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Decreto apartheid, espulsi i primi due palestinesi
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Non ha frenato le autorità di occupazione israeliane la manifestazione unitaria Hamas-Fatah dell'altro giorno ad Erez (Gaza) contro il recente «decreto militare 1650» che potrebbe causare la deportazione di migliaia di palestinesi della Cisgiordania descritti come «infiltrati». Poche ore dopo il corteo, due palestinesi sono stati espulsi verso Gaza.

Mercoledì Ahmad Sabbah, che aveva appena finito di scontare un periodo di 10 anni di reclusione in un carcere israeliano, si preparava a tornare a Tulkarem (Cisgiordania) ma al momento del rilascio è stato trasferito a Erez. «Non potete farlo, è mio diritto andare a casa, dai miei familiari», ha protestato Sabbah, «reo» di possedere una carta di identità emessa a Gaza. A nulla sono servite anche le proteste di Saber al Beyari che da 15 anni viveva a Giaffa con la moglie, una palestinese israeliana. L'uomo è stato prelevato in un ospedale, dove era ricoverato da alcuni giorni, e portato a Erez, dove ieri sera era ancora bloccato. Il governo di Hamas ha negato il suo ingresso spiegando che Gaza non diventerà il «contenitore» degli espulsi da Israele.

È da escludere che il decreto militare 1650 rientri nei temi al centro dei colloqui che l'inviato americano George Mitchell, atteso ieri sera a Tel Aviv, avrà con i dirigenti israeliani. Mitchell è giunto senza nuove idee Usa e, alla vigilia del suo arrivo, Netanyahu ha respinto nettamente le richieste di Washington di sospendere la costruzione di colonie ebraiche nel settore palestinese (est) di Gerusalemme. Obama negli ultimi giorni, in varie occasioni, ha ribadito la stretta alleanza strategica tra Usa e Israele ma le polemiche tra le due parti non cessano come conferma la presenza nello Stato ebraico anche del massimo esperto in Medio Oriente della Casa Bianca in appoggio ai colloqui che porterà avanti Mitchell.

L'Amministrazione Usa al suo interno appare divisa. Accanto a chi preme per contenere i dissensi con Netanyahu, c'è chi critica apertamente il governo dello Stato ebraico. Come l'ex ambasciatore a Tel Aviv Martin Indyk, oggi consigliere di Mitchell, che ha invitato il premier israeliano a rilanciare il negoziato con i palestinesi. In una intervista radiofonica e in un articolo pubblicato sul New York times, Indyk ha spiegato che «se Israele è una superpotenza e non necessita della protezione degli Usa, che pure isolano e premono sull'Iran, allora faccia quello che crede. Ma se ha bisogno degli Stati Uniti - ha aggiunto l'ex ambasciatore - allora deve tener conto degli interessi americani».

Fonte >  Ebrei contro l'occupazione

Fonte originale > Il Manifesto

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