato il capo delle «ricerche» dell’AIPAC, American Israeli Political Committee, ossia la lobby. Le «ricerche» dell’AIPAC consistono nella schedatura di politici sospetti di «antisemitismo» da distruggere. Indyk è stato, contemporaneamente, professore al Moshe Dayan Center for Middle Eastern and African Studies alla Tel Aviv University.

Daniel Kurtzer: altro ambasciatore in Israele, è stato rettore della Yeshiva University di New York. Ha scritto il discorso che Obama ha pronunciato davanti all’AIPAC il giugno 2008.

«Israele deve avere tutto quel che vuole e una Gerusalemme indivisa dev’essere la sua capitale», disse il ventriloquo Obama.

Dennis Ross: ebreo, è stato capo-negoziatore nel «processo di pace» israelo-palestinese de 1999-2000. Persino un membro ebreo della delegazione, Aaron David Miller, ha scritto che Ross si è comportato come «l’avvocato difensore di Israele».

«Il nostro punto di partenza – ha scritto Miller – non era mai cosa occorreva per raggiungere un accordo accettabile da entrambe e parti, ma cosa sarebbe stato accetatto da una sola, Israele». Anche lui ha contribuito a scrivere il discorso che è stato fatto pronunciare ad Obama all’AIPAC.

James Steinberg, selezionato come vicesegretario di Stato (ossia come controllore della Clinton), Steinberg è un altro degli estensori del discorso di Obama all’AIPAC.

David Axelrod: architetto della vittoria elettorale di Obama, lobbista e consulente politico, sarà il principale consigliere in politica estera.

Persino Noam Chomsky ha rilevato: «Con Obama, Israele e meno del 2% della popolazione americana è oggi nel pieno controllo del governo americano».

Mentana indignato

Il 5 gennaio Mentana ha interrogato Massimo D’Alema, sotto accusa come filo-Hamas. L’imputato si è difeso abbastanza  bene, riconoscendo l’orrore delle vittime israeliane, 5 civili uccisi dai razzi di Hamas (in un solo sabato sera, in Italia le discoteche fanno più morti ogni settimana: bombardare le discoteche?).

Indignato, Mentana ha mostrato qualche video-esempio di come i «media islamici» trattano la giusta guerra di Sion e di come strumentalizzano le immagini dei bambini feriti o uccisi, cioè li mostrano. Non è colpa di chi li ha massacrati, è colpa di chi li fa vedere. Seguivano video di donne mascherate che si dichiaravano pronte al terrorismo suicida.

Poichi hanno notato su quei video la sigla «MEMRI», che è la fonte dei video e delle informazioni. Ora, il MEMRI (Middle East Media Research Institute) è un ente «indipendente, non di parte, non a scopo di lucro» che seleziona e traduce articoli e servizi ache appaiono nei media in lingua araba e farsi, per i giornalisti che non conoscono quelle lingue. Traduce in inglese, tedesco, italiano, spagnolo, giapponese, turco e russo. I suoi fondatori sono il colonnello Ygal Carmon, dell’intelligence militare israeliano, che è stato consulente in terrorismo per due premier israeliani, Ytzak Shamir e Yatzhak Rabin; e Meyrav Wurmser, un’arabista ebraico-americana che scrive regolarmente su media neocon. Suo marito, David Wurmser, è stato «special assistant» di John Bolton (ebreo neocon, che Bush tentò di piazzare come anbasciatore USA all’ONU) e membro speciale dell’American Enterprise Insitute, il noto think-tank israelita da cui vengono Wolfowitz e Michel Ledeen, i manovratori della guerra all’Iraq; Wurmser è stato un fervido sostenitore dell’avventuriero Chalabi come premier iracheno. Il MEMRI è stato spesso accusato di offrire traduzioni mendaci e visioni parziali dei media arabi.

Insomma Mentana contratta la supposta «propaganda di Hamas» con il più essenziale mezzo della propaganda del Mossad verso i giornalisti. Usandolo, naturalmente, come fonte obbiettiva.

Giornalisti deliberatamente uccisi

Dalla striscia di Gaza vengono pochissime notizie. Il perchè lo spiega un comunicato di Press Emblem Campaign, un’organizzazione svizzera di difesa dei reporter, con sede a Ginevra: Israele ha deliberatamente colpito le  sedi della TV Al-Aqsa, del giornale Al-Resalah e della radio Sawt Al-Aqsa fin dal 28 dicembre in poi; inoltre «due giornalisti palestinesi sono stati uccisi in un previo attacco, il fotografo Hamza Shahin (morto il 26 dicembre) e un altro, Omar Silawi, durante l’attuale operazione militare il 3 gennaio. Queste aggressioni contro giornalisti palestinesi ricordano alla comunità  dei media le aggressioni che furono commesse da Israele contro i media libanesi nella guerra di agosto 2006». (2)

Hamas è proprio cattivo

Tra le poche notizie dal campo, è notevole questa, di Haaretz:

«Hamas usa cecchini contro le truppe israeliane e compie imboscate, ma non sta lanciando grosse forze nelle zone aperte, dove la superiorità numerica di IDF (il glorioso Tsahal) sarebbe decisiva. (...) Hamas preferisce sparare dalle case, lasciando che siano i civili locali ad assorbire i colpi di rappresaglia di IDF. Ieri, due famiglie palestinesi sono state uccise dal fuoco israeliano...» - Titolo del reportage: «Hamas mette gli abitanti di Gaza in pericolo trascinando IDF nella guerra urbana».

Sarebbe antisemita obiettare che con una popolazione di 4 mila abitanti per chilometro quadrato, Gaza è «tutta» urbana. Va invece rilevata la malvagità dei combattenti di Hamas, che si rifiutano di esporsi per lasciarsi decimare ordinatamente, secondo le norme militari.

Osano, i farabutti, adottare le stesse tattiche che gli ebrei usarono nel Ghetto di Varsavia: quando il 19 aprile 1943 le forze tedesche entrarono nel ghetto pensando di completare l’operazione in tre giorni, ma furono sorprese da ripetuti agguati dei partigiani ebrei, che – lungi dallo scendere in campo aperto – li fecero cadere in ripetute imboscate, lanciando bombe Molotov e bombe a mano dalle finestre, dai vicoli e dalle fogne.

Dovrebbero capire che usare i metodi che gli ebrei usarono contro i nazisti è antisemita.

Israele e gli ospedali


Data la situazione, il gran cuore di Sion deve colpire gli ospedali.

«Una bomba è esplosa in Jerusalem Square, 30 metri da qui, e ha aperto un buco nel muro dell’ospedale», ha potuto riferire la dottoressa Suhalia Tarazi, direttrice del Ahli Arab Hospital di Gaza.

«La situazione è terribile. Molti feriti sono nelle case, e non riescono a raggiungere l’ospedale, anche la Croce Rossa internazionale non riesce a raggiungerli. Gaza è stata tagliata in tre zone; il 20% dei medici e del personale non riesce a venire in ospedale».

«Non c’è elettricità nè acqua. Per fortuna la Croce Rossa Internazionale ha fornito all’ospedale un po’ di cibo. E’ terribile, non è sicuro cammminare nelle strade... le strade sono coperte di sangue».

«Il nostro personale ha accolto gente in casa propria, 20-30 persone per rifugiarli. Il guidatore dell’ambulanza ha 80 persone che vivono a casa sua. Riceviamo tutti dei volantini e delle telefonate che ci dicono: lasciate la casa, stiamo per attaccarla. Ma dove devono andare 700 mila persone di Gaza City?».

«Il figlio di uno dei nostri chirurghi, 19 anni, s’è messo a disposizione come volontario per guidare le ambulanze del governo. E’ morto, la sua ambulanza è stata colpita da un missile. Tre ambulanze sono state colpite da missili israeliani, cinque i morti».

L’Herald Tribune del 5 gennaio ha un reportage dall’ospedale di Shifa:

«La scena più orrenda è nella camera mortuaria, dove il sangue forma pozze sul pavimento e i refrigeratori per 35 corpi ne contengono 70, ammassati fianco a fianco... Stesi su un materasso grigio, i tre fratellini Samouni hanno facce da bambini, sembrerebbero dormire se non fosse per una grossa benda... Il padre dei bambini è stato parimenti ucciso durante quello che i parenti dicono essere stato un attacco israeliano contro una casa di Gaza City dove la famiglia si era rifugiata per sfuggire ai combattimenti...».

I militari israeliani sostengono che gli ospedali sono diventati un bersaglio, perchè i capi di Hamas ci si fanno vedere spesso e ricevono lì i giornalisti in conferenze-stampa improvvisate.

La testimonianza norvegese

Il dottor Mads Gilbert, capo di un’equipe medica norvegese di tre persone, rimasta a Gaza, lancia un’accusa precisa:

«Abbiamo la prova evidente che gli israeliani usano un nuovo tipo d’arma a forte potere esplosivo, DIME (Dense Inert Metal Explosive), fatta di una lega di tungsteno. Questo si dissipa a velocità altissima e l’onda d’urto non si propaga di molto, diciamo dieci metri; ma gli esseri umani che sono toccati da questa esplosione e da questa pressione, sono ridotti in brandelli».



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«Quest’arma», aggiunge il dottre norvegese, «è stata utilizzata la prima volta in Libano nel 2006, a Gaza anche nel 2006; le ferite che vediamo al Shifa Hospital sono, sospettiamo, conseguenza dell’uso di armi DIME».
«Alla lunga, queste armi avranno sui sopravvissuti un effetto cancerogeno. Non c’è ancora molta ricerca su questo campo...».

«...Qui a Shifa ho curato un ragazzo di dieci anni. Aveva la totalità del petto piena di schegge di bombe. Sul suo ginocchio c’era la gamba di un’altra persona, che era stata recisa. L’abbiamo rianimato, abbiamo fatto tutto quello che potevamo per salvargli la vita, ma è morto nelle nostre braccia. E’ un’esperienza terribile, dietro le cifre che voi (giornalisti) citate di continuo ci sono esseri umani, famiglie, donne, nonne, bambini. Questa è la realtà».

«Tutto quello che sta accadendo a Gaza è contro il diritto internazionale, contro l’umanità, contro la comune morale. Non si tratta la gente in questo modo. Anche se li combattete, non potete trattare i civili, i bambini e le donne così. Lancio un appello ai medici israeliani, che dicano al loro governo di smettere queste atrocità» (3).

RAI 24 ha pubblicato nell’ottobre 2006 le foto di orrende ferite comprovanti l’uso di armi DIME al tungsteno, usate per disciplinare la popolazione civile di Gaza. La foto qui riprodotta viene dal servizio RAI di allora: www.rainews24.rai.it/gaza_foto

Venti ore a sanguinare

La giornalista Amira Hass di Haaretz ha scritto il 5 gennaio (4):

«Tre ore dopo che IDF ha cominciato la sua operazione di terra nella Striscia, alle 20.30 circa di sabato sera, un proiettile o missile ha colpito la casa di Hussein Al A’aiedy e suo fratello. Abitavano in 21 in questa casa isolata, situata in una zona agricola ad est del quartiere di Zeitoun di Gaza City. Cinque di loro sono stati feriti: due donne sull’ottantina (la madre di Hussein e sua zia) suo figlio di 14 anni, sua nuora di 13 e un nipote di 10. Venti ore più tardi, i feriti stanno ancora sanguinando su una stuoia del cortile. Non c’è elettricità, non riscaldamento, non acqua. I loro parenti sono con loro, ma ogni volta che cercano di uscire dal cortile per prendere acqua, l’esercito gli spara contro».

«Al A’aiedy ha cercato di chiamare aiuto col cellulare, ma la rete cellulare di Gaza sta cedendo. Sono state colpite le antenne, non c’è elettricità, nè diesel per i generatori. Quando un telefono squilla è un piccolo miracolo».

«Verso mezzogiorno di domenica, la famiglia Al-A’aiedy è finalmente risucita a chiamare S., che ha chiamato me. Non c’è altro che S. possa fare. Io conosco Al A’aiedy da otto anni, e ho chiamato i Phisicians for Human Rights. Loro hanno chiamato l’ufficiale di collegamento dell’IDF per chiedergli di poter evacuare i feriti, questo poco dopo l’una del pomeriggio. Mentre scrivo, l’ufficiale non ha ancora richiamato».

«Intanto qualcun altro è riuscito a contattare la Mezzaluna Rossa, che ha contattato la Croce Rossa Internazionale, chiedendo di coordinare l’evacuazione dei feriti con l’IDF. questo alle 10.30 circa del mattino. Al momento di andare in stampa, domenica notte, la Croce Rossa non è ancora riuscita a farlo».

Amira Hass dice di aver ricevuto altre telefonate nella giornata, di gente che gli dava notizia di morti e feriti civili:

«Ha chiamato H. per dirmi che due bambini, Ahmed Sabih e Mohammed Al-Mashharawi, di 10 e 11 anni, erano andati sul terrazzo della loro casa di Gaza City per scaldare acqua su un fuoco. Non c’è elettricità, sicchè si possono solo accendere fuochi», ovviamente all’aperto. «Un missile IDF ha centrato i due ragazzi, uccidendo Ahmad e ferendo gravamente Mohammed. Più tardi, domenica, un sito internet ha riferito che anche lui è morto. Ma il telefono cellulare di H. non risponde, perciò non posso confermare l’informazione».

«Un altro conoscente di Amira Hass, A., ha chiamato: IDF ha preso a bersaglio una  tipografia del suo vicino, un ex impiegato dell’UNRWA in pensione che ci aveva investito tutti i suoi risparmi. Un altro bersaglio d’interesse militare. Nel quartiere di un altro, B., le bombe hanno colpito la sottostazione idrica, così gli abitanti non hanno acqua».

A. dice: «Tengo i bambini lontani dalle finestre perchè ci sorvolano gli F-16, gli vieto di giocare giù in strada perchè è pericoloso. Ci bombardano dal mare, da est, dal cielo. Quando i telefoni funzionano, amici ci dicono di altri amici che sono stati uccisi. Mia moglie non fa che piangere, di notte abbraccia i bambini e piange. Fa freddo ma le finestre devono restare aperte (per evitare gli effetti degli spostamenti d’aria, ndr); a casa non abbiamo riscaldamento, ne acqua, nè elettricità. E voi (israeliani) dite che a Gaza non c’è alcuna crisi umanitaria. Siete normali?».

La fattoria degli animali

Neve Gordon, un docente israeliano alla Ben Gurion University, scrive a The Nation:

«... Mia madre ed io, come altri spettatori israeliani, abbiamo appreso dalla TV che 170 camion carichi di alimentari di base donati dal governo turco sono entrati a Gaza attraverso il valico di Carmi... Ciò che mi ha irritato è la piccola frase con cui il reporter ha giustificato l’entrata del convoglio. Spiegando che alcuni spettatori possono chiedersi come mai Israele lascia passare aiuti umanitari all’altra parte in guerra, egli ha dichiarato che se dovesse esplodere una piena crisi umanitaria tra la popopolazione civile palestinese, la comunità internazionale farebbe pressioni su Israele per mettere fine all’attacco... Come se allevasse animali da macello, il governo israeliano sostiene che fornisce assistenza ai palestinesi in modo da poter avere mano libera per continuare ad attaccarli» (5).

Ma sì, tanto sono musulmani

Sicchè hanno tutta la nostra comprensione i due Merkawa che, non potendo colpire i militanti di Hamas che rifiutano di scendere in campo aperto, hanno dovuto colpire la scuola dell’ONU, nel campo-profughi di Jabalya, dove avevano preso rifugio – credendosi al sicuro, i malvagi, sotto l’insegna inviolabile delle Nazioni Unite – centinaia di civili. I morti sono almeno 40. I primi resconti parlano di «gente tagliata a pezzi dagli shrapnel in un lago di sangue per la strada». Altri tre sono stati uccisi in un’altra scuola dell’UNRWA (United Nation Relief and Work Agency).

Naturalmente, il numero dei civili resta basso: sono «civili», per Israele, solo le donne e i bambini piccoli. Dai 16 in sù, ogni maschietto di Gaza è un terrorista di Hamas, dunque un bersaglio legittimo. Chissenefrega, sono tutti musulmani.



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Tranne questa bambina. Si chiamava Christine Turok, di 14 anni, ed era cattolica. Vedete sulla povera bara una croce azzurra, dipinta col pennello (non è facile trovare bare, di questi tempi, a Gaza). Come ha spiegato al giornale Al-Quds il 4 gennaio scorso padre Manaweil Mushallam, del Patriarcato Latino, Christine è morta «di paura»: venerdì, quando un F-16 ha sparato un missile con una enorme esplosione, la bambina è caduta a terra. Suo padre, un medico, ha cercato di soccorrerla, ma non si riprendeva; l’ha presa in braccio e portata a piedi all’ospedale, ma Christine è morta prima di arrivarci (6).

Sospiro di sollievo: il glorioso Tsahal non l’ha nemmeno toccata, Christine. E’ morta da sè. Il Santo Padre non dovrà rinunciare alla sua programmata visita in Israele. Andrà a Yad Vashem a rendere omaggio alle vittime del solo olocausto obbligatorio da ricordare. Si farà fotografare con la kippà.

Cosa dirà? Parlerà della promessa eterna che Dio ha fatto ad Israele, e a cui la Chiesa cattolica è obbligata a credere, dopo due millenni in cui ha creduto il contrario?

Spero che dica la verità, finalmente: che è Hamas a strumentalizzare tutti questi cadaveri di bambini, non se ne può più di tanta propaganda antisemita. Non è nemmeno cristiano. Scusate se abbiamo strumentalizzato anche noi. 




1) «US troops monitoring Rafah crossing», Press TV, 5 gennaio 2008.
2) «Group: Israel deliberately attacked Palestinian journalists», AFP, 5 gennaio 2008.
3) «Des armes non conventionnelles utilisées contre les Gazaouis», Planète non-violence, 6 gennaio 2008.
4) Amira Hass, «Wounded Gaza family lay bleeding for 20 hours», Haaretz, 5 gennaio 2008.
5) NeveGordon, «Israel’s new war ethic», The Nation, 5 gennaio 2008.
6) «What Israel think of Catholics and Christians», Irish Bulletin, 5 gennaio 2008.


 

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