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Comparsa e trionfo dell’Homo Insipiens
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Il sospetto circolava da tempo. Ora è certezza scientifica: noi occidentali diventiamo di giorno in giorno più stupidi.

La Scienza è qui rappresentata dall’università di Amsterdam, dove una equipe studia qualcosa che si chiama «psicologia organizzativa»: tali studiosi hanno preso per base misurazioni psicometriche eseguite nel 1884 da Francis Galton – cugino di Darwin, eugenetista razziale e fanatico metrologo, ossia misuratore di ogni cosa, dalle scatole craniche alla lunghezza degli arti, dai millimetri di pioggia caduta ogni giorno dell’anno fino alle impronte digitali – e le hanno confrontate le prestazioni di individui attuali. In breve, si trattava dei tempi di reazione a stimoli visuali. Ebbene: i vittoriani del 1880 reagivano in media in 194 millisecondi, gli studenti olandesi usati come cavie di oggi, in 275 millisecondi. (People Getting Dumber? Human Intelligence Has Declined Since Victorian Era, Research Suggests)

Ciò significa, in base ai complessi calcoli dell’equipe di Amsterdam, che rispetto all’uomo dell’età vittoriana, noi abbiamo perso 14 punti di Quoziente Intellettivo.

Soltanto 14 punti?, è stata la mia prima reazione alla notizia (avevo appena visto Ballarò). Ma c’è poco da ridere, perché un altro reparto della Scienza – la paleo-antropologia – porta triste conferma del nostro rincretinimento: l’antropologo John Hawks dell’Università del Wisconsin sostiene che esso è cominciato già 20 mila anni fa. Almeno a giudicare dalle scatole craniche, l’uomo di allora aveva un cervello medio di 1500 cm cubici (il Cro Magnon superava i 1800), contro i 1350 dei nostri contemporanei. Il restringimento del cranio s’è prodotto fra tutti i popoli, Europa ed Asia, Cina ed Africa. Di questo passo, dice il professor Hawks, ci avviciniamo inesorabilmente ai miseri 1100 cm cubici dell’Homo Erectus, vissuto mezzo milione di anni fa, che poveretto non era certo una cima; alcuni testi ancora lo raffigurano peloso come un gorilla, e si sospetta che l’anatomia delle sue vie aeree non gli permettesse veramente di parlare.

Insomma, ecco la vera rivoluzione scientifica: l’evoluzione darwiniana funziona sì, ma a rovescio. Dall’Homo Sapiens siamo scaduti all’attuale Homo Insipiens, e stiamo regredendo all’Homo Stupidissimus. Anzi, bisogna confessare che ne vediamo emergere attorno a noi le inarticolate e belluine moltitudini, dovunque: nei governi, nelle direzioni delle finanziarie, negli stadi, nei concerti pop, nelle discoteche, sul web. Se le grotte di Lascaux e di Altamira ci hanno conservato gli splendidi graffiti del Sapiens di 20 mila anni orsono, basta confrontarli coi graffiti urbani di oggi, per misurare tutta la nostra decadenza. I nostri bisnonni furono ancora in grado di trovare soluzioni alla crisi del 1929 (o almeno le cercarono); i nostri contemporanei governanti non ne sono più in grado. A dirla tutta, anche la Scienza – cui dobbiamo la preziosa misura del nostro QI calante – non è più quella dell’altro ieri: dovunque sterilità inventiva, rammollimento mentale, indebolimento intellettivo. Ohimé.

Le spiegazioni che la suddetta Scienza dà del nostro regresso intellettuale sono a loro volta, direi, una prova del rincretinimento della Scienza medesima: essenzialmente, torna a calcare le orme della più screditata eugenetica di un secolo fa. «La selezione genetica s’è rilassata quando l’umanità ha avuto a disposizione più cibo con la diffusione dell’agricoltura, 12 mila anni fa», sostiene Gerald Crabtree, patologo a Stanford. Il gruppo di Amsterdam addita la fertilità più bassa delle donne col QI più alto, mentre sono le donne più deficienti che fanno più figli: sembra di riascoltare Malthus. Negli ambienti scientifici si arriva ad accusare la carenza di Omega 3 nella dieta dell’uomo moderno – tutto hamburger e patatine – rispetto a quella dei nostri antenati caccia-raccoglitori, che piluccavano noci e lumachine, vongole e bacche di bosco, pesciolini e lepri, occasionalmente accompagnati da rari festini con mammut e midollo umano di nemici uccisi.

Con tutto il rispetto, queste motivazioni evocano spiegazioni esclusivamente materiali, in linea con l’aggravarsi riduzionistico-materialistico, che è la deficienza originaria dell’ideologia scientifica. Noi, senza alcuna pretesa di farne una lista esaustiva, ma come contributo all’augusto dibattito, osiamo additare una seria di altri potenti Agenti di Rincretinimento.

Alla rinfusa:

Lo smartphone: come può constatare chiunque salga su un mezzo pubblico, e vede miriadi di giovani menti nell’atto di inebetirsi fissando il piccolo schermo. Tweet e Facebook, rovina definitiva e irreversibile dei citrulli, politici prima degli altri (ormai non leggono nulla oltre le 114 lettere, e ignorano la storia dalle ore 24 di ieri indietro).

Wikipedia: istituzione da maneggiare con cura, perché dà ai citrulli l’illusione che non è più necessario sforzare il cervello a studiare, a ricercare la verità, perché «vai su Wiki».

L’istruzione obbligatoria di massa: potentissimo fattore di appiattimento cerebrale – specie da quando s’è sviluppata la «scienza pedagogica» e la velleità di «sviluppare la creatività» dei bambini, con abolizione delle aste-e-puntini e delle tabelline. La maestre elementari che insegnano a «fare ricerche», ossia invitano gli scolari a andare su Wikipedia e fare il copia-incolla. Il diploma che dà ai cretini che l’hanno ricevuto, la falsa convinzione di aver diritto ad una scrivania e ad uno stipendio, di preferenza pubblico. La laurea, che dà all’italiota (sinonimo di cafone) di essere persona colta – così colta da non aver più bisogno, per tutto il resto della propria vita, di aprire più in libro; bastando, allo scopo di migliorare se stessi, il cazzeggiare, guardare «Servizio Pubblico», twittare o «andare su Wikipedia».

Internet, che dà alla marea immane di cretinetti nati, di viziosi, ebeti, anime incipienti, lemuri ignoranti e spettri mentali mossi dalle loro secrezioni biliari, furie animali e vizi masturbatorii – tutte entità che prima formicolavano nell’ombra della vergogna, sfuggendo la luce – il potere di «comunicare» i suddetti vizi, cretinismi e rabbie e invidie, come se fossero «opinioni». Si finisce quasi per accusare, come potentissimo fattore abitudinario, il Progresso – tecnologico o sociale: in società meno progressiste, la sub-umanità sopra descritta, lungi dal credersi in diritto di «esprimere la propria opinione», chinavano la testa sulle zolle che aravano come buoi meno forti (dunque giustamente più disprezzati di quelle benemerite bestie), o si mettevano in fila davanti ai conventi francescani per ottenere la zuppa, unico pasto quotidiano; o chiedevano l’elemosina davanti alle cattedrali, coperti di stracci e con voci lamentose, esibendo la loro demenza per suscitare compassione. Prima del progresso, i tempi erano spietati ma giusti. Ora fa specie vedere questa sub-umanità intervenire perentoriamente nei talk show, dare ordini ai pochi pensanti rimasti, dominare l’opinione pubblica, e talvolta essere persino votata alle due Camere dalla folla dei lemuri loro pari.

La democrazia: le devastazioni prodotte da questo possente Motore di Selezione del più Scemo le abbiamo potute misurare tutti, in occasione della recente morte di Giulio Andreotti: tutti, chi lo ha amato e chi l’ha detestato, hanno sospirato di nostalgia, confrontandolo mentalmente coi «leader» di oggi: Berlusconi, Bersani, Santanché, Grillo... Lungi dal saper governare, non sanno nemmeno mantenersi al potere, l’arte di cui Andreotti (formatosi sotto la dittatura, sia pur come oppositore) fu maestro. Loro, da un voto all’altro, fanno il pieno e poi spariscono, spesso cacciati da un centinaio di tweet. È stato recentemente dimostrato che la «democrazia» è più maligna per l’intelligenza, quanto più è perfettamente e totalmente applicata: il tentativo di democrazia diretta sul web, messo in atto da Grillo, nell’illusione tutta ideologica che le idee e le personalità devono venire «»dal basso». Il basso, ossia un ventimila nullità che hanno il tempo e la voglia di votare sul blog di Grillo, hanno (ovviamente) selezionato nullità in tutto simili a loro, che poi la marea montante dell’elettorato – ignaro – ha mandato in Parlamento. Dove si è visto subito chi erano: dei piccoli dementi senza nessun legame fra loro, ognuno con la sua piccola fissazione (per lo più ecologista), il suo microscopico massimalismo, e intransigenza moralista, che essi ritengono costituire delle «idee». Il punto più basso del basso è stato toccato quando il senatore grillino Vito Crimi non è riuscito a dare un importante voto alla giunta delle elezioni (poteva decretare l’ineleggibilità di Bunga) perché «non riuscivo a trovare dove fosse la Giunta».

La bruttezza: O più precisamente, la immersione continua e senza scampo (full immersion) nel Brutto: il collasso dell’estetica dovunque, nelle chiese, nell’arte, nel giornalismo, nella cultura; le mostre «d’arte» che ormai consistono nell’esposizione di cadaveri plastificati da un perito settore (che dovrebbe essere arrestato, invece che pagato come artista di successo) e mezzi vitelli in formalina. La cafoneria, la mancanza di gusto, la dozzinalità e la pacchianeria degli oggetti «di lusso»; le arroganti deformità delle pagatissime archistar, che violentano la bellezza di antiche città e il loro tessuto urbano decentemente cresciuto nei secoli, come sgorbi; le scritte sui muri; tutto ciò dà assuefazione. Come tutte le full immersion, si viene intrisi dentro dal linguaggio: in questo caso, il linguaggio del brutto, dell’osceno e del disgustoso. Comincia a sembrare bello, o almeno sopportabile. Ai cretini sono le cose belle ed antiche a parere «brutte», perché portano le cicatrici del tempo e le cattedrali non hanno il neon come le bellezze di Las Vegas. Si perde per sempre anche la sola nozione che un mondo più bello è esistito, che è possibile, e che vale lo sforzo mentale e del cuore per riaverlo. E che per questo, bisogna selezionare migliori, no mediocri e peggiori.

La secolarizzazione compiuta: La «morte di Dio» annunciata da Nietzsche, non come una conquista ma come un lutto (scoprì che Dio era morto nei cuori dei suoi contemporanei, e si trattava di vivere nel mondo crudele senza Luce, abbandonato alla cieca Forza) è stata recepita col consueto ritardo di oltre un secolo dalle masse italiche; in compenso, è stata accolta da noi con entusiasmo belluino: basta con le paure dell’aldilà, è finita con gli sforzi di diventare più belli e buoni, di reggersi con onore sulla scena del mondo; non c’è più Chi ci giudica e vede nel segreto delle nostre viltà , vizi, sporcizie e pochezze. Non abbiamo più bisogno di formarci un carattere e una spina dorsale; niente più «sacrifici», nemmeno fioretti. Non ha più senso «abbracciare la croce», né mettersi nei panni del prossimo (che costa fatica); si può sfogare impunemente egoismo, voglia di ammazzare, e di godersela a spese altrui. Ci si è liberati dall’esame di coscienza serale, dalla riflessione su di sé e le proprie insufficiente. Non c’è più bisogno di fare appello alla Grazia, di elevarsi immaginariamente verso l’invisibile. L’invisibile, semplicemente, non esiste: lo dice anche Odifreddi. Quindi non esiste il pensiero (invisibile), né le radici, né la cultura; non esiste la coscienza. Non ha più spazio lo «esprit de finesse», la capacità di percepire le forze e le realtà sottili, numinose, della natura e delle opere monumentali dell’uomo, di certe albe di certe primavere o autunni colorati, che decisivamente integravano l’intelligenza degli uomini tradizionali e facevano loro presentire i numina, i kami, gli asura, gli «antenati», lari, penati agenti sottilmente nel loro sangue, e li incitavano a pregare i santi e gli angeli custodi, o a premunirsi contro quelli ribelli. Oggi si è diventati ciechi e sordi alle «aure», agli aloni – per lo più patologici, «neri» e satanici – che emanano dagli uomini di potere, dal sistema finanziario mondiale, dalla «democrazia» che invia droni ad uccidere sconosciuti dall’altra parte del mondo. Si è diventati vulnerabili ai veleni sottili emananti dai linguaggi che ci fanno adottare: il «genere», i «corpi delle donne», gli «stili di vita»; e li adottiamo senza sentire che ci inoculano il loro tossico.

Tutta la finezza profondamente intellettuale, nutrita di cultura e di saperi pre-razionali, è azzerata. Ciò significa che anche quando qualcuno conserva una qualche intelligenza, è ridotto all’intelligenza calcolante. Ciascuno – spero – vede quanto è totale la perdita ed assoluto il pericolo: l’intelligenza esclusivamente calcolante non è solo indifferente ai significati, avulsa da essi, dunque «insignificante»; essa può essere sostituita dal computer.

E così sarà. Quella che gli «scienziati» misurano con il Quoziente Intellettivo è appunto quella intelligenza; e siccome non ne conoscono altra, ci dicono: State diventando stupidi? Vero. Ma non vi preoccupate; presto vi daremo i computer e il software che vi aiuteranno, perché sono più intelligenti di voi».

Non sto scherzando. È la promessa che ha fatto Erich Schmidt, amministratore delegato di Google, figura (tipica) di scienziato-manager e pubblicitario: «Google diventerà indistinguibile dagli umani entro il decennio. Il veicolo della nuova intelligenza artificiale sarà Google Now, il prodotto software a riconoscimento vocale cui potrete affidare tutti i vostri affari, le vostre ricerche e i vostri pensieri» , se ve n’è rimasto qualcuno. Google Now prenderà le decisioni esistenziali per voi; del resto, non vi siete già affidati agli automatismi della BCE, dell’Europa senza passato (né futuro), ai piloti automatici che dovunque vi esimono dal peso di decidere, dubitando e rischiando? Non siete già trattati negli ospedali non da medici, bensì da «protocolli»? Non sono già i supercomputers a fare decine di migliaia di operazioni al secondo in Borsa, schiacciando ogni lento cervello umano? (Eric Schmidt: Google AI Indistinguishable From Humans Within a Decade)

L’uomo potrà riconcoglionire serenamente, cullato sotto il dominio dei robot. Senza più sforzo di aguzzare l’ingegno, ché tanto è un’impresa disperata di fronte al vostro smartphone che compirà miliardi di calcolazioni al secondo... Dormite sogni tranquilli.

Bisogna ammettere che un barlume di dubbio sulla sufficienza dell’intelligenza misurabile viene proprio da certi ambienti scientifici , secondo i quali – cito alla lettera – «attività rilassanti come la meditazione e la preghiera hanno mostrato di accrescere la massa cerebrale e la connettività dei neuroni in certe aree dell’encefalo». (Meditation Found To Increase Brain Size | Prayer May Reshape Your Brain... And Your Reality)

La sola obiezione che nasce di fronte a questo scientifico proposito, riguarda l’aggettivo «rilassanti». Preghiera e meditazione sarebbero attività rilassanti?

La meditazione, per San Tommaso Ascensio mentis in Deum, salita della mente a Dio, «essendo un atto della ragione non speculativa ma pratica, suppone gli atti della volontà»: ossia uno sforzo continuato, un «vero lavoro» per staccarsi da ciò che non è Dio e fissare Lui, l’Invisibile.

Qui bisogna ascoltare un’esperta:

«È difficile pregare se non si sa come farlo. La cosa più importante è il silenzio. Le anime di preghiera sono anime di profondo silenzio. Non possiamo metterci direttamente alla presenza di Dio senza impegnarci a un silenzio interiore ed esteriore. Dobbiamo perciò abituarci al silenzio dello spirito, degli occhi e della lingua. Dio è amico del silenzio. La natura, alberi fiori ed erbe, crescono in profondo silenzio. Le stelle, la luna, il sole si muovo nel silenzio».

Quanto più riceviamo nella nostra preghiera silenziosa, tanto più possiamo dare nella nostra vita attiva. Abbiamo bisogno di questo silenzio per arrivare alle anime. L’essenziale non è quello che diciamo noi, ma quello che ci dice Dio e che Egli dice ad altri per mezzo nostro. Gesù ci aspetta sempre in silenzio. Ci ascolta in silenzio: in silenzio parla alle anime nostre».

«Il silenzio interiore è molto difficile, ma dobbiamo sforzarci per poter pregare».

Vedete? Difficile: E lo dice una che si chiama Madre Teresa, dunque si può credere. È qualcosa che non può fare per noi Google Now.

Con ciò, ringraziamo comunque la Scienza: ci ha fornito misurazioni del tutto accessorie, a conferma di una evidenza colossale, visibilissima ad occhio nudo: il collasso intellettuale, estetico, di civiltà e di cultura. A causa del prestigio di cui gode oggi la Scienza presso i rincretiniti, ci è possibile oggi asserire questa verità evidente con la speranza di essere ascoltati da certe orecchie, e senza essere tacitati dal conformismo totale (esso stesso un sintomo evidente di rincretinimento) che regna spontaneo fra noi.



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