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Il primo processo civile a un detenuto di Guantanamo smonta le certezze Usa
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Il tanzaniano Ahmed Khalfan Gailani condannato per un solo capo di accusa su un totale di 286

Vince la giustizia a Guantanamo...

WASHINGTON – Ahmed Khalfan Gailani, il primo terrorista detenuto a Guantanamo ad essere processato in un tribunale civile, è stato condannato a 20 anni: una giuria di New York lo ha riconosciuto colpevole di aver cospirato per distruggere proprietà americane. Ma lo ha assolto per le altre gravi accuse, a cominciare da quella di aver partecipato ad un piano per uccidere cittadini statunitensi. La condanna è arrivata per un solo capo di accusa su un totale di 286 che erano stati formalizzati contro di lui.

LA DIFFICILE STRADA DEI PROCESSI - La sentenza rischia di seppellire, definitivamente, l’idea della Casa Bianca di giudicare i prigionieri di Guantanamo in tribunali civili e non davanti a corti militari. Il presidente Obama e il segretario alla Giustizia Eric Holder avevano ipotizzato di portare alla sbarra, proprio a Manhattan, anche Khaled Sheikh Mohammed, presunta mente dell’11 settembre. Un modo per chiudere la pagina nera di Guantanamo. Ma i buoni propositi si sono infranti contro questioni legami, problemi di sicurezza e resistenze politiche. Gailani, 36 anni, non è certo un angioletto. E’ un pericoloso terrorista che ha avuto un ruolo importante nel duplice attentato contro le ambasciate statunitensi a Nairobi e Dar Es Salam, nell’agosto del 1998 (oltre 200 le vittime). Catturato nel 2004 in Pakistan, è stato trasferito nei famosi “black sites” – siti neri -, le prigioni segrete della Cia e quindi a Guantanamo.

TESTIMONIANZE NON RITENUTE VALIDE - Una lunga detenzione dove avrebbe subito pressioni psicologiche e fisiche. Un mese fa, il giudice non ha ammesso la testimonianza – importante – di Hussein Abebe: l’uomo aveva rivelato di aver venduto al terrorista l’esplosivo impiegato nell’attentato in Kenya. Per il magistrato gli investigatori Usa hanno ottenuto l’informazione da Gailani quando era nelle mani della Cia. E il suo avvocato ha sostenuto che Gailani è stato torturato. Un nodo legale che era emerso già in passato. Molti esperti e funzionari federali erano consapevoli che le confessioni strappate durante le detenzioni extragiudiziarie o segrete sarebbero state inutili in caso di un processo civile. Nel 2001, un altro tribunale ha giudicato e condannato quattro terroristi coinvolti nell’attacco di Nairobi. Ma in quell’occasione le prove sono state raccolte dall’Fbi in modo tradizionale attraverso una normale quanto complessa indagine.
Quando Eric Holder, mesi fa, ha prospettato un giudizio a New York per Khaled Sheikh Mohammed e altri dirigenti di Al Qaeda, diversi analisti hanno sollevato diversi interrogativi. Un giudice accetterà le confessioni di prigionieri che hanno subito torture? E siete sicuri di un verdetto di colpevolezza piena? Non troveranno attenuanti? E’ quello che è successo con Gailani.

Guido Olimpio

Fonte > 
Corriere.it



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