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Rinnovare la tradizione política della Destra
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Il mio fraterno amico Piero Vassallo propone un rinnovo della tradizione politica degli italiani, iniziando con l’affermare che «è indispensabile capire che la destra non c’è più, snaturata dal duo Almirante-Plebe e sepolta dal loro creato, Gianfranco Fini».

Ritengo innanzi tutto corretto separare il ruolo politico incisivo svolto da Almirante durante un cinquantennio da quello assai più limitato del filosofo Plebe, la cui presenza nel Msi-Dn fu fuggevole (non duró piú di un quinquiennio, se non erro), cioè meteorica in tutti i sensi.

Vassallo svolge quindi un suo ragionamento in dodici punti, sostenendo che bisogna «congedare per sempre le parole destra e centrodestra» ritenendole fonti d’ambiguità; e sconsiglia infine l’uso della parola «cultura» preferendole l’espressione «pensiero politico».

Penso affettuosamente che l’amico Piero abbia sostenuto una tesi giusta (la revisione critica dell’azione svolta negli ultimi vent’anni dal cosidetto centro-destra italiano), utilizzando però una semantica errata o per lo meno impropria. Ritengo infatti che l’uso di una semantica politica adeguata sia un’arma indispensabile per competere efficamente con la sinistra politica in quella «guerra delle parole» dove finora essa ha potuto prevalere soprattutto perchè la parte avversa – cioè la destra troppo spesso ha usato un linguaggio improprio o inadeguato; e la confusione della lingua – come ammoniva E. Hello – è il segno del disordine assoluto che precede il caos.

Non condivido, innanzitutto, la proposta di sostituire il vocabolo «cultura» specifico, puntuale con «pensiero politico» e/o «filosofia politica». E mi permetto di ricordare all’amico Vassallo che cultura, in senso classico, è stile interiore dell’uomo (prima d’essere esercitazione intellettuale com’è il «pensiero»), che afferma il primato dell’ethos sul pathos, cioè dell’etica che rimanda alla metafisica quale studio dell’Essere universale, prima che alla morale stessa. Il vocabolo infatti, classicamente deriva dal verbo latino colere (coltivare) che si fa metafora della «coltivazione dello spirito umano», come si ricava da Cicerone che nella sue Tusculanae parla di «cultura animi», mentre Orazio nelle sue Epistolae la definisce: «incivilimento dei costumi».

L’oscuramento della ragione, denunciato giustamente da Vassallo, appartiene non tanto alla cultura, quanto invece al pensiero illuminista, che adulterando il pensiero filosofico anteriore, lo distacca dalla metafisica e lo traduce in «ideologia», termine coniato dal sensista francese Destutt de Tracy (1801), e che – non a caso » assume il suo significato corrente con Carlo Marx.

La destra dunque, continui ad usare il vocablo puntuale ed incisivo di cultura e nell’ambito di essa utilizzi la parola «dottrina», evitando scrupolosamente l’uso di «ideologia» che appartiene al linguaggio progressista di quell’illuminismo cui risale, in buona parte, la decadenza della civiltà d’Occidente.

Ció precisato, proseguo dissentendo profondamente dall’invito di congedare la parola destra, della quale invece rivendico il ruolo concettuale e politico, perché – come avvertiva a suo tempo Guido Manacorda, mio indimenticabile maestro – «le parole hanno la loro buona o cattiva fortuna: proprio come gli uomini».

La parola destra, sottoposta attraverso la moderna adulterazione del linguaggio ad una pesante offensiva del pensiero illuminista, nei tempi normali godette, invece, presso la saggezza dei popoli un significato pregnante di tranquillità, ordine, sicurezza, benevolenza. La doppia equivalenza tra destra-bene e sinistra-male era profondamente radicata, con sorprendente unanimità, in tutti i popoli. E presso i Greci (per non andare troppo lontano) tale equivalenza, già familiare ai Pitagorici, era avallata dall’autorità intellettuale di Platone ed Aristotele; mentre tra i Romani essa era confermata da Cicerone, Virgilio, Catullo, Ovidio, Plinio.

Il Cristianesimo assegna poi alla destra un valore simbolico di trionfo spirituale sulla sinistra. Infatti nel Vangelo, laddove si parla dell’ascensione del Figlio di Dio, è`chiaramente detto che il Cristo va a sedersi alla destra del Padre Celeste; mentre l’evangelista Giovanni afferma profeticamente che l’Angelo dell’Apocalisse verrà da Oriente, cioè da destra.

Guido Manacorda, eminente filologo classico ed insigne germanista, insegnava a suo tempo che anche fuori del dominio religioso, la destra (dexià) presso i Greci rappresentava la parte migliore, per cui era «destro» l’acconcio, il conveniente, il prudente, il saggio; mentre era «sinistro» (aristeròs) l’imprudente, il goffo, lo stolto.

Presso i Romani era segno d’amicizia stringere solennemente la mano destra con la destra (destras íungere), e porgere la destra era atto di bontà soccorrevole (dextram porrigere) mentre la stagione propizia era detta dextro tempore. La «sinistra» (sinistra, laeva) significava insipienza, inopportunità, avversità, infelicità e la sventura era detta sinistrum. Catone ed Ovidio indicavano la mano sinistra come l’arto umano addatto per i furti (natae ad furta sinistrae).

Nel Medio Evo avveniva quindi la fusione dei vocaboli latini: dexter- e rectus-directus dando origine al termine «Diritto» passato nella lingua francese (Droit), castigliano-spagnola (Derecho), germanica (Recht), anglosassone (Right).

Gabriel Marcel, autorevole esponente dell’esistenzialismo cristiano di scuola francese, riconosceva ancora negli anni sessanta del secolo scorso, che se il professare apertamente una religione, non è per sè titolo sufficiente per determinare un’opzione di destra (dato che vi sono cristiani cattolici ed evangelici di sinistra), tuttavia la religiosità dell’uomo di destra si distingue da quella degli altri, perchè essa lievita nello spirito della tradizione che si cala nelle profondità del passato, ma per risalire dalla storia profana alle altezze della storia «ideale eterna»; cioé alla Storia totale che riattinge ai principi di quella storia invisibile che Giambattista Vico ha definito «teologia ragionata della Provvidenza divina» perchè abbraccia il corso del tempo dalla Creazione alla fine del cosmo.

La rivincita sui significati di «destra» e «sinistra» si afferma dopo oltre 15 secoli, a far tempo dalla rivoluzione francese, quando i rappresentanti del Terzo Stato (la Borghesia), considerato inferiore agli altri due, dovette collocarsi alla sinistra di Re Luigi XVI nell’Assemblea degli Stati Generali di Francia (5 maggio 1789).

E mi pare significativo che tale rivincita si svolga quasi di pari passo con l’imporsi, nell’Occidente, di quel «pensiero progressista illuminista» al quale – secondo l’accertato magistero di un altro mio eminente Maestro, il filosofo patavino di origini triestine Marino Gentile – si debbono imputare le adulterazioni del pensiero classico e l’inversione dei valori tradizionali che stanno alla radice della crisi di civiltà del nostro tempo.

Ed un significato positivo relativo al vocabolo «sinistra», ma limitato al solo campo politico, si dà solo da due secoli o poco più.

Ancor’oggi, nell’ambito civile, il vocabolo Destrezza significa «capacità», mentre la parola italiana Dirittura indica la «rettitudine morale», ed una coscienza retta è detta, altresì, «coscienza dritta». E si continua ad attribuire un significato positivo ad espressioni come «stringere la destra» e «tenere la propria destra».

Al contrario, parole ed espressioni derivate dal termine sinistra quali: «sinistrato», «sguardo sinistro», «faccia sinistra» evocano – perfino nel linguaggio popolare – l’equivalenza Sinistra-Male tramandataci dalla letteratura, dalla storia, dalla saggeza popolare degli antichi.

A questo riguardo coincido con la conclusione di Guido Manacorda, mio preclaro Maestro, quando affermava «di stare con la destra, greca, romana, cristiana e per i suoi luminosi millenari sviluppi». E mi auguro che coloro i quali – come Piero Vassallo – osano tuttora alzare il vessillo della cultura alternativa, in presenza non di una destra autentica (assente dal quadro politico italiano da almeno un ventennio), ma di una pseudo-destra liberal-illuminista, non deflettano dalla battaglia semantica usando le armi di quella «verità del linguaggio» di cui ci parlava Attilio Mordini, alfiere indomito della nostra tradizione classica cristiana.

Ed io resto con loro per rinnovare dalle radici, se necessario, la cultura politica italiana rivendicando, senza timore o rossore, l’alto onore del passato e tutta la responsabilità verso l’avvenire, di chi continua a dichiararsi a voce alta «un combattente di Destra».

Primo Siena

L’autore dell’articolo, che collaborerà con EFFEDIEFFE attraverso la pubblicazione di articoli dedicati, nasce a San Prospero (Modena) nel 1927. Formatosi culturalmente sotto la guida accademica di Umberto A. Padovani e Marino Gentile e il magistero personale di Guido Manacorda, consegue la laurea in pedagogia nell’Università di Padova (1964). Entrato per concorso nella carriera direttiva delle Scuole italiane (1965), svolge una missione di cooperazione tecnica presso il Ministero dell’Educazione della Repubblica di Somalia (1971). Integra quindi per concorso nazionale il corpo direttivo delle Scuole Italiane all’estero alle dipendenze del Ministero degli Affari Esteri. Assegnato all’area dell’America Latina (1978), svolge funzioni diplomatiche di dirigente scolastico nelle sedi di Lima (Perú) e Santiago del Cile dove elegge la sua residenza permanente a conclusione della carriera professionale (1992). Da allora collabora con istituzioni universitarie locali e della vicina Argentina, specialmente con la “Università Gabriela Mistral” di Santiago del Cile e la Fondazione culturale “Decus” (La Plata-Buenos Aires), distinguendosi come cultore e promotore d’una accezione della “Metapolitica” quale metafisica della politica, secondo il magistero tradizionale di Silvano Panunzio per cui è considerato il suo miglior continuatore soprattutto nell’ambito culturale latinoamericano. Autore di una dozzina di libri in italiano di contenuto storico e filosofico, il primo dei quali, Le alienazioni del Secolo, ottenne un Premio Angelicum (1957) dalle mani dell’allora arcivescovo ambrosiano Montini, futuro Papa Paolo VI.


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