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Chi ha cambiato volto nell’ambiente ecclesiale durante il Concilio (4)
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   Considerazioni Finali Su “Nostra Aetate”

L’Apostasia Oggettiva Di “Nostra Aetate”

Abbiamo appurato, studiando la genesi di NA, che fra la Tradizione divino/apostolica, il Magistero pontificio (da San Pietro sino a Pio XII) e Nostra aetate vi è difformità. Ora la Tradizione cattolica è una delle due Fonti della Rivelazione e consiste nell’insegnamento comune dei Padri, che è infallibile; mentre Nostra aetate ha un valore unicamente prudenziale o “pastorale” per esplicita volontà di Giovanni XXIII e Paolo VI, che indissero e conclusero il Concilio Vaticano II come “Concilio pastorale”[1]. Quindi il Concilio Vaticano II non è infallibile né irreformabile ed essendo in rottura o in difformità con la Tradizione apostolica costante, deve essere corretto e riformato, compresa soprattutto “NA”.

L’ambiguità di “NA”, in primo luogo, consiste nel far passare tutti coloro che discendono geneticamente da Abramo, come aventi legami spirituali o di fede con la Chiesa di Cristo, mischiando e confondendo la razza con la fede, che invece sono due entità sostanzialmente diverse.

In secondo luogo, al n. 4-e, “NA” insegna: “Secondo S. Paolo (Rom., XI, 29) gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento”.

Invece S. Paolo dice che la vocazione (chiamata o dono) da parte di Dio non muta (“Ego sum Dominus et non mutor”). Mentre la risposta alla chiamata di Dio può cambiare da parte dell’uomo, com’è stato per la maggior parte del popolo d’Israele, che durante la vita di Gesù ha malamente corrisposto alla chiamata e al dono di Dio, uccidendo prima i Profeti e poi Cristo stesso ed infine i Suoi Apostoli; onde sono cari a Dio, ossia stanno in grazia di Dio, solo “il piccolo resto” di Israele (Rom., XI, 5-7), cioè coloro che hanno accettato il Messia in Cristo venuto nel Nuovo Testamento, come lo accettarono venturo i loro padri nell’Antico Testamento[2].

In terzo luogo, sempre secondo la dottrina conciliare (cfr. Nostra aetate: “i doni di Dio sono irrevocabili”) e postconciliare (cfr. Giovanni Paolo II, Magonza, 17 novembre 1980: “L’Antica Alleanza mai revocata”), l’Ebraismo attuale sarebbe ancora oggi titolare dell’Alleanza con Dio. Invece la Tradizione cattolica (S. Scrittura interpretata unanimemente dai Padri e dal Magistero ecclesiastico costante e tradizionale) insegna che c’è una prima (o Antica) e c’è una seconda (o Nuova) Alleanza. Ora irrevocabile è ciò che dalla prima (Vecchio Testamento) passa alla seconda (Nuovo Testamento) e subentrata all’altra, quando questa “antiquata e soggetta ad invecchiamento ulteriore, sta ormai per scomparire” (Ebr., VIII, 8-13). Sennonché la grazia promessa ai titolari dalla prima Alleanza (Giudei) non muore con essa, ma viene elargita ai titolari della seconda (Ebrei e Gentili convertiti al Cristianesimo): questo, infatti, si verificò, quando, quasi tutti i titolari della prima, rifiutando Cristo, non riconobbero il tempo in cui Dio li aveva visitati (Lc., XIX, 44). “A quelli, però, che l’accolsero”, il Visitatore “fece il dono della figliolanza divina” (Gv., I, 12), strinse con essi (la “piccola reliquia” del popolo ebraico che accettò Cristo) la seconda ed eterna Alleanza e l’aprì a quanti (i Pagani) sarebbero sopraggiunti “dall’oriente e dall’occidente, da settentrione e da mezzogiorno” (Lc., XIII, 29), trasferendo alla seconda tutti i doni già in possesso della prima. Quindi se molti membri del popolo eletto rifiutarono Cristo, tuttavia “un piccolo resto” (Apostoli e Discepoli) Lo accolse (Rom., XI, 1-10).

Quarto: riguardo alla uccisione di Gesù “NA” insegna: “Quanto è stato commesso durante la Sua Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo”, poiché essi “non sapevano quel che facevano”.

Invece il “Dottore Comune” della Chiesa, S. Tommaso d’Aquino, si chiede 1°) «se i Capi dei Giudei sapevano che la Persona che crocifiggevano era Dio stesso incarnato, la seconda Persona della SS. Trinità?» (S. Th., III, q.47, a.6, ad 1um).

Egli risponde che essi sapevano quel che facevano. Infatti quando Dio parlò ad Adamo del suo futuro matrimonio con Eva, gli spiegò che esso era una figura dell’unione di Cristo e della Chiesa; quindi gli dovette spiegare allora il mistero della Trinità ed Unità di Dio e quello dell’Incar­nazione del Verbo (cfr. S. Th., II-II, q. 2, a.7, in corpore). Per cui i capi dei Giudei conoscevano i misteri della Trinità e dell’Incarnazione. Perciò i prìncipi dei Giudei avevano una conoscenza esplicita del mistero dell’Incarnazione, Passione e Morte del Verbo Incarnato.

Quanto poi al mistero della Trinità S. Tommaso risponde: “Fin dal principio fu necessario per salvarsi credere il mistero della Trinità. [...] non è possibile credere esplicitamente il mistero di Cristo, senza la fede nella Trinità [...] perciò prima di Cristo il mistero della Trinità fu creduto come il mistero dell’Incarnazione e cioè esplicitamente dai maggiorenti ed in maniera implicita e quasi velata dalle persone semplici” (S. Th., II-II, q. 2, a. 8, in corpore).

Quanto al fatto che 2°) “La morte di Cristo è dovuta ai peccati di tutti gli uomini. E […] quanto è stato commesso durante la Passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo”. Occorre distinguere: a) Cristo è morto per riscattare i peccati di tutti gli uomini, ossia la causa finale della morte di Cristo è la Redenzione del genere umano; però b) la causa efficiente che ha prodotto la morte di Cristo non furono i peccati degli uomini, ma il Giudaismo post-biblico, che, negando la divinità di Cristo, lo condannò a morte e fece eseguire la sentenza dai Romani.

Per tutti i Padri della Chiesa, unanimemente, la causa efficiente e responsabile della morte di Gesù è il Giudaismo farisaico, talmudico e anticristiano tramite i suoi fedeli. Nella morte di Cristo è implicata la comunità religiosa dell’Israele post-biblico, che ha rifiutato Gesù e persevera nel rifiuto dei loro padri e non tutta la stirpe fisica (infatti, un “piccolo resto d’Israele” fu fedele a Cristo: gli Apostoli e i Discepoli), anche se la maggior parte del popolo prese parte attiva alla condanna di Gesù.

Ora per il deicidio vi è addirittura il “consenso matematico” dei Padri circa la colpevolezza del Giudaismo postbiblico (cfr. Denise Judant, Judaisme et Christianisme, éd. du Cèdre, Paris, 1969; Id., Jalons pour une théologie chrétienne d’Israel, éd. du Cèdre, Paris, 1975)[3] sono non solo moralmente, ma anche matematicamente concordi nell’insegnare che la gran parte (infedele a Cristo) del popolo ebraico, ossia il Giudaismo talmudico in sé come religione anticristiana e antitrinitaria è responsabile, come causa efficiente, della morte di Cristo e ha dato luogo ad una nuova religione scismatica ed eretica nei confronti dell’Antico testamento: il Talmudismo, che si distacca dal Mosaismo, (il quale credeva nel Messia venturo annunziato dalle Profezie veterotestamentarie avverate  da Gesù di Nazareth) e che ancor oggi rifiuta la divinità di Cristo e lo condanna come idolatra, poiché da uomo pretende farsi Dio.

Quinto: la Dichiarazione “NA” non reca una sola citazione di un solo Padre della Chiesa, di un solo Papa o di un solo pronunciamento del Magistero, poiché non esiste neppure una riga giudaizzante della Scrittura, della Tradizione e del Magistero prima del Vaticano II.

Sesto: l’Alleanza con Dio è definitiva solo per quanto riguarda la Chiesa di Cristo; quanto riguarda tutti gli altri (Ebrei, Gentili e Cristiani) presuppone una corrispondenza al piano divino.

L’Antica Alleanza è basata anche sulla cooperazione degli uomini. Mosè riceve la dichiarazione di Dio, contenente le condizioni del Patto bilaterale. Infatti l’Alleanza non è incondizionata (Deut., XI, 1-28), ma è sottomessa all’obbedienza del popolo d’Israele: “Io vi offro benedizioni e maledizioni. Benedizioni se obbedite ai comandamenti divini... maledizioni se disobbedite” (Deut., XI, 28). L’Alleanza Antica dipende anche dal comportamento d’Israele e Dio minaccia più volte di romperla a causa delle infedeltà del popolo ebreo, che Egli vorrebbe distruggere (Deut., XXVIII; Lev., XXVI, 14 ss.; Ger., XXVI, 4-6; Os., VII, 8 e IX, 6).

Dopo la morte di Cristo, il perdono di Dio non è accordato a tutto Israele, ma solo ad “un piccolo resto” fedele a Cristo e a Mosè, che preannunciava Gesù. In séguito all’infedeltà del popolo d’Israele, nel suo complesso, verso Cristo e l’AT che Lo annunciava, il perdono di Dio si restrinse solo ad “un piccolo resto”.

Conclusione

Vi sono dunque almeno sei gravi errori che inficiano “NA”, la rendono oggettivamente contraria alla fede cattolica e tendenzialmente favorente l’apostasia giudaizzante.

Non solo i personaggi che hanno preparato “NA” nel passato remoto (Zevi, Frank, Mickiewicz: dal Seicento all’Ottocento); nel passato prossimo (Bloy, Péguy, Maritain, Fumet: dalla fine dell’Ottocento alla prima metà del Novecento); nella sua gestazione immediata e diretta (Roncalli, Montini, Bea, Congar, Isaac, Goldman, Heschel: dal 1959 al 1965) presentano delle gravi anomalie dottrinali (cabalisti, talmudisti, appartenenti alla massoneria e neomodernisti condannati da Pio XII nel 1950 con l’Enciclica Humani generis), ma la dottrina stessa di “NA” è oggettivamente contraria al Cristianesimo poiché giudaizza. Ora il Giudaismo talmudico ritiene Gesù Cristo un impostore, che da uomo si è proclamato Dio; mentre il Cristianesimo adora Cristo come Dio. Quindi le due religioni non possono essere entrambe vere poiché una è la contraddittoria dell’altra e per il “principio per sé noto ed evidente” di “identità e non contraddizione” sono inconciliabili, ossia se una è vera l’altra immancabilmente è falsa.

Quindi lo sforzo compiuto dalla Teologia neomodernista (conciliare e postconciliare) di conciliare l’inconciliabile è del tutto impossibile “per la contraddizion che nol consente”: un cerchio non è un quadrato, il sì non è il no, il bianco non è il nero, il Cristianesimo, che adora Cristo come Dio non è il Giudaismo, che ha crocifisso Cristo poiché, bestemmiando, da uomo si è fatto passare per Dio.

Queste sono le ragioni estrinseche (ossia quanto agli autori di NA) ed intrinseche (cioè quanto alla dottrina di NA) che ci impediscono di accettare la Dichiarazione conciliare NA del 28 ottobre 1965.

Infine in San Paolo è rivelato che “I Giudei hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i Profeti ed hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendo a noi di predicare ai Pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma oramai l’ira di Dio è arrivata al colmo sul loro capo”.

S. Tommaso d’Aquino commenta: «Non importa se furono i Romani ad ucciderlo, perché furono gli stessi Giudei che con le loro grida chiesero a Pilato di crocifiggerlo. […]. Perciò essi non piacciono a Dio perché non operano con una fede retta e “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Ebr., XI, 6). Infine S. Paolo mostra che i Giudei “sono nemici di tutti gli uomini”. Infatti sono nemici perché vietano e impediscono a noi Apostoli del Nuovo Testamento di predicare a tutti gli uomini e così ostacolano la loro conversione. […]. Così essi vivono sino a quando giungeranno al punto in cui Dio permette. Infatti Dio, dopo la passione di Cristo, concesse ai Giudei uno spazio di 40 anni per la penitenza, però essi non solo non si convertirono, ma aggiunsero peccati a peccati. E Dio non lo tollerò più. […]. Tuttavia non pensare che quest’ira divina duri per 100 anni, bensì durerà “sino alla fine” del mondo, allorché la totalità dei Pagani avrà abbracciato la fede in Cristo» (Thomas Aquinatis, Super Primam Epistolam ad Thessalonicenses Lectura, Lectio II, caput 2, versiculi 15-16).

Da quanto visto sinora possiamo dire 1°) che NA viene dalla massoneria ebraica (Bené Berìth) che incontrò segretamente, nei sotterranei della sinagoga di Strasburgo[4], i caporioni del neomodernismo per stravolgere e ribaltare la dottrina cattolica sul Giudaismo talmudico; 2°) che essa porta all’apostasia giudaizzante.

Sta a noi tenercene alla larga. Infatti S. Agostino ci avverte che “il diavolo, essendo stato legato alla catena da Cristo, può abbaiare, ma non mordere, a meno che noi non vogliamo essere morsi”.

d. Curzio Nitoglia

Fine della Quarta e Ultima Puntata



[1] Il cardinale Joseph Ratzinger nel Discorso alla Conferenza Episcopale Cilena, Santiago del Cile, 13 luglio 1988, disse: «Il Concilio Vaticano II si è imposto di non definire nessun dogma, ma ha scelto deliberatamente di restare ad un livello modesto, come semplice Concilio puramente pastorale» (in “Il Sabato”, n.° 31, 30 luglio-5 agosto 1988).

[2] Dio ha chiamato Lucifero ad essere un Angelo buono, ma egli non ha corrisposto alla vocazione divina, l’ha rifiutata ed è stato abbandonato da Dio e precipitato all’inferno. Caino è stato chiamato da Dio ad offrirgli un sacrificio di adorazione, ma egli non ha obbedito ed è stato condannato da Dio a girovagare ramingo dappertutto. Giuda è stato chiamato da Gesù ad essere un Apostolo, ma lo ha rinnegato ed è stato abbandonato da Dio.

[3] Da s. Ignazio d’Antiochia († 107) sino a s. Agostino († 430); passando per s. Giustino († 163), s. Ireneo († 200), Tertulliano († 240), s. Ippolito di Roma († 237), s. Cipriano († 258), Lattanzio († 300), s. Atanasio († 373), s. Ilario di Poitiers († 387), s. Gregorio Nazianzeno († 389), s. Ambrogio di Milano († 397) e s. Cirillo d’Alessandria († 444). Sono oltre 300 anni d’insegnamento patristico matematicamente e ininterrottamente unanime.

[4] San Giovanni Crisostomo nelle sue Omelie Contra Judaeos scrive: “Chi entra nelle sinagoghe, entra nella casa del diavolo”.

 
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