Mi dispiace per loro
08 Agosto 2009
Dalle agenzie:
«Il Consiglio di
Amministrazione della RAI, su proposta del direttore generale, Mauro
Masi, ha designato come vicedirettori del TG1 Andrea Giubilo, Claudio
Fico, Gennaro Sangiuliano, Susanna Petruni e Fabrizio
Ferragni. Nella stessa seduta, informa una nota di viale Mazzini, il
cda ha nominato Vilfredo Agnese, Maria Pia Ammirati, Ludovico Di Meo,
Giovanni Lomaglio, Gianluigi Paragone e Daniel Toaff vicedirettori di
Raiuno e Angelo Teodoli alla direzione del palinsesto della rete».
Questa infornata di vicedirettori entra in servizio accompagnata da una delle frasi di Berlusconi nell’ultima conferenza-stampa prima delle vacanze. Rivolto ai giornalisti presenti, ha detto: «State bene? Che aria si respira in RAI con i direttori che ho fatto io?».
Insomma quelli entrano in RAI già sputtanati. Con l’etichetta di servi dello Squilibrato, di messi lì dall’Arrapato-Mitomane per fare i cantori della sua mitomania.
Per la maggior parte di loro non mi dispiace: non li conosco, o li conosco come nullità per cui la carriera nel «servizio pubblico» lottizzato è una seconda natura, e l’unico modo per avere uno stipendio come para-giornalisti. Di Daniel Toaff si capisce la nomina: ci si para il didietro da quella parte.
Ma mi dispiace per Paragone. Come direttore alla Padania, è stato bravo. Lo è stato anche come vicedirettore di Libero con Feltri. Senza esagerare; ma la sua forza era la vivacità irriverente, inventiva, polemica ancorchè becera, popolare e corsara. Andare alla RAI, per lui, equivale alla castrazione.
Perchè è chiaro il programma con cui Berlusca li ha messi lì, l’ha detto polemizzando con una giornalista del TG3: «C’è una cosa che non dobbiamo più sopportare, non possiamo più sopportare: che la RAI, la nostra televisione pubblica sia l’unica televisione al mondo che, con i soldi di tutti, attacchi il governo (...). Il mandato che io vorrei che la nostra televisione pubblica avesse, e che è il mandato che corrisponde (ho sondaggi precisi al riguardo) alla volontà degli italiani che pagano la RAI con i soldi di tutti, è che la RAI faccia veramente il servizio pubblico e che non attacchi né governo né opposizione».
Non attaccare nè governo nè opposizione: bella fine per un giornalista. Ma perchè l’hai fatto, Gianluigi? Per i soldi? Ma sei giovane ancora; il Salame ha 73 anni. Tramontato lui, tu hai ancora una vita professionale davanti: ti toccherà trascinarla con l’etichetta di lecchino del Berlusca.
Certo, il posto è sicuro. Entrare in RAI è come vincere il Superenalotto, con la differenza che il premio te lo danno ogni mese in busta-paga, a rate. Non ti manda via nessuno. Però, quando cambia il governo, si finisce negli strati geologici di assunti «in quota» dai perdenti, a cui non fanno far nulla, che scompaiono nel nulla. Per i para-giornalisti assunti grazie alla tessera, è persino una fortuna: nulla lo sono da sempre, e nulla perdono.
Ma Paragone, non lo vedo a fare quel mestiere. Finchè Berlusconi resta in sella, non deve attaccare nè governo nè opposizione. E che si fa, allora? Non me lo vedo a prendere a modello Susanna Petruni. Perchè da quella dovrà imparare il neo-giornalismo, visto che Berlusconi l’ha chiamata «la mia giornalista preferita». In che modo Susanna sia diventata la giornalista preferita del Capo, è presto detto. Ricordate quando Berlusca, credendosi spiritoso, fece le corna nella foto di gruppo a un vertice della UE? La Petruni, per il TG1, tagliò la scena. E ricordate il Berlusconi che parla all’assemblea dell’ONU nel settembre 2003? La Susanna, inviata del TG1, non volle che l’Italia vedesse la platea semideserta e semi-addormentata che ascoltava il Capo; la tagliò e ci mise la scena di una sala colma di una folla che applaudiva freneticamente, presa da un altro momento, mentre parlava Bush.
Mi dispiace che Paragone debba fare questo «giornalismo». Come mi dispiace per Minzolini. E’ vero che tirava la volata a Berlusconi anche in passato; ma quando lo faceva per la Stampa, era anticonformismo e trasgressione. Ora, alla direzione del TG1, è leccaculismo inutile. Dannoso per lo stesso Berlusca (che non lo capirà mai) e per lui, che qualche qualità - ci crediate o no - la possiede.
Ancor più mi dispiace per Feltri. E’ l’inventore del giornalismo plebeo, che ha saputo avvicinare la plebe alle informazioni: un merito civile che non si discute. Il suo «Libero» esagerato, sboccato, sarcastico, che «non guardava in faccia a nessuno», che sapeva fare l’occhiolino ai neanderthaliani leghisti e ai bantù berlusconiani senza farsene condizionare, che esprimeva lo spirito di rivolta e lo eccitava con belle inchieste (Affittopoli, per esempio) sui privilegi delle caste, è stata una vera invenzione, e anche divertente. Adesso è andato a fare il direttore del Giornale di Berlusca. Dicono che abbia preso un sacco di soldi. Ma Feltri era già stato direttore del Giornale, e Berlusca se n’era liberato, perche lo trovava troppo indipendente. Era «l’indipendenza» alla Feltri, l’astuto tirare la volata senza apparire servo, apparendo anzi come libero battitore: posizione più utile, ammettiamolo, delle sviolinate di Emilio Fede, anche se Berlusca non lo capirà mai.
Feltri che torna al Giornale è un Feltri che s’è appeso i testicoli al chiodo. Secondo me, a Repubblica hanno brindato: un nemico temibile s’è messo fuori gioco da sè; nella lotta dei galli del pseudo-giornalismo italiano, Feltri s’è fatto cappone.
E’ stata Repubblica, non Feltri, a poter dare la notizia più ridicola sul ridicolo Salame. Non ha fatto che copiarla dal giornale turco Zaman (perchè la Turchia ha un ottimo giornale in inglese, contrariamente a noi), ma la notizia è ghiotta: «Una fonte del governo turco: la vanteria di Berlusconi è esagerata». Si tratta dell’incontro fra Erdogan e Putin per il gasdotto SouthStream: «L’accordo era già stato stipulato quando il governo turco ha ricevuto da Berlusconi una richiesta inattesa, dell’ultimo, di partecipare alla cerimonia della firma ad Ankara», scrive Zaman. E aggiunge che la sua fonte (ossia Erdogan) «è stata ancor più sorpresa quando è apparso chiaro che Berlusconi si attribuiva il merito dell’accordo come suo successo personale». Difatti, sul sito del governo italiano si è letto che l’accordo «rappresenta un’altra mediazione di successo di palazzo Chigi». Conclude il giornale turco e la sua altissima fonte: «Una cosa del genere potrebbe essere causa di un incidente diplomatico. Ma Berlusconi essendo Berlusconi, ha fatto solo sorridere i due leader», ossia Putin ed Erdogan.
Ecco che tipo di notizie devono coprire (nel senso di seppellire) Feltri, Minzolini, Paragone. E ben altre ne dovranno coprire (nel senso in cui i gatti la coprono, dopo averla fatta), perchè il Salame è ogni giorno più euforico, più in erezione, più incontrollato, più ridicolo, più ubriaco di adorazione di sè e di voglia di essere adulato: una voglia insaziabile, non gli basta mai: è il suo disturbo psichico che ormai lo possiede e lo trascina da una farsa all’altra, senza rendersi conto che il ridicolo uccide più delle bombe.
Come si fa, se non ci si chiama Susanna Petruni o Fede, ma ci si chiama Feltri, o anche solo Paragone? Come si fa a trattenersi dal ridere, dalla voglia di sbattere il coglione in prima pagina, e invece, a lisciarlo per il suo verso? Che cosa ci guadagnano? Possibile che i soldi giustifichino questa defezione da se stessi e dal proprio orgoglio professionale? Questa macchia sulle proprie capacità e qualità giornalistiche?
Oltretutto, il calcolo mi pare sbagliato a lungo termine. Un giorno, forse vicino, Berlusconi sarà portato al neurodeliri (se non a piazzale Loreto), e il PDL non sopravviverà un giorno, si sfalderà in comiche correnti e ridicole lotte di successione; non ci sarà più niente di buono da difendere, che valga la pena di difendere. Su giornalisti un tempo capaci, resterà l’etichetta di «lecchino del Demente».
Mi spiace, mi spiace davvero per loro.
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