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Conoscere la miseria USA (presto anche da noi)
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Da mesi in tutti gli Stati Uniti i dipendenti di McDonald’s scioperano e manifestano in piazza per strappare una paga minima di 15 dollari l’ora.

John D’Amanda è uno di loro: lavora in un McDonald’s di Oakland, California, da cinque anni. Ciò che racconta è uno spaccato rivelatore di come tratta i lavoratori la società che applica col maggior rigore ideologico la dogmatica liberista.

«Prima», dice John, «come milioni di americani ero un piccolo imprenditore. Lavavo vetri e vetrine per negozi e case in tre provincie, San Francisco/Alameda/Contra Costa. Quando l’economia è affondata, la mia impresa è affondata con essa: i miei clienti tiravano la cinghia e hanno smesso di servirsi di agenzie di pulizia. Persi i clienti, ho avuto difficoltà a pagare le bollette e i conti; e alla fine sono stato sfrattato dal mio appartamento»!

Anche l’auto che John, come tutti, aveva preso a credito, gli è stata sequestrata, perché ha saltato le rate. «Era quella che mi consentiva di muovermi per andare al lavoro e non potevo permettermi un’altra auto. Sono stato a un pelo da diventare un barbone». E questo, ci tiene a dire, «mentre fra tutti i miei guai non ho mai smesso di lavorare». Ha presto trovato lavoro a McDonald’s: «Part time, di rado mi fanno lavorare per 25 ore a settimana, mi chiamano ad ore imprevedibili», sicché John deve essere di fatto a disposizione sempre, non pagato. «Il mio salario non basta a pagarmi un appartamento tutto mio, pagare il dottore, comprare un’auto. Questo dopo cinque anni di lavoro. Data la mia situazione finanziaria, ho tagliato le mie spese di vita più possibile».

E qui il suo racconto rivela, nella società americana dei lavoratori poveri, sentori paradossalmente sovietici. La coabitazione forzata, ad esempio:

«Vivo in affitto in una stanza in condivisione, in una casa dove ho il bagno e la cucina in comune con altre 7 persone. Per andare al lavoro non uso il treno: con quello arriverei prima, ma risparmio usando il pullman tra casa e McDonalds. La sera, ci metto anche due ore per tornare». I treni infatti sono costosissimi. Il mezzo di trasporto dei poveri è il pullman tipo Greyhound.

«Mi sono dato da fare per avere i buoni-pasto, ma a causa dei miei orari di lavoro e del tempo per andarci e tornare, è stato impossibile per me avere il necessario colloquio faccia a faccia con l’addetto alla previdenza». I buoni-pasto (food stamps), con cui si possono comprare cibi nei supermercati (o l’hamburger dal fast food) sono la forma principale, per non dire l’unica, di previdenza sociale americana. Sono oggi 45,8 milioni gli americani che vi ricorrono, una percentuale mai raggiunta nella storia. È in aumento sistematico dal 2007: allora, l’anno in cui iniziò la crisi recessiva l’8,5% degli americani era assistito con food stamps, oggi sono il 14,5.

Fatto triste e sinistro, per la prima volta l’anno scorso, la maggior parte dei percettori di buoni-pasto non sono più le ragazze madri o i vecchietti, ma «gli americani in età di lavoro, tra i 19 e i 55 anni»; magari lavoratori, come John. Non sono nemmeno più lo strato più ignorante, meno istruito e meno qualificato della società: il 28% delle famiglie che campano con i food stamps sono capeggiate da una persona che ha almeno frequentato le superiori. Nel 1980, erano solo l’8%.

«Le cose sono un po’ migliorate da quando il mio comune ha varato un salario minimo di 12,25 $ all’ora», continua D’Amanda, «e appena entrato in vigore, e mi aiuta a stare al passo con le bollette. Forse riuscirò a risparmiare abbastanza da comprare un’auto con cui potrei ricominciare il lavoro di lavare le vetrine. Però, con questo aumento, devo scegliere tra risparmiare per tornare al mio business e coprire costi come le cure dentarie. Un altro disastro e perdo tutto».

Il disastro è la spesa imprevista, urgente e necessaria, che la durezza della vita può assestare al povero.

«Per esempio, il mese scorso sono andato al pronto soccorso con un fortissimo mal di denti. Il dottore me ne ha tolti sette in una sola seduta. Adesso avrei bisogno di protesi che non mi posso permettere. Amici e la mia famiglia, là in Florida, stanno facendo la colletta per aiutarmi. Ma non dovrebbe essere così. Non è così che si aggiusta l’economia rovinata e si da opportunità alla gente. Ci hanno detto che in America, chi lavora sodo ce la fa. Che se tagli le spese risparmi e vivi in modo frugale, riesci. Io ho fatto tutto questo e continuo a penare sull’orlo della miseria. Per questo lotto per i 15 dollari l’ora. Per quanto sta in me, posso dirvi che le cose per me cambierebbero del tutto, se facessi 15 dollari l’ora. Potrei risparmiare per riprendere la mia impresa e rimettermi in piedi. Quando gli americani lavorano duro, meritiamo di essere pagati abbastanza da mantenere noi stessi e la nostra famiglia...».

La cosiddetta ripresa

E ciò durante quella che viene dichiarata con squilli mediatici una ripresa. L’anno scorso, 109 milioni e 930 mila americani hanno fruito di qualcuno dei 18 programmi di assistenza alimentare i cui nomi sono in sé eloquenti: dal «Programma Nazionale di pranzi scolastici» al «Programma di Supplemento Nutrizionale per Donne, Infanti e Bambini», fino al «Programma Speciale Latte». I food stamps fanno la parte del leone anche come costo: 74,6 miliardi di dollari, per assistere 46 milioni di americani che da soli non ce la fanno. Con il perdurare della depressione (pardon, «ripresa»), la situazione si aggrava in modo inimmaginabile. Attualmente, il numero di americani che ogni mese, per una o l’altra ragione, ottengono sussidi alimentari o d’altro genere dai programmi federali, ha per la prima volta superato il numero dei lavoratori a tempo pieno nel settore privato: oltre i 60 milioni. Il 20% delle famiglie americane non hanno nessun membro che porti a casa un salario lavorativo: si tratta di 16 milioni e 127 mila nuclei familiari.

Il tasso di disoccupazione ufficiale, l’invidiabile 5,5% per di più in calo, non è dovuto ad un aumento dei posti di lavoro, a un fenomeno mai forse accaduto prima nella «terra delle opportunità»: il ritirarsi di milioni di persone dalla massa della forza-lavoro. Un fenomeno che tristemente è cronico nel Meridione italiano, fa dell’America un grande Sud: là, 93 milioni di cittadini (teoricamente) in età da lavoro non lo cercano più, e non sono contati nelle statistiche di disoccupazione (in compenso, è sempre più alto di quelli che lavorano oltre i 65 anni, non avendo pensione per ritirarsi). Se la partecipazione alla forza-lavoro tornasse ad essere quella che era nel 2008, già solo per questo il tasso ufficiale di disoccupazione salirebbe al 10,4%.

Quanto a chi il lavoro ce l’ha, uno studio degli economisti di Princeton ha scoperto che un terzo circa delle famiglie americane campano «da un mese all’altro», ossia spendendo tutto il salario o stipendio e gli autori della ricerca sono rimasti stupefatti scoprendo che il 66% di queste famiglie con l’acqua alla gola sono famiglie della classe media, con un reddito mediano annuo di 41 mila dollari, e spesso con casa propria (di cui stanno pagando il mutuo) e versamenti per la pensione privata in corso. Questo campare da un mese all’altro rende estremamente vulnerabili le famiglie USA anche relativamente agiate: un incidente, una malattia, un imprevisto che richieda una spesa le butta sul lastrico. Letteralmente.

Il motivo è stato ben studiato: quando arriva l’imprevisto bisogno di soldi per una delle vicissitudini della vita (e 2 famiglie americane su 5 dichiarano di non essere in grado di tirar fuori 2 mila dollari per la bisogna) ci si rivolge al credito a breve, carissimo, che è fornito da banchi di pegno con bottega aperta, che sono nati come funghi, con la scritta «Cash Advance» e «Payday Advance», ossia: anticipi sulla paga, che spesso prestano rivalendosi sul bene più ovvio, l’auto: è così che Susan Fronczak, una sessantenne dell’Arizona, ha perso la sua macchina. Aveva ottenuto 2 mila dollari in prestito dando come garanzia l’auto; scoprendo che il prestatore le aveva imposto un tasso d’interesse del 182 per cento annuo. Per il prestito di 2 mila, doveva restituirne 3.860. Susan non è riuscita a pagare il rateo mensile, e le è stata portata via la macchina (che le serve per andare al lavoro, mancando o essendo carissimi i trasporti pubblici). Alla fine, per riavere la vettura, ha (con l’aiuto di una figlia) pagato la penale: a cose fatte, i 2 mila dollari in prestito gliene sono costati 5 mila.

«Nel 2009, sono diventato una senza-tetto e indigente per aver assistito mia madre malata terminale», ha scritto per esempio James Abro al sito Talkpoverty.org.

«I miei genitori erano la gente che lavorava più sodo che avessi mai conosciuto», scrive Danielle, 21 anni, la figlia di Jodi e Randy Speidl: due coniugi sopra la quarantina di Bellefontaine, Ohio, che si sono tolti la vita soffocandosi... con due barbeque a carbonella, perché gli avevano tagliato il gas. Entrambi colpiti da malanni cronici, non potevano più lavorare. A lui avevano prospettato un posto di lavoro, ma a 30 miglia da casa e senza macchina come si fa? Avevano passato l’inverno senza riscaldamento, mangiando una volta al giorno; l’ultima settimana sono rimasti anche senz’acqua, perché non avevano potuto pagare la bolletta. Jodi non aveva potuto cucinare il cibo che aveva ricevuto coi food stamps. Questo li ha decisi a porre fine alle loro vite. Anche se avevano ancora nel cassetto 33 dollari.

Morire di denti guasti



Deamonte Driver, un ragazzino nero di 12 anni del Maryland, è morto – ci si creda o no – per di mal di denti: sua mamma, anche lei senzatetto, non ha potuto pagare gli 80 dollari per l’estrazione del dente infetto e in ascesso, nessuno dei dentisti a cui s’era rivolta hanno accettato di operare sotto Medicaid (la previdenza dei poveri, minima) e l’infezione è diventata setticemia. Non è affatto un caso isolato: secondo l’American Dental Association negli ultimi 8 anni, 66 persone sono morte dopo essere state ricoverate per un’infezione dentaria. Il fatto che le bocche dei poveri siano un disastro di denti marci non curati ha provocato «una epidemia silenziosa di malattie del cavo orale», ha ammesso l’ufficio del Surgeon General (il capo di tutta la sanità pubblica americana) in uno studio del 2000. Malattie che, si ricordi, provocano a loro volta complicanze infinite, anche cardiopatie gravi.

Durante l’attuale recessione, dal 2007 ad oggi, il reddito dell’americano è calato dell’8,3%. Naturalmente questo calo riguarda le classi inferiori ed anche la classe media: il reddito mediano quasi da benestanti di famiglie con 51.017 dollari l’anno, è calato rispetto al 2011, quando il reddito mediano (non medio) americano era di 51.100; e nel 1999, questo reddito mediano era di 56.080 dollari annui. Una discesa inesorabile.

Dal 1967 ad oggi – ossia in 48 anni – gli americani nel mezzo della curva dei redditi hanno visto i loro guadagni aumentare del 19% – ossia di un paralitico 0,39% annuo; il 20% di americani in fondo alla scala dei guadagni, hanno visto il loro reddito positivamente tagliato nell’ultimo mezzo secolo: - 7,4%. Frattanto gli americani del 5% superiore hanno visto i loro redditi aumentare del 72,7 %. Quelli dell’1% supremo, si sono accaparrati aumenti stellari, come si sa: più 95%.

E questo avviene nel Paese più ricco del mondo, il cui Governo spende 800 miliardi l’anno per l’apparato bellico (Pentagono), e per spargere a grandi costi il caos in nazioni lontane. Il Paese che applica con più efferato rigore dottrinario i dogmi del liberismo capitalistico, giustifica le durezze che impone alla sua popolazione povera con il discorso della «efficienza»: il capitale sa come retribuire il lavoratore in base al merito. Secondo la brutale teoria, i milioni di poveri sono poveri per loro colpa (1): perché sono inefficienti, ossia meno produttivi (per esempio) del miliardari di Wall Street.

In realtà, la produttività della forza lavoro americana è aumentata nell’ultimo trentennio. Solo che, mentre negli anni ’60 il lavoratore riceveva il 50% della ricchezza che lui stesso produceva, oggi molto meno. Se il lavoratore americano ricevesse lo stesso 50% della sua produttività come allora, la paga minima sarebbe di 17,5 dollari l’ora. Come ammette questa ufficialissima tabella dell’Ufficio del Lavoro USA. Che essendo del 2012, ha 16,54 dollari l’ora come salario minimo «giusto»: oggi è appunto oltre i 17,50 dollari l’ora. Molto più di quei 15 dollari per cui lottano gli schiavi della McDonald’s. I quali però sono quasi dei privilegiati: il salario minimo a livello federale è solo di 7,25 dollari l’ora. Meno di 6 euro.



A questo si riduce dunque «l’efficienza» capitalistica terminale, la leggendaria |«miglior allocazione del capitale» che l’assoluta libertà di mercato senza regole consentirebbe : ad un enorme esproprio della produttività dei lavoratori poveri da parte dei pochi ricchi e ricchissimi. Detto altrimenti, il Capitale si arricchisce rubando la giusta retribuzione del Lavoro, o come dice Warren Buffett, «in USA c’è la lotta di classe, e l’abbiamo vinta noi». Noi miliardari, intende.

I ricchi hanno derubato i lavoratori non solo della produttività aumentata, ma anche della perdita di potere d’acquisto da inflazione. E il risultato di tanta «efficienza» ultracapitalista sta ottenendo il risultato che non aveva previsto: negli ultimi trimestri, la produttività del lavoro in USA cala, inesorabilmente, di quasi il 2% a trimestre. Una società con 93 milioni di inoperosi, e dove quelli che lavorano sono gente con la bocca piena di ascessi, con la salute trascurata, che mangia una volta al giorno, a cui è stata sequestrata la macchina che gli serve per arrivare al lavoro e quindi si fa quattro ore al giorno su mezzi pubblici, che come «casa» ha un letto in coabitazione con 7 estranei con cui divide bagno e la cucina – quando non abita in tende – e che non ha prospettive di pagare i suoi debiti arretrati, ovviamente non è in grado di produrre con l’energico entusiasmo desiderato dal Capitale.

La maggioranza repubblicana al Congresso, in piena e deliberata coscienza, ha proposto la «soluzione»: tagliare ulteriormente le spese dell’assistenza sociale alimentare, che bolla come «spreco di denaro pubblico» e «statalismo», assistenzialismo che rende meno pronti i disoccupati a cercare lavoro. La Camera bassa ha già votato un taglio del «Supplemental Nutrition Assistance Program», uno dei programmi di sostegno alimentare, calcolando che ciò produrrebbe «un risparmio di 125 miliardi in cinque anni». Sorvolando sul fatto che 12 milioni di americani, specie bambini e vecchi, resterebbero fuori dall’assistenza, e ciò costerebbe all’economia 286 mila posti di lavoro in un solo anno: ciò perché la perdita di potere d’acquisto di questa ulteriore massa di derelitti si ripercuoterebbe a cascata nell’economia generale, subito in botteghe e supermercati che accettano i food stamps, poi nei fast-food (McDonald’s dovrebbe licenziare, anzi lo sta già facendo), poi elle industrie di produzione alimentare, nei trasporti eccetera.

In gara, il Congresso si propone di cancellare lo Affordable Care Act, la legge sulle «cure sanitarie abbordabili» (il malfatto programma di Obama per l’assistenza sanitaria, che bene o male assicura qualche milione di negri e di latinos), e l’azzeramento del Pell Grants, ossia delle borse di studio pubbliche con cui di fatto 60% degli studenti negri e metà de Latinos riescono a frequentare le superiori (college): tolto quello, questa parte della popolazione dovrebbe legarsi ai prestiti bancari per gli studi, che è la prima schiavitù debitoria in cui incorrono gli americani migliori (dovranno pagare il debito coi loro stipendi per i primi anni, e gli stipendi diminuiscono), oppure abbandonare ogni prospettiva di istruzione.

Ancora più frenetici, Camera e Senato a gara di disumanità vogliono azzerare la Social Security Disability Insurance, che la sola via per cui gli inabili e gli handicappati fisici e psichici possono lavorare in posti di lavoro sussidiati; il risultato sarà che alcuni milioni di inabili, handicappati e mongoloidi che bene o male portano a casa un modesto salario, finiranno di nuovo senza lavoro, aumentando la massa degli inattivi e gravando sul sistema di sussidi di disoccupazione. E gettando le famiglie dei disabili ancora più a fondo nella miseria.

È lo stesso parlamento che sta per votare una legge che annulla la tassazione sulle grandi proprietà immobiliari, ciò che inonderà lo 0,2% della popolazione già ricchissima, di 2,5 milioni più ricca per ogni sua proprietà.

È l’implacabile brutalità, l’insensibilità che viene dal dottrinarismo ideologico: liberista in questo caso, ma analoga al dogmatismo della Nomenklatura sovietica, per la quale se la realtà smentiva la Teoria, era la realtà che andava piegata alla Teoria, a forza di Gulag e terrore.

Il mondo marxista-leninista è caduto «per le sue interne contraddizioni». L’ideologia americana di mercato, applicata con crudele cecità, sta ottenendo il calo della produttività, la schiavizzazione, l’espulsione di un terzo degli americani dal lavoro e dal salario. A MacDonald’s, già si sta sperimentando la soluzione: sostituire i lavoratori che chiedono troppo (15 dollari l’ora) con robot. Probabilmente sarà un successo....salvo che i clienti diminuiranno, perché non hanno i 3.99 per l’hamburger. È un’interna contraddizione? Sicuramente.

Anche questa ideologia, il Capitalismo terminale di Wall Street, dunque cadrà. Dopo quante enormi sofferenze, per quanti popoli, lo stiamo appena cominciando a sperimentare. Infatti, se ho parlato dell’America e della sua popolazione di poveri derubati, è perché la stessa ricetta sta applicando la UE, sotto al Germania e la Banca Centrale. Ricordate Padoa Schioppa? «Nell’Europa continentale va attuato un programma completo di riforme strutturali ....guidate da un principio unico: ridurre il livello delle protezioni che nel corso del ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci di fortuna, con la sanzioni o la ricompensa dei difetti e delle qualità».

Lo smantellamento della civiltà sociale europea, ecco il programma.

Siatene certi: nemmeno gli ideologi di Bruxelles, culturalmente subalterni al Capitale ideologico globale americano, cambieranno strategia, nemmeno quando milioni di europei moriranno per infezioni orali da denti marci non curati, si faranno sequestrare la macchina dal creditore del banco-pegni, e il numero di quelli che non lavorano né studiano sarà un terzo della popolazione. Poi, certo, anche questo Sistema cadrà per le sue interne contraddizioni. Ma forse quando saremo tutti morti.





1) Si noterà che in USA, la categoria dei poveri è bollata e stigmatizzata da quello stigma da cui è la «società aperta» liberista vieta di bollare, per esempio, gli omosessuali. I gay non si vergognano più, hanno il diritto all’orgoglio; sono i poveri che si devono vergognare, immondi inefficienti. I gay possono sposarsi e adottare bambini; i lavoratori poveri non si sposino, non se lo possono permettere.



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