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Il risorgimento italiano come prosecuzione del protestantesimo germanico (1)
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PRIMA PARTE
Alcune analogie nell’odio contro Roma del Luteranesimo e del Risorgimento

Il Protestantesimo

Nell’articolo sul Luteranesimo abbiamo visto che S. Pietro è venuto a Roma per ispirazione divina[1]. Cristo lo ha scelto quale Suo Vicario in terra e i suoi successori - i Papi - dovranno continuare la sua missione sino alla fine del mondo. Quindi la Chiesa di Cristo è romana per volontà di Gesù medesimo e noi fedeli di Cristo siamo cittadini di “quella Roma onde Cristo è romano” come cantava Dante Alighieri (Purg., XXXII, 102).

Perciò Roma è la Città Santa della Nuova ed Eterna Alleanza, che ha rimpiazzato Gerusalemme, la Città Santa della Vecchia Alleanza, la quale purtroppo ha rinnegato e ha fatto crocifiggere il Messia.

Grazie all’Ordine benedettino Roma ha civilizzato e cristianizzato i barbari, ha conservato e ci ha trasmesso i tesori della letteratura greco/romana, che altrimenti sarebbero andati persi. Dunque l’Europa e la Cristianità europea (che è la vera “Europa unita”) sono il frutto dell’opera civilizzatrice della Roma dei Papi.

Il Papa, come Vicario di Cristo, è il garante dell’unità della Chiesa e con il sostegno dell’Imperatore lo è stato anche dell’unità della Cristianità europea, in cui - pur con diverse dispute tra Papato e Impero avvenute nel corso dei secoli - fino al Trecento si parlava la stessa lingua latina, si conservava la filosofia e la teologia perenne e la stessa fede cattolica, sino a quando Martin Lutero non è venuto a spaccarla in due parti: l’Europa cattolico/romana e l’Europa germanico/protestantica (“Los von Rom / Lontani da Roma”)[2].

Ebbene come Lutero ha combattuto Roma quale la Babilonia, la gran prostituta (descritta nell’Apocalisse di San Giovanni), depredando e incamerando i beni della Chiesa in mezza Europa del nord, così il Risorgimento ha fatto con la Chiesa romana e i suoi beni in Italia.

Il Risorgimento

Studiando il Risorgimento italiano ci si accorge che esso è caratterizzato dallo stesso odio di Lutero contro Roma, contro il Papa e la Chiesa di Cristo, la quale è romana per volontà di Dio. Nel corso degli articoli che seguiranno cercherò di mettere in luce questo elemento anti-romano, anti-cattolico e ultimamente anti-cristiano (poiché Cristo ha voluto la sua Chiesa petrina e quindi “romana”) del Risorgimento “italiano”, o meglio liberal/massonico, in cui la casa Savoia è stata la longa manus dell’Inghilterra protestante per distruggere il potere temporale della Chiesa romana e “se fosse possibile” la stessa Chiesa di Cristo fondata su Pietro. Non è stata la cultura, la fede e la mentalità degli Italiani (che era sostanzialmente cattolica e papista) ad aver fatto il Risorgimento, ma la perfidia di alcuni pochi elitari, membri della massoneria e servi dell’Inghilterra protestante, ripieni di odio contro la Roma dei Papi e - almeno implicitamente - contro Dio che l’ha eletta ad essere la Sede di Pietro sino alla fine del mondo.

L’ideologia del Risorgimento

Il liberalismo e la massoneria (che sono strettamente connessi) sono le due correnti ideologiche principali che hanno fatto il Risorgimento, aiutate economicamente e militarmente dal protestantesimo britannico.

Una prima anomalia del Risorgimento “italiano”, che non può non destare curiosità e spingerci alla ricerca di un perché, è quella di come mai un Regno cattolico, come quello sabaudo, abbia intrapreso nel 1848 una lotta per la soppressione degli Ordini religiosi, per giungere nel 1870 all’unità d’Italia (che è solo un fine intermedio del Risorgimento ed una sorta di paravento per nascondere il suo vero scopo: la distruzione del potere temporale e poi di quello spirituale della Chiesa di Roma[3]).

In effetti in Italia il Regno sabaudo era ufficialmente cattolico, ma a partire dal 1848 ha iniziato una guerra, feroce e ipocrita al tempo stesso, contro la Chiesa, cominciando a sciogliere i suoi Ordini religiosi per giungere a colpire il suo cuore: il Papato.

Il liberalismo professa la libertà di tutti i culti e per tutti gli individui, ma col Risorgimento ha discriminato solo il culto cattolico ed ha negato la libertà a coloro che avevano scelto liberamente di vivere in convento come si faceva da svariate centinaia di anni. Ora la religione cattolica era quella dell’Italia e della stragrande maggioranza degli Italiani. Come mai si è arrivati a tanto? La domanda sorge spontanea e, se non si approfondisce la questione, resterebbe senza una risposta, anzi sembrerebbe una bizzarria senza ragion d’essere. Invece non è così, la ragion d’essere di questa guerra c’è e come! È l’odio contro Roma, la Roma cristiana, la Roma di Pietro, la Roma della Chiesa di Cristo. Quindi è un odio satanico contro Dio e la Sua Chiesa. Lo stesso odio di cui era ricolmo Lutero.

Lutero era un frate agostiniano, che nel 1517 ha rotto con il Papa, la casa Savoia era un Regno ufficialmente cattolico che nel 1848 con Carlo Alberto ha rotto col Papato. L’uomo passa facilmente dall’amore all’odio e al tradimento. Caino ha ucciso suo fratello Abele, l’Apostolo Giuda Iscariota ha tradito il suo Maestro: Gesù.

Abbiamo visto che in Lutero hanno influito fortemente il suo temperamento sensuale, patologicamente scrupoloso e la sua formazione filosofica nominalista. Nel Risorgimento si scorge l’impronta della massoneria e del liberalismo, che odiano Dio per amor di sé e della loro indipendenza assoluta. È la medesima lotta di cui nel 400 scriveva S. Agostino nel De Civitate Dei : “Due Città son formate da due amori: l’amore di sé sino al disprezzo di Dio forma la Città di Satana, l’amore di Dio sino al disprezzo di sé quella di Dio”. Nulla di nuovo sotto il sole.

Il ruolo della massoneria nel Risorgimento è un dato di fatto, data la sua filosofia essoterica[4] che fa un tutt’uno con quella del liberalismo. Inoltre sino agli anni Cinquanta la maggior parte degli storici lo ammetteva, mentre a partire dagli anni Sessanta, coll’aggiornamento e il riavvicinamento tra liberalismo e l’ambiente ecclesiale avvenuto durante il Vaticano II (1962-1965), tale verità iniziò a diventare “politicamente scorretta” e quindi da non affermare più[5].

Antonio Gramsci nei suoi Quaderni dal carcere nel 1925 l’ha affermata chiaramente[6]. Oggi quasi nessuno[7] osa più parlare del ruolo e della presenza della massoneria nel Risorgimento e nel pensiero liberale perché impedirebbe l’abbraccio mortale tra liberalismo e ambiente ecclesiale “aggiornato”.

1848: soppressione dei Gesuiti

Carlo Alberto nel marzo del 1848 attacca guerra contro l’Impero austro-ungarico (Prima Guerra d’Indipendenza); nel giugno la guerra sta per essere persa dai Piemontesi. Eppure in un frangente talmente drammatico, per non dire tragico, Casa Savoia discute in Parlamento “della necessità di estirpare dal Regno, in modo efficace e definitivo, i Gesuiti” (A. Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & Massoni contro la Chiesa, Milano, Ares, II ed., 2010, p. 15). Come mai?

Lo abbiamo visto, è l’ideologia liberal/massonica e il suo odio contro Dio e la Sua Chiesa a spingere il minuscolo Regno dei Savoia ad attaccare il colossale Impero austro-ungarico, ossia l’ultima vestigia del Sacro Romano Impero (che sarà abbattuto con la Prima Guerra Mondiale nel 1918) e la Chiesa di Cristo, attraverso i suoi Ordini religiosi e innanzitutto i Gesuiti.

L’Ordine fondato da S. Ignazio di Loyola è stato particolarmente odiato dalla massoneria e dai liberali perché era, sin dalla Controriforma, il cavallo di battaglia del Papato contro il Luteranesimo, la Rivoluzione, la Modernità, le sette e tutto ciò che complottava contro la Chiesa. Tale Ordine, ricco di cultura umanistica, filosofica e teologica, aveva il monopolio dell’insegnamento e formava secondo il pensiero cattolico la gioventù la gioventù di quasi tutta l’Italia e specialmente delle classi governanti e ciò non poteva essere tollerato dai massoni e dai liberali. Inoltre la Compagnia di Gesù grazie agli Esercizi Spirituali scritti dal suo fondatore era riuscita a ricristianizzare la parte dell’Europa strappata ai protestanti e a risanare il clero che nel Rinascimento si era alquanto dissipato. Infine grazie alla sua profonda conoscenza della filosofia politica della seconda scolastica (Suarez e Bellarmino) riusciva a mettere a nudo gli errori del liberalismo, a scoprire le macchinazioni della massoneria e a sconvolgerne i piani diabolici. Il Papato si appoggiava, a partire dalla controriforma, su di essa come nel primo medioevo si era appoggiato sui Benedettini e nel secondo medioevo sui Domenicani e Francescani. Perciò i Savoia con Carlo Alberto, per ottenere un Regno in tutta Italia oltre il Piemonte, la Savoia e la Sardegna, avevano deciso di mettersi al servizio della massoneria, del liberalismo e dell’Inghilterra (la patria della massoneria speculativa (1717) e del protestantesimo moderato) contro l’Italia e contro la Chiesa di Cristo.

Angela Pellicciari spiega che nel Regno sardo i Gesuiti italiani erano solo 160 (Risorgimento da riscrivere. Liberali & Massoni contro la Chiesa, cit., p. 17), ma non è la quantità che importava alla setta, bensì la qualità e questi 160 uomini di Dio, infiammati d’amore, di zelo e ripieni di saggezza incutevano timore ai nemici di Dio e agli amici dell’uomo affrancato dal Creatore e schiavo di Satana, come lo voleva il liberalismo.

Inoltre la formazione filosofico/teologica, specialmente in dottrina politica e sociale, dei Gesuiti era diametralmente opposta a quella dei liberali. La Compagnia di Gesù era l’avanguardia della Controrivoluzione. Perciò andava distrutta.

I liberali accusavano i Gesuiti di essere l’Ordine religioso massimamente contrario alle libertà moderne, per cui andava tolta loro la pubblica istruzione, in cui primeggiavano, e andavano poi sradicati del tutto con la piena abolizione dell’Ordine, che la massoneria aveva già fatto sopprimere nel 1773 in tutte le Nazioni cattoliche d’Europa, a motivo della loro influenza nelle Corti grazie alla direzione spirituale e all’educazione dei Prìncipi e dei nobili.

In breve la Compagnia di Gesù rappresentava la pupilla degli occhi di Roma, del Papato e quindi andava accecata, altrimenti come aveva arrestato la protestantizzazione dell’Europa avrebbe impedito il Risorgimento della nuova Italia.

Le “Dame del Sacro Cuore” e gli Ordini vicini ai Gesuiti

Assieme ai Gesuiti occorreva sciogliere quegli Ordini loro più simili e vicini. Uno di essi era quello delle “Dame del Sacro Cuore” fondato in Francia da Madre Maria Maddalene Barat nel 1800, secondo i princìpi filosofico/teologici che, per i liberali risorgimentali, non convenivano più ai loro tempi oramai liberi e illuminati. Costoro ritenevano che se si voleva estirpare la mala pianta dei Gesuiti bisognava colpirla a morte anche nei loro amici e vicini. Non si esitò, quindi, ad annichilare un nemico già caduto (i Gesuiti) sciogliendo anche le “Dame del S. Cuore”.

Sùbito dopo toccò agli “Oblati di Maria Immacolata” (in un primo tempo chiamata “Oblati di San Carlo”), congregazione fondata nel 1816 in Francia dal Mazenod con lo scopo di indire le missioni popolari, secondo lo spirito degli Esercii Spirituali di S. Ignazio di Loyola. Accanto a loro figurano gli “Oblati di Maria Vergine” fondati in Piemonte dal Beato Pio Brunone Lanteri sempre nel 1816, coll’intento di promuovere la buona stampa controrivoluzionaria, la sana formazione spirituale e politica antiliberale dei sacerdoti, la fedeltà al Papa, la lotta contro la massoneria. Nessuno, anche tra i cattolici, osò difendere i Gesuiti, ma quando si cominciò ad attaccare anche gli altri Ordini l’opposizione cattolica fece sentire la propria voce.

Giustamente la Pellicciari (Risorgimento da riscrivere. Liberali & Massoni contro la Chiesa, cit., p. 39) nota che “la discussione nasce zoppa: non si possono abbandonare i Gesuiti alla loro sorte e tentare di difendere le altre famiglie religiose. O le ragioni a favore degli Ordini religiosi valgono sempre o non valgono mai. O il giudizio sulla bontà di queste istituzioni è di esclusiva competenza della Chiesa (e per essa del Papa) oppure no, e in tal caso anche il Parlamento può emettere a piacimento i suoi verdetti”. Quindi toccò ai “Redentoristi” fondati da S. Alfonso de’ Liguori nel 1732. La Pellicciari conclude: “Sebbene nel 1848 la Camera condanni alla soppressione solo i Gesuiti, con le Dame del S. Cuore, gli Oblati di Maria Santissima e i Redentoristi, è evidente che oramai sono messi in discussione tutti gli Ordini religiosi in quanto tali” (cit., p. 49).

Come conciliare la libertà assoluta propugnata dal liberalismo e la soppressione degli Ordini religiosi

Il liberalismo propugna la libertà assoluta per ognuno. Come conciliare questo suo principio fondamentale con la sua politica persecutoria nei confronti della Chiesa?

Angela Pellicciari riporta nel libro che ho citato le discussioni, gli interventi dei deputati liberali, avvenuti nel Parlamento per giustificare questo modo di fare che di per sé è contraddittorio con l’essenza del liberalismo.

Innanzi tutto i liberali ammettevano che il Regno sabaudo era uno Stato liberale, ma – precisavano – è innanzitutto uno Stato. Ora spetta solo allo Stato il diritto di accogliere o meno le congregazioni nel suo territorio. Gli Ordini religiosi possono esistere solo se utili allo Stato, invece se nocivi vanno eliminati. Infatti lo Stato liberale da buon pedagogo deve insegnare ai popoli come identificarsi coi princìpi liberali e come combattere i loro nemici. Per quanto riguarda i princìpi del liberalismo lo Stato liberale deve procedere nella pratica colla massima severità e fermezza, onde tutto ciò che nega la libertà e l’indipendenza assoluta dell’uomo va estirpato come una cancrena. Quindi è giustamente in nome della libertà assoluta che bisogna negare la libertà di esistenza agli Ordini religiosi, perché nemici della libertà assoluta. Se i princìpi degli Ordini religiosi avversano la libertà moderna e l’indipendenza assoluta dell’uomo, essi vanno combattuti e messi fuori legge. In breve i princìpi liberali valgono solo per coloro che aderiscono al liberalismo e non per coloro che lo avversano e che debbono essere annichilati (Risorgimento da riscrivere. Liberali & Massoni contro la Chiesa, cit., pp. 51-53). È evidente che il modo di ragionare del liberalismo apre le porte al comunismo, il quale applicherà con Marx alla borghesia quello che questa aveva fatto alla Chiesa con Cavour.

1852: l’incameramento dei beni della Chiesa

Appena quattro anni dopo aver sciolto gli Ordini religiosi, lo Stato liberale si accinge ad espropriare i beni materiali della Chiesa (per arrivare a toglierle lo Stato Pontificio e poi anche a diminuirne al massimo il ministero spirituale a livello sociale).

I provvedimenti del 1852 riguardano non solo l’incameramento dei beni ecclesiastici, ma anche la soppressione dei conventi e l’estensione della leva militare a tutti i cittadini, quindi anche ai seminaristi e ai sacerdoti del clero regolare e diocesano.

È interessante studiare l’argomentazione dei liberali per giustificare la confisca dei beni della Chiesa da parte dello Stato.

Siccome i beni della Chiesa sono patrimonio pubblico e non proprietà privata e siccome lo Statuto Albertino definisce la religione cattolica “religione ufficiale dello Stato”, significa che lo Stato deve provvedere alle necessità della Chiesa, mettendole a disposizione i beni di cui ha bisogno, ma nel medesimo tempo ha anche il diritto di pretendere, in casi eccezionali, dalla Chiesa i beni superflui ed eccedenti per destinarli all’uso pubblico. Lo Stato savoiardo vedeva nei beni della Chiesa una parte dei suoi beni, che in caso di necessità potevano essere ripresi alla Chiesa e messi a disposizione della comunità.

Certamente il liberalismo garantisce la proprietà privata, ma quella della Chiesa non è privata, bensì comune. La Chiesa è una società che possiede dei beni, che, anche se le son stati dati da singole persone e non solo da Costantino o dallo Stato, non appartengono a singoli religiosi, ma alla Comunità “Chiesa romana”. Quindi lo Stato dei Savoia può confiscare questi beni alla Associazione “Chiesa cattolica” per distribuirli meglio alla comunità, di cui solo lo Stato si deve occupare.

In breve, siccome i beni della Chiesa sono patrimonio pubblico e non proprietà privata possono essere incamerati dallo Stato per il bene comune del Paese. Giustamente nota la Pellicciari: “Il concetto di appropriazione dei beni ecclesiastici non è affatto recente: dai tempi dell’Impero Romano le persecuzioni contro la Chiesa sono sempre cominciate dall’incameramento dei suoi luoghi di culto” (cit., p. 83).

Il Risorgimento decreta l’aggiornamento della Chiesa

L’ideologia liberal/massonica, che è l’anima del Risorgimento, nel 1848 e 1852 combatte spietatamente gli Ordini religiosi che sono fedeli allo spirito della Chiesa romana oramai “fuori moda” nell’illuminato mondo moderno del XIX secolo, ma è tollerante nei confronti di quei “cattolici”, siano chierici che laici, i quali sono propensi a “venire a patti col liberalismo, col progressismo e colla modernità” (80a proposizione condannata dal Pio IX nel Syllabus, 8 dicembre 1864).

La “mano tesa” dai comunisti ai cattolici progressisti nella seconda metà del Novecento non è un’invenzione dei neo-marxisti, ma è vecchia quanto il diavolo, che combatte chi è fedele a Dio, mentre promette tutto il mondo a chi “cadendo a terra lo adorerà” (Lc., IV, 7) e addirittura di farlo “diventare come Dio” (Gen., III, 5). Tuttavia egli promette, ma non mantiene, i traditori non piacciono a nessuno e non vengono neppure rispettati (v. Giuda), mentre il cattolico fedele è combattuto, ma almeno è ammirato dal nemico poiché coerente con se stesso.

Il Parlamento liberale iniziò a deliberare sugli Ordini da sopprimere, in primis i Gesuiti (perché reazionari), sino ad arrivare agli Ordini contemplativi (poiché improduttivi) e mendicanti (poiché medievali e non all’altezza dei tempi), eccetto il caso in cui i loro membri avessero dato segno di venire a patti coi nuovi princìpi risorgimentali, nel qual caso si sarebbe fatta un’eccezione per questi spiriti di religiosi “illuminati” e pronti al “dialogo”, a quel medesimo dialogo che rovinò Adamo ed Eva nell’Eden. La storia è la maestra meno ascoltata dagli uomini, spesso anche da quelli di Chiesa.

Si noti come lo spirito affaristico (non economico[8]) borghese, liberista, luterano/calvinista si incarna nel Risorgimento, il quale propone una nuova Italia fondata sui valori non solo dottrinali, ma anche pratici della modernità: il culto del denaro, dell’arricchimento come fine e non più come mezzo per condurre una vita materialmente dignitosa che aiuti l’uomo a salvarsi l’anima. Lenin aveva scritto che i borghesi (nel nostro caso quelli italiani che fecero il Risorgimento), avrebbero fornito la corda al proletariato (una volta comunistizzato) per essere impiccati da esso. Infatti Marx non farà che applicare i princìpi del liberalismo al proletariato e come la borghesia aveva rimpiazzato la Chiesa e la società tradizionale, così il proletariato rimpiazzerà la borghesia liberale.

La Pellicciari nota: “Se si ritiene giusto arricchire la borghesia già benestante con i beni della Chiesa, sarebbe decisamente più giusto arricchire con i beni della stessa borghesia il povero proletariato. Secondo logica il marxismo è la naturale conseguenza del liberalismo. Questo significa che tra le dittature di élite del secolo scorso e quella di massa di questo secolo c’è un’obiettiva continuità e una reale affinità” (cit., p. 88).

Il principio che motiva queste risoluzioni persecutrici del liberalismo risorgimentale contro la Chiesa è che, non esistendo (per il liberalismo) il soprannaturale, occorre ricercare il bene comune e individuale solo su questa terra, in maniera puramente materiale e non spirituale. Quindi bisogna estirpare ogni obiezione contraria allo spirito liberale.

1854: la Legge contro tutti gli Ordini religiosi

Ne 1852 nacque il governo Cavour e si alleò con la sinistra di Rattazzi. Cavour iniziò una serie di riforme economiche strettamente liberiste, che provocarono nel 1853 un peggioramento del tenore di vita della popolazione. Per uscire da questo stato di indigenza nel 1854 si pensò di sopprimere le comunità religiose. Era un attacco frontale alla Chiesa stessa e non più solo ai Gesuiti (1848). Si cercò di mascherarlo dicendo che i beni incamerati sarebbero stati destinati al sostentamento dei parroci più poveri, omettendo di dire che essi li avrebbero ottenuti qualora avessero accettato i valori del Risorgimento e del liberalismo.

Inoltre Cavour preparava l’attacco fisico contro Roma, che porterà all’abolizione dello Stato Pontificio (XX settembre del 1870) per giungere alla distruzione (si fieri potest) del potere spirituale della Chiesa.

In effetti non si capisce l’accanimento di uno Stato liberale contro frati e suore che vogliono vivere in pace rinchiusi nei loro conventi. Solo alla luce della lotta contro il potere temporale e spirituale del Papato tale mossa, iniziata nel 1848 e proseguita nel 1852-1854, ha una logica. “Cavour sa perfettamente che l’influenza del Piemonte in Italia e fuori d’Italia dipende unicamente dall’indirizzo anticattolico e antiromano della sua politica: gli amici dello Stato di Sardegna non sono altro che gli oppositori della Chiesa di Roma” (A. Pellicciari, cit., pp. 103-104). Tra questi amici vanno annoverati il protestantesimo, la massoneria, il liberalismo e l’Inghilterra, la super-potenza economica e militare di allora che incarnava tutti e tre questi valori.

Il separatismo tra Stato e Chiesa

Il concetto principale del liberalismo è la falsa idea di libertà intesa come emancipazione e indipendenza assoluta dell’uomo e dello Stato da ogni limite, anche da Dio. In campo politico il liberalismo è fautore della democrazia moderna come governo della maggioranza del popolo, che ha il potere non da Dio, ma dagli uomini (popolo sovrano). In materia economica propende per l’astensionismo dello Stato (“lasciar fare all’iniziativa privata”). In religione sostiene l’indifferentismo (tutte le religioni o nessuna hanno pari dignità). A partire da ciò segue il separatismo tra società civile e società religiosa, tra Stato e Chiesa (“libera Chiesa in libero Stato”).

La concezione platonico/cartesiana (ripresa dal liberalismo) di separazione netta e di contrapposizione tra materia e spirito, tra anima e corpo ha influenzato la concezione politica del liberalismo. La Chiesa non è un corpo (il “Corpo Mistico” di Cristo), non è una società, ma solo un ammasso di individui che pregano assieme e come gli individui va trattata. Lo Stato liberale davanti a sé ha solo l’individuo cattolico e non la Chiesa; lo Stato è “onnipotente” il cattolico è indifeso e indigente. La lotta tra i due è ìmpari. Non sfugge la contraddizione secondo cui una sola società esiste ed è lo Stato, che è veramente assoluto e si presume onnipotente.

I beni della Chiesa appartengono non ad una società ma a degli individui, che possono vivere assieme solo per concessione dello Stato. Quindi lo Stato può disporre liberamente dei loro beni e destinarli ad un uso più utile, in caso di necessità.

Sofismi liberali su potere spirituale e temporale

Assieme e Rattazzi e Cavour, Carlo Cadorna fu uno dei principali teorici del separatismo risorgimentale tra Stato e Chiesa.

Egli in un lungo intervento in Parlamento pronunciò abilmente e retoricamente una serie di sofismi per confondere le idee sulla vera natura del potere spirituale e di quello temporale, onde poter negare ogni diritto sociale al primo e concederli tutti al secondo.

La sua perorazione può essere riassunta così: tra potere spirituale e temporale non ci debbono essere contrasti perché Dio ha assegnato ad ognuno di essi zone di influenza completamente distinte, che non si intersecano mai e quindi non possono entrare in collisione.

La dottrina cattolica, invece, insegna che l’uomo è un animale sociale per natura e che la società civile ha un’origine naturale come la famiglia. Loro principio e causa, quindi, è Dio Autore della natura. Ora il fine dello Stato è il benessere comune temporale, quello della Chiesa è il benessere spirituale e soprannaturale. Quindi le due autorità sono distinte, ma non separate o contrapposte, non sono indipendenti, ma l’una è subordinata all’altra per la gerarchia dei fini, secondo cui lo spirituale è superiore al temporale e quindi la Chiesa allo Stato. Lo Stato, che provvede al bene materiale dei cittadini, non deve opporsi al loro benessere spirituale cui attende la Chiesa. Stato e Chiesa, lungi dal contrapporsi, sono unite dal comune lavoro di stretta collaborazione nella gerarchia dei fini. Inoltre nella vita degli uomini vi sono oltre gli interessi puramente materiali e puramente spirituali degli “interessi o materie miste”, in cui l’elemento materiale viene ad essere strettamente coinvolto con quello spirituale: nel matrimonio, nella famiglia, nell’educazione, nella scuola e nella vita pubblica. Chiesa e Stato hanno i medesimo soggetti (gli uomini), ma li governano sotto aspetti diversi: quelli spirituali e quelli temporali. Tuttavia non si può scindere totalmente il materiale dallo spirituale. Infatti una questione economica (per esempio il giusto salario) ha delle implicazioni morali e dunque spirituali (frodare la giusta mercede è un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio). Quindi se lo Stato legifera malamente in questioni economiche o politiche (sfruttamento, legge sul divorzio o sull’aborto) la Chiesa può e deve intervenire in ragione della peccaminosità e immoralità della legge civile promulgata dallo Stato. Ecco come Chiesa e Stato si trovano a lavorare fianco a fianco. I conflitti si evitano solo se si riconosce la superiorità dello spirituale sul materiale e se lo Stato coopera colla Chiesa per il bene comune temporale dei cittadini subordinato al loro fine ultimo soprannaturale.

Al contrario secondo Cadorna e i liberali alla Chiesa Dio ha assegnato il potere spirituale, che è interno al singolo individuo. La Chiesa si occupa solo di ciò che non si vede: lo spirito, l’anima, i pensieri, i sentimenti, essa è proiettata nell’aldilà e non si occupa minimamente dell’al di qua, di cui si occupa lo Stato, che ha il dominio sulle cose materiali, terrene, visibili. Quindi il temporale e il materiale è tutto solo e soltanto dello Stato.

A partire da certe premesse logicamente si arriva alla conclusione che lo Stato può e deve togliere alla Chiesa e ai cristiani viventi in comune tutti i beni visibili, materiali e temporali, dai beni ecclesiastici (chiese, conventi, episcopi, seminari…) sino al potere temporale del Papato (Stato Pontificio). Ecco di nuovo la filiazione liberale dal protestantesimo: uno Stato ufficialmente cattolico (il Regno di Sardegna) che riafferma la tesi realmente luterana della separazione radicale tra temporale e spirituale.

Ora la Chiesa è sì spirituale, ma i suoi membri, dal capo (il Papa) sino all’ultimo dei fedeli, sono uomini fatti di anima e di corpo, con delle necessità anche temporali, che hanno bisogno di sostentamento materiale per sopravvivere, perciò essa costituisce una vera società (checché ne dica Cadorna), la quale si occupa di uomini composti di anima e di corpo, in vista del Cielo come fine ultimo, ma che si serve di beni materiali come mezzi intermedi per raggiungere il fine.

Non è vero che la Chiesa è talmente spirituale da essere assolutamente immateriale, invisibile, purissimo spirito, angelica, pneumatica da non doversi contaminare con le questioni temporali perché materiali.

Inoltre quanto ai beni materiali che la Chiesa possiede dall’era costantiniana (300 d. C.) li possiede, in maniera evidente, in ragione di una donazione fatta da molti ad essa nel corso dei secoli. Toglierle ogni sostentamento materiale significa condannare alla morte per fame i suoi membri, che sono uomini e non angeli del Cielo.

È ovvio che questi sofismi, senza fondamento nella realtà anche se proclamati con retorica finezza, hanno come fine non la distinzione tra temporale e spirituale, ma l’abbattimento del potere temporale dello Stato Pontificio onde ridurre l’influsso sociale del ministero spirituale della Chiesa. Ma queste sono le contraddizioni del cattolico liberale, che come individuo privato si professa credente e come uomo pubblico ateo o agnostico.

È per questo motivo che il cardinal Gioacchino Pecci, Arcivescovo di Perugia, nel 1860 in una Lettera pastorale rivolta alla sua Diocesi ha scritto che Risorgimento in pratica significa “indipendenza, progresso, libertà come dai liberali sono intesi; abolizione del culto cattolico, sterminio della religione di Cristo. […]. Il piano della cospirazione non è più dubbio tranne per chi voglia volontariamente accecarsi”.

Nei prossimi articoli vedremo come ha lavorato la cospirazione massonica durante il Risorgimento contro la Chiesa di Cristo, che - come diceva Voltaire - è stata il suo vero nemico da “schiacciare”.

d. Curzio Nitoglia



1] È disputato se Gesù abbia scelto Roma come Sede della sua Chiesa, oppure la scelta l’abbia fatta Pietro. Comunemente si ritiene che la scelta di Roma non fu senza una speciale provvidenza divina.

2] Per una panoramica storica sul Protestantesimo cfr. R. Garcia-Villoslada, Martin Lutero, 2 voll., Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1985; A. Fliche – V. Martin, Storia della Chiesa, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1990, vol. XVII, La Chiesa all’epoca del Concilio di Trento; vol. XVIII, La Restaurazione cattolica dopo il Concilio di Trento; H. Jedin, Storia del Concilio di Trento, 4 voll., Brescia, Morcelliana, 1973-1981; Id., Storia della Chiesa, Milano, Jaca Book, 1975, vol., VI, Riforma e Controriforma; K. Bihlmeyer – H. Tuechle, Storia della Chiesa, Brescia, Morcelliana, 1958, vol. III, la Riforma in Germania e negli altri Paesi verso la metà del XVI secolo, § 159-171, pp. 209-290.

3] Obiettivo che la setta infernale pensa di aver raggiunto col Concilio Vaticano II e col post-concilio, in cui essa si è infiltrata nel seno della Chiesa ed è arrivata ad occuparne il vertice (cfr. M. Pinay, Complotto contro la Chiesa, Proceno di Viterbo, Effedieffe, II ed., 2016) tramite “un Papa secondo i nostri desideri” come era solita predire nei suoi proclami (cfr. H. Delasuss, Il problema dell’ora presente, Proceno di Viterbo, Effedieffe, 2 voll., II ed., 2015).

4] Cfr. G. Di Bernardo, La filosofia della massoneria, Padova, Marsilio, 1997.

5] Cfr. P. Balan, Pio IX, Modena, 2 voll., 1869; G. DE Rosa, Storia del Movimento cattolico in Italia, Bari, Latera, 2 voll., 1966; C. A. Jemolo, Il 1848-1849, Firenze, 1950; Id., Scritti vari, Milano, 1965; Id., Chiesa e Stato in Italia dall’unificazione agli anni Settanta, Torino, 1977; R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Bari, Laterza, 3 voll., 1969-1984; Id., Vita di Cavour, Bari, Laterza, 1990.

6] Cfr. A. Gramsci, Il Risorgimento, Roma, Editori Riuniti, 1971, pp. 64-65.

7] Fa eccezione la storica Angela Pellicciari, Risorgimento da riscrivere. Liberali & massoni contro la Chiesa, Milano, Ares, II ed., 2010; Id., L’altro Risorgimento, Casale Monferrato, Piemme, 2000; Id., I panni sporchi dei Mille, Siena, Cantagalli, II ed., 201*.

8] Aristotele e San Tommaso d’Aquino distinguono bene l’economia, che è l’arte di governare con la virtù di prudenza familiare il focolare domestico, assicurando il suo benessere temporale, dall’affaristica (detta pure in greco e in latino crematistica e pecuniativa), che è l’arte di arricchirsi come fine ultimo dell’uomo. L’affaristica è stata volutamente confusa dai calvinisti e poi dai liberisti con l’economia. Anche qui appare evidente la filiazione tra Risorgimento e Protestantesimo specialmente calvinista.

 
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