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Kashagan, petrolio nel mare delle sfide
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Un quantitativo astronomico di petrolio è stato scoperto nel Mar Caspio, nel Kazakistan

ATYRAU
(Kazakhstan) – E’ uno dei giacimenti petroliferi classificati come giant, giganti. La maggior scoperta petrolifera degli ultimi 40 anni, e l’italiana Eni – che ne possiede il 18,6% ed è in società con altri 6 partner – lo metterà in produzione da fine 2012. Dopo dodici anni dal suo ritrovamento, la prima goccia di petrolio di Kashagan (questo il suo nome) arriverà sui mercati mondiali. Per estrarla, e per giungere nel giro di qualche mese a 370 mila barili al giorno, si sono dovute superare difficoltà che tutte insieme non si trovano in nessun’altra parte del mondo. Nel mar Caspio settentrionale, a sud del delta del Volga e dell’Ural, d’inverno le temperature raggiungono meno 40 (si lavora solo nella stagione da marzo a ottobre-novembre) e il mare, che è profondo solo quattro metri, diventa di ghiaccio. Chi perfora deve badare bene alle emissioni di acido solfidrico, che possono risultare letali e vengono immediatamente segnalate con un sistema di sicurezza assai stringente.

ISOLE ARTIFICIALI - Per sfruttare al meglio il giacimento (che nella sua interezza si estende in un’area di 45 per 75 chilometri nell’offshore caspico, anche se all’inizio se ne sfrutterà solo la porzione orientale) si sono create dal nulla delle isole artificiali, a 50 chilometri dalla costa, su cui poggiare tutte le attrezzature. Per evitare ogni genere di contaminazione in un’area ambientalmente assai sensibile e ricca (e protetta in modo assai rigoroso dalle leggi della Repubblica del Kazakhstan) la base delle isole è stata ricoperta da una membrana di contenimento. Ancora: buona parte dei materiali, e i moduli per la costruzione delle isole artificiali, sono arrivati nel Caspio dalle più disparate parti del mondo. Dalla Scozia, dagli Emirati, dall’Italia, per migliaia di chilometri prima di arrivare al sistema fluviale Don-Volga che consente l’accesso al Caspio. Così è stato, ad esempio, per i 14 moduli di 16 metri per 100 utilizzati per l’isola «D», la maggiore.

Una delle isole artificiali
Una delle isole artificiali
SOCI DIFFICILI - Ma le difficoltà tecniche e l’infinita burocrazia (retaggio post-sovietico) non sono stati gli unici ostacoli da superare per arrivare al fatidico first oil di fine 2012, alla conclusione della «fase 1». Negli anni passati anche i membri del consorzio a sette (Eni, Exxon, Shell, Total e Kazmunaigas con il 18,6% ciascuno, ConocoPhillips e Inpex con quote minori) ci hanno messo del loro. Soprattutto gli americani - ma anche gli anglo-olandesi e i francesi - hanno mal digerito il fatto che all’Eni fosse stata affidata l’«operatorship» di Kashagan, ovvero la sua conduzione materiale per conto di tutti i soci. Alla fine, dopo una lunga diatriba su costi e ingegneria del progetto, e una lotta senza esclusione di colpi, le pressioni hanno raggiunto il loro scopo e nel 2008 le responsabilità sono state suddivise tra gli azionisti. L’Eni, da parte sua, si è focalizzata sul completamento della «fase 1», e poi continuerà ad occuparsi delle operazioni a terra, nell’impianto di raccolta e smistamento di Bolashak («futuro», in lingua kazaka). «Siamo ormai al 94% della realizzazione, all’assemblaggio e alle prove finali», dice con un misto di sollievo e soddisfazione il manager director di Agip Kco, Umberto Carrara, 52 anni e originario di Bergamo.

«L'Albero di Natale» del pozzo
«L'Albero di Natale» del pozzo
FASE DUE - A metà 2013 da Kashagan e dai suoi 41 pozzi saranno estratti 180 mila barili al giorno. Poi, con l’iniezione forzata di gas, a livelli inediti per la tecnologia corrente, si arriverà a 370 mila barili. Ma l’Eni e i suoi soci, per la verità, contano di arrivare a quota 450 mila barili al giorno (un Paese come l’Italia, per rendere l’idea, ne consuma circa il doppio) prima di dare il via all’ambiziosa «fase due» che in teoria dovrebbe portare Kashagan a produrre un milione e mezzo di barili al giorno. Ma qui peseranno altri fattori, e se i soci non saranno concordi (anche il governo kazako sta iniziando a spazientirsi, e non concede loro la possibilità di fare «pre-investimenti») l’obiettivo potrebbe allontanarsi o addirittura non essere raggiunto.

MONTAGNE DI DENARO - Fino ad oggi per il progetto Kashagan sono stati spesi circa 30 miliardi di dollari, e secondo alcune stime del recente passato si potrebbe arrivare alla fine tra i 120 e i 130 miliardi di dollari. Una montagna di denaro per un mare di petrolio: le riserve stimate sono intorno ai 12 miliardi di barili. A 50 dollari al barile, che è il prezzo di pareggio per il petrolio di Kashagan, fanno 600 miliardi di dollari. Alle quotazioni attuali a 85 dollari si superano i mille miliardi. Per le compagnie petrolifere e il governo del padre-padrone Nursultan Nazarbayev (al potere ininterrottamente dal dissolvimento dell’Unione Sovietica) il gioco può valere la candela.

Fonte >  Corriere.it



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