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The Bank of England in London, on March 5, 2009. The Bank of England said Thursday it had cut interest rates to a record-low 0.5 percent, adding it will create 75 billion pounds (106 billion dollars, 84 billion euros) under a
Ma funziona stampare denaro?
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«Un salto nell’ignoto»: così un membro della Commissione britannica per la politica monetaria, Andrew Sentance, commenta la decisione della Banca Centrale inglese (1). E’ infatti la prima volta nei suoi 315 anni di storia che la Bank of England ricorre apertamente al trucco disperato di stampare denaro. Coi tassi d’interesse già quasi a zero, la Banca s’è privata del mezzo convenzionale per influire sulla massa monetaria. Da qui la decisione di iniettare denaro in modo diretto nell’economia. Comprando direttamente titoli di debito di imprese (obbligazioni) e dello Stato (Buoni del Tesoro) da investitori come fondi-pensione e assicuratrici.

Ma con una novità. Una Banca Centrale di solito paga questi attivi con denaro prima raccolto fra i risparmiatori emettendo bonds: insomma non aumenta la massa monetaria, poichè la cifra raccolta  viene sottratta alla spesa (ai risparmiatori detentori di bonds, che non la possono spendere), e poi solo redistribuita. Ma in Inghilterra non ci sono risparmiatori; e se ce n’erano (anziani, ad esempio) sono stati maciullati dal collasso azionario, dalla crisi economica, e dai rendimenti ridicoli sui risparmi. Già ora gli inglesi portano via il denaro dalle banche, perchè non rende nulla, ed è meno sicuro là che sotto la mattonella.

Sicchè stavolta, la Bank of England creerà dal nulla 150 miliardi di sterline e le trasferirà agli investitori. La cifra è importante: un decimo del PIL britannico, 5.800 sterline nuove nuove per ogni famiglia. Da principio, entro tre mesi, la Bank creerà 75 miliardi; il resto, se non basterà a dare una scossa all’economia.

L’annuncio è bastato per segnare una corsa all’acquisto di titoli pubblici inglesi; la domanda è così alta che il prezzo dei BOT inglesi è aumentato, e dunque il tasso da pagare per la Bank è sceso. Una specie di entusiasmo della disperazione, fra gli speculatori: prestano denaro ad uno Stato a bassi tassi che dichiara di stampare il denaro con cui ripagherà gli interessi («stampar denaro» è ovviamente un modo di dire: nella super-modernità, basta il click di un mouse).

Ma la creazione di moneta funzionerà, alla lunga, per ridar vita all’agonizzante economia reale?

La Bank spera ovviamente che le entità che ricevono la pseudo-moneta escano a fare shopping e a prestare di nuovo a man bassa, mettendo fine alla restrizione del credito strangolatrice delle imprese. Ma gli scettici fanno notare che il Giappone tentò la stessa manovra nel decennio perduto (deflazione anni ‘80) senza gran successo. E si fa un gran evocare l’iper-inflazione di Weimar e dello Zimbabwe.

E’ chiaro che la misura è inflazionistica. Per ora, dato il gelo dell’economia dove nessuno presta, nessuno s’indebita e nessuno compra, l’inflazione non è un rischio reale. Ma appena si delineasse un ritorno alla vita, la Bank dovrà prosciugare il fiume della moneta in sovrappiù creata dal nulla. In pratica, dovrà sottrarre la massa monetaria equivalente. Come?

Emettendo titoli pubblici per 150 miliardi di sterline, e farli comprare ai risparmiatori - congelando così quei loro risparmi, sottraendoli alla circolazione. E ciò ogni anno per parecchi anni: il 10% del PIL. E i risparmiatori, come s’è visto, non ci sono.

Se poi ci fossero ancora dei veri risparmi, quel prosciugamento colossale li renderebbe indisponibili per finanziare investimenti essenziali alla ripresa e alla crescita reale. Il tutto in un quadro di tragico rimpicciolimento dell’economia reale. Già oggi la natura dei prestiti bancari in Gran Bretagna è cambiata: non più prestiti per sostenere nuovi investimenti e nuova edilizia, ma prestiti per «ristrutturazioni». L’indebitamento «volontario», da parte di imprese che chiedono fidi per espandersi, è diventato indebitamento involontario, con le banche che usano ogni fondo a disposizione (in Inghilterra, mica da noi) per sostenere imprese che, altrimenti, vanno a picco. Tanto da non avere denaro per finanziare l’espansione (2).

Così, si comincia a intravvedere il motivo profondo per cui la pura e semplice creazione di moneta - benchè forse necessaria - rischia di non funzionare.

Il motivo lo ha detto con estrema lucidità Ron Paul, il candidato presidenziale indipendente, nel criticare alla Camera Bassa, il 25 febbraio, l’immane creazione di denaro prodotta dal banchiere centrale Bernanke. La Federal Reserve, ha detto Paul, non si accorge della fallacia dei suoi tentativi: offre interessi reali negativi nella speranza di indurre i consumatori sovra-indebitati a indebitarsi ancora, ricapitalizza banche con una creazione illimitata di moneta dal nulla, insomma dà come medicina lo stesso veleno che ci ha portato alla rovina - la rovina causata dalla FED con la sua politica di tassi bassissimi intrapresa da un decennio.

Ma nè i trilioni creati dal nulla nè i salvataggi nè colossali «stimoli fiscali» a debito fanno rivivere l’economia. Dov’è la falla intellettuale?

Bernanke sembra non capire - ha detto Paul - la differenza tra «credito» e «capitale». Il credito sì, può essere creato a iosa, stampando tutta la moneta che si vuole. Ma il capitale non può essere prodotto dalla creazione di liquidità. Il capitale è essenzialmente formato da beni materiali (in origine grano, petrolio, metalli, carbone) che devono essere prodotti. E non solo prodotti, ma risparmiati al consumo per essere trasformati in investimenti per la produzione di macchinari, auto, capitali finanziari per investimenti reali, eccetera (3).

Le banche vorrebbero anche prestare, ha detto Paul; ma hanno perso il loro capitale reale a forza di prestiti dissennati, che sono andati a male; adesso, i tassi d’interesse reali sono negativi; la stampa di moneta, sempre più accelerata, non è in grado di ricostituire il capitale, se non in modo fittizio. Al prezzo di minare il tasso di cambio del dollaro, e la stabilità delle banche e dell’economia. Preparando così il collasso del dollaro e un caos finanziario anche più devastatore.

Per esempio, Bernanke ha stanziato 600 miliardi di dollari per acquistare titoli «garantiti da mutui», e un altro trilione per un ente che comprerà i mutui dei debitori sub-prime. Insomma, Bernanke sembra sperare che, se solo le case in America tornassero ai prezzi impossibilmente alti di prima, l’economia si riprenderebbe; e perciò fornisce credito a tasso sottozero ai debitori; ma è stato proprio il credito facile della FED ad aver gonfiato i prezzi immobiliari fino all’insostenibile,
e lo scoppio della bolla conseguente.

Stranamente per un banchiere centrale, sembra che a Bernanke (e mister King della Bank of England) sfugga il meccanismo virtuoso del credito: che comincia con gente che produce ricchezza reale, che risparmia e deposita i suoi risparmi in banca; risparmi che la banca poi presta ai produttori-imprenditori. Magari - col trucco del credito frazionale - la banca presta 10 o 30 volte i depositi che ha in realtà; ma non 1.000 o centomila volte. Se no, il tutto crolla.

«Perchè chi chiede prestiti al sistema bancario non chiede per sè. Chiede perchè, col denaro a credito, ha bisogno di acquistare capitale reale, petrolio, carbone, cibo, materie prime. Ed è la perdita del capitale reale la vera causa della crisi bancaria».

Il simil-denaro a trilioni diffuso dalla FED non ha dietro alcun capitale reale; «è pura contraffazione», come stampare moneta falsa.

«Se la creazione di moneta alla Bernanke fosse creazione di ricchezza reale, allora l’Africa potrebbe creare ricchezza semplicemente stampando moneta ad alta velocità».

Invece, il risultato è lo Zimbabwe, con la sua iper-inflazione. O la Germania di Weimar, 1920-23. Sempre, l’iper-inflazione è il risultato della stampa a paletta da parte delle Banche Centrali. E sempre produce un declino, spesso tragico, del reddito reale pro-capite, e alla lunga del capitale reale; proprio quello che deve essere accresciuto.

La Banca Centrale può creare denaro quanto vuole, perchè non le costa, può prestare a interessi zero. Ma produrre capitale reale invece ha sempre un costo, in termini di risorse reali: materie prime, forza-lavoro, energia, tempo. Anche il risparmio ha un costo umano, perchè il risparmiatore rimanda la spesa, o si astiene dal consumo, per destinare il capitale accumulato a investimenti.

A forza di concentrarsi sulla finanza, si è persa la nozione che economia reale e finanziaria sono due realtà distinte, che non rispondono alle stesse leggi. L’espansione del credito, il denaro a basso costo, i giochi finanziari, la finanza creativa hanno moltiplicato le loro «leve» (indebitamenti) su una base di capitale reale troppo piccola per quei giochi, pretendendo di prelevare interessi troppo alti su un capitale a crescita lenta, o a crescita zero, o addirittura - com’è avvenuto - in via di riduzione e consumo.

Adesso che le banche in rovina accumulano riserve - non generate dal risparmio dei depositanti ma iniettate dalla FED - non trovano a chi prestare con profitto o con sicurezza di essere ripagate (4); la FED (e la Bank of England) le scavalcano e prestano direttamente ad entità non bancarie (AIG, assicurazioni e General Motors) e a tassi estremamente bassi. Questa forzatura a tasso zero rende non-profittevole l’attività bancaria e dunque indebolisce la banche ancor di più, scoraggia e consuma il risparmio, e mina gli investimenti reali.

La Bank of England stampa denaro per il 5-10% del PIL inglese. Barak Obama ha lanciato un programma che prevede un deficit del 13% del PIL americano, e un aumento stellare del debito pubblico. Se questo non viene finanziato massicciamente da stranieri - i cinesi, i giapponesi compratori di Treasury Bills - «inghiottirà tutto il risaparmio nazionale e demolirà gli investimenti privati. Unito alla creazione monetaria colossale di Bernanke a tassi zero, farà sparire il risparmio reale per anni e renderà inevitabile il finanziamento via inflazione, intensificando la dinamica inflazionista che eroderà l’attività reale e accentuerà il caos finanziario e il declino economico».

Coloro che hanno scritto le frasi qui tra virgolette sono due economisti (5): uno, professor Hosseini Askari, docente di affari internazionali alla George Washington University; l’altro, Noureddine Krichene, economista del Fondo Monetario ed ex consulente della Islamic Development Bank di Jedda.

E concludono così: «Non ci resta che pregare che ad un certo punto del caos monetario e di bilancio, avvenga un miracolo che ci soccorra».




1)
Edmund Conway, «Printing money: £150 billion leap in the dark for Bank of England», Telegraph, 5 marzo 2009.
2) Hamish McRae: «Unconventional measures that leave us all with a mess to clear up»,
Independent, 6 marzo 2009.
3) Come esempio della fallacia intellettuale dei nostri governanti, si dia il caso dell’attuale primo ministro Gordon Brown. Nel 1999, quando era cancelliere dello scacchiere (ministro del Tesoro) ha venduto oltre 450 tonnellati di oro della Banca d’Inghilterra a 275 all’oncia. Adesso l’oro si vende a 1.000 dollari l’oncia. 50 anni fa lo Stato britannico sedeva su 3 mila tonnellate d’oro, oggi su poco più di 300. Lo stesso hanno fatto tutti i banchieri centrali.
4) Le aziende chiedono prestiti per espandersi; ma quando come ora l’attività si restringe, le vendite calano, calano gli introiti, le imprese non hanno motivo di indebitarsi. O si indebitano per pagare le liquidazioni ai lavoratori che licenziano, il che non è il tipo di prestito che le banche amano fare (a un’azienda in agonia per pagare i salari). Stesso discorso per i consumatori. I tassi a zero non li invogliano a comprare auto a rate e case col mutuo, quando non sono sicuri se fra due mesi avranno ancora il lavoro e il salario. Su un capitale reale che diventa ogni giorno più piccolo, è inutile inventare le più allettanti offerte di credito. La soluzione è quella di aumentare il capitale reale, che richiede anni di ripresa, di risparmio, e la dolorosa ripulitura del campo economico dagli attori-zombie, dalle banche gonfie di attivi tossici, dalle imprese senza futuro, dai consumatori insolventi.
5) Hossein Askari e  Noureddine Krichene, «Time for prayer», Asia Times, 6 marzo 2009.


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