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Prendi i soldi e scappa
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Le Borse europee sono tutte euforicamente al rialzo. Quella di Parigi non fa eccezione: il CAC 40 (l’indice borsistico francese delle prime 40 società per azioni, equivalente del milanese MIB) ha terminato il 2009 con un rialzo del 22%; e la maggior parte degli analisti prevedono che il rialzo continuerà anche nel 2010, di un altro 10-15%.

Ebbene, nel pieno di questi trionfali rialzi e delle più rosee previsioni, è accaduto un fatto strano: quasi tutti i pezzi grossi delle grandi industrie francesi quotate si sono affrettati a ritirare le loro stock-options (1) per rivenderle.

Lo ha saputo il Canard Enchainè, ma il merito è delle leggi francesi per cui i dirigenti o padroni delle società quotate sono obbligati a dichiarare all’AMF (Autorité des Marchés Financiers, una  Consob che funziona) le compravendite azionarie a cui procedono. (Troublante liquidation des stock-options chez les grands patrons français)

Così si è saputo che Jean René Fourtou, amministratore delegato del colosso Sanofi-Adventis e presidente dell’altro colosso Vivendi, l’11 dicembre scorso ha acquistato 234.782 azioni, a cui gli danno diritto le stock-options in suo possesso, e le ha rivendute il giorno stesso con un modestissimo profitto. Frank Riboud, presidente del gigante alimentare Danone (2), l’uomo più pagato di Francia, ha preso 329.310 stock-option il 14 dicembre, e anche lui le ha rivendute il giorno stesso.

Idem il direttore generale e un amministratore di Christian Dior (Gruppo Arnault-LVMH): hanno venduto l’80% delle loro azioni, acquistate appena pochi giorni prima. Un membro del comitato esecutivo di Total s’è disfatto della totalità delle 40 mila azioni cui gli davano diritto le sue stock-options. Due membri del consiglio d’amministrazione di Bouygues (un conglomerato con interessi estesi dall’edilizia alle telecom) hanno liquidato immantinente il 90% delle loro azioni. Un membro del comitato esecutivo di Thales (aerospazio, difesa, elettronica) ha preso e rivenduto in giornata 10.500 titoli.

La stessa fretta rivelatrice hanno mostrato i super-capi della superbanca BNP-Paribas. Il presidente Michel Pébéreau prende 79 mila delle sue stock-option il 15 dicembre, e ne rivende 62 mila il 20. Il suo vice Baudoin Prot rivende l’80% della sue 47.300 stock-option quattro giorni dopo averle intascate.

Una liquidazione generale. Il cui significato supera quello delle più sofisticate analisi economiche:  lorsignori sanno qualcosa che noi non sappiamo. Più precisamente: che un nuovo crack azionario è imminente. E infatti diversi fondi d’investimento, visto il movimento dei caporioni, li hanno imitati.

Questo fatto converge con un’informazione che ho ricevuto casualmente: giorni fa, nella sede suprema di BNP-Paribas, uno dei super-capi di cui non mi è stato fatto il nome è uscito irritatissimo da una riunione di vertice; e letteralmente fuori di sè, è stato sentito gridare nei felpati corridoi: «Mentono! Mentono ancora! Mentono come sempre! E provocheranno un altro collasso entro il 2011!».

Chi sono i mentitori con cui ce l’aveva il capo di Paribas? Gli americani sono i primi indiziati, Federal Reserve, Goldman Sachs, chissà. O qualche altra Banca Centrale?

Certo è che i capintesta delle grandi imprese francesi non sembrano aver una grande fiducia nel futuro delle loro stesse imprese. Chissà perchè. E il segnale è proccupante anche per l’Italia, perchè, ad esempio, Thales controlla la nostra Alenia, e Danone è padrone di Agnesi, Saiwa, Galbani, Birra Peroni.

Intanto anche Goldman Sachs sta pensando di scappare: dalla sua sede di Londra, per non pagare la tassa sui superbonus minacciata dal governo laburista di Gordon Brown, che vorrebbe prelevare il 50% sulle gratifiche superiori a 25 mila sterline (27.500 euro). E dove scappano i banchieri più strapagati del mondo?

Secondo voci ricorrenti nella City, Goldman Sachs avrebbe scelto... Dubai, magari prendendo sede nel grattacielo più alto dell’universo testè inaugurato, dove gli spazi per uffici vengono via per pochissimo. Atto altamente simbolico, e per più ragioni: la finanza che fugge dallo Stato di diritto verso uno staterello di famiglia, dove il diritto lo inventa l’emiro; Goldman Sach nella vetrina artificiale del boom più truffaldino della storia, pompato dai prestiti della speculazione globale, e già fallito prima ancora dell’inaugurazione.

Ma è improbabile che la voce che corre nella City diventi realtà concreta: difficile credere che i gestori strapagati, tutti londinesi, vadano ad abitare davvero nel paradiso artificiale già assediato dal deserto, ancorchè sia un paradiso fiscale. Probabilmente, Goldman Sahs trasferità là solo l’indirizzo delle sue operazioni «per conto proprio» e delle sue speculazioni sui cambi. Ma prima, starà a vedere il risultato delle imminenti elezioni britanniche: quasi certamente vinceranno i Tories, tornerà il tactcherismo, e i bonus saranno salvi da ogni prelievo.

Arianna Huffington, la giornalista fondatrice del sito Huffington Post, incita gli americani qualunque al «prendi i soldi e scappa»: ritirate i soldi dalle grandi banche sussidiate dallo Stato perchè «troppo grandi per fallire», e che stanno pagando bonus scandalosi ai loro caporioni, e  depositateli nelle piccole banche locali e nelle «credit unions», che garantiscono i depositi fino a 100 mila dollari, e che non speculano coi fondi dei clienti in finanza creativa. Si sono uniti all’invito vari noti giornalisti economici: Justin Fox su Time, Felix Salmon della Reuters, Peter Fernholz di Newsweek, ed altri.

L’idea è buona: votate col portafogli, americani, visto che siete sotto «il governo dei banchieri, per i banchieri, e fatto dai banchieri». Più facile a dirsi che a farsi, anche in America le banche non lasciano facilmente andar via i clienti. E poi, ben pochi americani hanno un conto corrente non in rosso.




1) Definizione di stock-option: «Opzione che dà il diritto di acquistare azioni di una società ad un prezzo predeterminato, entro una data scadenza. Se il valore delle azioni aumenta, sia i manager, sia gli azionisti avranno un guadagno; se le azioni perdono, entrambi i soggetti avranno una perdita. Questo meccanismo spinge il management a creare valore, per fare in modo che il prezzo delle azioni salga. Al tempo stesso, però, si corre il rischio che il management sia maggiormente interessato ai risultati di breve periodo, disinteressandosi degli effetti a medio/lungo termine».
2) «Il  marchio Danone nasce nel 1919 e deriva dal diminutivo del nome di Daniel Carasso: aveva quattordici anni quando il padre Isaac Carasso aprì a Barcellona, dove si era trasferito nel 1916 proveniente dalla natìa Salonicco, un piccolo stabilimento per la produzione di yogurt». Daniel Carasso è tutt’ora presidente onorario della Danone. Un Emmanuel Carasso, a Salonicco, fu il fondatore della loggia massonica «Macedonia Resurrecta», dove i Giovani Turchi tramarono il colpo di Stato laicista din Turchia.



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