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La politica italiana e la Libia
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Senza stare a disquisire sulla linea editoriale di certi giornali (come Libero e il suo articolo odierno a tutta prima pagina), o su un personaggio imbarazzante (ma teneramente patetico) come il Cavaliere, è comunque un fatto che i quotidiani di centrodestra abbiano preso - al contario di quelli illustri, Corsera, Repubblica, Stampa, Unità, ecc. - una posizione apertamente antibellica. L’unica che sul Giornale strepita incitando al massacro è la nostra cara Fiamma (dell’inferno) Frankenstein: oggi proclama che «non aver paura della guerra è imperativo fondamentale della cultura ebraica e di quella cristiana» (per i neocon cristiano vuol dire occidentale giudaizzato: in tal senso è stato adottato dal provocatore sionista Magda S-Allam).

Per il resto, tutti contro l’intervento. Ovviamente, si dice che «ci sono dittatori più cattivi» (Ahmadinejad, ça va sans dire), che il problema è «il fondametalismo islamico» e «linvasione musulmana», ma il nocciolo della linea editoriale è chiaro.

Credo allora che chi dirige le summenzionate testate abbia ben chiaro cosa covi sotto le ceneri delle bombe franco-anglo-americane (che, fra l’altro, chi in Italia ha una certa età si ricorda assai bene).

Mi chiedo quindi - confortato da tale atteggiamento - se ciò che sta succedendo non sia la continuazione con altri mezzi della guerra all’Italia berlusconiana, ovvero alla politica estera, economica, energetica che il pasticcione di Arcore ha tentato di fare, probabilmente senza neanche rendersi conto di ciò che stava combinando: vivere dentro una sit-commedy di Mediaset ti fa perdere la lucidità di un Mattei, tanto per capirci.

Sta di fatto che prima si è tentato con la penosa pugnalata alle spalle del fu-turista (a Montecarlo) Fini, uno che ha scambiato il ruolo di presidente della Camera per quello di tronista dalla De Filippi; da notare che fonti più che certe mi assicurano che l’atteggiamento del Pippo Baudo post-missino è radicalmente (in tutti i sensi) cambiato (viva l’inseminazione artificiale, viva i froci, viva il repubblicanesimo costituzionale, azionista e partigiano, ecc.) da quando è stato cooptato, ai tempi della Convenzione europea, dal Grande Oriente francese (ma guarda il caso), diventando amicone di Amato e Giscard e poi lanciando in Italia Sarkozy.

Poi si è passati al ciclone mediatico-giudiziario di Ruby, Lele Mora e compagnia brutta, su cui ogni commento è superfluo, salva l’opportunità di notare il diverso trattamento rispetto ad altri maiali delle classi digerenti italiane (giustamente Veneziani fece un pepato articolo sulla Real casa torinese. E non si riferiva ai Savoia).

Infine si è passati alla Libia, fondamentale partner economico e geopolitico italiano.+ Ovviamente, un paesucolo che vive in un 8 settembre permanente ha dimostrato ancora una volta quali miserabili viltà sia capace di fare, stracciando un accordo la cui lettura fa sprofondare dalla vergogna (collaborazione, non-ingerenza, riconoscimento reciproche sovranità, divieto di dare basi per atti di ostilità da parte di terzi, ecc.).

E’ anche vero, tuttavia, che - come ho trovato scritto su vari blog (l’unica forma di vera informazione in Occidente) - il Berlusca sia visibilmente imbarazzato della situazione, al contrario dei vari Napolitano (in veste di nuovo Re-sciaboletta, ubriacato di revanchismo neorisorgimentalista), l’ambiguissimo Letta, Frattini il Bulgaroprono e il grottesco La Russa, che gioca a fare il condottiero (ma perchè in Afghanistan non ci manda suo figlio Geronimo?!

Mussolini mandò in Etiopia Vittorio e Bruno, nella II Guerra Mondiale perse lo stesso Bruno e aveva Edda imbarcata sulle navi-ospedale, cosuccia altrettanto pericolosa, vista la lealtà militare albionica).

Le pasticciate epressioni di umano rammarico e dolore per Gheddafi sono la prova della scomodissima posizione del premier, tanto più che se si fosse apertamente opposto sarebbe stato massacrato dai media e dall’opposione. Il che non lo giustifica, ma rende comprensivo il suo atteggiamento. Certo che se avesse evitato il bunga-bunga, forse oggi avrebbe potuto rifiutare il bang-bang (la battuta l’ho letta, non è mia) contro un alleato prezioso (il che non significa bravuomo: qui si parla di realpolitik, non di buone maniere).

Ormai deve solo sperare in quell’altro caro amico, quello che sta a Mosca...

S. M.




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