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Al Papa, al nulla e alla bellezza
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Il problema è evidente da decenni, l’inquietudine e il malessere hanno anche trovato voci fra intellettuali e studiosi, ma il manifesto, l’appello corale e di popolo, l’urlo quasi, sembrava impossibile.

Invece, come un temporale, l’Appello a S.S. Papa Benedetto XVI per il ritorno ad un’arte sacra autenticamente cattolica è esploso dirompente, scompigliando alcune porpore da salotto e incontrando, altrettanto inattesa, la subita benedizione di Benedetto XVI.

L’idea di un manifesto per un ritorno alla bellezza nell’arte e nella liturgia cattoliche nacque lo scorso anno, in occasione del convegno cosentino Arte, Bellezza e Magistero della Chiesa. Sette mesi più avanti la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa invitò finalmente alcuni dei partecipanti a stilare un primo documento, che tuttavia non vide mai la luce. Il progetto si arenò contro timori, reticenze, divisioni curiali.

Poi però un mannello di laici senza etichette decise miracolosamente di raccogliere l’iniziativa. Rapidi, stilarono un testo con penna giovane, un po’ leziosa, e su una piattaforma blog gratuita, senza ufficio stampa né amici potenti, lo vararono in Internet all’ordalia popolare. Santa ingenuità, ripagata da uno straordinario successo: oltre 1500 adesioni da tutto il mondo in pochi giorni, il sorriso del Papa, la notizia ripresa da importanti testate, l’appoggio di firme di peso, cattoliche e non, come quelle di Martin Mosebach, Enrico M. Radaelli, Nikos A.
Salingaros, Sandro Magister, Camillo Langone, Steven J. Schloeder, Paolo Masciocchi, Steen Heidemann, Duncan G. Stroik, Pietro De Marco.

Cosa chiedono al Pontefice questi «teologi, filosofi, artisti, architetti e uomini di cultura»? Che guardi al disagio di tanti cattolici per l’invasione del brutto e della trascuratezza nella loro religione, a iniziare dall’architettura. Il documento propone un’innovazione moderna e rigorosa per rinvigorire l’espressione artistica del magistero, ma indica anche il responsabile della decadenza attuale: una committenza ecclesiastica ignorante, che naviga a vista tra le mode, dottrinalmente incapace di puntare alla stella senza tempo del bello.

L’appello impone così una discussione su una certa cattiva coscienza ecclesiale. Perché è un fatto difficilmente negabile che la bellezza, nella Chiesa cattolica, sia stata spregiata durante gli ultimi cinquant’anni, quasi i tesori d’arte e l’oro sugli altari fossero i segni di un ipocrita istituto di potere, paganeggiante, e da rivoltare con tutte le sue convinzioni (salvo poi imporre con forza ai fedeli chiese orrende, e altrettanto costose). In tale spazio di confusione dove è entrato di tutto (l’idea blochiana di religione sociale, l’anticlericalismo, qualsiasi moda progressista), chi si preoccupava del decoro del rito o della funzione sacramentale del bello veniva traguardato con malcelato disprezzo, come dai beghini coloro che non compungano il volto a sufficienza. La rigidità al posto della virtù.

Quella della paura, che per sfuggire la morte la imita. Guardiamo alle tante chiese sorte negli ultimi decenni, dagli orrori di cemento senza fama delle periferie, ai dispendiosissimi e cerebrali templi alla moda finiti sulle riviste dove si esaltano nichilismo e sadismo. La loro retorica ideologica suona a morto per l’espressione della verità vivente. Maschere al posto delle facciate. Nuove catacombe, ma a rovescio, quasi i cristiani dovessero fuggire dalla luce e dal bello, dalla gioia e dal rigore, dalla vita, chiedendo scusa di esistere ed espiando col grigiore e le chitarre melense la propria estraneità a un mondo tronfio di espungere il sacro.

Il brutto ecclesiastico non è dovuto a un ritardo nei confronti della cultura più estremamente secolare, anzi ne rappresenta in un certo senso il perfetto compimento. Esso addirittura trionfa quando i committenti religiosi abbracciano il mercato che si è arrogato il nome di arte contemporanea, perché è là che la menzogna raggiunge il proprio apice:  il relativismo ammiccante che si autoproclama verità, certezza di fede, bello. Abominio della desolazione, apoteosi del nulla.

L’appello può essere letto e firmato sul sito www.appelloalpapa.blogspot.com

Stefano Serafini

Pubblicato in
>  Italicvm, XXIV (2009) Nov.-Dic., p. 7


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