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No, non esistono missili di Gaza
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Scusate, ma la storia diventa sempre più incredibile. Secondo Tsahal, i terroristi di Hamas, da Gaza attualmente sotto i bombardamenti incessanti degli F-16, hanno continuato a sparare «centinaia» di missili contro i poveri ebrei, che hanno il diritto di difendersi.



Qui sopra si vedono i «widget» che l’ufficio informazioni dello IDF fornisce e tiene aggiornato per i giornalisti amici. Quello di sinistra è il conteggio fornito il 15 novembre; quello di destra, è del 16 novembre. Si vedono strani mutamenti nel missili sparati «solo l’anno scorso» ossia nel 20: diminuiscono, da 651 passano a 627. Perché? Mistero. Ma prendiamo per buoni i dati di oggi: al 16 novembre, Hamas da Gaza ha sparato 396 razzi. Che hanno raggiunto, come dicono per certo i sionisti e i giornalisti amici loro, persino la lontana Tel Aviv, persino la periferia di Gerusalemme.

Perbacco! Israele ha davvero il diritto di difendersi da una simile pioggia di morte. Ma che tipo di missili e razzi ha Hamas, nella Gaza assediata da 4 anni? E tenuta a «cura dimagrante» da almeno sei? Se avete questa curiosità, l’ufficio stampa del glorioso Tsahal è prontissimo a soddisfarla. Ecco qui sotto la tabella che fornisce ai media:



Il più grosso e pericoloso è il Fajr-3 iraniano. Giornalisti italiani hanno spiegato che è «lungo sei metri, e perciò può essere nascosto nel cofano di un’auto», e così sfuggire alla vista dei droni, dei radar, dei satelliti-spia e degli osservatori a raggi infrarossi dei poveri israeliani.

Effettivamente, il Fajr – lo dice Tsahal – è lungo 6 metri e mezzo. Nella mia auto, una Golf, non ci starebbe. Ma è noto che gli assediati di Gaza dispongono di sfarzose auto private, SUV e Cadillac. Il missile pesa 2.017 libbre, ossia 915 chili; di cui 175 di testata esplosiva. Decisamente, nella mia Golf non ci starebbe.

Il Fajr 3 è molto visibile. Tanto più che mica potete spararlo così come si accende un fuoco artificiale; richiede la sua batteria lanciarazzi, qualcosa di simile agli «organi di Stalin», con volate di 12 razzi per volta. Solitamente, il tutto deve stare nel pianale di un autocarro 6 X 6. Al lancio, fanno un terribile frastuono e spaventose scie di fuoco e fumo (li ho visti personalmente, in mano ai serbi), immediatamente rilevabili da un avversario dotato di mezzi-spia.



Impressionante il numero 6: una panoplia di «sistemi avanzati russi anti-tank», capaci di «perforare le armature attive» degli israeliani: «Leggero e compatto, dà al gruppo anticarro più flessibilità, mobilità e capacità di colpire l’obiettivo». Insomma, un’arma che tiene a freno i colossali Abrams israeliani, i quali infatti non osano cominciare l’attacco di terra. In ogni caso, non è il tipo di razzi che colpisce Tel Aviv, anzi nemmeno Sderot: sono anticarro tipo Panzerfaust, gittata poche decine di metri.

Sorvoliamo. È certo che quelli di Gaza hanno sparato 396 di questi razzi; e lo fanno a cuor leggero, con grande abbondanza e spreco; dunque ne dispongono di molti di più, forse un migliaio? Due migliaia? Diecimila? Forniti dall’Iran, sicuramente. Però, come sono arrivati a Gaza? Qualche giornale dice, vagamente, «attraverso il Sudan». Guardate una carta e vedrete il lungo viaggio dei missili da 6,5 metri e 900 chili: devono attraversare il territorio egiziano, il deserto del Sinai, e infine, dopo un migliaio di chilometri, penetrare di contrabbando a Gaza.

Gaza: non so se avete presente, io sì perché ci sono stato. Gaza è sostanzialmente circondata da un muro – muro fisico, muro elettronico – che la chiude da tutti i lati: non solo da terra, ma dal cielo e dal mare, perché la flotta israeliana impedisce persino ai pescatori di uscire oltre poche centinaia di metri con le loro barche. Tutte le merci che passano a Gaza, passano attraverso i posti di blocco israeliani. Gli israeliani non lasciano passare nemmeno il cemento per ricostruire le macerie che hanno fatto loro durante «Piombo Fuso»; non lasciano passare nemmeno i libri di scuola. Solo cibi, quanto basta per continuare la dieta dimagrante da 1.400 calorie al giorno e non trasformare Gaza in un campo della morte per fame, perché gli scheletri viventi tipo Auschwitz non sono fotogenici.

A Gaza, insomma, non passa uno spillo, se Sion non vuole. Ah già, però Hamas ha scavato dei tunnel che passano sotto i posti di blocco. Passa di tutto, un vero mercato nero. Ma centinaia, migliaia di missili lunghi quasi 7 metri, con le rastrelliere di lancio?

I punti di entrata a Gaza, controllati tutti da Israele (meno Rafah). Come mostra la cartina, circonda completamente Gaza una zona cuscinetto larga un chilometro; se un palestinese entra in quella zona, viene immediatamente eliminato



Forse passano da Rafah, dove gli egiziani, oggi che al Cairo governano i Fratelli Musulmani, sono più favorevoli agli assediati di Gaza? Ma se fosse così, Israele avrebbe levato vocali ed altissime proteste ufficiali, per non parlare delle minacce, al governo di Morsi; armare Hamas sarebbe una gravissima violazione del trattato di pace. Invece, non c’è stata nessuna accusa agli egiziani in questo senso.

Mah. Prendiamo tuttavia per oro colato (o piombo colato) i dati israeliani. Essi sostengono che negli ultimi 12 anni da Gaza hanno sparato 12 mila razzi e missili, provocando «migliaia di feriti» e tanti morti. Ecco la propaganda israeliana (pardon, l’informazione) che lo attesta:



Quanti? Ventisei. 26 in dodici anni. Nel sito qui di seguito troverete i nomi dei poveri morti, e la data in cui sono stati uccisi: Dissecting IDF propaganda: The numbers behind the rocket attacks.

Di questi 26, cinque sono stati degli arabi o dei lavoratori immigrati. Altri sono stati uccisi durante le aggressioni israeliane, Piombo Fuso e l’attuale, Colonna di Nube; ossia i lanci si intensificano come risposta alle offensive israeliane, che sono fatte – a loro dire – per dissuadere dai lanci. Fra un attacco israeliano e l’altro, i razzi lanciati calano.

Dunque, 21 uccisi in 12 anni, ossia da quando la storia dei razzi è cominciata. E la popolazione ebraica esposta ai tiri ammonta ad un milione. Il sito sopra citato ha provato a calcolare – sulla base dei dati forniti da Israele – il «tasso di uccisioni» rispetto ai razzi tirati: sono 0,175%. Per ammazzare un israeliano, quelli di Gaza devono sparare 500 missili. È un bilancio da far cascare le braccia a qualunque sottufficiale, per tanto dilettantismo, incapacità militare ed imprecisione da parte di terroristi incalliti; e uno spreco enorme di materiali bellici preziosi, costosi, rari e fatti arrivare con gran fatica, spese e (spesso) alti costi di vite umane per i lanciatori. Viene da consigliare: lasciate perdere ragazzi, non siete capaci.

Ma un momento: Michael Oren, ambasciatore israeliano a Washington, ha scritto sul Wall Street Journal nel 2008 (infuriava Piombo Fuso): i lanci di razzi da Gaza, «più che un rozzo tentativo di uccidere e terrorizzare civili, esprimono un intento di genocidio». (Palestinians Need Israel to Win)

Per realizzare un genocidio dei 6-7 milioni di ebrei israeliani, al tasso attuale di uccisioni, occorrerebbero ad Hamas 4.477.714.286 razzi e mortai (diciamo 4 miliardi e mezzo in cifra tonda) sparati ininterrottamente, al ritmo attuale, per prossimi 4,5 milioni di anni. Ma solo, s’intende, se l’intera popolazione israeliana si ammassa nel Negev occidentale, per mettersi a tiro dei mortiferi missili. Perché i palestinesi non possono certo uscire da Gaza.

Le ridotte attitudini belliche di Hamas e dei suoi miliziani saltano all’occhio. Non sarebbe meglio procurarsi mitragliatrici, mortai e cecchini addestrati, che possono costituire un deterrente più serio in combattimenti in aree densamente popolate, ossia quando le truppe israeliane irrompono nella Striscia? Oltretutto: quanto costa ad Hamas tutto quel materiale? Certamente centinaia di milioni di dollari. Ma qui interviene il noto Magdi Cristiano Allam: «L’Europa smetta di finanziare i missili di Hamas». Quei soldi vanno in aiuti per lo più alimentari, ai campi profughi gestiti dall’ONU e agli stipendi per i pubblici dipendenti palestinesi. Magdi Ebreo Allam. Spero per lui, almeno, che lo paghino per dire quel che dice. (L'Europa smetta di finanziare i missili di Hamas)

Non è tutto. Da Piombo Fuso in poi, i lanci sono molto diminuiti, riducendosi quasi a nulla. Hamas (il regime terrorista) ha mantenuto una tregua da allora, reprimendo i lanci da parte di gruppuscoli estremisti. Ahmed Jabari, il capo «militare» di Hamas ucciso da un missile israeliano il 14 novembre, era appunto il dirigente che cercava di impedire i lanci da parte di jihadisti improvvisati, che Hamas non riesce a controllare. Mi viene da sospettare che Jabari sia stato ucciso per questo.

Se devo dirla tutta, non credo affatto che Hamas o nessuno a Gaza disponga di tutti questi razzi, Grad, anticarro, obici di mortaio da 60 e 90 mm. Come sappiamo, metà della popolazione di Gaza ha meno di 16 anni. Potete immaginare quanti ragazzini là hanno voglia di reagire, colpire i loro assedianti che ogni giorno li strangolano e li colpiscono; giudicano «molle» Hamas, fremono dalla voglia di uscire dall’impotenza, vogliono menare le mani. Finalmente, trovano un vero musulmano, un autentico jihadista adulto, che dice loro: «Le armi ve le dò io. Sono iraniano (sono Hezbollah, sono uno di Al Qaeda)». Il tizio parla arabo con i vari accenti del caso, ha l’aspetto di un arabo, modi arabi, si prostra in preghiera come un arabo. I ragazzini si trovano forniti di razzi e razzetti – e sparano.

Ecco il casus belli che Israele attendeva. Che ha provocato con i suoi agenti che parlano arabo con l’accento giusto, sembrano arabi, si comportano come arabi. Una recita a beneficio degli adolescenti gonzi di Gaza.

Vi sembra impossibile che sia Israele ad armare i gruppuscoli jihadisti, gli estremisti irrazionali? In realtà, è una politica israeliana costante. Lo scrisse a chiare lettere la dottoressa Anat Kurz, dei Jaffee Center dell’Università ebraica di Tel Aviv. In un «Memorandum numero 48» pubblicato nel luglio 1997, la Kurz rivela che fu il governo Begin a fornire ad Hamas lo stato di associazione legale, già nel 1979, «in coerenza con la politica israeliana di rafforzare i gruppi islamisti come contrappeso ai gruppi nazionalisti palestinesi (...) Israele ha sempre avuto un occhio di riguardo per l’Associazione Islamica (ossia Hamas). Nel 1984, quando si scoprì che essa aveva costituito depositi segreti di armi, i suoi capi furono imprigionati, ma le autorità israeliane non hanno soppresso l’associazione» (1).

Hamas fu creato come ala estremista – manipolando psicologicamente giovani palestinesi traumatizzati, e «curati» in speciali ospedali psichiatrici (il 10% della popolazione palestinese subisce ricoveri o prigionia) per mettere in difficoltà Arafat, che a capo dell’OLP diventava sempre più moderato, e dunque disposto ad accordi di pace: accordi che Israele deve assolutamente scongiurare, perché la guerra permanente (e altamente squilibrata a suo favore) le serve per ripulire definitivamente la terra «sacra» in cui restare sola. Per anni, appena Arafat si sedeva ad un tavolo di negoziato, Hamas compiva un attentato clamoroso e sanguinoso – la parte israeliana faceva saltare il tavolo, urlando: «Ecco, non si può trattare con voi palestinesi». E giù bombe. Anche su giornalisti. Per due volte l’aviazione israeliana ha centrato la sede di vari centri stampa, da Russia Today all’iraniana Press TV. Un cameramen ha perso una gamba. (Gaza L'Armée Juive Sioniste S'Attaque Aux Journalistes Au Moins 6 Blessés)

È il vecchio trucco dell’agente provocatore (2), più volte denunciato da Arafat buonanima. Adesso Hamas è diventato moderato, e tocca a loro subire il trattamento.

Appena eliminato Jabari, è ricominciata la pioggia di razzi da Gaza



Gherson Baskin, il pacifista israeliano mediatore della liberazione del soldato Shalit e che aveva ben conosciuto Jabari in quell’occasione, ha sostenuto – l’ho già scritto – che il capo militare palestinese aveva pronta una proposta di tregua permanente, che stava presentando attraverso i servizi d’intelligence egiziani – gli egiziani fanno da mediatori nelle trattative. «I dirigenti d’Israele erano al corrente di questo, e tuttavia hanno approvato l’assassinio». Non «tuttavia», ma «per questo». Dopo la morte del controllore dei jihadisti in erba a Gaza, è cominciata la «pioggia di razzi» che ha dato la scusa ad Israele per lanciare bombardamenti dal cielo, da terra e dal mare. Con un tasso di uccisioni notevolmente superiore a quello dei terroristi (3).

«Hamas è stato il primo ad aggredire», dicono i media occidentali. Se mai il secondo, dopo l’omicidio di Jabari. Ma Israele ha cominciato molto prima. Jabari è stato ammazzato il 14 novembre; dieci giorni prima, il 5, un povero innocente di vent’anni, sofferente di turbe mentali, di nome Ahmad al-Nabaheen, è stato centrato dai soldati israeliani mentre gironzolava presso la frontiera. E poi l’8 novembre il glorioso Tsahal, da un elicottero, aveva trucidato Amid Abu Dakka, un ragazzino di 13 anni, mentre giocava al calcio con amici presso Khan Younis, forse troppo vicino alla zona-cuscinetto o terra di nessuno. Dall’elicottero, i militari gli hanno sparato alla testa. (Palestinians: 13-year-old boy is killed in Gaza)

Un delitto brutale, inumano e immotivato. Dopo questo assassinio dei palestinesi hanno sparato a soldati israeliani, che già si trovavano «dentro» il territorio di Gaza, compivano un’incursione con armi ed automezzi militari. Israele ha fatto rappresaglia, uccidendo altri due ragazzini, e poi ha mitragliato il funerale di uno di questi. Insomma ha fatto di tutto, deliberatamente, per provocare la rabbia delle sue vittime. Ed avere il pretesto per completare un’altra fase della sua pulizia etnica a passi successivi.

«Hamas resiste, non vuole la tregua»

Questa è l’ultima. Il governo egiziano sta febbrilmente tentando di ottenere una tregua dalle due parti, prima dell’invasione di terra – Israele ha lanciato un ultimatum in questo senso. Ebbene, che cosa fa Hamas? «Stay defiant», dicono i media americani, ossia con aria di sfida rifiuta le condizioni della tregua. Israele accusa: i colloqui sono una burletta. E continua a bombardare, colpire, uccidere, mirando anche ai giornalisti che sono a Gaza. Che cosa rifiuta esattamente Hamas? Israele pretende, fra l’altro, questo: la creazione di una zona-cuscinetto più larga di quella esistente (un chilometro), scavata interamente nel territorio di Gaza: il territorio più densamente affollato del mondo, più di Hong Kong ma senza la ricchezza pro-capite di Hong Kong. È questa la tipica tattica israeliana: inventare richieste che sa l’altra parte dovrà rifiutare, onde poi accusare la controparte di far fallire il negoziato.

«Solo Israele vuole la pace»

Il ministro degli Interni israeliano Eli Yishai: «Lo scopo dell’operazione è portare Gaza indietro al Medio Evo, distruggendo tutte le infrastrutture, strade ed acquedotto compresi. Solo allora Israele avrà pace per 40 anni». (Israel Dep PM Yishai: “We must blow Gaza back to the Middle Ages destroying all the infrastructure including roads e water”)

E questa è di Fred Skolnik, il curatore della Encyclopedia Judaica in 22 volumi (nuova edizione in corso): «Non esiste alcuna Palestina storica che abbia nulla a che fare con gli arabi, né esiste là una popolazione musulmana indigena. La maggior parte degli arabi con pretese radici nella Terra di Israele sono arrivati da altre parti dl mondo arabo tra il 19° e 20° secolo, mentre gli ebrei sono continuamente presenti nella Terra di Israele da 3 mila anni». (A Zionist worldview and the slaughter in Gaza)

È l’esatto contrario della verità. È la nuova «narrativa» in formazione: «Noi? Siamo sempre stati qui. Da epoche immemoriali. Da tremila anni. Lo dice l’Enciclopedia Giudaica... ». E i palestinesi? «Quali palestinesi? Non c’è mai stato un solo palestinese, qui. C’è qualche arabo che è arrivato, ma nel 1900».

Presto Magdi Talmud Allam la farà sua.




1) Vedasi il capitolo «Hamas Psichiatrico», in Maurizio Blondet, Chi comanda in America, EFFEDIEFFE edizioni, 2002.
2) Israele è il maestro riconosciuto di «false flag». Del resto, non occorre andare tanto lontano per vedere all’opera agenti provocatori: durante gli anni di piombo, da noi, fascistelli sedicenni si vedevano offrire pistole o bombe a mano da maturi camerati, che poi erano della Digos. E li arrestavano.
3) Un medico canadese che si trovava a Gaza ha mandato un rapporto, l’11 novembre, sul tipo di ferite che ha visto e tentato di curare all’ospedale di Shifa: «I feriti erano tutti civili che presentavano ferite multiple perforanti, da schegge dartiglieria: lesioni cerebrali, ferite al collo, emo-pneumotoraci, tamponamento pericardiale, rottura della milza, perforazioni intestinali, amputazioni traumatiche. E tutto ciò in mancanza di una radiografia di controllo, con pochi stetoscopi, una sola macchina ad ultrasuoni... vittime con ferite gravi ma non i pericolo imminente di vita sono state rimandate a casa con lindicazione di tornare allindomani, a causa del grande numero di feriti gravissimi da trattare. La profondità delle ferite dovute alle schegge di obici dava i brividi. Ferite piccole in superficie, ma che producono guasti interni massicci... e tutto con pochissima morfina disponibile per attenuare il dolore». Notare: gli israeliani indicati da Tsahal come «feriti» dai razzi di Hamas, sono per lo più stati curati per «trauma psichico». (Denunciamo il fallimento della stampa ufficiale nel silenziare la gravità del contesto e delle atrocità commesse da Israele contro Gaza)



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