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Ankara-Israele: ferri più corti
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Il regime israeliano ha rifiutato di fornire sistemi d’arma alla Turchia. Un vero embargo di ritorsione. Lo rivela il sito della Camera di Commercio Francia-Israele. Il comunicato spiega che «una domanda ufficiale di Ankara per ottenere la fornitura di missili avanzati di fabbricazione israeliana» è stata rigettata dal SIBAT, «l’organismo responsabile dell’export d’armi isreliano».

Le armi che Sion non darà sono razzi anticarro «Spike», missili da marina «Barak-8», blindati portatruppe tipo Namer.

«Il rifiuto è una risposta alle recenti tensioni verbali avvvenute tra Gerusalemme ed Ankara, specie alle dichiarazioni ostili del primo ministro Recep Erdogan...  Alcuni esperti stimano che l’atteggiamento di Israele preluderebbe a un embargo sulle armi. Responsabili del ministero della Difesa israeliano ammettono che il livello di cooperazione militare con la Turchia non tornerà tanto presto a quello dell’ultimo decennio, nel quadro dell’alleanza strategica siglata fra i due Paesi nel 1996. Ormai ogni vendita d’armi sarà valutata caso per caso...».

E tuttavia, «l’industria militare israeliana ha completato il 7 aprile la modernizzazione di 170 carri armato M60A1 in partnerariato con Aselsan, il principale gruppo turco d’armamenti. Inoltre, dopo anni di esitazioni, la IAI (Israel Aerospace Industry) ha consegnato ad Ankara sei droni “Heron” al prezzo di circa 200 milioni di dollari».

Il comunicato continua: «In questo contesto di tensione e incertezza, lo Stato ebraico cerca un nuovo Paese disposto ad accogliere i suoi velivoli da guerra, che non sono più autorizzati ad usare le spazio aereo turco per addestrarsi. La Romania è disposta ad accogliere diverse squadre di F-15 e F-16 in virtù di un accordo firmato con le autorità israeliane nel 2006».

Il fatto è che dal 28 aprile sono comiciate grandi manovre congiunte fra l’esercito turco e quello siriano lungo la frontiera comune fra le due nazioni. Ufficialmente, lo scenario delle esercitazioni congiunte  consiste nel prevenire le infiltrazioni di estremisti curdi del PKK ai confini, coordinando le comunicazioni ed eventualmente le operazioni in caso di violazione delle frontiere. E’ perciò un’esercitazione terrestre.

Ma Israele teme che la cooperazione coinvolga anche lo forze aeree di Siria e Turchia. L’alleanza strategica israelo-turca del 1996 comportava, in cambio dell’uso dello spazio aereo da parte degli israeliani, l’addestramento dei piloti turchi da parte di istruttori di Sion. Questi potrebbero insegnare ai siriani le conoscenze tattiche e i trucchi del mestiere appresi dai sionisti, il che renderebbe la Siria più capace di affrontare un attacco aereo israeliano, cosa che Israele minaccia di continuo.

Pochi giorni fa il presidente Shimon Perez ha accusato la Siria di fornire missili Scud ad Hezbollah, non solo senza alcuna prova, ma sfidando l’evidenza: Hezbollah non si servirebbe mai di missili che hanno bisogno, come gli Scud, di basi fisse di lancio. L’accusa è stata interpretata in tutto il Medio Oriente come una minaccia di guerra imminente al Libano: sono passati quasi due anni dal massacro di Gaza, e Israele brucia dalla voglia di fare la sua consueta aggressione biennale.
I sei droni Heron appena consegnati ai turchi preoccupano per lo stesso motivo: apparecchi di sorveglianza ma anche d’attacco aereo e di coordinamento di un attacco aereo, possono insegnare ai siriani parecchie cose sul modo di meglio difendersi.

Se la collaborazione fra Ankara e Damasco si elevasse al livello di aviazione, inoltre, metterebbe in sicurezza lo spazio aereo alla frontiera tra i due Paesi: quello spazio aereo lungo la frontiera turca che Israele ha già usato nel 2007 per bombardare in Siria un’installazione che, secondo gli israeliani, era nientemeno che una centrale nucleare militare in costruzione con l’assitenza della Nord-Corea (Damasco ha sempre negato l’accusa, ritorcendo che Israele ha bombardato l’impianto con uranio impoverito per lasciare tracce di radioattività). Lo stesso spazio aereo frontaliero è la via aerea che Israele dovrebbe prendere per andare a bombardare l’Iran.

Questa prospettiva inquieta Israele, che (come al solito) è andata a lagnarsene col suo Golem a Washington: Ehud Barak, ministro della Guerra, ne ha parlato non solo con Robert Gates (Petagono), ma anche con Hillary Clinton.

Ilker Bsbug
   Ilker Bsbug
C’era già stata una esercitazione siriano-turca l’anno scorso, anche se su scala minore. Israele aveva protestato, e il generale Ilker Bsbug, capo dell’armata dell’aria turca, aveva replicato: la Turchia non ha bisogno del consenso di un altro Stato per condurre esercitazioni militari.

Sembra proprio che la debole Siria, con i suoi 6 milioni di abitanti e la sua piccola e obsoleta forza armata, abbia trovato un amico potente. L’armata turca dispone di 512 mila uomini più 380 mila riservisti (più di Francia e Gran Bretagna messe assieme),  ed un’armata aerea moderna, fornita di caccia americani. E’, per potenza, il secondo esercito della NATO dopo gli USA, e l’ottavo nel  mondo quanto alle truppe attive.

E’ chiaro che se il Golem obbedirà ancora una volta al suo manovratore, quel che probabilmente otterrà sarà di perdere l’importante mercato di armamenti costituito dalla Turchia, che già riceve forniture da Russia, Francia, Germania.

Del resto, Israele non ha più la certezza che il Golem di Washington obbedisca ciecamente ai suoi ordini. Persino la molliccia richiesta, quasi un’implorazione, del presidente Obama al regime sionista di trovare un accordo coi palestinesi ha scatenato l’odio più paranoico contro Obama: è in atto una campagna contro il presidente USA, tale che Gilad Atzmon vi ha scritto un articolo dal titolo «Judaea declares war to Obama». Si sono mobilitati l’Anti-Defamation League, il Congresso Ebraico Mondiale; Elie Wiesel è stato mobilitato per dire pubblicamente ad Obama che le sue preoccupazioni sulla pulizia etnica in corso a Gerusalemme (dove i palestinesi vengono espulsi dalle loro case per metterci fanatici «coloni» sionisti) sono qualcosa di orribilmente sbagliato, dato che Gerusalemme è israeliana da tremila anni...

Ronald Lauder
   Ronald Lauder
Ronald Lauder, capo del World Jewish Congress e miliardario (gruppo Estée-Lauder) ha scritto una lettera aperta al presidente, pubblicata su un’intera pagina del Washington Post e di altri giornali, in cui accusa Obama del fatto che «lo Stato ebraico si trova isolato e delegittimato». Non c’entrano le bombe al fosforo su Gaza nè le altre atrocità. Il problema, per Lauder, è «la retorica di questa Amministrazione che dà la colpa a Israele per la mancanza di progressi nei colloqui di pace». Ma, ritorce il miliardario a nome della sua comunità, piena di «ansia e voci», sembra che «l’America non sia più impegnata ad un accordo finale (con i palestinesi, che non vengono mai nominati) che assicuri confini difendibili ad Israele. E’ un nuovo corso che vuole che Israele torni ai confini indifendibili che hanno invitato gli invasori nel 1967».

Con meno diplomazia, altri importanti membri del World Jewish Congress si fanno intervistare dai media per dire che Obama «è un fanatico anti-ebraico», che «sacrificherà deliberatamente Israele per ottenere i suoi scopi» (l’amicizia coi Paesi arabi, secondo loro), e che il governo Obama è «amico dei nemici di Israele». Sono mobilitati in questa campagna d’odio i «cristiani rinati» e i loro telepredicatori, che organizzano preghiere collettive per la morte del presidente.

Dovranno cominciare a pregare anche per la morte di Sarkozy, perchè il presidente francese, ha scritto Haaretz, nel ricevere il presidente israeliano all’Eliseo, ha espresso a Shimon Peres «la sua irritazione per Benjamin Netanyahu», dicendo chiaro che «non riesce a capire il piano  diplomatico» del medesimo Netanyahu che, anzichè congelare, ha accelerato gli insediamenti e sta intensificando la pulizia etnica a Gerusalemme.

«Con tutta l’amicizia, simpatia e impegno che abbiamo verso Israele, non si può accettare questo comportamento. Non capisco dove stia andando Netanyahu, e che cosa vuole».

L’incontro, dice una fonte presente ai colloqui, è stato «molto difficile; Sarkozy ha cominciato dall’inizio a criticare Netanyahu ed ha continuato per quindici minuti».

Già l’estate scorsa Sarko aveva criticato duramente Avigdor Lieberman, il razzista ebraico che Netanyahu si è scelto come ministro degli Esteri: «Ti devi liberare di questo individuo», avrebbe detto allora il francese a Netanyahu.

Secondo gli ebrei, la tempestosa discussione è il risultato dell’incontro tra Sarko e Obama la settimana prima a Washington: «I governanti israeliani ritengono le osservazioni di Sarkozy parte di una più ampia tendenza fra gli alleati europei e americani di Israele («alleati»?) per il mancato progresso diplomatico nell’area».

Infatti, continua il giornale, «anche gli alleati europei di Israele (alleati, alleati) hanno preso a criticare l’amministrazione Netanyahu. Anche la Merkel, la più solida amica di Israele in Europa, ha recentemente condannato la politica di Netanyahu nei confronti dei palestinesi. Anzi ha accusato Netanyahu di aver distorto il tenore di una loro discussione telefonica dovuta al putiferio nato dall’autorizzazione israeliana di costruire a Gerusalemme Est (che appartiene ai palestinesi) un quartiere per soli ebrei, Ramat Shlomo».

«Persino l’incondizionato appoggio del primo ministro Berlusconi a favore di Israele nella questione palestinese ha cominciato a svanire. Un diplomatico italiano ha fatto sapere che Netanyahu ha parlato due volte al telefono con Berlusconi, assicurandolo che sulla questione Palestinese l’avrebbe sorpreso, ma nulla è stato fatto». (Sarkozy: Netanyahu's foot-dragging on peace process is unacceptable)

Persino Berlusconi.

Martin Van Creveld
   Martin Van Creveld
Non basterà ammazzare Obama, bisognerà ammazzare tutti. Come ha promesso il noto politologo  Martin Van Creveld della Hebrew University: «Possdiamo centinaia di testate atomiche e possiamo lanciarle in tutte le direzioni, magari anche Roma. La maggior parte delle capitali europee sono bersagli per le nostre forze aeree. Abbiamo la capacità di trascinare giù il mondo con noi».

Quando si sente sotto pressione, Israele minaccia di diventare «irrazionale», «un cane matto che è meglio non toccare», secondo la strategia indicata decenni fa da Moshe Dayan. Questa è la diplomazia di Netanyahu che Sarkozy non riesce a capire.

L’ha esplicitata Van Creveld: «I palestinesi dovranno tutti essere deportati. Due anni fa solo sette o otto israeliani pensavano che questa fosse la soluzione migliore; due mesi fa erano il 33% oggi, secondo la Gallup, sono il 44%. La gente aspetta solo l’uomo giusto al momento giusto» per farlo. (Israeli Professor: ‘We Could Destroy All European Capitals’ to avenge the holocaust by annihilating millions of Germans and Europeans)



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