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Antonio Salazar: la rinascita del Portogallo
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Prologo

Ho già affrontato in un vecchio articolo la questione del Portogallo sotto la presidenza di Antonio Salazar (1889-1970), basandomi sul libro di Jacques Ploncard d’Assac (Salazar, Parigi, Editions de la Table Ronde, 1967, tr. it. Salazar, Milano, Il Borghese, 1968).

Nel presente articolo torno sull’argomento e mi baso sul libro di Léon de Poncins intitolato Le Portugal renaît (Parigi, Beauchesne, 1936, mai tradotto in italiano), il quale ci fa capire ancor meglio le origini del male, che aveva avvolto il Portogallo e che Salazar ha saputo curare meravigliosamente.

Dallo studio comparato di questi due libri si può conoscere approfonditamente un tema assai importante e attuale per noi: la decadenza e la rinascita di una Nazione grazie alle cure di un saggio governante.

Attualità della questione per l’Italia odierna

Purtroppo il nostro Paese si trova in uno stato di decadenza economica, morale, intellettuale e spirituale spaventosa. Quindi mi sembra utile studiare ciò che successe in Portogallo nei primi anni del Novecento per trarne qualche lezione, che possa giovare anche a noi, almeno in teoria.

Il de Poncins inizia il suo bel libro con un affresco di vari personaggi politici “rivoluzionari” dei primi anni del Novecento, anche se assai diversi tra di loro, che vanno dalla sinistra alla destra, per far risaltare meglio le qualità di Salazar: il primato della contemplazione e della riflessione sull’impeto della rivoluzione (di destra o di sinistra). Il primo personaggio che de Poncins ci presenta è Lenin, il quale nell’ottobre del 1917 prese il potere in Russia ed esportò il comunismo nel mondo intero e specialmente in Europa. Poi passa a Mustafà Kemal detto Ataturk, che nel novembre del 1922 depose l’ultimo sultano turco (Mohammed VI) e avviò la rivoluzione laicista della Turchia. Inoltre cita Benito Mussolini, che prese il potere in Italia il 28 ottobre del 1922 con la Marcia su Roma. Quindi finisce con Hitler, che il 30 gennaio del 1933 prese il potere in Germania. Alla fine, quasi per contrapposizione (e per completamento nel caso italiano), presenta la figura di “un piccolo professore di Coimbra, modesto e sconosciuto, che il 27 aprile del 1928 sale le scale del ministero delle Finanze. Era l’uomo che avrebbe liberato il suo Paese dall’abisso in cui era caduto, ricreando un nuovo Portogallo ed aprendo una porta ad un possibile futuro migliore, riformando la nozione di Stato, nozione smarrita, che l’Europa tragica di quegli anni cercava nelle sommosse sanguinose e nelle rivoluzioni” (L. de Poncins, cit., p. 5).

Breve cronologia

Le tappe salienti che hanno preceduto la presidenza di Salazar in Portogallo sono le seguenti: 1°) nel 1908 il re Carlos e il principe erede al trono vengono assassinati dai carbonari; 2°) nel 1910 la flotta portoghese si ammutina e bombarda il palazzo imperiale ove risiede il giovane re Emanuele, scampato all’attentato, che deve prendere la via dell’esilio e lasciare il posto ad una repubblica massonica; 3°) dal 1910 al 1913 in Portogallo si vivono tre anni di terrore e di rovina sociale del Paese; 4°) nel 1917 (mentre la Madonna appare a Fatima) il presidente della repubblica, Sidonio Paes, reagisce e proclama una dittatura nazionale sostenuta da un grande consenso dell’opinione pubblica; 5°) nel 1918 Sidonio Paes è assassinato da un massone; 6°) nel 1926 un sollevamento nazionale, capitanato dal maresciallo Gomez da Costa, instaura una dittatura nazionale presieduta dal generale Carmona; 7°) nel 1928 Antonio Salazar, professore di economia all’università di Coimbra, è nominato ministro delle Finanze e nel 1932 presidente del Consiglio; 8°) nel 1935 la massoneria viene messa fuori legge e lo Stato corporativo portoghese si rafforza sempre più sino ad arrivare ai primi anni del 1970 quando sarà rovesciato da una rivolta massonico/socialista diretta dal mondialismo delle democrazie occidentali e atlantiche.

Il carattere di Salazar lo distingue dagli altri leader del primo Novecento

Il de Poncins commenta: “Senza rumori, senza choc, senza frenesie, senza violenze il nuovo Stato portoghese rappresenta, nel domino delle idee e dei princìpi, una realizzazione molto importante e originale in Europa, che potrebbe essere suscettibile di grandi conseguenze. […]. Salazar, con la sola forza del suo prestigio morale che emana dai suoi occhi calmi, luminosi, ha reso al suo Paese ordine, contegno e dignità. Egli è l’uomo che nel mondo moderno rappresenta lo spirito che domina sulla materia e sulla forza bruta delle rivoluzioni” (cit., p. 7 e 8).

Le origini della decadenza

Sin dalla fine del XV secolo il Portogallo era partito alla conquista del mondo attraverso le imprese dei grandi marinai (Vasco de Gama, Bartolomeo Diaz, Magellano), primo tra i Paesi dell’Europa e seguìto dalla Spagna. Il “mondo nuovo”, ossia le Americhe, era stato diviso in due parti col consenso del Papa: una appartenente al Portogallo e l’altra alla Spagna. Da circa 500 anni il Portogallo era una delle Nazioni più forti del mondo assieme alla Spagna e all’Inghilterra, ma nell’Ottocento aveva iniziato il suo declino perché la massoneria nel Settecento aveva iniziato ad infiltrarsi nelle corti cristiane e pian piano le aveva infettate del virus rivoluzionario.

Il re Carlos, salito sul trono del Portogallo nel 1889, era l’erede di tanta e grande gloria, però con lui nel 1908 finisce la monarchia portoghese per la mano omicida dei carbonari e inizia un periodo di caos ed anarchia con moti rivoluzionari che saranno arrestati in maniera stabile solo da Salazar.

La massoneria e la carboneria

La massoneria e la carboneria, come una talpa, avevano iniziato già dalla fine del Settecento e dai primi anni dell’Ottocento a scavare - invisibilmente, nell’ombra e sotto terra - la fossa al trono dei re portoghesi. Il loro scopo era quello di abbattere la monarchia ufficialmente cattolica, rimpiazzandola con una repubblica massonica per poi poter dar l’assalto finale alla Chiesa. È lo stesso piano che la setta ha seguìto in Italia con il cosiddetto “Risorgimento” (cfr. H. Delasuss, Il problema dell’ora presente, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2 voll., II ed., 2015).

Le tappe della rivoluzione liberale

Nel 1891 vi fu un primo tentativo di rovesciamento della monarchia, che non ebbe buon esito. Purtroppo i governanti non dettero peso all’avvenimento e la massoneria tramite il suo braccio armato (la carboneria) continuò a tramare nell’ombra e ad infiltrare dei ministri massoni nel cuore della corte portoghese.

Le finanze portoghesi iniziarono a subire delle forti perdite e la povertà materiale fu sfruttata dalla massoneria per abbattere il potere dei re. Nel 1906 alcune dimostrazioni antigovernative furono represse rudemente. Il re nominò Joao Franco dittatore per ristabilire l’ordine, ma cominciarono a scoppiare delle bombe nel Portogallo. Nel 1907 la massoneria portoghese chiese aiuto a quella internazionale che le venne in soccorso (L. de Poncins, cit., p. 21). Nonostante che Joao Franco facesse arrestare parecchi dei cospiratori e dei sicari che insanguinavano il Portogallo, la massoneria continuava a lavorare alacremente e nascostamente alla detronizzazione del re e condannò a morte il re don Carlos nel 1907. Il 1° febbraio del 1908 il re e suo figlio, l’erede al trono, vennero uccisi dalle rivolverate dei sicari. Fu nominato re il secondogenito don Manuel appena diciottenne, Joao Franco fu rimpiazzato e furono indette delle libere elezioni, che dettero una vittoria schiacciante alla monarchia. Tuttavia la massoneria e la carboneria si rimisero all’opera con una gran tenacia, sia prendendo rapporti con le logge segrete di Francia, Spagna e Belgio, sia lavorando al ribaltamento della monarchia all’interno del Paese.

Nell’ottobre del 1910 l’ammiraglio Candido Reis, che era un massone occulto, assieme ad un semplice ufficiale della marina, Machado Santos - suo subordinato militarmente, anche lui massone, ma iniziaticamente di grado superiore all’ammiraglio Reis - dettero luogo ad un colpo di Stato, iniziando a bombardare dal mare il palazzo reale. Il giovane re Manuel lasciò il Paese e la rivoluzione, dopo molti tentativi malriusciti, trionfò insediando un governo provvisorio repubblicano composto da una maggioranza di parlamentari massoni e presieduto dal libero pensatore Teofilo Braga, che iniziò immediatamente a perseguitare gli Ordini religiosi (1), come era successo in Italia nel 1848 con il “Risorgimento” massonico anti-romano (cfr. A. Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & Massoni contro la Chiesa, Milano, Ares, II ed., 2010; Id., L’altro Risorgimento, Casale Monferrato, Piemme, 2000; Id., I panni sporchi dei Mille, Siena, Cantagalli, II ed., 2011).

“Il governo massonico mise la religione fuori legge; i religiosi furono espulsi, la separazione tra Stato e Chiesa decretata. […]. Già nel 1833 la massoneria che aveva infiltrato la corte espulse i gesuiti dal Portogallo. Nel 1909 la lotta anticristiana riprese con vigore” (L. de Poncins, cit., p. 42).

Il colpo di Stato del 1926

Dal 1910 al 1926 ci sono stati in Portogallo 40 cambiamenti di governo e 16 rivoluzioni. Il Portogallo aveva oramai perso tutto lo splendore che lo adornava dal XV secolo, ma nel 1926 vi furono dei grandi scandali parlamentari e il popolo manifestò con violenza contro il governo repubblicano e la massoneria sino a che il 27 marzo del 1926 il maresciallo Gomez da Costa fece un colpo di Stato, seguìto da quasi tutto l’esercito, dai generali Carmona e Cabecada. Essi ridettero ai Portoghesi un governo forte per salvare la Patria dai nemici interni ed esterni. Il 28 maggio Lisbona era nelle mani dell’esercito e del Maresciallo da Costa, cui successe definitivamente il general Carmona.

“Dal 1926 al 1928 la dittatura ristabilì l’ordine, ma restava un movimento istintivo e spontaneo, che non aveva formulato ancora una dottrina positiva di buon governo” (L. de Poncins, cit., p. 57). Finalmente si trovò l’uomo che poteva dare al Paese i princìpi sicuri su cui fondare uno Stato conforme alla legge naturale e divina: Antonio Oliveira Salazar, il nuovo ministro delle Finanze, un uomo modesto, ascetico, che conduceva una vita monastica e spartana. Egli non era incline ai gesti teatrali, al dominio delle masse, agli istinti rivoluzionari, ma cristianamente sottometteva le passioni all’intelletto e alla volontà e nascostamente, ma non in segreto, lavorava indefessamente per la rinascita, materiale e spirituale, del Portogallo. Questo è stato il carattere distintivo della sua personalità, che in questo modo ha ridato alla Patria ordine, pace e serenità per circa mezzo secolo, analogamente a ciò che è successo in Spagna con Francisco Franco dal 1939 al 1975.

La malattia finale e la morte di Salazar hanno segnato la fine della sua epoca e della sua restaurazione (2).

Léon de Poncins scrive: “Il dottor Salazar viveva da asceta in una piccola camera, quasi una cella monastica, dell’università di Coimbra, ove insegnava le materie finanziarie” (cit., p. 58).

Nel 1921 era stato eletto deputato al parlamento, ma ne era uscito disgustato dal parlamentarismo. Nel 1926 gli venne conferito il ministero delle Finanze, però quando Gomez da Costa fu rimpiazzato da Carmona lo perse senza battere ciglio e con totale distacco. Quando nel 1930 il Portogallo riattraversò un difficile momento di crisi finanziaria, la Società delle Nazioni gli propose un prestito in cambio del controllo assoluto sulle sue finanze. I governanti si rivolsero a Salazar, per evitare il cappio dell’usura della Società delle Nazioni, ed egli accettò solo a condizione che il controllo della finanza portoghese sarebbe stato appannaggio esclusivo del governo e del ministro delle Finanze.

La riforma di Salazar

“In alcuni mesi uno sforzo gigantesco era compiuto con mezzi molto semplici. Il deficit cronico si trasformava in un guadagno attivo. La vita riprendeva, la fiducia e l’ordine rinascevano, una nuova vita trasfigurava il Paese; nuove strade erano costruite, la rete ferroviaria veniva riorganizzata, si costruivano nuovi porti. Il Portogallo era salvo” (L. de Poncins, cit., p. 61).

La stabilità finanziaria è la base e il fondamento materiale su cui si edifica lo Stato, mentre la rovina economica è la strada aperta alla rivoluzione. In Portogallo la massoneria si servì della seconda per abbattere la monarchia e Salazar riorganizzò la prima per ridare ordine allo Stato.

Come ha fatto Salazar a ridare stabilità alle finanze portoghesi? Soprattutto eliminando le spese inutili: quelle elettorali, quelle degli stipendi d’oro ad una moltitudine esagerata di alti dirigenti poco efficienti, controllando sempre i conti in entrata e in uscita, evitando le spese al di sopra di una quantità prestabilita.

Dal buon risultato materiale e finanziario dello Stato si è passati al ristabilimento del suo prestigio morale, che altrimenti non può sussistere.

Nel 1932 il presidente del Consiglio (generale Domingo de Oliveira) dava le dimissioni e cedeva il suo incarico a Salazar, che restava anche ministro delle Finanze.

Il segreto dell’opera immensa di ricostruzione del Portogallo fatta da Salazar, secondo de Poncins, consiste “nell’assenza di odio e di violenza, di debolezza o di esaltazione dello Stato assoluto, di divinizzazione della razza, ma nel ristabilimento dell’ordine in cui l’individuo è sostenuto dallo Stato e non schiacciato da esso” (cit., p. 75).

1935 la massoneria è messa fuori legge

La massoneria tentò di rovesciare il governo, ma il 13 maggio del 1935 fu messa fuori legge. I funzionari dello Stato iscritti alla massoneria furono costretti alle dimissioni, in soli tre giorni (il 16 maggio del 1935) ben 33 funzionari collusi con la setta erano stati destituiti. Le forze occulte, proprio perché tali, continuarono a tramare nel segreto, ma Salazar mantenne l’appoggio del popolo sano contro l’odio dei professionisti della rivoluzione.

Lo Stato corporativo

La massoneria e lo Stato corporativo di Salazar erano due entità contrapposte diametralmente: la massoneria si fonda sull’individualismo assoluto liberale, Salazar è il teorico e il costruttore di uno Stato sociale autoritario, non assoluto né totalitario, limitato e guidato nell’esercizio del suo potere dalla virtù di giustizia cristiana, conformemente alla tradizione storica e spirituale della Nazione.

Secondo Salazar il concetto della libertà assoluta dell’individuo, proprio della democrazia moderna e parlamentarista, è il “disordine del sistema politico. Quindi è impossibile fondare su di essa un sistema politico che garantisca realmente le legittime e sane libertà. Occorre perciò riformare senza rivoluzionare e sovvertire” (L. de Poncins, cit., p. 107).

Salazar non volle affrontare la questione del regime o della forma di governo (monarchica, aristocratica o repubblicana). Egli si accontentò di risanare il Paese fondandosi sulla forma di governo allora in atto in Portogallo, la repubblica, aiutata da una dittatura che la ponesse al riparo dal caos anarchico in cui era sprofondata. Non volle restaurare la monarchia, perché ciò avrebbe potuto significare un nuovo collasso del Portogallo ed altre divisioni intestine. Quindi si servì della forma di governo (in sé neutra) repubblicana e la perfezionò, rendendola più sicura, con un governo forte, autoritario, non assoluto e totalitario, per ridare alla Patria l’ordine e il benessere materiale subordinatamente a quello spirituale.  I monarchici e i repubblicani portoghesi capirono la gravità dell’ora e lavorarono d’accordo con Salazar per il bene del Paese senza dividersi sulla questione della miglior forma di governo, che avrebbe favorito soltanto la massoneria e la rivoluzione liberale.

Salazar scrisse: «Il problema nazionale è innanzitutto un problema di educazione e poco importa cambiare regime o partito se non si inizia innanzitutto a cambiare gli uomini. Occorrono dei veri uomini ed è necessario educarli» (3). Per Salazar «sono le idee che governano e dirigono i popoli, e sono i veri e i grandi uomini che hanno le vere e le grandi idee» (4), ma per avere i veri grandi uomini, che realizzano la loro natura di animali intelligenti, liberi e socievoli, bisogna educarli, formarli; quindi è necessario approntare un serio metodo di educazione integrale dell’uomo, nel suo fisico, nella sua sensibilità, nella sua razionalità libera e responsabile, chiamata a realizzarsi in società con altri uomini. Per tutta la sua vita politica (1928-1968) Salazar cercherà di formare veri uomini, vere famiglie e una vera Società, Nazione o Patria.

Fedeltà al Magistero

Per ben governare la Patria Salazar si rifece all’insegnamento che il 18 dicembre 1919 Benedetto XV nella Epistola al cardinale Patriarca di Lisbona Celeberrima evenisse aveva impartito ai Portoghesi riprendendo l’Enciclica che Leone XIII, nel 1892 aveva scritto ai Francesi (Au milieu des sollicitudes). Papa Giacomo Dalla Chiesa esortava i cattolici portoghesi a sottomettersi alle autorità della Repubblica, poiché tutte le forme di governo in sé sono lecite; ciò che le rende buone o cattive sono le leggi che esse fanno. Ora la monarchia in Portogallo è stata rovesciata sin dal 1909 e non ha serie possibilità di vittoria. Quindi i cattolici debbono fare in modo che la Repubblica portoghese abbia un parlamento che legiferi conformemente al diritto divino-naturale: «Che i fedeli obbediscano alle autorità, qualunque sia l’ordinamento dello Stato. Da esse dipende il bene comune, che è la suprema legge dello Stato. […]. È dovere del cristiano la fedele sottomissione al potere costituito, come ha insegnato egregiamente Leone XIII nell’enciclica Au milieu des sollicitudes del 16 febbraio 1892. […]. La Chiesa ha recentemente rinnovato scambievoli rapporti con la Repubblica Portoghese, i cattolici di costì, a loro volta, si sottomettano con buona volontà al potere civile come ora è costituito» (5). La politica del “Riavvicinamento” in Portogallo ebbe buon esito, poiché i cattolici portoghesi obbedirono al Papa e il loro pensatore era Salazar, in Francia il “Ralliement” fallì, poiché il gallicanesimo non accettò i consigli del Papa.

Antiliberalismo e anticomunismo salazariani

La dottrina politica di Salazar fu essenzialmente antiliberale, ne prescrisse l’individualismo assoluto, le lotte continue tra partiti che impediscono il bene comune della Nazione, cosi come la lotta di classe propria del socialismo. Egli si rifece alla dottrina sociale della Chiesa e alla filosofia politica aristotelico/tomistica. Lo Stato portoghese sotto Salazar fu corporativo e cristiano e tenne conto della natura sociale dell’uomo. Quindi non poté ammettere la filosofia collettivistica/socialista e individualistica/liberale, ma si rifece alla filosofia perenne al diritto naturale e cristiano.

Corporativismo mussoliniano e salazariano

Léon de Poncins (cit., p. 129) spiega molto bene la somiglianza e le differenze tra lo Stato corporativo italiano mussoliniano e quello portoghese salazariano. Certamente il primo ha aperto la strada ad una concezione buona dello Stato, ma il carattere assolutistico dello Stato mussoliniano ha frenato e limitato la concezione corporativistica, in cui ogni categoria sociale ha la propria corporazione (ossia il corpo intermedio tra gli individui e lo Stato) per aiutare i cittadini a ottenere più facilmente il loro benessere comune materiale senza essere schiacciati dallo Stato e senza cadere nel difetto opposto dell’individualismo assoluto, che riduce lo Stato a puro custode dell’ordine. La concezione salazariana del corporativismo è più vicina al vero concetto di corporazione poiché non è inficiata, come quella di Mussolini, dallo Statalismo assoluto.

“L’equivoco antifascista”

Il de Poncins (cit., pp. 129-131), pur criticando la concezione mussoliniana dello Stato assoluto e onnipotente, fa attenzione a non cadere in quello che chiama “l’equivoco antifascista”, ossia rigettare in blocco ogni aspetto del “fascismo-regime” per alcuni difetti che ha avuto il “fascismo-movimento” nella teoria e nella pratica. Se il fascismo non rappresenta l’ideale della concezione politica, non è neppure l’errore socio/politico sostanziale, come lo sono il liberalismo e il socialismo. Il fascismo è stato combattuto dal comunismo, dal democraticismo, dal liberalismo, dalla massoneria, dal giudaismo internazionale, non è quindi il caso, secondo de Poncis, di professarsi antifascisti per aderire alla dottrina politica naturale e cristiana conforme alla filosofia perenne, al diritto naturale e alla dottrina sociale della Chiesa, basta andare oltre il fascismo, perfezionarlo dopo averne corretto gli errori fondamentali, senza essere antifascisti.

De Poncins afferma anche che il “movimento di reazione al bolscevismo ha conosciuto con Salazar una tappa più alta del rassestamento europeo che non in Italia e in Germania perché è più adatto ai Paesi di cultura latina di tradizione cattolica che i regimi fascisti o nazionalsocialisti” (cit., p. 217).

Lo stesso papa Pio XI, che dovette più volte protestare vivamente su alcuni abusi del fascismo (Enciclica Divini illius Magistri, 1929; Non abbiamo bisogno, 1931; Quadragesimo anno, 1931), ha insegnato che non voleva condannare il regime fascista in quanto tale, che molto aveva fatto per la Chiesa e per l’Italia, ma solo alcuni suoi aspetti, che riguardavano i rapporti tra Stato e Chiesa e risentivano del concetto hegeliano di Stato assoluto e onnipotente, superiore alla Chiesa stessa.

Per la vera Europa

«Crisi europea, crisi dello spirito - avvertì Salazar - crisi dello spirito, crisi della civiltà. In seno all’Europa è nata la civiltà greco-latina e cristiana. Nella probabile futura rovina dell’Europa si troverà posto ancora per la verità, l’onore, la Giustizia?». La Russia comunista aveva cominciato a spargere i suoi errori, pur se adattati alle circostanze, nel mondo e particolarmente in Europa sin dagli anni Venti-Trenta. Nel 1968 Salazar intravide l’esplosione parossistica di tali errori, che hanno fatto piazza pulita dei valori sui quali l’Europa si è fondata ed è cresciuta, ed esclamò: «la guerra passata è stata un male, ma vi sono per i popoli dei mali più grandi, perché superano la morte e la povertà, e sono il disonore e il nichilismo» (6).

La prudenza di Salazar

Lo Stato restaurato da Salazar, secondo de Poncins (cit., p. 135) “non ha analogie nel mondo contemporaneo, è uno Stato moderno fondato su basi antichissime, ma dimenticate da circa 400 anni. Esso si fonda su un fondamento spirituale”.

Salazar ha avuto l’accortezza di non correre troppo anche per quanto riguarda la religione, infatti non ha imposto sùbito una Costituzione cattolica perché correndo troppo avrebbe potuto compromettere ciò che aveva appena iniziato a costruire. I lunghi anni di macchinazione massonica e liberale avevano consumato l’anima cristiana del Portogallo. Occorreva innanzitutto farla rivivere, tornando alla pratica cristiana e poi codificarla nella legislazione e nella Costituzione: la vita cristiana non la si impone per decreto, ma la si pratica e poi la si disciplina legislativamente. Tuttavia i princìpi cristiani e della retta ragione erano applicati e diffusi praticamente nella vita politica e sociale del Paese.

La modernità titanica

Posso riportare qui quanto sì sì no no (30 giugno 2017, pp. 1-4) ha scritto riguardo al naufragio del Titanic visto come un simbolo del naufragio della modernità e del suo imminente castigo: «Sopra il Titanic, nel 1912, era scritta la frase seguente: “Questa nave non la affonda neppure Dio”. È per questo motivo che si può vedere nell’affondamento del Titanic un simbolo del castigo della modernità antropocentrica, prometeicamente orgogliosa e piena di auto-compiacenza. È impressionante lo stato di ottimismo esagerato e di spensieratezza incosciente che dominava i passeggeri del Titanic e che domina tutt’ora l’uomo contemporaneo. Questa tragedia del Titanic è il simbolo della civiltà moderna, la quale ha iniziato a correre verso il disastro e che davanti alle cose più evidentemente pericolose dice -  ottimisticamente e irrealisticamente - che tutto va bene, questa è la mentalità delle epoche di decadenza. Questo stato di spirito si è ripetuto durante la storia molte volte. È una mentalità, che da una parte è un insano ottimismo esagerato e dall’altra parte è ripiena di un irrealismo, il quale non osa guardare in faccia la realtà e che non vuole prendere atto della situazione. In breve la modernità è una “nave” analoga al Titanic. È incredibile come oggi la maggior parte degli uomini sembra interamente noncurante del futuro e si sente molto al sicuro in questa nave talmente sofisticata che è la modernità, senza preoccuparsi se occorra prendere dei mezzi di precauzione e di salvezza. Questa nave della modernità ha ricevuto molti avvisi dell’imminente pericolo che si avvicina ogni volta di più. Nostra Signora (a Lourdes, a La Salette, a Fatima) ha insistito nel chiedere conversione, preghiera, cambiamento di orientamento. Nostra Signora di Fatima disse molto chiaramente: “Vogliono ottenere la pace? Recitino il Rosario tutti i giorni!”. Abbiamo ascoltato questo consiglio?   Forse non ce ne siamo resi conto, ma questa barca della modernità sembra già essere ferita a morte. Già alcuni sentono che essa inizia a inclinarsi e forse uno dei pericoli più grandi in questo momento è l’“ottimismo disperato” delle epoche di decadenza. Con l’acqua che già arriva ai piedi molti vogliono continuare a divertirsi, come fecero i passeggeri del Titanic, senza voler guardare in faccia la realtà». Salazar non si è comportato così, ha guardato in faccia la realtà ed ha agito di conseguenza per ristabilire l’ordine naturale e cristiano che il liberalismo aveva guastati. Léon de Poncins (cit., p. 140) scrive che Salazar “ha fissato i suoi occhi calmi, luminosi e ordinati sul disordine del Paese ed è riuscito a trasformare il disordine in ordine. Ha scritto su un foglio di carta le cifre della disorganizzazione finanziaria, ci ha lavorato sopra intensamente ed essa ha ritrovato il suo equilibrio”.

Salazar antimoderno

Il mondo moderno ha smarrito il significato del fine della vita ed ha sacrificato i valori trascendenti ad un ideale di benessere puramente materiale. Certamente il progresso materiale ha i suoi vantaggi, ma ha anche i suoi inconvenienti. La vita dell’uomo contemporaneo è più complicata e agitata. Lo squilibrio, l’innaturale, l’artificiale non possono essere la condizione della vera felicità. Se si moltiplicano troppo i bisogni dell’uomo si rischia di renderlo infelice, se si allunga artificialmente la durata della sua vita lo si condanna ad una vita fatta di vecchiezza decrepita e disperata. Questo è lo stato di cose che regge il mondo contemporaneo, stato di cose contro il quale Salazar aveva combattuto e riportato una vittoria, che si è interrotta con la sua morte e con l’avanzare della rivoluzione culturale del Sessantotto, la quale ha colpito l’uomo stesso nelle facoltà nobili della sua anima passando attraverso il sovvertimento delle passioni e dei sensi.

De Poncins si chiede: “L’uomo è fatto per la macchina o la macchina per l’uomo? Gli affari sono un fine o un mezzo? Lo Stato è il padrone o il servitore del Paese? La Società è fatta per l’uomo o l’uomo per la Società?” (cit., p. 211). La civiltà tradizionale e cristiana ha risposto che la macchina è per l’uomo, gli affari sono un mezzo, lo Stato deve servire la Patria, la Società deve aiutare l’uomo; il mondo contemporaneo ha iniziato, coll’umanesimo e il rinascimento, a rivoluzionare questo stato di cose e di valori. Salazar ha arrestato per mezzo secolo questa corsa folle del titanico mondo moderno verso la sua rovina, rimettendo l’ordine dei valori spirituali al primo posto sopra quelli materiali, che non vanno disprezzati, ma neppure idolatrati perché sono un mezzo, non il fine.

«Alle forze supercapitalistiche internazionali che promettono lo sviluppo di un Portogallo liberale e democratico, egli risponde: “Il capitale e la tecnologia non li si inventa, li si importa o li si crea. Quanto a me, preferirei andare un po’più lentamente, nel quadro di una vita modesta, invece di rischiare di sottomettere il Paese a forme di colonizzazione selvagge e straniere”» (7).

Salazar ha rifiutato anche la “s-politicizzazione” dello Stato a favore della tecnocrazia. La tecnologia non è superiore alla virtù della prudenza politica o sociale, poiché «senza la polis non esisterebbe la tècne e non potrebbe lavorare» (8). Verso la fine della sua vita egli rispose ad un cronista che gli aveva chiesto se non fosse pentito di aver tenuto il Portogallo lontano “dal progresso, dalla modernità e dal liberalismo”, “E le pare poco?”. Questa frase da sola commenta e racchiude tutta la grandezza di Salazar.

Per questi motivi nel 1961 l’America e l’Inghilterra lo boicottarono, lasciarono che il Portogallo perdesse le sue Colonie, e cercarono di rovesciarlo politicamente, senza riuscirvi. Il 6 settembre del 1968 Salazar fu colpito da una semi-paralisi e rimise il suo mandato nelle mani del Presidente della Repubblica ammiraglio Thomaz, morì il 27 luglio del 1970 alle nove del mattino. È stato l’uomo politico più silenzioso d’Europa, ha avuto le “Confessioni” di Sant’Agostino sempre fra le mani durante il corso della sua vita politica e ha saputo leggere nei fatti storici (intus legere) per vedere quale direzione prendesse la vita del suo Paese. Lo ha governato con la saggezza del filosofo e dell’uomo d’azione, del contemplativo e del guerriero (9), abituato a guardare le cose in faccia, egli non ammetteva in politica né ignavia, né codardia né il sogno utopistico ad occhi aperti. Ha combattuto sino alla fine e Dio gli ha risparmiato di vedere lo scempio della rivoluzione socialista del 1974 impadronirsi del Portogallo.

d. Curzio Nitoglia



1] Cfr. B. Grainha, Histoire de la Franc-Maçonnerie au Portugal, Lisbona, 1913.

2] Léon de Poncins lo aveva previsto già nel 1936, scrivendo: “Un regime, per portare tutti i suoi frutti, deve essere duraturo. Questo sarà, forse, un domani il punto debole del sistema salazarista ed è il punto debole di ogni dittatura” (cit., p. 219).

3] J. Ploncard D’Assac, Salazar, Milano, Edizioni del Borghese, 1968, p. 19.

4] Ibidem, p. 20.

5] Ugo Bellocchi (a cura di), Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, Città del Vaticano, LEV, 2000, Vol. VIII: Benedetto XV (1914-1922), Epistola “Celeberrima evenisse”, p. 308.

6] Ibidem, p. 190.

7] Ibidem, p. 270.

8] Ibidem, p. 274.

9] Salazar l’8 settembre del 1936 aveva dato l’ordine, come Ministro della Guerra, di bombardare con l’aviazione due navi da guerra portoghesi, che si erano ammutinate e volevano raggiungere i rossi spagnoli a Valenza: “Le navi della marina portoghese possono essere affondate, ma non possono issare un’altra bandiera che non sia quella del Portogallo. Dall’atteggiamento del Portogallo dipende, in larga misura, l’esito della guerra civile spagnola” (J. Ploncard D’Assac, op. cit., p. 149).




 

 

 
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