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Fondi “radicali” nel tradizionalismo cattolico ed in CL
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Non sono fatto per le genuflessioni,
Né per fare anticamera,
Per mangiare alla tavola dei principi,
O per farmi raccontare sciocchezze.
(A. Grigorev)
  

Il nemico interno e i suoi artifici: tra infiltrazione e gioco delle parti

Da quando frequentiamo la Messa “tridentina”, ci siamo spesso chiesti se, per alcuni, essa costituisca un’evasione dalla noia quotidiana, una sorta di contemplazione estetica, un poco farisaica, con cui si rifugge, almeno per una buona oretta, dai modi e dai meccanismi di una “civiltà” ormai putrescente (ma, sostanzialmente, accettata dalla sottospecie di “tradizionalisti” di cui andremo a discorrere brevemente: essi, soggetti del tutto trascurabili su di un piano intellettuale, non meritano in realtà che qualche breve nota, a lumeggiare certe tendenze operanti da tempo in questo ambiente).

Purtroppo, alcuni incontrovertibili dati ci confermano in questa nostra impressione; ne elenchiamo alcuni, senza alcuna pretesa di esaustività (1).

* * *

Recita un noto aforisma: “Per capire chi vi comanda basta scoprire chi non vi è permesso criticare”. A tal proposito, è interessante notare come su “Lepanto”, la rivista della omonima Fondazione, diretta da R. de Mattei (2), o sui vari siti ad essa connessi, non è dato rintracciare alcun articolo critico nei confronti di “Israele” e delle sue politiche. Tra le “notizie” della edizione on line della storica agenzia “Corrispondenza Romana”, pure, sono elencati i “nemici della Chiesa”: omosessualismo, comunismo, gender: ma si tace, ancora, sul sionismo (oltre che sul giudaismo talmudico). Un accenno ad un atteggiamento moderatamente polemico nei confronti del giudaismo talmudico lo troviamo qui (l’articolo è del 2009). In questa sede, de Mattei, avendo compreso (ma l’abbiamo capito anche noi, sicuramente più “terra terra” del professore) che, nella temperie attuale, l’opinione di “Israele” (chiara espressione di una “religione [in]civile” di dominio) non è da sottovalutare, giunge ad affermare: “La Santa Sede, autorità costituzionale della Chiesa, ha [in questo caso] come interlocutore lo stato di Israele, di cui san Pio X, un secolo addietro paventava la nascita, prevedendo i problemi che ciò avrebbe creato, ma che rappresenta oggi una realtà sovrana di cui nessuno può negare l’esistenza e i diritti che da essa conseguono. Lo stato di Israele ha una sua specificità, dovuta al particolare rapporto che lo lega con la religione ebraica” [neretti nostri].

A parte l’utilizzo di una sorta di rocambolesca neolingua (come si fa a negare l’esistenza di qualcosa che esiste?), l’ultima notazione è del tutto destituita di fondamento, il sionismo essendo un movimento, almeno nelle sue origini, “laico”, che prese a pretesto la religione per obiettivi politici di dominio, appunto (al modo dei famigerati “neocon”, con i quali il professore ha intrattenuto, e probabilmente intrattiene tuttora, relazioni amichevoli; ed in base ai quali “orienta” il suo pensiero, alla bisogna, su alcuni “punti caldi”).

De Mattei, dunque, ricorda l’atteggiamento antisionista di S. Pio X, ma lo riduce – da tradizionalista un po’ troppo “storicista”, per non dire altro – a qualcosa di “superato”. C’è da capirlo: sta scrivendo per “Il Foglio” (sorta di lucroso controcanto a “Repubblica”; ma il professore è riuscito a pubblicare anche per il radical chic “Il Riformista”, tentando di convincere Berlusconi a fidarsi di T. Blair, che, oltre alla fecondazione assistita più liberale del pianeta, legalizzò, primo al mondo, la clonazione di embrioni umani), esempio lampante di quotidiano israelitico (unico punto su cui a “Il Foglio” non si transige) finanziato dal contribuente italiano; giornale che leggono in quattro ma, chissà perché, finanziato pubblicamente: ciò che ne garantisce, evidentemente, l’imparzialità. Infatti, dal 1997 (ossia praticamente da quando è stato fondato), “Il Foglio” è organo della “Convenzione per la Giustizia”, movimento politico fondato dai parlamentari M. Pera e M. Boato (storico rappresentante dei “Verdi”, di idee “iperliberal”, e – guardacaso! — tra i fondatori di “Lotta Continua”: si pensi anche a L. Manconi, dall’iter e dall’ideologia molto affine a quella di Boato, oggi passato, come tutti i figuri qui citati, ad un “garantismo” ad oltranza: certamente più coerente, però, di quello di un Cerasa o di un Ferrara); in questo modo, il giornale può beneficiare dei finanziamenti pubblici ai giornali di partito (circa 50 milioni di euro dal 1997!).

Al riguardo, Ferrara ha significativamente (e spudoratamente, come è suo costume) dichiarato: “dal secondo anno dalla fondazione, il contributo dello stato, con il trucco della famosa ‘Convenzione per la Giustizia’ che era un… Beh, un trucco, la legge dava una possibilità e noi l’abbiamo sfruttata, è un trucco nel senso che non era un vero partito, era un... Sì avevamo chiesto a due amici, Marcello Pera, che faceva parte del centro-destra, senatore, e Marco Boato, deputato del centro-sinistra, due persone amiche, due lettori del giornale, di firmare per il giornale, abbiamo fatto questa convenzione... un escamotage, , legale, perfettamente legale” (corsivi nostri).

D’altra parte, di trucchi Ferrara se ne intende: tempo fa ha addirittura dichiarato che avrebbe votato PD, sostenendo anche la Bonino (nota antiabortista): secondo alcuni ha gettato la maschera, secondo noi questa maschera ha sempre costituito, per chi sa guardare oltre le banalissime apparenze, un segreto di Pulcinella che alcuni hanno fatto finta di non comprendere.

* * *

Sul tema del sionismo, quindi, de Mattei converge con Giovanni Paolo II (dal quale si distinse, invece, in merito all’intervento in Iraq), sotto il cui pontificato fu riconosciuta dalla Santa Sede l’entità sionista (1993), su di una base teologica tanto maldestra quanto detonante (tesi delle “alleanze parallele”, enunciata fin dal 1980, ma che affondava le sue spurie radici nel dettato conciliare (3): che solo in teoria, quindi, de Mattei avversa). Il Nostro, quindi, sembra non vedere il nesso tra teologia, politica e liturgia: su quest’ultimo piano, in particolare, non dovrebbe far piacere allo storico romano che il miserabile offertorio del novus ordo costituisce sostanzialmente una riformulazione della barakah ebraica: tout se tient, caro professore.

Dal punto di vista “politico”, de Mattei ritiene quindi l’atteggiamento di San Pio X e di Pio XII (il cui magistero sulla Palestina si può leggere nelle encicliche Auspicia quaedam, In multiplicibus curis [in cui si riteneva “essere assai opportuno che per Gerusalemme e per i suoi dintorni – là dove si trovano i venerandi monumenti della vita e della morte del divin Redentore – sia stabilito un regime internazionale, che nelle attuali circostanze sembra il più adatto per la tutela di questi sacri monumenti”: AAS 40(1948), p. 435; EE 6/662], Redemptoris nostri [che confermava IMC] e nella esortazione apostolica Sollemnibus documentis: tutti documenti immediatamente successivi alla artificiosa creazione di “Israele”) “superato” (dalla storia, che spesso costituisce il nome presentabile che si dà alle convenienze di bottega).

Il pontefice veneto, nel 1904, rispose significativamente a T. Herzl (ideatore del sionismo), che gli aveva chiesto di riconoscere il proprio movimento e l’eventuale futuro Stato di Israele: “Noi non possiamo favorire questo movimento. Non potremo impedire gli Ebrei di andare a Gerusalemme — ma favorire non possiamo mai. La terra di Gerusalemme se non era sempre santa, è santificata per la vita di Jesu Christo. Io come capo della chiesa non posso dirle altra cosa. Gli Ebrei non hanno riconosciuto nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebreo” (dal diario di Herzl). C’era una volta il Papa.

Evidentemente, per de Mattei, tutto ciò va storicizzato (allo stesso modo dei novatori); non è necessario, pertanto, che “Israele” riconosca Cristo, mentre il professore riconosce “Israele” e i suoi “diritti”: atteggiamento che sicuramente non ha portato male allo storico romano, aprendogli varie porte altrimenti irrimediabilmente sprangate (4).

Quindi, sul punto de Mattei preferisce Bergoglio, ancora una volta ligio servitore dei poteri mondani, al “martello dei modernisti” San Pio X: era il 1904, ora ci siamo evoluti!

Più coerente, allora, risulta G. Ferrara – anche se, a dire il vero, la coerenza non è mai stato il suo forte (5) –, che però usa spesso (come “Tempi”, tragicomica rivista espressione di un settore significativo di CL) la figura contraddittoria dell’Occidente giudaico-cristiano” (l’Occidente, in realtà, non è più né l’uno né l’altro; ed, inoltre, non si capisce eventualmente come abbia potuto essere le due cose insieme: che Cristo era giudeo, idea su cui convergono per nulla interessati foglianti, alcuni stravaganti tradizionalisti, ciellini e sionisti di ogni risma, è sostanzialmente insignificante, a meno di ridurre il Cristianesimo ad una religione “razziale”).

La supposta coerenza di Ferrara, però, si mostra poco credibile quando egli, ennesimo italiano affetto dalla sindrome dell’8 settembre, dichiara, a proposito delle recenti elezioni presidenziali USA: “ringrazio il cielo che mia moglie abbia votato per Hillary”. Ci si domanda, essendo egli ateo, a quale cielo si rivolga quando ringrazia, e quanto gli stia veramente a cuore la questione dell’aborto, che lo portò addirittura a candidarsi, nel 2008, con una lista molto discretamente nominata “Aborto? No, grazie”, se la Clinton voleva addirittura estendere ad infinitum il limite temporale necessario per abortire, di fatto dichiarandosi favorevole all’infanticidio. Si tratta di un problema che riguarda anche un altro presunto antiabortista, il defensor Occidentis G. Bush Jr (che non ha votato per Trump) e, più modestamente, il vicepresidente di “Una Voce Italia”, una volta gloriosa Associazione per la difesa (ora più democristianamente “salvaguardia”) del culto latino-gregoriano. Nel suo account “twitter” (6), che funge praticamente da cassa di risonanza di “posts” di anarco-liberali, di sgherri di Rotschild e del “neocon de’ noantri” C. Rocca (quest’ultimo è, guarda caso, un vecchio radicale, ora riciclatosi come “liberale moderato di sinistra”, che scrive – guarda caso – per www.ilpost.it, diretto da L. Sofri!), perennemente a sostegno di “Israele” (7), e più in generale da repertorio del perfetto omologato (che ritiene, nella sua furbesca naïveté, di andare controcorrente), il 22/10/2016 il notaio e professore L. Cavalaglio posta un articolo su H. Clinton (suggeritogli con altro cinguettio, come al solito, da Rocca).

In questo capolavoro di giornalismo liberal, a firma dell’eschimese P. Berman, la suddetta candidata alle elezioni presidenziali dell’impero del sol calante – grazie a Dio sconfitta – è definita “grandiosa, formidabile, preparata e capace”. Chissà, forse Berman si riferiva, sul tema della “capacità”, al “formidabile” “pizzagate” o al “grandioso” filoabortismo della Clinton, che fa sembrare una mammoletta anche E. Bonino, definita una “grande dell’Italia di oggi” da un altro grande uomo di mondo, furbescamente mondialista ed iperbolicamente misericorde (8) su cui, con gran senso dell’opportunità (insegna alla PUL, il Nostro) (9), Cavalaglio costantemente tace, forse meditabondo nel suo ufficio alla Lateranense o alla Caritas Internationalis (della cui “Legal Affairs Commission” è stato, dal 2013 al 2015, e della cui Commissione è stato nominato addirittura Segretario nel 2014) (10).

Cavalaglio conferma invece il suo orientamento filo-Clinton postando, il 30/04/2017, un articolo (indovinate di chi…) in cui ci si dice felici del fatto che, nei suoi primi cento giorni, Trump non ha fatto quasi nulla di quanto promesso (“ottima sintesi”, chiosa il notaio). Ulteriori delicatessen kosher.

Altra figura costantemente omaggiata dal Nostro è la regina d’Inghilterra (ancora, non propriamente una tradizionalista cattolica); addirittura, il 15/05/2015, Cavalaglio scrive, commentandone una foto: “Long live our noble Queen!”. La soggezione alla perfida Albione è confermata anche dalla devozione per W. Churchill (forse Cavalaglio non conosce i fatti di Dresda), definito (anche lui!) “a great man” (“tweet” del 16/08/2016, quindi appena dopo l’Assunta festeggiata tra pizzi e merletti).

Ma il coniglio dal cilindro, il proverbiale, ingegnoso coup de théâtre, il nostro notaro lo trae il 14/04/2017, quando rimanda ad un reportage dell’ennesimo eschimese (dal “New York Times”, fonte notoriamente affidabilissima): il venerdì santo, il nostro amico, da buon “tradizionalista” (a questo punto non si capisce di quale religione, però) (11), non trova altro di meglio che postare una inchiesta gastronomica sulla pasqua eschimese a Roma (12).

Queste dimostrazioni di acquiescente amicizia trad-eschimese (13), lo notiamo per inciso, sono postate tra “tweets” e “retweets” di L. Lanzillotta (14), dell’idolatra della modernità mercatista F. Luccisano (tweet), già con incarichi all’ENEL, ad API, al MIUR e principale estensore del documento governativo detto “Buona Scuola” (sic), di un economista di Oxford dalla faccia di bronzo che, dati alla mano, ci insegna che il mondo non era mai stato così prospero e felice come oggi (“we live in exceptional times”) (15), dell’onorevole G. Galli (16), della triviale gossippara telematica e mediocre teppista “youdem” G. Soncini (poi arruolata con W. Veltroni [!] su “Tempi”, e sodale di C. Rocca nell’insultare i morti ed i loro figli, perché non asserviti al sionismo come loro), del neodirettore de “Il Foglio” Mastro Ciliegia e di una grande figura di statista [M. Renzi (17), anche con riferimenti “garantisti” ai problemini del padre e di vari amici con la giustizia: tutti innocenti e perseguitati, ovviamente], del vaticanosecondista S. Ceccanti, ed altri cinguettii irrelati, che manifestano tra l’altro devozione per “Starbucks” (per chiudere il cerchio “tradizionalista”, si spera forse che, dopo il McDonald’s al Pantheon, giunga lo Starbucks con ambone tridentino a Piazza Navona, magari per sorbire un caffè annacquato a 4 euro?) ed una certa fissazione per speciali “memorie selettive” (non una parola sul giorno del ricordo delle foibe) e per il “M5S”, che certamente è la causa di tutti i mali dell’Italia, e forse dell’universo mondo: è noto, ad es., come la colpa dello stato disastroso in cui versa Roma sia tutta e soltanto di V. Raggi.

Il 13 luglio, addirittura, Cavalaglio si profonde in un inchino virtuale al noto cuor di leone e sionista in menopausa P. Battista, che difendeva l’ennesimo eschimese, l’onorevole E. Fiano, da presunti insulti antisemiti di un certo Corsaro: come è arcinoto, sono questi i reali problemi che ammorbano l’Italia (mentre Fiano preparava una legge, anticostituzionale come è da tradizione per il PD, contro la “propaganda fascista”, con pene da 6 a 24 mesi, con aggravanti se la propaganda è via “web”: gesti e vendita di gadgets mussoliniani compresi!).

Peccato, peccato davvero per “Una Voce”: dai tempi dei sublimi letterati C. Campo ed E. Montale, siamo passati a quelli di un Cavalaglio qualunque, sionista, liberista, antifascista (18) e renziano (ma aspettiamo le elezioni…) (19), e del suo generatore automatico di neolingua cortigiana: ma, forse anche lui un giorno diverrà “grande” (20).

Vista però la compagnia, noi, per il suo bene, non glielo auguriamo.

(fine prima parte di 2)

Baldr da Thule




1) A margine, notiamo come la discussione possa essere considerata “parallela” (o, in qualche modo, convergente?) alla questione degli “accordi” – che parevano imminenti: sarebbe mancato solo “le tampon” di Bergoglio — tra Vaticano e FSSPX. Anche qui, la questione delle infiltrazioni (o del “tradimento” quale accomodamento “pragmatico”) non dovrebbe essere sottovalutata (da parte nostra, facciamo notare che i più che giustificati sospetti sul supposto ingresso della FSSPX nell’“ospedale da campo” diretto da Bergoglio verso il caos sono più o meno coevi alla celebrazione anglicana a S. Pietro, avvenuta il 13 marzo, anniversario della elezione di Bergoglio stesso: che evidentemente ha voluto festeggiare il per lui lieto evento; ma la comunione in sacris è tutto, fuorché una novità); inoltre, pare si stia zelantemente preparando una “riforma” del “novus ordo”, per renderlo ancor più appetibile ai protestanti, che ancora una volta partecipano benvenuti alle perpetue “riforme” liturgiche. Abolizione del sacrificio? Abominio della desolazione? Pure, in tema di “accordi” R. de Mattei mostra un atteggiamento particolare: sembrerebbe sfavorevole ad essi – che giungerebbero dopo estenuanti, quasi ventennali colloqui segreti tra le due parti: come se la FSSPX fosse mossa dall’insopprimibile esigenza di ricevere questo benedetto “tampon”, il timbro della burocrazia vaticana (che non è la Chiesa!) essendo quindi considerato più importante della dottrina di Cristo --, pur avendo egli abitualmente frequentato le riunioni del “Summorum Pontificum” (celebrate da chi gli accordi, “rientrando” nella chiesa, li sottoscrisse nel 1988). Sulle recenti evoluzioni inerenti agli accordi si può vedere qui; per una fotostoria commentata del terrificante pontificato bergogliano, aggiornata ad un paio di anni fa, si può far riferimento a questa pagina; per una perfetta, intelligente descrizione della “chiesa conciliare” v. qui. Un’ultima, anticristica perla: “Gesù si è fatto diavolo”.

2) Come si potrà vedere nel prosieguo dell’articolo, tutto quanto riportiamo è scrupolosamente documentato, e non vale come attacco ad homines, ma quale descrizione delle ipocrisie di un certo ambiente, totalmente organico al sistema, nonostante le apparenze. Per onestà, va tuttavia riconosciuto un certo mutamento nelle posizioni (“metapolitiche” ed “ecclesiali”) di de Mattei. Egli non è più il “pliniano di ferro” degli anni ’80; si notano senza dubbio certe “evoluzioni” nel suo pensiero (e quindi anche nella sua “azione”), alcune delle quali senza dubbio commendevoli, nell’ambito di una complessità che non è semplice ricondurre alle sue direttrici fondamentali: ad es., il recente accrescimento della potenza della Russia putiniana ha determinato una certa “riformulazione” di certi suoi atteggiamenti; molto probabilmente, pure, egli è sincero nell’approfondimento delle critiche al Concilio (di cui il suo Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, Torino 2010, costituisce un eccellente esempio; ma v. le sue critiche, in sé non deprecabili, agli “accordi”: supra, n. 1); anche se non solo Rahner, ma anche J. Ratzinger (il sui nome è omesso da de Mattei, sul punto), volle che lo schema vaticanosecondista su Maria fosse assorbito in quello sulla Chiesa. Ci pare inoltre che l’“entrismo”, mutuato in radice da Plinio, si sia mantenuto costante (essendosi trasferito dal contesto politico a quello ecclesiale).

3) Interessante notare che G. Baum, sacerdote spretato ed eschimese dichiaratosi omosessuale fin dal 1964, è stato l’estensore della prima parte di Nostra Aetate: ad ulteriore conferma, se mai ce ne fosse bisogno, delle fonti spurie di molti documenti del Vaticano II. Secondo i conciliari e secondo la stessa “chiesa”, Cristianesimo e Giudaismo sarebbero addirittura entrambi “cristiani”, come dimostra l’incredibile accorpamento della “Commissione Pontificia per i Rapporti Religiosi col Giudaismo” al “Segretariato per l’Unione dei Cristiani”.

4) Per approfondire su servilismo e ignoranza, con particolare riferimento alla ultima, geniale mossa di Trump, si può vedere qui; o anche “Viva Mark Zuckerberg!” (21/3/2018) ove la voglia di andare controcorrente (in realtà si è in piena corrente dissolutoria) sconfina nell’idiozia. Non avevamo mai sentito di una metapolitica liberale, il liberalismo essendo per essenza sprovvisto di una autentica “metafisica”.

5) Egli può essere considerato una sorta di pingue banderuola in diuturno servizio dei “poteri forti”: dove va il potere, lui va. Come, del resto più finemente, fanno gli stessi “neocon” statunitensi, rimasti sempre trotzkisti nell’animo (“rivoluzione permanente”).

6) https://twitter.com/lorcavalaglio (consultato il 24/01/2017). Il costante “twitteraggio” di Cavalaglio individua un autentico tipo antropologico: presente sui “social media”, frequentatore di settimane bianche a Gstaad, integralisticamente a favore dei vaccini (anche se Cavalaglio è certamente resistente ad un eventuale vaccino contro la coerenza: altro suo favorito è il dottor R. Burioni, amico e candidato [in potenza] di Renzi [Cavalaglio pare prediligere gli amici dell’insigne statista fiorentino: dimmi con chi vai…]) e di tutto ciò che propinano “comunità scientifica” ed “istituzioni” (ecco perché egli attacca gli anti-Renzi e perché è filo-euro), lettore e propagatore dei divertissements sionisti de “Il Foglio” (da lui presi sul serio: può far sempre comodo!), probabilmente frequentatore di aperitivi e apericene in Prati: con il sottofondo di una sorta di moderato, ben (?) dissimulato “tradizionalismo” chic.

7) Stranamente, certi “tradizionalisti”, sul tema, divengono repentinamente “conservatori conciliari” (v. sopra quanto riguarda de Mattei): oltre che a ragioni di “opportunità”, ciò è in radice connesso al carattere ideologicamente “reazionario” della loro militanza.

9) Chissà se le frequentazioni con l’Avv. Prof. Andrea Zoppini, già sottosegretario alla Giustizia nel governo Monti (poi dimessosi per aver ricevuto un avviso di garanzia per frode fiscale), amico di Giulio Napolitano e di Maria Elena Boschi e conferenziere alla PUL (il suo CV è stracolmo di significativi incarichi “politici”), dove Cavalaglio insegna, hanno fatto del bene alla carriera di quest’ultimo (che di Zoppini fu assistente a “Roma3”). Sui rapporti tra Zoppini e Napolitano jr v. qui. Si noti, da un lato, che Zoppini ha intrattenuto rapporti con il rinomato studio Tombari, di Firenze, ove si è fatta le ossa la Boschi (sui rapporti tra quest’ultima e Zoppini v. qui); dall’altro, che il suo maestro (e maestro del premier Conte, abbeveratosi anche al magistero cattomondialista del card. Silvestrini!) è G. Alpa (v. qui), che Cavalaglio definisce a sua volta “suo maestro”.

10) Queste nomine sono avvenute quando presidente di CI era il Card. O. Rodriguez. Maradiaga, vicinissimo a Bergoglio (che lo ha incaricato di “rifondare” la Curia romana) e avversario numero uno dei quattro cardinali dei “Dubia”: non certo un tradizionalista, quindi – come, a questo punto, non si può neppure ritenere Cavalaglio (se non per evasione domenicale).

11) Nel giorno del Natale di Roma, Cavalaglio annuncia invece la sua partecipazione, almeno morale, ai festeggiamenti (!?) del 25 aprile con la intoccabile e non contaminabile “Brigata Ebraica”, ossequiando l’articolo del noto tradizionalista P. Mieli.

12) L’A. dell’articolo, J. Horowitz, si era recentemente distinto per alcune sue rocambolesche esegesi metapolitiche. L’interesse di Cavalaglio per i carciofi alla giudia è confemato in suo retweet di un anno dopo. Non una parola sul piccolo Alfie, stranamente: sono più importanti, per un autentico cattolico, le immemoriali tradizioni culinarie eschimesi!

13) Di cui un altro lampante esempio si può vedere qui (da notare che tra gli aderenti al “boicottaggio” dei “boicottatori” di prodotti israeliani vi sono adamantine figure di cattolici tradizionalisti, tra cui M. Pannella e l’iperrenziano D. Nardella).

14) Evidentemente un modello di coerenza: la signora in questione, “di sinistra” però “liberista” (come quasi tutti qui), è stata, tra le altre cose, esponente della sinistra extraparlamentare, socialista, rutelliana, condannata per danno erariale, moglie di F. Bassanini (altro noto tradizionalista), amatiana, prodiana, dipietrista, montiana, veltroniana, esponente del “governo ombra” del PD, vicepresidente della Fondazione Italia-USA, consulente di J.P. Morgan ed infine, sacrosantamente, membro dell'”Executive Board” e “Ambassador” per l'Italia del “Women in Parliaments Global Forum”. Ultimamente, si è anche mostrata favorevole alle invasioni di “migranti”. Ah, le donne! In seguito alla fugace ma intensa esperienza con la formazione ossimorica “Con Monti per l’Italia”, la Lanzillotta è tornata, sicuramente dopo struggente tormento interiore, all’ovile del PD.

16) Altro modello del tradizionalista renziano Cavalaglio: come recita il suo account “twitter”, questo Galli – la cui giornata è evidentemente costituita da ben più di 24 ore – è milanese, bocconiano, ricercatore al Mit, economista alla Banca d'Italia, dg di Confindustria, docente di economia alla Luiss, consigliere del CNEL (quindi disinteressato agli esiti del referendum sulla “riforma” costituzionale) e, dulcis in fundo, deputato PD. Egli “blocc[a] chi insulta, demagoghi, populisti, disfattisti, no€, sovranisti”. Insomma, un vero tradizionalista, il meglio dell’Italia, un prestigioso critico di etichette create dalle stesse istituzioni per cui lavora. Cavalaglio è così: a lui piacciono i tipi efficienti. Non a caso lo slogan di Galli è “Insieme per un’Italia più efficiente”. Ci sarebbe da chiedersi, retoricamente: insieme a chi? E, soprattutto: per conto di chi?

17) Si notino le molteplici affinità tra il guitto fiorentino (supportato da Cavalaglio nel referendum per la “riforma costituzionale” e per il nuovo 2929-bis c.c, favorevole agli “investitori”, ossia alle banche: #Fate presto! Anche nell'immobiliare) e il ciarlatano di Buenos Aires, Bergoglio: nuovismo/giovanilismo/culto della “rottamazione” e dell’equivoco da siparietto; distruzione di quel poco di buono che resta dell’Italia e della Chiesa, mascherata da efficiente “riformismo”; miopia provinciale; autoritarismo; cocktail letale di malafede, malizia e furbesca, colpevole ignoranza; idolatria dell’attivismo e della velocità semplificatoria (cfr. i “tweets” di Cavalaglio); tendenza a provocare scissioni “interne” (dando poi la colpa ad altri) ed “esterne” (“divide et impera”: pena, però, la “rottamazione” di PD e Chiesa) e linguaggio inane, fondato sullo slogan o sull’equivocità (“neolingua”, uno dei principali strumenti della sovversione) e funzionale al culto della propria immagine. Entrambi i figuri in questione provengono da ambienti profondamente ambigui (Toscana ed Argentina); si tratta di patetici, detestabili distillatori di iperbolici granelli di mezze verità in un oceano di menzogne, espresse con modalità strategicamente fumose (ad esempio, Renzi promise di andarsene in caso di sconfitta al referendum costituzionale, e non se ne andò; di non dimettersi in caso di sconfitta alle politiche, e si è dimesso). D’altra parte, tutte le operazioni di “depistaggio”, costruite a tavolino, si fondano sulla commistione di elementi veri, verosimili e falsi.

18) L’antifascismo (in assenza di fascismo; così come l’antirazzismo, in assenza [teorica] di razze) è un imperativo morale, per chi vuol fare carriera: il fascista (?) essendo, nell’“inconscio collettivo”, una creatura da manicomio criminale. Questa lettura “immaginifica” (un poco interessata…) accomuna praticamente tutto l’arco parlamentare ed il circo mediatico-intellettuale.

19) Renzi, per i nostri amici “tradizionalisti”, è del tutto intercambiabile con Berlusconi (al riguardo, ricordiamo i trascorsi di de Mattei): da questi, effettivamente, il primo ha già ricevuto appoggio, costituendone una non radicale modificazione “antropopolitica” ad uso delle banche e dei M. Ledeen (casualmente, vicino se non organico al Mossad ed espulso dall’Italia negli anni ’90 ed amico intimo di M. Carrai, recentemente nominato console onorario dell’unica demonocrazia del “Medio Oriente” per Toscana, Emilia Romagna e Lombardia). Il banchiere G.R. Vitale, forse celiando, definì Renzi “l’unico uomo di sinistra che non ha letto Marx e per questo è da stimare”: tutto falso, non essendo Renzi né di sinistra, né da stimare; se egli ha letto Marx, non lo sappiamo (ma se anche l’avesse letto, certamente lo avrebbe usato pro domo sua); inoltre, dubitiamo del fatto che Renzi sia un uomo.

20) In parte, la maturazione di Cavalaglio è già avvenuta (lui ci mette tutta la sua buona volontà da conformista di servizio). Ricordiamo infatti che, nel 2009, egli scriveva lettere coraggiose, in cui giustamente affermava come il nuovo credo della “chiesa conciliare” fosse fondato sulla fede nell’“unico genocidio”, a sua volta “creatore dello Stato di Israele”. Se il Nostro oggi scrivesse cose di questo genere, siamo certi che la cattedra alla Lateranense se la sognerebbe; lui, comunque, per stare tranquillo, firma petizioni a favore della stessa entità (supra, n. 14) che solo qualche anno fa criticava (giustamente), e non fiata su Bergoglio e le sue malefatte. Alla fine, siamo costretti a rilevare come la fede in “Israele” accomuni molti tradizionalisti, o presunti tali (cfr. supra il caso di de Mattei).


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