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Criminali di guerra in crisi di nervi
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La speciale commissione ONU d’indagine sul conflitto di Gaza, dopo accurata inchiesta sul terreno, ha stabilito: Israele ha commesso crimini di guerra durante l’operazione Piombo Fuso (1).

La notizia può essere sfuggita, perchè i nostri media non ne hanno parlato o quasi. Ma in Israele, la sentenza della commissione d’inchiesta - capeggiata per di più da un magistrato ebreo sudafricano, Richard Goldstone - ha suscitato un parossismo di rabbia e di paura.

Per una volta, una dichiarazione dell’ONU viene presa sul serio, e il motivo è questo: i capi politico-militari, e i soldati che hanno commesso atrocità comprovate, rischiano di essere formalmente incriminati al tribunale internazionale dell’Aja.

Olmert, Tzipi Livni, Ehud Barak, i loro generali non si faranno trascinare al tribunale come un qualunque Milosevic; ma corrono dei rischi ad ogni viaggio all’estero: dato il tipo di crimine, ogni magistrato può farli arrestare. Sono a rischio i viaggi per shopping a Parigi e a Londra. Sicchè, «appena un giorno dopo la pubblicazione del rapporto delle Nazioni Unite», scrive Arutz Sheva (il notiziario del «coloni» ebraici), «il vice-ministro degli Esteri Danny Ayalon ha riunito i capi della comunità ebraica (americana) a New York e li ha esortati a contrastare il rapporto con tutte le forze» (2).

«Il rapporto Goldstone deve essere trattato come la Risoluzione ONU 3.379, che dichiarava il sionismo una forma di razzismo», ha detto Ayalon ai capi-lobby: «Per questo dobbiamo impegnarci  ad agire con tutta la nostra forza contro il rapporto, con lo scopo di cancellarlo e di silurarlo».

Ehud Barak, che come ministro della Difesa è fra i diretti  responsabili di «Piombo Fuso» e quindi dei crimini di guerra commessi, ha immediatamente fornito gli argomenti che la lobby deve imporre ai media, ai politici e ai governi occidentali: il rapporto «è un regalo fatto al terrorismo, e incoraggia i terroristi a continuare nel terrore. L’equivalenza che il rapporto fa, tra i perpetratori del terrore e le sue vittime (che sarebbero gli israeliani, ndr) non ha senso. Stiamo esaminando la possibilità, attraverso i canali diplomatici e internazionali, di far dichiarare il rapporto inammissibile».

Ayalon ha avuto il primo facile successo a Washington: ha incontrato l’ambasciatrice americana all’ONU, Susan Rice, e molti membri dell’amministrazione Obama e del congresso, onde (dice Arutz Sheva) «imporre il messaggio che il rapporto è inaccettabile e che mina il diritto di Israele a difendersi».

Poche ore dopo, le agenzie informano: «L’ambasciatrice Susan Rice ha rigettato una proposta ONU di obbligare Israele ed Hamas a condurre in proprio credibili indagini sui crimini commessi durante la guerra di Gaza nell’inverno scorso, o altrimenti affrontare la possibile incriminazione da parte di un procuratore internazionale».



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Per meglio condurre la controffensiva, è stata creata una organizzazione non-governativa che si chiama «UN Watch», ossia «sorveglianza dell’ONU», il cui scopo, scrive il Jewish Chronicle, è di «monitorare i comportamenti delle Nazioni Unite» (3). E’ un po’ come «Informazione Corretta», e il suo centro ispiratore «Accuracy in Media» fondato da Dan Irvine (ebreo), che «monitora l’antisemitismo» nei giornali e nei media, ed è fondata e gestita da ebrei filo-israeliani. Anche «UN Watch» è stato fondato dall’ambasciatore Morris Abram, ex rappresentante permanente USA presso l’ONU a Ginevra (ovviamente ebreo), e diretto da un tale Hillel Neuer, che ha cominciato a sparare a zero in numerose dichiarazioni pubbliche: il rapporto «diffonderà l’antisemitismo».

Benchè il rapporto ONU critichi anche Hamas (avrebbe commesso crimini lanciando i razzi su Sderot), esso è comunque «non imparziale», perchè ispirato a «pregiudizi contro Israele», ha detto Neuer. Infatti «diversi membri della missione d’inchiesta, come la professoressa Christine Chinkin, docente di diritto alla London School of Economics, è stata trovata colpevole di pregiudizi anti-israeliani, tanto che è stata di recente dimissionata dalla Commissione ONU per i diritti umani», ha  aggiunto Hillel parlando davanti ai capi della Zionist Federation in Gran Bretagna.

Ma il capo della missione d’inchiesta, Richard Goldstone (già Goldstein), è ebreo... «E’ stato scelto apposta uno come lui a dirigere l’inchiesta, in modo da mostrare che il rapporto dell’ONU è equanime».

Insomma non c’è mai un inquirente giusto: se non è ebreo, è antisemita. Se è ebreo, l’hanno preso apposta per fingere imparzialità.

In realtà, ha aggiunto Neuer che sorveglia l’ONU con la sua organizzazione non-governativa, è noto che «da anni l’ONU dedica una attenzione sproporzionata ed applica un trattamento sleale contro Israele. Ciò dimostra come i principi fondamentali della Carta dell’ONU, come il diritto a un giusto processo e all’uguale trattamento, sono spesso ignorati o selettivamente applicati» contro Israele.

«La colpevolezza d’Israele è già data anticipatamente per scontata da certi dirigenti ONU. Il capo della commissione Diritti Umani, Navi Pillay, aveva già annunziato che se la missione d’inchiesta trova le prove di crimini di guerra, essi dovranno essere investigati dalla Corte Internazionale dell’Aja. Il rapporto Goldstone rischia di creare un piano inclinato per trascinare Israele davanti al Tribunale Internazionale; sarà usato come arma politica per colpire Israele e impedirle di difendersi;  innescherà una campagna per isolarla e demonizzarla».

L’ONU «descrive un mondo a rovescio, falso e irreale», ha rincarato Neuer: «Perchè l’80% dei pronunciamenti della commissione Diritti Umani sono dedicati ad accusare di abusi Israele, quando ci sono esempi molto peggiori nel mondo?».

Ecco l’argomento: gli altri fanno peggio di noi. E’ istruttivo apprendere che Fiamma Nirenstein, parlando da Radio Radicale sabato mattina, ha usato esattamente gli stessi argomenti: perchè non vengono incriminate l’Arabia Saudita, l’Iran o la Libia, che non riconoscono «i diritti delle donne»?

A questa stregua, ha rincarato la Nirenstein, «gli USA e la Germania dovrebbero essere incriminati di crimini di guerra», per aver bombardato in Afghanistan quelle due autobotti rubate dai talebani, che hanno provocato la morte di una settantina di civili afghani (4).

Sarebbe una buona idea infatti: troppo buona, e forse ancor più pericolosa per Israele. Si finirebbe per indagare su Wolfowitz e Perle, e gli altri neocon filo-israeliani, che hanno istigato l’invasione dell’Iraq, con tutte le atrocità conseguenti, fra cui un milione di civili iracheni massacrati, e milioni di civili ridotti a profughi.

A vantaggio di chi sono stati commesse due invasioni in Paesi islamici, e commesse tali atrocità, impunemente, perchè taciute dai media? E magari: chi sono i mandanti o gli esecutori dell’11 settembre, che hanno ucciso 3 mila civili americani, e a vantaggio di quale politica?

A voler guardare davvero dentro questi eventi, si potrebbero scoprire elementi ed indizi molto scomodi per la lobby.

Ad uso interno, i media israeliani stanno cercando di demolire l’autorità morale di Richard Goldstone, il giudice internazionale che ha firmato il rapporto, già procuratore d’accusa all’Aja per i crimini commessi in Ruanda e in Jugoslavia.

E’ una tattica che abbiamo già visto, commenta però la giornalista Amira Hass (5): le organizzazioni pacifiste ebraiche «B’Tselem, Rompere il silenzio» (i soldati che accusano le atrocità che sono stati costretti a commettere), il Comitato contro la Tortura in Israele, Amnesty International, Human Right Watch, Haaretz sono già stati presentati l’uno dopo l’altro come cose da gettare nella spazzatura insieme ai mendaci palestinesi; nel migliore dei casi, sono dipinti come ingenui, nel peggiore, come collaborazionisti nello sforzo di macchiare Israele»; adesso tocca al giudice Goldstone, magistrato internazionale prima lodato per la sua imparzialità.

La campagna è così feroce e forsennata, che ha prodotto un risultato stupefacente, e controproducente. Nicole, la figlia del giudice Richard Goldstone, s’è fatta intervistare dalla radio dell’esercito israeliano e - in lacrime, e parlando in ebraico - ha detto (6): se mio padre non avesse accettato di capeggiare l’inchiesta ONU sui fatti di Gaza, «le accuse contro Israele sarebbero state molto più gravi». Papà Goldstone è un sionista appassionato, ed ha ammorbito le conclusioni.

«Mio padre è stato molto combattuto se accettare; ha accettato questo compito perchè ha pensato di far il bene anche di Israele. Non è stato facile per lui. Certo, mio padre non si aspettava di vedere e udire quel che ha visto e sentito» nella sua inchiesta sul terreno.

Ma che cosa ha visto il giudice Goldstone, ebreo e sionista, che non si aspettava di vedere?

Fra i fatti che si leggono nel rapporto da lui firmato con la morte nel cuore, egli riferisce del massacro degli allievi di polizia di Gaza, avvenuto il 27 dicembre 2008. Era sabato, e gli allievi erano tutti nel cortile della caserma per la cerimonia, stavano ricevendo i diplomi di promozione. Israele iniziò l’operazione Piombo Fuso massacrando 99 di quei giovani con bombe dal cielo, oltre a nove civili che assistevano alla cerimonia. Goldstone fu - riferisce nel rapporto - fra i primi ad arrivare, con funzionari ONU, sul luogo del massacro. E testimonia personalmente che l’attacco fu un massacro «deliberato».



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L'ispettore dell'ONU Richard Goldstone visita la casa distrutta della famiglia Samouni, massacrata da un attacco di artiglieria durante l'offensiva israeliana su Gaza



Aggiunge: ben 240 poliziotti palestinesi sono stati uccisi durante la breve guerra, un sesto delle vittime totali a Gaza. Anch’essi presi di mira deliberatamente. E il giudice dà conto della giustificazione israeliana: la Polizia di Gaza è un organo di Hamas, dunque parte delle forze armate «terroriste». Goldstone e i suoi collaboratori analizzano la storia della Polizia palestinese dopo la presa di potere di Hamas nel 2007, e giungono alle conclusioni contrarie: la Polizia palestinese è «un organo civile di ordine pubblico», e quel 27 dicembre, per di più, nessuno degli agenti stava partecipando alle ostilità. A parte quegli agenti che «individualmente» hanno preso parte ai combattimenti, collettivamente il corpo di Polizia non ha perso la «immunità civile» che viene riconosciuta dalle norme internazionali di guerra; che, dunque, sono state violate dallo Stato ebraico.

Il giudice Golstone ha visitato anche le poche strutture alimentari esistenti a Gaza. Come un allevamento di polli che produceva il 10% delle uova consumate a Gaza, e che ha trovato essere stato «sistematicamente spianato» da bulldozer corazzati israeliani, che hanno distrutto 13 mila volatili.

Ancor più grave il caso del molino dei Fratelli Hamada, il solo produttore di farina a Gaza, dopo che gli altri due molini esistenti avevano dovuto chiudere per mancanza di materia prima, a causa del blocco isrealiano. Per due volte i fratelli Hamada, i proprietari, avevano ricevuto minacce di distruzione, e s’erano messi in contatto con i loro corrispondenti d’affari in Israele, cercando di scongiurare il pericolo; ad ogni buon conto, avevano evacuato i 50 dipendenti. Infine, nella notte del 9 gennaio, gli israeliani hanno spianato anche il molino con missili, e poi con elicotteri, distruggendone tutti i macchinari; nove mesi dopo, il molino non è ancora in grado di funzionare.

Ascoltata la versione dei fratelli Hamada, Goldstone ha chiesto alle autorità ebraiche a quale scopo avevano distrutto un mulino, che produce l’alimento-base più elementare per la popolazione civile. Israele non ha mai risposto (in generale, ha rifiutato sistematicamente di collaborare con l’inchiesta). La commissione ha dovuto concludere che la «gratuita» distruzione aveva solo uno scopo, «mettere fine alla produzione di farina nella striscia di Gaza».

Il rapporto ONU nota che ancor oggi, a nove mesi dalla la fine delle ostilità, ci vogliono 85 giorni perchè Israele lasci entrare a Gaza materiale di soccorso come le tende, 68 per materiali sanitari e pediatrici, 39 per articoli casalinghi come pentole e materassi. Centoventi camion carichi di quaderni e libri scolastici per i bambini sono tuttora bloccati, specie i testi per lo studio dell’inglese, che riguarda 130 mila bambini. L’agenzia dell’ONU per i rifugiati (UNRWA) aspetta ancora 4 mila banchi e 5 mila sedie per le scuole, il cui arredo è stato  distrutto.

Il rapporto dell’UNRWA, che sarà annesso al rapporto Goldstone, denuncia l’ostinato blocco israeliano dopo tante distruzioni come «un progetto di graduale sotto-sviluppo di tutti i settori, per devastare le vite, accrescere la disoccupazione, e aumentare la dipendenza della popolazione dagli aiuti».

Più soft, il rapporto Goldstone recita:

«La missione ha dovuto considerare se la serie di atti volti a privare la popolazione di Gaza dei mezzi di sussistenza, di lavoro, di abitazione e d’acqua, che negano la libertà di movimento e il diritto di entrare ed uscire dal Paese, che limitano l’accesso a cure e tribunali, sia da ritenersi “persecuzione”, che è un crimine contro l’umanità».

Goldstone è riuscito a non far usare il termine «punizione collettiva»; ma in ogni caso l’accusa è durissima.

Il rapporto Goldstone ha dimostrato  che Israele «ha colpito una popolazione civile che era sotto il suo controllo» e dunque sotto la sua responsabilità. Che ha «usato forza sproporzionata in confronto alle concrete minacce ai propri civili». Che i soldati israeliani «hanno ricevuto ordine di sparare sulle ambulanze e i gruppi di soccorso», mentre altri hanno sparato su gente che avanzava «con una bandiera bianca»; che hanno ucciso persone «nelle loro case, e nelle vicinanze», che hanno usato gente di Gaza come scudi umani. Che hanno usato fosforo bianco in aree densamente popolate, che prima di ritirarsi, hanno distrutto deliberatamente vaste aree residenziali, industriali ed agricole.

Nel complesso, l’operazione Piombo Fuso viene definita «un’aggressione deliberatamente sproporzionata, che ha avuto lo scopo di punire, umiliare e terrorizzare una popolazione, stroncare la sua capacità economica di provvedere a se stessa, e instaurare in essa un senso ogni giorno maggiore di dipendenza e di vulnerabilità».

E’ questa la verità che Israele, la Diaspora e i suoi complici non vogliono vedere, e che si preparano a cancellare con «tutte le forze» di pressione e di menzogna.

Come dice Michael Oren, l’ambasciatore israeliano in USA: «Questo rapporto crea un problema non solo per Israele, ma per tutte le libere democrazie del mondo. E’ una vitttoria per il terrorismo. E’ una grave sconfitta per ogni Paese democratico che si trovi ad affrontare un’organizzazione terrorista irregolare in un’area densamente popolata. Io non credo che agli Stati Uniti piacerebbe vedere un simile rapporto montato contro la sua condotta delle sue operazioni in Afghanistan».

Quanto a Netanyahu, anch’egli ha dichiarato: «I capi del mondo faranno bene a respingere il rapporto. Non è solo un nostro problema. Se incriminano i nostri soldati, ufficiali, piloti e persino i nostri leader, essi incrimineranno anche voi» per le guerre che gli USA e i loro alleati stanno facendo.

Strano, sono gli stessi argomenti, e lo stesso ricatto implicito, usato dalla Nirenstein: evidentemente è stata istruita.

Non posso chiudere questo articolo senza menzionare che il rapporto Goldstone incolpa di crimini di guerra anche Hamas, per i razzi che ha lanciato su Sderot, dunque contro i civili israeliani. Quei civili, come ha scritto il giornalista ebreo Gideon Levy, che in quei giorni «portavano i bambini sulle alture attorno a Gaza ad appludire alle bombe che stavano causando il carnaio».

Non importa: Hamas ha ucciso un israeliano ogni 100 palestinesi massacrati (in tutto sono stati oltre 1.400). Fra questi, 29 membri di una sola famiglia, i Samouni, la cui sopravvissuta, Zinat Samouni, ha raccontato come ha visto trucidare dai soldati del glorioso Tsahal suo marito di 46 anni e il loro figlio Ahmed, di 4, dopo averne occupato la casa e scritto graffiti insultanti sulle pareti.

Si chiama «par condicio», credo, o «obbiettività bilanciata». Commenta il sito «Jews sans Frontieres»: «Se il giudice Goldstone avesse dovuto redigere un rapporto sui crimini nazisti, avrebbe definito anche la sollevazione del ghetto di Varsavia come crimine di guerra?». Ma il sito è dichiaratamente anti-sionista, dunque antisemita, come dice Napolitano (e a proposito, lui ora cos’è, dopo questo rapporto ONU?).




1)
Il rapporto si può leggere integralmente al sito: www2.ohchr.org/hrcouncil/specialsession/UNFFMGC_Report.pdf
2) Gil Ronen, «Ayalon to Jewish Leaders: Fight UN Report Hard», Arutz Sheva, 18 settembre 2009.
3) Bernard Josephs, «Fears over UN Gaza Report», Jewish Chronicle, 10 settembre 2009.
4) Fiamma Nirenstein, «E’ il palestinismo la vera malattia dell’ONU», Il Giornale, 17 settembre 2009.Vi si può leggere questo moderatissimo incipit: «La relazione della commissione Goldstone sull’operazione ‘Piombo Fuso’ è un pericolo per tutti noi. E’, nero su bianco, il proclama che stabilisce che bisogna arrendersi di fronte al terrorismo sistematico che colpisce e usa i civili. Se si dà una rapida occhiata alle 575 pagine prodotte per stabilire che cosa è accaduto a Gaza nella guerra del 2008-2009, si vede che la commissione istituita dall’ONU non ha avuto alcun interesse alla verità, ma solo alla ennesima criminalizzazione di Israele: l’ONU incarna qui, ancora una volta, un esempio del palestinismo moralista che sfrutta, in funzione della delegittimazione antioccidentale, i sensi di colpa del mondo contemporaneo e cerca, nella pratica immediata, la morte civile e fisica dello Stato ebraico. L’ONU dedica ogni anno due terzi delle sue risoluzioni sui diritti  umani alla condanna di Israele; la sua assemblea, dove sono già risuonati i discorsi antisemiti del presidente Ahmadinejad, adesso procede con una versione flautata, quella del giudice Goldstone, un ebreo con tanto di figlia che vive in Israele».
5) Amira Hass, «The one thing worse than denying the Gaza report», Haaretz, 17 settembre 2009.
6) «Goldstone’s daughter: My father’s participation softened UN Gaza report» Haaretz, 16 settembre 2009.
 


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