>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
menu-1
Sotto l’imperio dello Stupido
Stampa
  Text size
In questi giorni ho un po’ tralasciato l’attualità, perchè ho bighellonato nel centro Italia invitato da giovani lettori. Giovani squattrinatissimi, a cui la società darà poco o nulla, pieni di slancio; alcuni meravigliosi, che mi hanno dato (senza saperlo) lezioni spirituali e morali. Questi incontri, mentre giungevano notizie dell’Ilva bloccata per provvedimento giudiziario, di Gianfranco Fini che per andare i vacanza a Orbetello ha fatto affittare un albergo per la sua scorta per 2 mesi e mezzo mettendo a carico di noi contribuenti 80 mila euro, della sicula compagnia Windjet (di Pulvirenti, il padrone del Catania) che lascia a terra migliaia di passeggeri, ed ha staccato biglietti fino ad ottobre pur sapendo che avrebbe smesso di funzionare ad agosto... E il miliardo e 200 milioni che il Parassita Pubblico Collettivo continua a spendere in autoblù ed autisti, e che resiste a tagliare, mentre il debito pubbblico – sotto la guida del Grande Timoniere assegnatoci dai poteri forti europoidi – è aumentato di 75 miliardi in soli sei mesi, mentre i 70 miliardi di pagamenti arretrati che il settore pubblico deve ai suoi fornitori privati continuano a non essere pagati (in Calabria, i soldi arrivano dopo 800 giorni, se arrivano), perchè anche per corrispondere il dovuto in BOT invece che in contanti, la burocrazia avida, stupida e assassina pretende documentazioni assurde, bisogna ottenere un atto pubblico... un verminaio e uno spreco immane che continua sfrontato, nonostante gli annunci, le spending review e le promesse autorevoli, che ho sentito come un insulto per quei giovani coi loro slanci morali, senza un soldo (anche quelli che lavorano: una ragazza, commessa, non ha i soldi per un’auto usata – altro che autoblù) e pieni di nobile ansia per il bene comune, il degrado mentale dei coetanei.

Ma abbiamo fatto tante volte il punto sconsolato su questa realtà, che – per non ripetersi – bisogna cercare di porre il problema in altro modo. Questo:

Come mai il popolo italiano, pur ricco di ingegni, è così invincibilmente stupido? Così ermeticamente incivile, piccino e mentalmente arretrato? Perchè non ha alcuna voglia o capacità di progredire collettivamente verso il minimo di civiltà che ormai è lo standard richiesto per reggersi con qualche dignità nel mondo della modernità compiuta?

Dico questo perchè giorni fa, nelle ore di guida, ho ascoltato in una radio privata un’insegnante – italiana – inserita nel sistema scolastico tedesco che diceva: quando ho cominciato, trent’anni fa, la percentuale dei figli di emigranti italiani di prima generazione che necessitavano di classi differenziali (per stupidi) era l’8%. La stessa percentuale, più meno, degli immigrati turchi di prima generazione. Trent’anni dopo, gli italiani – ormai di terza generazione – hanno la stessa percentuale di «differenziali»: sempre 8%. Così diceva l’insegnante.

Nel frattempo ogni altra minoranza immigrata, turchi compresi, ha migliorato sensibilmente la lingua, l’alfabetizzazione, la propria integrazione nella scuola tedesca (che non ha nulla di materno, pretende risultati ed esige la corresponsabilità della famiglia) e si discioglie infine senza residui nella cultura, lingua e sistema di valori germanici, alla pari. Gli italiani, no: duri, mantengono questa incrostazione, questo sedimento d’inciviltà dell’8%.

Allora siamo proprio stupidi, mi son detto. Invincibilmente stupidi. E non si dica che la percentuale dell’8% delimita una stretta minoranza, perchè è questa a dare il «tono», il livello della società italiana.

  
È questa la sconsolata conclusione a cui si deve giungere di fronte ai fatti: gli scandalosi sprechi, gli arbitrii giudiziari, il Fini che va in vacanza con un seguito di guardaspalle come fosse l’emiro del Kuwait (o Al Capone), non sono solo – nè tanto – effetto di disonestà, ma esibizioni da provincialuzzi risaliti, soprusi da villani rifatti che appena hanno il potere ne abusano, insensibilità alla disgrazia collettiva che ci coinvolge tutti e richiederebbe almeno un po’ di ritegno ipocrita, incapacità di fare normale contabilità nelle «imprese private» (tipo Windjet) come nelle spese regionali. Tutto ciò si dice con una parola sola: Stupidità.

Intendiamoci, in ogni Paese e società gli stupidi sono la schiacciante maggioranza. Intere industrie, dalla TV alla pubblicità, dalla musica rock e punk al calcio, fino alla cosmetica e alla chirurgia plastica, sono create e prosperano per compiacere, incoraggiare e sfruttare con profitto l’immane stupidità di massa.

Il punto è che in nessun altro Paese come l’Italia, mi pare, la Stupidità ha tanta voce in capitolo. In nessun altro posto ha tanto potere. Dev’essere per il modo in cui la «democrazia» s’è venuta formando (o de-formando) da noi, probabilmente traducendosi in una corsa ad ottenere il favore dell’8% di «differenziali», o ad adeguarsi al loro livello, fatto sta che ogggi viviamo sotto l’imperio dello Stupido. L’imperioso Stupido Collettivo che, nelle sue frazionate sottospecie (Ecologista, Tifoso, Pubblico Dipendente, Magistrato, Giornalista...) non solo non viene canzonato e sbeffeggiato dalla società media (come accade all’estero), ma rispettato e adulato in quanto Stupido. Questo Stupido Collettivo è convinto di aver diritto per nascita («democratica») a possedere delle «idee», a professare «opinioni», che pretende imperiosamente siano prese in conto.

Per lo più, quando le esprime in politica, sociologia o diritto, si tratta di «idee fisse», nel senso psichiatrico.

Le cosiddette «ideazioni» dello Stupido sono di tipo microscopico, puntuale, parcellare; di una questione vede un solo aspetto e lo ingigantisce, cieco al quadro generale in cui vanno inserite.

L’incapacità di cogliere il quadro vasto della realtà, quello che gli inglesi chiamano «the big picture», è la definizione stessa della Stupidità.

Quanto più un uomo è intelligente, tanto più è capace di collegare concetti, fatti e indizi apparentemente lontani e senza correlazione e «vedere» che essi invece influiscono l’uno sull’altro, contribuendo a «spiegarsi» a vicenda. Così il grande poliziotto collega indizi apparentemente irrilevanti, il grande scienziato intuisce una relazione interessante fra anomalie dei dati sperimentali per altri insignificanti (così per Newton la caduta di una mela, si dice, lo pose sulla via di definire matematicamente la gravitazione universale astronomica), il grande storico vede nei fatti più antichi la ragione profonda dei quelli che accadono oggi. Più uno è capace di questi grandi salti logici, più è intelligente – e colto, e degno di appartenere all’umanità.

Ovviamente, allo Stupido è del tutto estranea questa attività mentale superiore. La sua «opinione» su qualunque questione politica e sociale sarà microbica e puntualista, e per lo più collegata ad un suo interesse particolare, ad una sua paura privata, spesso corporale, che in lui assume valore assoluto ed unico, totalizzante. Per lo Stupido, «ecologia» non è la scienza delle relazioni organiche fra i viventi in aggregati sistemici come definita da Haeckel (1866), bensì «inquinamento» ossia «la mia salute».

Lo Stupido di sinistra sarà pronto a giurare che l’immane debito pubblico ha una sola causa: l’Evasione Fiscale, stroncata la quale tutto il (putrido) sistema pubblico sarà risanato. Sulla Stupidità «di destra» Berlusconi (che distribuiva il numero del suo cellulare privato alle puttanelle) e Bossi (vedi alla voce Trota) hanno toccato vertici insuperabili (speriamo).

Salvatore Ligresti
  Salvatore Ligresti
Nè si può tacere della nostra Imprenditoria, per la quale l’esercizio dell’intelletto, almeno della ragion pratica, dovrebbe essere il ferro del mestiere. Macchè: non riescono ad esistere senza maniglie politiche, appoggi, sussidi, e alla fine – prima dell’immancabile bancarotta – trucchi da codice penale. Il caso della Windjet di Pulvirenti, che ha staccato 300 mila biglietti senza nessuna intenzione di onorarli, è in corso di tragicomico svolgimento. Ma che dire di Salvatore Ligresti, «imprenditore» giunto da Paternò a Milano carico di incredibile liquidità? Il sospetto che fosse un riciclatore per Cosa Nostra non è mai stato sollevato, e lo censuriamo noi per primi. Il fiume di denaro di cui disponeva lo ha fatto ammettere nei più altezzosi salotti buoni del capitalismo italiano, Gemina, Pirelli e Mediobanca. Tanta fiducia avevano in lui questi strateghi dell’alta finanza, che Mediobanca è esposta col gruppo Ligresti per un miliardo di euro: oculatissimo investimento, in quanto Ligresti è fallito ormai da anni – ti pareva? – nonostante sieda su un impero assicurativo-immobiliare e azionario che non è difficile far profittare: ma non si può farlo fallire perchè altrimenti trascina con sè Mediobanca, Gemina, Pirelli e la società che possiede il Corriere della Sera, in cui ha partecipazioni. Rovinare aziende, dissanguarle per propri lussi, è difficile sotto così alte protezioni: Ligresti c’è riuscito. E per uscire di scena, ha fatto con Mediobanca (che nega) un patto occulto dove chiede 45 milioni di buona uscita, un posto di lavoro per i figli (la secondogenita, poverina, ha bisogno di un posto in una banca d’affari nel Principato di Monaco, altrimenti resta disoccupata). Ma non basta: Ligresti vuole auto e segretaria, l’abbonamento a vita per sè e i figli in un country club di lusso, e un rustico e la disponibilità di un rustico chic nella tenuta Cesarina (che era sua). Il senso di queste richieste è chiaro: l’incapace e fallito vuol mantenere i soli segni esteriori della vita dorata che dava il potere; goderseli senza più doversi preoccupare di fare il capitalista, con tutti i grattacapi che ciò procura. Mentalità da cafone risalito, da villan rifatto. Da Stupido sesquipedale.

Altri esempi? Per anni ho predicato nel sito che gli emolumenti dei parlamentari erano scandalosamente eccessivi e bisognava tagliarli, e sapeste quanti Stupidi di destra o sinistra mi replicavano: «Ma che importa? Non è certo così che si ridurrà il debito pubblico in modo decisivo», non capendo che tali emolumenti sono per sè corruttori e diventano per chi ne gode il fine della loro «politica», e in ultima analisi la causa del parassitismo pubblico. Lo Stupido italiano non riesce a dedurre le conseguenze, talore gravi e disastrose, che derivano inevitabilmente da comportamenti apparentemente piccoli; spesso, non ci riesce nemmeno se gliele si mostra e dimostra. È non ce la fa, è superiore alle sue forze.

Ne consegue che lo Stupido non può capire in nessun modo l’Interesse Generale, figurarsi poi il concetto di Bene Comune. Soprattutto, non riesce a cogliere che perseguire l’Interesse Generale significa, in ultima analisi,  fare il proprio interesse. Sicchè, temo, le corruzioni, gli immani sprechi di denaro dei contribuenti, i parassitismi, le esibizioni odiose, i clientelismi corpuscolari che ci stanno trascinando tutti a fondo, vengono meno da disonestà che da Stupidità. Una classe politica stupida concepisce il suo compito, per forza di cose, come l’esaudire con denaro pubblico tutti i minimi interessi particolari di tutte le categorie Stupide che riescono a farsi ascoltare: persino i gestori di spiagge (demaniali) che le sequestrano per loro lucro, stavano per ottenere da Tremonti la concessione su quella loro scandalosa sinecura per 90 anni... per quale plausibile motivazione non s’è mai spiegato. Nemmeno una scusa.

Voglio sottolineare che è l’elettorato Stupido – lo Stupido Collettivo italiano, composto di miriadi di Furbi – che seleziona una tale classe politica; la promuove al potere appunto perchè non oppone, ai loro desideri e interessi, l’Interesse Generale. Chi solo provasse a difendere l’Interesse generale contro le avidità, le voglie, le richieste di sussidi e privilegi particolari, non avrà mai la minima possibilità di essere votato da alcuno. Il che non toglie che gli Stupidi disprezzino poi furiosamente la classe dei politici che hanno selezionato ed eletto, perchè non sa far funzionare cose pubbliche come in Svezia; e si lagnino della fatica di vivere in un Paese incivile dove non si ottiene giustizia, dove le infrastrutture sono arretrate e costosissime, la spazzatura arriva ai primi piani di Napoli, gli uffici pubblici ostacolano il fare invece di agevolarlo, la tassazione è spaventosa, dove non si riceve ciò di cui si ha diritto se non come favore (per raccomandazione), dove si fa la coda per ore per scoprire che qualcuno, amico degli amici, vi ha scavalcato, ed avrà lui ciò di cui avete necessità voi... vita difficile, in un Paese incivile, arretrato. Ma non è stato lo stupido a piatire per «un posto pubblico» qualunque al figlio fancazzista, scendere in piazza per reclamare una nuova infornata di «precari della scuola» che danno titoli di studio vuoti come vesciche da mettere a carico dello Stato, ad aggrapparsi alle pensioni d’oro della Regione Sicilia, a riempire gli ospedali di Calabria di chirurghi selezionati dalla n’drangheta, altresì detta «autonomia regionale»?

Lo Stupido vuole queste cose, e non ne vuole le conseguenze.

La chiusura per decreto giudiziario della massima acciaieria d’Europa, la Ilva di Taranto – con imminente disoccupazione per 18 mila, e la perdita delle clientele dell’acciaieria, costrette a rivolgersi a cinesi, tedeschi, indiani, e addio speranza tecnocratica di «attrarre capitali dall’estero» – è un esempio quasi da scuola della cecità dello Stupido al concetto di Interesse Generale.

Prima di rispondere alle furiose obiezioni degli Stupidi Ecologici che già sento, vi assicuro una cosa: in nessun Paese civile del mondo un magistrato avrebbe preso una misura così grave di conseguenze sociali ed economiche senza raccordarsi con gli altri organi dello Stato, senza una collaborazione discreta col potere esecutivo, ossia il governo. Anche di fronte ad inquinamenti più mortali, anche di fronte a torti chiari. Right or wrong, my country, «Abbia torto o ragione, è la mia Patria», è il detto che vale non solo in Inghilterra, ma in Francia, Spagna, Svizzera. Solo da noi la magistratura  si erge come unico potere esecutivo, usurpando il potere esecutivo istituzionale; solo da noi intende la sua «autonomia» come antagonismo totale contro lo Stato (1). In questo caso, la Ragion di Stato, che il Paese degli Stupidi crede di aver abolito, mentre invece obbedisce alla Ragion di Stato altrui, e del tipo più discutibile (interventi in Afghanistan per ordine americano, acquisto miliardario di caccia americani, adesione all’invasione in Libia, eccetera). Chi rinnega la Ragion di Stato come criterio supremo della politica, si mette al servizio di quella di altri: ma come farlo capire allo Stupido?

Ma ancor più dello Stupido togatus di Taranto, colpisce la folla di chi difende la sua decisione, esigendo l’immediata chiusura dell’Ilva. A Taranto, pare siano tutti quelli che non lavorano nell’acciaieria. Fra tutte le voci, colgo come più significativa questa, che ho trovato nelle reazioni ad un blog:

Ma scusate, è meglio avere un lavoro o morire di tumore ai polmoni? La colpa non può essere del GIP ma di chi fino ad ora è a capo dell'azienda.

Non proverò a replicare a questa obiezione; è letteralmente impossibile. Riporto la frase solo per mostrare come allo Stupido è estraneo il ragionamento logico, e ancor meno – figurarsi – al processo mentale chiamato «inferenza». L’autore della suddetta frase è mosso a prendere posizione dalla preoccupazione sua privata («la mia salute»), e subito stabilisce un sillogismo di questo genere:

«Avere un lavoro» = «Tumore al polmone». Da queste due premesse, segue la conclusione logica: bisogna assolutamente evitare di lavorare. Conclusione della conclusione: esigere dallo Stato una pensione per vicinanza all’Ilva, che consenta di vivere in buona salute senza lavorare (l’Ecologo vi aggiunge l’immediata designazione del Colpevole: il capo dell’azienda. Lo Stupido, in Italia, è sempre anche giustizialista; se c’è un problema, è sempre un delitto penale).

Il fatto è che tanti lavori possono provocare tumori, e centinaia di migliaia di italiani li hanno. Quasi sempre, lavorare è un rischio per la salute. I mestieri ritenuti «sani» e «in contatto con la natura» (ma che nessuno vuole più fare), non meno degli altri: ogni anno decine di agricoltori finiscono schiacciati dal trattore, una quarantina di pescatori muoiono annegati. Persino i fancazzisti pubblici dietro le scrivanie inutili corrono qualche rischio sanitario (colesterolo, obesità, cappucino avariato). Anche il tempo libero qualche volta è cancerogeno, e spesso contrario al salutismo (sci, guida, escursioni, nuoto subacqueo, farsi in discoteca...). La vita è la causa prima di cancro – i morti sono i soli che non lo prendono – e di qualunque altra malattia; anzi è la più spaventosa malattia essa stessa: il suo tasso di mortalità è del 100 per 100. Peggio dell’Ebola.

Non che l’Ilva non inquini, si capisce. Ha inquinato per 40 anni, ed adesso inquina meno. Le «opinioni pubbliche» della zona che protestano – oggi – e ne esigono al chiusura, dovrebbero inscenare manifestazioni contro i loro stessi genitori e nonni. Perchè allora lo Stupido Meridionale era industrialista, e voleva la grande fabbrica, vedeva il secolare riscatto del Sud nel diventare, da zappatori, a operai in tuta. In ciò appoggiato da sindacati, partiti di «sinistra», politici locali e nazionali e proprietari terrieri che hanno ritagliato la loro fetta.

Chiunque provava ad obiettare che il paesaggio, il clima, la posizione e il mare con le colture di mitili indicavano da sè la vocazione turistica, si faceva bollare da reazionario e nazista: «Volete inchiodarci al servaggio secolare del Sud! Volete renderci tutti camerieri!» (Lo Stupido Meridionale, quando sente Turismo, pensa «cameriere», e «umiliazione», mai alle alte professionalità del settore, che sono ignote alla sua testa da zappatore: è uno dei segni più vistosi della sua arretratezza mentale e morale).

Perchè lo Stupido è preda indifesa delle mode, e allora la moda era l’industria, come oggi «l’ambiente» (oggi che l’ambiente è devastato). Sbagliava allora, ma volle l’Italsider imperiosamente. Adesso, imperiosamente, vuole lo smantellamento, ma subito subito, perchè «i miei figli si ammalano» e «i miei mitili sono avvelenati». Lo Stupido cambia idea, ma è sempre imperioso. E i politici «suoi», che non dispongono del minimo carattere, nè «palle», nè idea generale sul bene comune, lo accontentano (naturalmente, ritagliandosi la fetta di torta «loro»). Ecco l’imperio dello Stupido.

Chè poi, in fondo, avevano pure ragione. Perchè sì, il Turismo è «pulito», richiede bassa intensità di capitale ed alta intensità di manodopera – dunque l’ideale per l’occupazione. Ma richiede anche un’alta densità di buona educazione, inteso come urbanità vissuta già in casa e in piazza, e verso l’ospite poi; e questa risorsa è rarissima da noi. Lo Stupido italiota è invincibilmente un maleducato. La maleducazione è parte integrante del suo essere, ontologicamente inteso: perchè non sa «mettersi nei panni degli altri», non ha la minima curiosità di capire che cosa serva, di cosa abbia bisogno il turista, lo straniero pagante, e di cosa disgusti la comitiva in charter. Perchè non tornano qui da noi, dove il mare è bellissimo se solo si passa sotto il cavalcavia lurido e puzzolente di piscio, merda e cartocci di lische marcescenti del nostro pesce meraviglioso? Perchè sfuggono le nostre caratteristiche montagne di rumenta non raccolta, i cartocci di gusci di cozze così odorosi d’estate buttati a lato del grande albergo, il clamore notturno della nostra Sagra della Melanzana con moto, mega-schermo e mega-altoparlanti, le casette abusive non finite che non esistono in nessun’altra costa del mondo, i nostri graffiti sui muri di tutte le stazioni della Capitale che fanno tanto Bronx anni ’70? E no, i templi di Agrigento non li possono vedere senza i casermoni da geometri con cui li abbiamo circondati, perchè li vogliamo vedere «noi», sono «nostri»...

Insomma, voglio dire: ciò che «vende» un turismo di successo è la civiltà di una società tutta intera. Il civile, urbano riguardo verso il prossimo, l’immaginazione di quel che gradisce – non per servilismo, ma per intima condivisione degli stessi gusti e stili di vita. L’Italiano non ci riesce. Non ci riusciva negli anni ’50 quand’io ero ragazzo e Lui era ancora un villano appena uscito dalle zolle – un villico, zappatore – e non ci riesce adesso che è ripulito, ha il benessere e magari la scorta di Stato che lo accompagna all’Argentario a nostre spese. È come quell’8% che nelle scuole tedesche richiede ancora classi differenziate, mentre anche i turchi non ne hanno più bisogno.

Non ci riesce nelle cose piccole nè in quelle grosse. Non so se ci avete fatto caso: qui da noi, quando due signore si incontrano si piazzano a chiacchierare sulla porta del negozio. Inamovibili. Intralciano il passaggio agli altri. E se qualcuno sussurra: Per favore, mi fate passare?, si seccano: ma che vole questo? Sarà un tedesco... È maleducazione italiana: maleducazione da mancanza della capacità di mettersi al posto del prossimo, di immaginare le esigenze altrui. Posso assicurarvi che questo non accade in nessun altro luogo del mondo, Africa compresa (forse in Colombia...).

Altro fatto. In tutti i Paesi civili del mondo, ormai, si è preso atto di questo ricorrente fenomeno: coloro che prendono i treni, per lo più, partono con grosse e spesso pesanti valigie, ancorchè munite di ruote. Per questo motivo, le banchine ferroviarie delle stazioni estere sono da almeno mezzo secolo sopraelevate, in modo che gli sportelli si aprano al livello dei piedi del viaggiatore. Dappertutto sul pianeta, salvo in Italia. Solo da noi i pubblici poteri continuano a pretendere che fragili vecchiette con bagagli, malati con valigie, mamme incinte con carrozzini si inerpichino sui tre scalini retrattili di quando ancora i treni erano della Seconda Guerra Mondiale. Nè Roma nè Milano hanno ancora preso atto che le pesanti valigie, oggi, sono munite di ruotine, e che può essere cortese pavimentare stazioni, marciapiedi vicini alle stazioni e banchine metropolitane con materiali scorrevoli, e se possibile evitare le rappezzature d’asfalto da quarto mondo. Anche qui, da una vita (la mia) non ho visto alcun progresso, alcuna voglia di compiacere, venire incontro e di rendere la vita un po’ più facile a chi passa. È la dittatura dello Stupido.





1) La proclamazione della Casta togata arroccata sindacalmente a difesa: «Il GIP di Taranto ha applicato la legge», è semplicemente surreale, o forse fin troppo rivelatrice. In Italia, da sempre, i magistrati le leggi le «applicano» ai nemici; per gli amici, le interpretano. È la certezza del diritto all’italiana.



L'associazione culturale editoriale EFFEDIEFFE, diffida dal copiare su altri siti, blog, forum e mailing list i suddetti contenuti, in ciò affidandosi alle leggi che tutelano il copyright.


 
Nessun commento per questo articolo

Aggiungi commento


La Dittatura Terapeutica
L’unica ed estrema forma di difesa da questo imminente, sottovalutato, tragico pericolo particolarmente grave per l’Italia, è la presa di coscienza
Contra factum non datur argomentum
George Orwell con geniale e profetico intuito, previde l’oscuramento delle coscienze, il tramonto della civiltà, l’impostura e apostasia dalla verità che viviamo, quando scrisse “nel tempo...
Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità