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E se dura il supplizio dell’euro?
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È raro trovare un’analisi più lucida di quella dell’economista greco Yani Varoufakis:

«Lassenza di una clausola del Trattato o procedura istituzionale per uscire dalla zona euro ha una logica ferrea: tutto il senso della creazione della moneta unica era far impressione sui mercati, far capire loro che si tratta di ununione permanente così solida, che chiunque avesse lardire di puntare contro la sua solidità sarebbe incorso in gravi perdite. Una sola uscita dalleuro basta a ad aprire una frattura in questa percezione di solidità. Come una sottilea linea di frattura in in una diga possente, luscita della Grecia inevitabilmente porterà al collasso delledificio sotto forze inarrestabili di disintegrazione. Appena la Grecia è spinta fuori, due cose accadranno: una massiccia fuga di capitali da Dublino, Lisbona, Madrid, eccetera, a cui seguirà la nota avversione della BCE e di Berlino ad autorizzare la fornitura di liquidià illimitata a banche e Stati. Questo significherà la bancarotta immediata di interi sistemi bancari, più Spagna e Italia. A quel punto, la Germania si troverà di fronte allorribile dilemma: danneggiare la solvibilità dello Stato tedesco impegnando i trilioni necessari al compito di salvare quel che resta dellEurozona, oppure tirarsi indietro (lasciando leurozona). Non ho dubbi che sceglierà la seconda opzione. E siccome questo significherà stracciare una quantità di trattati UE e accordi (compreso quello relativo alla BCE), lUnione Europea di fatto cesserà di esistere». (Interviewed by FXstreet.com on Grexit…)

La frase spiega insieme perchè l’euro non funziona, è ingestibile disfunzionale e già fallito, e contemporaneamente perché gli eurocrati e i politici faranno di tutto per farlo durare. È questa la situazione in cui ci hanno cacciato i progettisti della moneta unica, gli eurocrati e i politici – loro complici: nell’euro non possiamo vivere, ma nemmeno (a questo punto) si può uscire. Il greco lo spiega più avanti: l’Argentina ha pouto svalutare perchè aveva la sua moneta, bastò che la sganciasse dal dollaro. Grecia e Spagna non hanno più una moneta: uscire dall’euro, significherebbe per loro creare una moneta allo scopo di svalutarla: «Qualcosa che non è mai avvenuto nella storia», dice Varoufakis. Il potere d’acquisto di una simile neo-moneta precipiterebbe a razzo nel regno dell’infinitamente piccolo, provocando un’iper-inflazione mai vista. E la morte per fame della popolazione.

L’euro non è più una moneta, è un’impasse, come si dice in Francia. Un vicolo cieco. Anzi un groviglio di impasses. Gli eurocrati, occultamente, e poi i politici a forza di «salvataggi», hanno messo punto una macchina da Giorno del Giudizio per i popoli europei, e un generosa spargi-soldi per il capitale speculativo. I mercati strappano altissimi tassi per prestare denaro a Spagna e Italia, denunciando i loro debiti pubblici come ad alto rischio, e allo stesso tempo pretenderebbero che questi debiti pubblici fossero «garantiti» (ossia privati di rischio) dall’Europa ricca, Germania in testa: botte piena e moglie ubriaca. Del resto, che dire dei greci? Dai sondaggi, vogliono tutti (più del 70%) restare nell’euro, e allo stesso tempo rifiutammo le austerità ulteriori che la Germania, BCE e FMI impongono per tenerli nell’euro.

Anche l’Irlanda per referendum ha votato il «fiscal compact», ossia di accollarsi, come massa di contribuenti, i debiti delle banche. Gli uni e gli altri stanno dando agli eurocrati la «legittimazione popolare» che loro mancava per far durare l’euro a tutti i costi, ad ogni prezzo – tanto, il prezzo lo pagano i popoli.

E tutti, a cominciare da Monti e Hollande, si mettono a gridare: eurobond, eurobond! Per finanziare i debiti nazionali a livello europeo! Fingendo di dimenticare che esiste un altro mezzo, molto semplice, di finanziare i debiti: la monetizzazione parziale di tali debiti pubblici da parte della Banca Centrale – La Banca d’Inghilterra lo sta facendo da tre anni, al ritmo del 5% del PIL.

Non lo si «può» fare, perchè l’indipendenza della BCE è sacra. Ma allora, a che scopo quelle stesse voci gridano: «Occorre più Europa e non meno! Federalismo subito!». A che serve il federalismo, se non a monetizzare il debito? Se non a trasferire ricchezza dagli Stati ricchi agli Stati deboli, come fa il Federalismo USA? Là, il Minnesota paga ogni anno il 10% del suo PIL al New Mexico al Mississippi, Stati sottosviluppati, che ricevono in sussidi annuali oltre il 12% del loro PIL.

È esattamente quello che la Germania non vuol fare. Eppure, persino la Merkel s’è messa a gridare: «Federalismo! Accelerare l’Unione politica!». E i cuori dei Monti e dei greci si allargano: ci darà gli eurobond... Ma quando dice «più Unione», Berlino intende «ancor più disciplina di bilancio per i Paesi-cicala». E in cambio? Niente. Eurobond? Il 79% dei tedeschi sono contro le euro-obbligazioni, ed è la sola volontà popolare che conta nell’Europa semi-prussiana, cioè extra-giuridica, dove chi ha i soldi e potenza è più sovrano degli altri.

D’altra parte, come non capire l’enormità che gli euro-speranzosi chiedono ai tedeschi? L’emissione di Buoni del Tesoro «europei» (ossia garantiti da Berlino, Parigi e gli altri virtuosi) fino al 60% del PIL, sarebbe creare 5.600 miliardi di debito comune, di cui 1.600 di debito tedesco: detto altrimenti, si chiede ai tedeschi di impegnare la loro garanzia per 4 mila miliardi di debiti altrui; pari al 150% del PIL germanico, al 200% di quello francese. (Eurobonds: The blue bond concept and its implications)

Per giunta, la Germania, mettendo in comune il suo debito con gli altri, dovrebbe pagare più interessi sul suo –mentre oggi emette Bund a interessi 0 (zero) e i mercati glieli comprano. Ma sarebbe almeno un vantaggio per i Paesi del Club Med? Prendete l’Italia, col suo debito al 120% del PIL. Il primo 60% sarabbe garantito, i prestatori sanno che sarà pagato se necessario dall’Europa tutta; ma chi vorrà prestrare all’Italia il restante 60%, non garantito e secondario rispetto all’eurobond, che avrà la priorità sulle emissioni nazionali? Se qualcuno ci presterà quella tranche, sarà solo a tassi confiscatori: spread a 800, a 1.000, a 1.400? In ogni caso, partenza a razzo verso l’astronomicamente grande. La speculazione non sarebbe affatto disarmata, ma al contrario, incitata – e riempita di soldi.

E inoltre, l’emissione di eurobond farebbe perdere alla Germania «quella leva a cui più probabilmente teneva nella costruzione europea: linstaurazione dei mercati dei capitali internazionali come disciplinatori delle politiche economiche nazionali» degli altri: così l’economista Frédéric Lordon. (La fausse solution des eurobonds)

Già, perchè qui entriamo nel cuore dei circoli viziosi dell’euro: la sua creazione per scopi diversi da quelli dichiarati. Entriamo nel regno dell’occulto. Per gli eurocrati, da Monnet a Delors, da Padoa Schioppa a Mario Monti e Draghi, l’euro non è stato un fine in sè; la moneta unica doveva, nel loro disegni, distruggere le nazioni e le sovranità nazionali.

Per questo siamo tanto ingenui, quando ci domandiamo cosa farà Monti per risolvere la crisi italiana, provocata dall’euro. Non è stato messo lì per risolvere la crisi, ma per utilizzare la crisi: per rompere l’ultima resistenza all’estremo trasferimento di sovranità a Bruxelles.

Va inteso che una maggior integrazione, un federalismo burocratico come lo vogliono loro, salverebbe (forse) l’euro, ma non risolverebbe nessuno degli squilibri provocati dall’euro a danno dei popoli del Sud (e dall’Irlanda): come si vede in Grecia e si comincia a vedere in Italia, gli interventi eurocratici aumentano il debito invece di ridurlo (perchè stroncano ogni crescita), e rendono l’organizzazione interna più ingestibile. L’euro ha divaricato, anzichè ridurre, la divergenza fra le economie europee. Grecia, Spagna e Italia hanno oggi bisogno di esportare di più, di riacquistare produttività e competitività – in una parola, svalutare. Essendo ciò reso impossibile dall’euro, il solo modo di ritrovare competitività è abbassare i salari; la Grecia dovrebbe abbassarli ulteriormente del 22%, e tagliare le spese pubbliche – l’Italia ne ha di superflue, ma si taglieranno le necessarie, perchè qui sono le caste che comandano (anche su Monti).

Dunque austerità e austerità. Rigore e rigore per «salvare l’euro» (in realtà, per salvare i creditori a spese della morte dei debitori); e togliere nel frattempo ai popoli ogni possibilità di rifiutare le misure, togliendo loro la libertà politica, anche quella delegata. In questo, la Germania è alleata all’eurocrazia: Berlino ha dato il suo contributo alle idee sulla «crescita», essenzialmente proponendo la creazione di zone franche nei Paesi in difficoltà, per attrarvi gli immaginari «investitori esteri»; zone dove i contributi sociali sono alleggeriti, i salari ridotti e liberalizzati all’estremo, il lavoro più flesibile; e privatizzazioni; e un sistema di istruzione in fabbrica come la Germania stessa ha applicato nell’ex Repubblica Democratica Tedesca. (Zone euro: le plan de Berlin pour soutenir la croissance)

Buoni consigli, per tedeschi. Se potessimo tutti diventare tedeschi, con amministratori tedesche leggi tedesche – cosa desiderabile, che sia attuabile è altro discorso.

Dunque il federalismo che comporta l’estremo sacrificio politico, non darà niente in cambio. L’euro lo manterranno con ogni mezzo, gli eurocrati con il sostegno dei politici: il che significa, per noi comuni mortali, rigore ed austerità senza fine, eternamente rinforzati. Alla crisi violenta (ma temporanea) di una crisi da uscita dall’euro al buio nelle condizioni catastrofiche che ci hanno creato loro, ecco l’alternativa: stare nella camera dei supplizi dell’euro, chissà per quanto tempo, assistendo ad una crescita esponenziale della disoccupazione, allo svuotamento della nostra capacità industriale, alla nostra caduta nella deindustrualizzazione terzomondista.

Non illudiamoci che lorsignori allentino in qualche punto la stretta, che riconoscano dei limiti umani alla nostra caduta nella miseria: la Grecia dimostra che l’austerità viene imposta senza alcun limite, anche se i greci devono brucare l’erba come bestie. Anzitutto, loro (vedi Monti) il loro milioncino almeno di euro annuale l’hanno garantito; la «competitività» dei signori che giudicano la nostra insufficiente, non verrà mai giudicata; soprattutto, la fine dell’euro sarebbe la loro fine, delle loro poltrone, della loro ideologia, della loro utilità sociale; e la caduta della moneta unica potrebbe perfino coincidere con la caduta delle loro teste sotto qualche ghigliottina.

I dirigenti europei hanno ancora tutti e mezzi per far durare la moneta unica: ESM, FESF, regolamenti bancari, donazioni all’1% alle banche perché ne lucrino il 7% per prestare denaro a Spagna e Italia... e infine la monetizzazione. Per ora se la vietano, ma il tabù – che non infrangono per dare sollievo ai poveri cittadini, sarà infranto – vedrete – per salvare l’euro. Possono durare anni. Anni di supplizio, di torture sempre più sanguinose.

Alla fine, l’euro comunque cadrà: non è una moneta, è un’impasse. Sbatterà contro il muro della realtà. Il che significa – data l’ostinazione degli architetti a farlo durare, anzichè preparare un piano B – che sarà uno sgretolamento disordinato, caotico, senza rete. Per l’uscita in disordine della sola Grecia, gli analisti di Citigroup hanno previsto un balzo della spread fra titoli pubblici di Italia e Germania che sale al 720 punti-base (ossia i BOT dovranno rendere almeno il 10%); figurarsi uno collasso di tutta la zona euro. (Citi Matrix Outcomes: If "Disorderly Grexit" Then "VIX At 80")

Purtroppo, la sola speranza è nella disperazione. Nel risveglio violento e organizzato dei popoli-vittime, che impongano il ripudio del debito e la restituzione allo Stato – e allo Stato esclusivamente – della creazione di moneta. Ma per affidare poi questa leva sovrana ai politici attuali? Questi mostri di irresponsabilità, stupidità e disonestà ci hanno portato nella depressione permanente, scremandosi, loro, la crema e le ciliegine della torta comune?

È in questo senso che Thomas Jefferson disse: «Lalbero della libertà deve essere rinfrescato di tanto in tanto col sangue dei tiranni e dei patrioti» (1).

La nostra tragedia è la nostra passività da pecore. È essenziale la violenza politica; perchè tutti siano ammaestrati, e imparino di nuovo, che la politica è una cosa seria, anzi tragica. Faccenda di vita e di morte: fuori i pagliacci.





1) La citazione completa del passo di Jefferson è di impressionante attualità: «Dio non voglia che lasciamo passare ventanni senza tale ribellione. Il popolo non può essere tutto e sempre ben informato. La parte che non vede giusto sarà insoddisfatta, in proporzione allimportanza dei fatti su cui vigono idee sbagliate. Se rimangono silenziosi sotto limperio di tali convinzioni errate, è letargia, il prodromo della morte della libertà pubblica... E quale nazione può preservare la sua libertà politica, se i suoi dominatori non sono avvertiti di tanto in tanto che questo popolo conserva lo spirito di resistenza? Prendiamo le armi. Il rimedio è di raddrizzare le loro convinzioni di fronte ai fatti, poi perdonarli e pacificarli. Cosa sono poche vite perdute in un secolo o due? Lalbero della libertà deve essere annaffiato periodicamente dal sangue dei patrioti e dei tiranni. È questo il suo concime naturale».



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