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È caduto il governo islandese. L'Europa saprà imparare la lezione?
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La piccola isola dell'Atlantico del Nord, la cui economia è già andata in frantumi, è stata trascinata in una crisi ancora più profonda quando lunedì la coalizione di governo è caduta, mentre nelle strade si tenevano violenti proteste.

Il primo ministro Geir Haarde ha annunciato che un'interruzione nelle trattative fra i partner della coalizione – composta dal Partito dell'Indipendenza dello stesso Haare e dai Socialdemocratici – ha fatto cadere il governo che era stato eletto nel maggio del 2007.

Mr. Haarde aveva chiesto le elezioni anticipate giusto la settimana scorsa, al contempo rinunciando alla guida del suo Partito dell'Indipendenza perché il cancro alla gola, di cui soffre, lo avrebbe tenuto impegnato nel dedicarsi alle cure. Tuttavia, è stato forzato a rompere la coalizione di governo proprio ieri, dal momento che non voleva corrispondere alle richieste dei suoi partner di coalizione, i quali insistevano affinché fosse scelto un nuovo primo ministro al suo posto. In cambio, garantivano di mantenere gli impegni di coalizione.

<<Mi dispiace davvero che non possiamo continuare a tenere in vita la coalizione. Questa sarebbe stata davvero la cosa migliore>>, ha detto Mr. Haarde ai giornalisti.

Abbondanza in frantumi

L'Islanda, fino a poco fa, era acclamata per il suo miracolo economico. Una nazione con una popolazione di appena 320 mila persone era stata classificata come la quarta nazione per produzione pro capite, ed incredibilmente era riuscita a ritagliarsi un ruolo di grande giocatore sulla scena finanziaria globale. Nel 2007, l'Islanda era stata classificata come nazione più sviluppata nell'Indice di Sviluppo Umano dell'ONU. Tuttavia, la straordinaria ricchezza islandese era stata costruita sulla groppa della bolla mondiale del credito. Lo scoppio di questa bolla e la conseguente contrazione del credito, ha però messo l'Islanda in ginocchio. Il mondo sta perciò prestando molta attenzione a quello che sta accadendo in questa piccola isola.

La favola islandese è finita con il collasso delle sue banche nel settembre e nell'ottobre dell'anno scorso, collasso causato dall'incredibile debito di 14 miliardi di Euro, una misura pari a sei volte il PIL annuale islandese. La sua moneta, la krona, ha fatto crack, e gli islandesi sono scesi in piazza per gridare la loro rabbia contro la pessima gestione della nazione, che era appena uscita dal boom economico.

In questi ultimi giorni la violenza delle proteste è cresciuta. La scorsa settimana, per la prima volta dal 1949, la polizia è stata costretta ad usare lacrimogeni. Mr. Haarde, a seguito dei violenti scontri, ha premuto affinché fossero indette elezioni anticipate. Ma col collasso del governo da lui guidato, insieme a quello dell'economia, ora il suo piano è andato in frantumi.
Perché è andata male?

Una nazione piccola come l'Islanda come ha potuto trovarsi in una situazione del genere? Secondo Robert Wade, della London School of Economics, l'Islanda ha pagato il prezzo dei suoi eccessi finanziari: stava importando più di quanto riuscisse ad esportare, e la quantità di denaro che doveva restituire nel breve periodo ammontava a 15 volte la quantità posseduta in valuta estera. C'è così stata una speculazione massiccia sul mercato valutario, che ha portato all'esplosione della situazione.

<<Il deficit esterno era il 25% del PIL nel 2006 ed il 17% nel 2007. Il debito estero da restituire nel breve periodo ammontava a 15 volte il valore posseduto dalla Banca Centrale Islandese in valute estere alla fine del 2007, o in altri termini, al 200% del PIL. Questo sbilanciamento dell'economia islandese è stato il più grande che si sia mai visto in ogni altra parte del mondo, ed è stato tanto più pericoloso per il fatto di essersi verificato in un momento in cui l'intera economia globale stava fronteggiando un rallentamento>>, spiega Wade, che – secondo quanto scrive il Financial Times – sarebbe uno fra i 50 economisti più influenti del mondo.

Tuttavia, non tutti sono d'accordo sul fatto che l'esperimento sia fallito. Si prenda Hannes Hólmsteinn Gissurarson, professore di Scienze Politiche all'Università d'Islanda, noto per il suo controverso supporto al "libero mercato". Egli è stato molto vicino al Partito dell'Indipendenza di Haarde ed a David Oddsson, il già primo ministro che è stato in carica più a lungo fra i premier della storia d'Islanda, nonché architetto dell'economia islandese dello scorso decennio ed attuale capo della Banca Centrale.

Né Haarde, né Oddsson sono figure popolari fra le masse che protestano questi giorni, ma Gissurarson si rifiuta di criticarli: <<Non è onesto dire che l'esperimento sia fallito. La liberalizzazione dell'economia islandese, dal 1991 al 2004, è stata un grande successo. I tagli delle tasse sono riusciti a generare più gettito fiscale. La liberalizzazione è riuscita a scatenare molte energie e l'iniziativa individuale. Nel 2004 l'Islanda era uno dei paesi più ricchi al mondo, e nonostante tutto, tale ricchezza si è distribuita in maniera piuttosto equa. La povertà era trascurabile, e non c'era praticamente disoccupazione. Non c'è dubbio che qualcosa sia andato storto dal 2004 al 2008; questo è innegabile. Mi son fatto l'idea che la colpa sia dei magnati islandesi, che hanno acquisito troppo potere che non c'era nessuno a controbilanciare. Il sistema è stato carente di controlli e di garanzie. Il capitalismo funziona quando i capitalisti impiegano le loro energie per soddisfare i bisogni dei consumatori, ma non riesce al contempo a regolare ogni cosa>>.

Se non il governo, chi allora bisogna biasimare?

<<Il governo non ha amministrato male le sue finanze>> – dice Gissurarson - <<Il governo è stato capace di far fronte al suo debito pubblico. Si può comunque argomentare che le banche siano cresciute troppo per l'Islanda, anche se non erano di dimensioni maggiori di quelle che si possono riscontrare negli altri paesi appartenenti alla EEA (Area Economica Europea). La causa principale del collasso delle banche è stato un errore di sistema in seno alla EEA: cioè il fatto che non si è dato vita ad un sistema di integrazione dei prestiti o alla possibilità di ricorrere a prestiti di emergenza>>.

<<Le banche islandesi, tuttavia, non sono senza colpe. Sono state nelle mani di magnati, che le hanno condotte ad assumere troppi rsichi>>.

Cos'ha in serbo il futuro?

A prescindere da questi argomenti, la scommessa è andata storta per la gente, che è ora a manifestare nelle strade di Reykjavík. Adesso, senza un governo, la situazione è anche peggiorata. Cosa ne sarà di questa piccola nazione, che sta facendo i conti con l'esplosione del suo miracolo economico?

<<È difficile prevederlo>> dice il Professor Wade. <<La situazione è invero molto interessante. L'Islanda è il primo caso di economia moderna e sviluppata rimasta d'un tratto senza sistema bancario. A quanto ne so, questo non è mai accaduto prima, né tantomeno nel contesto di questa crisi economica. Quel che posso prevedere è che nei prossimi mesi accadrà qualcos'altro. I fondi pensione non sono ancora collassati, e non si è ancora vista in giro una disoccupazione di massa. I problemi più tangibili, quindi, non si sono ancora verificati, e il peggio deve ancora venire>>.

Il Professor Gissuarson, parimenti pessimista, ha però qualche idea su come andare avanti: <<Non posso prevedere il futuro, ma sono pessimista. Quello che dovremmo fare è stimolare l'economia mediante tagli alle tasse, e procedere ad un maggior sviluppo delle nostre risorse naturali, con particolare riferimento alle riserve di pesce, alle fonti calde ed alle cascate. Ma per fare ciò abbiamo bisogno di libertà economica e stabilità politica, delle quali, disgraziatamente, non gioviamo in questi tempi>>.

Paura per il resto d'Europa

Gli eventi islandesi saranno di grande interesse per il resto del mondo. L'Islanda sta fronteggiando la peggiore crisi che qualsiasi altra nazione abbia subito in tempo di pace, ed il suo governo ha pagato il prezzo per aver negato le sue responsabilità. Un'ondata di protesta simile si sta diffondendo in tutta Europa. I governi della Lettonia e della Lituania hanno fatto i conti con violente rivolte di recente, quando hanno introdotto tagli alle paghe ed aumenti delle tasse per far fronte alla pressione finanziaria. In Spagna, sono in molti ad aver dato voce alla loro rabbia per la crescente disoccupazione, e la Grecia sta ancora cercando di placare le diffuse proteste studentesche.

L'Islanda ed il suo governo sono le prime vittime della crisi finanziaria globale; ma, stiamo sicuri, non saranno certo le ultime.

Ciaran Walsh per RT

Traduzione per EFFEDIEFFE.com a cura di M.

Fonte > 
Russia Today | 27 gennaio

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