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Letta? Continuerà Monti.
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Una mail:

«Gentile Direttore,

su Radio Maria, Riccardo Cascioli, parlando dell'incarico dato da Napolitano ad Enrico Letta, ha platealmente sdoganato davanti alle orecchie dei radioascoltatori, Il Bilderberg, la Trilateral e gli altri organismi mondialisti di potere e tutti i lori componenti, dicendo che quanto si trova a livello di informazione, specialmente su internet, è teoria complottista, mentre tali innocenti organismi aiutano la prevenzione delle crisi finanziarie e hanno tanti altri bei lati positivi.


Sono rimasto di sasso! La prego faccia qualcosa!


Sergio A.
»


Che cosa vuole che possa fare, io, caro lettore? Quali poteri mi attribuisce? Posso solo sgomentarmi con lei della deriva di Radio Maria. Che peraltro non mi stupisce più: dalle già note posizioni scioccamente americaniste-ufficiali sui veri autori dell’11 Settembre nel 2001, alla linea sempre più giudizzante e neocon, all’adesione alla tesi dello «scontro di civiltà», doveva per forza concludere nell’elogio della Trilateral e del Bilderberg, con connessa demonizzazione dei «complottisti».

Come vede, Radio Maria nell’analisi delle cose internazionali s’è sempre tenuta sulla linea dell’opinione ufficiale, politicamente corretta, che è poi quella emanata dalle centrali di manipolazione globale dell’ideologia egemone: Washington, Trilateral, Bilderberg ed eurocrazia – e Massoneria. È un abbaglio tragico: questa emittente che annuncia spasmodicamente il verificarsi delle «profezie della Vergine di Medjugorje», ha molto in comune con i gruppi born again christians americani. E come essi, identifica sé stessa e la causa cristiana con l’Occidente, che a sua volta identifica con «La Civiltà». E ciò, proprio negli anni in cui la natura anticristica, omicida, di questa «civiltà» si manifesta con inaudita letale brutalità, dall’Iraq all’Afghanistan, non meno che a Wall Street, l’idrovora che risucchia il frutto del lavoro degli uomini, e nei laboratori Monsanto dove si brevetta la natura che Dio ci ha dato gratis, per venderla: tutto insanguinando, avvelenando e sporcando dell’uomo, per sete di profitto e nudo potere.

Ci manca che questo tipo di potere globale che uccide, umilia e avvelena la dignità umana in tanti modi (dalle nozze gay ai droni che assassinano da duemila chilometri senza un perché, dalle occupazioni militari feroci, dai feti mostruosi provocati dal suo uranio impoverito, alle destabilizzazioni che promuove deliberatamente, dalla Europa che mette alla fame ed opprime i suoi popoli invece di liberare, ma ci promette in cambio l’eutanasia come «diritto» e «libertà», dopo averci dato l’aborto), venga incoronato come «cristiano», e salutato come il Messia Atteso, e allora si avrà l’Anticristo realizzato. L’Omicida fin dall’inizio che si presenterà non solo come Princeps huius Mundi, che già lo è, ma con la tiara: «fino a sedere egli stesso nel tempio di Dio, dichiarando Dio se stesso», stante la (vera) profezia di Paolo.

È un accecamento e una deriva dolorosa, che costoro fanno a piccoli passi, ciascuno in per sé insignificante. Per esempio, credo che la lode di Bilderberg e Trilateral dai microfoni di Radio Maria, derivi dal fatto che di queste due organizzazioni globaliste-plutocratiche fa parte, notoriamente, il probabile presidente del consiglio, il giovane in carriera Enrico Letta; un personaggio in cui radio-mariani riconoscono, anzitutto ed a sangue, «il democristiano» – un pollone di quel partito di cui hanno mai sopita nostalgia. Insomma, temo che valga il sillogismo seguente: Letta è «dei nostri». È democristiano, dunque «buono». E se è buono e viene invitato al Bilderberg, anche il Bilderberg è buono.

Letta è democristiano nel senso in cui lo fu il suo maestro e promotore in politica, Nino Andreatta: democristiano del genere tecnocratico, laicissimo (in qualche modo, come Napoletano era nel Pci), da subito uomo di fiducia dei poteri forti transnazionali. È stato Andreatta a fondare l’università di sociologia a Trento, dove, da un grande esperimento sociale condotto da Francesco Alberoni sugli studenti, nacquero le Brigate Rosse. È stato Andreatta, ministro del Tesoro all’epoca, dopo il suicidio (omicidio) del banchiere Calvi, a liquidare il Banco Ambrosiano invece di salvarlo con fondi pubblici, in pratica regalandone le restanti ricchezze all’avvocato Gianni Bazoli, «democristiano» nel suo senso, costituendo un polo bancario «cattolico» ma «laicissimo», ci siamo capiti. Soprattutto, è stato Andreatta, nel 1981, a rendere indipendente la Banca d’Italia dal Tesoro, ossia dallo Stato, secondo gli ordini ricevuti dalle centrali che Radio Maria ritiene ricche di tanti lati positivi. La privatizzazione delle banche centrali – date in mano ai banchieri speculativi, in pratica divenuti emettitori della moneta – è ormai un fatto compiuto in tutto l’Occidente, ed è la causa prima della crisi finanziaria epocale che ci sta distruggendo, ma che secondo Radio Maria, Bilderberg e Trilateral «evitano».

È istruttivo ricordare che Andreatta accettò di fare il ministro (era così, come Giuliano Amato: sceglieva lui in che governi entrare) con Spadolini e con Ciampi, suoi laicissimi colleghi. Rifiutò invece di entrare nei governi di Bettino Craxi e di Giulio Andreotti, giudicando il primo un nazionalista e l’altro troppo vaticano: lui era internazionalista (nel senso Trilateral-tecnocratico) e anti-clero. Ovviamente, fu Andreatta – per contrastare la discesa in campo di Berlusconi – ad ideare l’Ulivo – una «unità delle sinistre» e democriste ostili al Cav – e a portare al governo l’altro suo protetto e complice di lunga data, Romano Prodi. Se nel dicembre del 1999 un infarto non lo avesse affondato in un coma, da cui non si è più ripreso fino alla morte avvenuta sette anni dopo, nel marzo 2007 – sottraendolo alla vita pubblica – oggi Andreatta sarebbe forse capo dello Stato, o venerato maestro e incensata «riserva della repubblica»; o forse sulla poltrona di Draghi, dopo un breve passaggio in Goldman Sachs avrebbe certo avuto occasione di diventare presidente del consiglio su indicazione del presidente, come oggi il suo allievo.

Ora questa carica spetta al suo allievo, Letta. Di questo non c’è molto da dire che già non si sappia: ormai non si può parlare di cospirazione, i poteri sovrannazionali ci hanno messo sotto aperta tutela.

Si sa che quando Monti prese il governo dalle mani di Napolitano e della BCE, Letta il giovane gli scrisse un bigliettino entusiasta: «Allora i miracoli esistono! Mario, quando vuoi dimmi in che modi e forme con cui posso esserti utile dall’esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo!». In pratica, teneva lui i rapporti fra il delegato Bilderberg al governo e Bersani, che non poteva o voleva farsi vedere direttamente amico... solo «riservatamente» (1).

Ma che altro dire? Dopotutto, il peggio ci è già avvenuto. Letta è solo un altro uomo del Bilderberg dopo Mario Monti, e non farà peggio di lui, che ha già coventrizzato l’economia italiana per tenerci nell’euro. Ovviamente, anche Letta vuole fortemente gli «Stati Uniti d’Europa», ossia la perdita di ogni briciola di sovranità ed autonomia rimanente: ma la maggior parte, l’hanno già ceduta e svenduta Berlusconi, Prodi, Ciampi, tutti coloro che ci hanno governato. «Cedete sovranità», è esattamente quello che ha continuamente preteso al Merkel; Letta dice che occorre «più Europa, non meno Europa», ed è ciò che dice il Bilderberg. Letta si farà bello di poter «andare in Europa» e, grazie alle sue «relazioni internazionali», esigere che venga allentata l’austerità, che adesso ci vuole un po’ di crescita. Ma non crediate sia un atto di coraggio; anche Barroso, presidente dell’eurocrazia, ha già cominciato a dire che «ci sono limiti all’austerità». Nei piani alti è stato deciso un leggero alleggerimento del rigore, un alleviamento della miseria che attanaglia tutti i paesi UE ai margini dello stato-guida. Letta non farà che eseguire. È un piccolo esecutore , secondo e secondario, del gran regno della menzogna e della devastazione in atto, che a Radio Maria credono sia LA Civiltà.

Mai come oggi le voci della verità sono tacitate o disarmate. Sicché, cari lettori, è una grata sorpresa scoprire che sull’Europa, l’ha detto – nientemeno – un banchiere. Il banchiere si chiama Lars Seier Christensen, ed è l’amministratore delegato di SaxoBank, una importante e dinamica banca danese che opera nel trading online in tutta Europa. Nel suo blog, ha scritto da persona onesta e da europeista della prima ora, tutto il suo disinganno:

Lars Seier Christensen
  Lars Seier Christensen
«Inizialmente, i cittadini europei avevano un’idea molto positiva della UE; nel tempo, questo sostegno ed ottimismo è svanito. La massiccia burocratizzazione-centralizzazione, l’arroganza della burocrazia europea, la mancanza di rispetto per l’indipendenza, la storia e la cultura degli Stati nazionali ha distrutto la fiducia nel progetto. Dobbiamo ammettere che, personalmente, ci abbiamo messo troppo tempo a riconoscere la vera natura del progetto europeo; ma si deve deplorare che molti altri sono ancora più in ritardo, e che i nostri politici ovviamente non ci sono arrivati».

«La grande domanda è se la Ue sia più il problema che la soluzione alla presente crisi. L’euro ha mostrato la sua reale consistenza e chiunque abbia un po’ di razionalità vede che l’unificazione valutaria è stata un fallimento storico. Un fallimento che può trascinarci ad altre fatali conseguenze per l’Europa e per la nostra competitività di fronte al mondo. C’è una cosa, ed una sola, che può salvare l’euro, ed è una molto più completa integrazione fra i Paesi europei; una politica finanziaria comune, una comune emissione di debito pubblico, la volontà di pagare gli enormi trasferimenti (necessari) dai Paesi ricchi ai poveri, o più precisamente, dalla Germania agli altri stati membri».

«Questa è la rotta possibile; ma non è desiderabile. È venuto il momento di avvertire gli europei delle conseguenze future di questa scelta, in modo che gli europei ne capiscano l’importanza. Spero personalmente di non doverla sperimentare mai. Ma oso predire come sarà l’Europa forte, se la Commissione Europea, il Parlamento Europeo, e i Barroso e Van Rompuy di questo mondo avranno quel potere che sognano, e che sono sul punto di conquistare».

«Più tasse e più povertà. Ci sarà un sistema di tassazione uniforme, e di livello molto più alto di oggi. La UE avrà il potere di tassazione diretta, e il gettito andrà direttamente alla Commissione e al bilancio Ue. Ci saranno gravi tassazioni d’uscita, multe ed altre barriere contro coloro che volessero uscire dalla UE. E se qualcuno comunque uscirà dalla UE, la UE esigerà diritti globali di tassazione».

«Ci sarà più povertà in una quantità di regioni che un tempo si chiamavano Spagna, Italia, Grecia ed altre. Grandi e crescenti poteri saranno concentrati nelle mani dei tedeschi (e dei francesi, per il loro sostegno al progetto). Gli Stati nazionali non avranno alcun diritto di veto, e i piccoli Stati avranno ben poca influenza».

«Stagnazione economica. Tutta la UE soffrirà di stagnazione economica. Il settore finanziario si sposterà in Usa, Cina, Hong Kong e Singapore. L’industria finanziaria emigrerà in Asia, e i giovani di talento e con alta istruzione se ne andranno via sempre più. In compenso, la UE sarà la guida mondiale in attività irrazionali e simboliche: le più basse emissioni di CO2, aziende verdi ed altre idee costose ed economicamente perdenti».

«Si sopprimerà sempre più la libertà d’espressione e di critica riguardo ad altre culture, religioni e riguardo alla stessa UE, e si perseguiranno atteggiamenti devianti e antisociali come lo scetticismo sui progetti climatici, i diritti sociali e così via. La political correctness raggiungerà vertici mai visti».

«Sul piano internazionale, la UE sarà un attore debole con poca credibilità e poco rispettato, e dovrà obbedire alle grandi nazioni creditrici, in quanto l’Unione dipenderà fortemente da esse. Nelle Nazioni Unite, la UE cercherà la collaborazione del terzo mondo perché tenterà di trasferire il suo proprio sistema ad una istituzione globale».

«Possiamo lasciare che ciò accada? Gli europei come popoli stanno facendo, e faranno, la scelta giusta (ossia il rifiuto del progetto eurocratico, ndr) quando avranno chiaro fra quali vie scegliere. Non sono tanto sicuro che i politici europei faranno la scelta giusta. E non ho fiducia che si cureranno di chiedere il parere agli europei, se appena potranno evitarlo. Sicché l’imperativo del momento è obbligare i politici a chiedere il parere degli europei. È venuto il tempo di far capire bene agli europei quali sono gli esiti futuri di questa prospettiva; e che gli europei capiscano il rischio che probabilmente non avranno mai più la possibilità di decidere da sé il loro destino. Io sono sicuro che riusciremo a mettere in guardia gli europei. E penso che riusciremo la via d’uscita dall’Europa». (SaxoBank CEO: «We Must Re-Evaluate The European Union»)

È evidente che Radio Maria – ma in genere quel che chiamiamo «il mondo cattolico» – non coglie queste (né altre) parole di verità e contribuisce ad addormentare gli europei sugli esiti del totalitarismo flaccido che l’eurocrazia ci prepara – ed è già in avanzata realizzazione.

Ora, Enrico Letta ci dirà che andrà in Europa a pretendere «più crescita e meno austerità», ossia un po’ di spesa pubblica in più (non sanno fare altro). Ma questa, come ho già detto, è ormai «la linea» dettata dall’eurocrazia stessa: due giorni prima, il presidente della UE Barroso ha emanato la sua fatwa: «L’austerità ha i suoi limiti». L’allentamento che Letta «esigerà ed otterrà» è già praticamente concesso, e si traduce in un allungamento del ritmo di riduzione del deficit e dei rimborsi dei prestiti: e non ha altro senso che guadagnare tempo, senza affrontare i problemi fondamentali con risultati illusori, a cui seguiranno altre misure di «rigore di bilancio».

È solo un altro modo di addormentare le opinioni pubbliche europee di fronte all’oppressione che avanza. L’eurocrazia stessa giocherella con l’idea che loro e i politici possano, semplicemente, manovrare alcune leve a livello macro per far riprendere di nuovo l’economia UE. I problemi nostri non dipendono più, purtroppo, dalla scelta dei tecnocrati verso l’austerità o la crescita. I problemi della UE sono l’insolvenza bancaria e la demografia. L’Europa è una unione di una ventina di Paesi con popolazioni vecchie o avviate alla vecchiaia, alle quali tutte sono stati promessi generosi pagamenti sociali e pensionistici. E queste popolazioni sono in fila per riscuotere i loro assegni promessi, nel momento in cui lo scoppio di una grande bolla immobiliare pan-europea minaccia di colare a picco il suo sistema bancario.

Angela Merkel ha appena ripetuto che gli Stati «devono cedere sovranità, se vogliono che l’Europa duri». Ma ciò non ha senso. Cedere sovranità non risolverà i problemi europei di cui sopra. La Germania non ha i fondi per tenere insieme la Ue, anche se volesse, trasferendo le immense cifre necessarie alla Spagna, Italia e Grecia (come avviene negli Usa, dove gli Stati ricchi trasferiscono agli stati poveri, pareggiando i conti) (2). Le Germania ha già un debito pubblico salito all’81% del Pil; e se si aggiungono le promesse senza copertura (promesse di pensioni), si sale al 200%. L’attuale «prosperità» tedesca, nutrita esclusivamente dall’export, è a rischio data il rallentamento economico globale. Se le cose si mettono realmente male, la Germania non ha i mezzi per tenere insieme l’Europa.

Non sarebbe onesto dire ciò chiaramente, alle opinioni pubbliche europee, a cominciare da quella tedesca? Invece l’europeismo malato e totalitario propone «nozze gay», riduzione dei gas serra, «energie rinnovabili» e simili ubbie rosee, e blocco del discorso nel limite politicamente corretto.

Che il «mondo cattolico» sia parte o complice di questo inganno, di queste sirene che addormentano le cittadinanze mentre vengono spogliate, è un tragico errore. È davvero tragico, per seguaci di Cristo, sbagliarsi su chi è l’Anticristo.




1) Altri bloggers hanno esplorato la rete di relazioni che Enrico Letta ha costruito attorno a sé, come trampolino di lancio della sua carriera (già decisa in anticipo) e come nido di futuri collaboratori. Il giovane leone, come consigliato dai poteri forti, ha creato il suo proprio think-tank o «fondazione» di nome veDrò «una vera e propria rete per scambiare know how, competenze e idee composta da quattromila fra docenti universitari, imprenditori, scienziati, liberi professionisti, politici, artisti, giornalisti, scrittori, registi, esponenti dell'associazionismo». Alcuni nomi: Marco Meloni, neo deputato, dal 2001 all’Arel (l’Agenzia di Ricerche e Legislazione, fondata nel 1976 da Nino Andreatta; Alessia Mosca, un passato nell'Aspen Junior Fellow e nella stessa Arel, rieletta per la seconda volta alla Camera; Francesco Russo, segretario del Pd triestino, e Guglielmo Vaccaro, cresciuto nella Margherita e rieletto alla Camera nel Pd. Il board è composto da Benedetta Rizzo, Lucio Palazzo, Ernesto Carbone, Angelo Argento, Barbara Carfagna, Alberto Castelvecchi, Nunzia De Girolamo, ma una serie di personalità che gravitano attorno ad essa.
Giornalisti come Abbate, Calabresi (direttore di La Stampa e molto «americano»), Feltri, Giannino, Paragone, Polito. Esponenti della politica, come tra gli altri, Alfano (eh sì...), Boccia, la finiana Bongiorno, il ciellino Maurizio Lupi, Ravetto, Renzi, il leghista Tosi. Manager quali Arcuri, Campo dall'Orto, Dal Fabbro, Katia Da Ros, De Siervo, Del Piano, Delzio, Moretti. Imprenditori: Artoni, Cellini, Del Rio, Josi, Lo Bello, Merloni, Preve, Procacci, Rana, Todini. Accademici come Bini Smaghi nel comitato esecutivo della BCE fino al 2011, oggi presidente della Snam Rete Gas e visiting professor ad Harvard), Giulio Napolitano (il figlio del presidente della repubblica), Quattrone, Sacco. Magistrati come Bianco, Raffaele Cantone, Dambruoso (procuratore giustizialista solito agli errori giudiziari, poi gettatosi in politica nel Pdl, e poi con Monti). Come si vede, una quantità di presenze «trasversali», com’è d’ uso nelle logge. La maggior parte di questi nomi sono pressoché ignoti al pubblico; diverranno famosi al seguito del Letta, se il dito di Dio, come già fece con Andreatta, non ferma la sua carriera, già segnata verso le più altre poltrone. Sul Foglio, viene descritto così: «Essere “lettiano” vuol dire essere ecumenico e trasversale, uno che apparecchia e non divide, che si muove con tatto e discrezione. È spaventato dai Fassina ma non vota Renzi perché «spacca il partito», vuole un Pd riformista che guardi al centro ma non disdegna il montismo… Si muove con tatto e discrezione, stringe rapporti su rapporti, coltiva contatti su contatti, organizza brunch su brunch, lunch su lunch, breakfast su breakfast, e prova dunque a unire invece che a disunire, ad aggregare invece che a disaggregare, a conciliare invece che a litigare». Quando Fassina ha detto che il governo Monti era da rottamare, Letta lo ha rimproverato con queste parole: «Hai superato il segno!»: proprio come un Bilderberg. Quando lo stesso Fassina ha provato a dire che il Pd, al governo, non avrebbe dovuto seguire l’agenda Monti, il Letta l’ha rimbeccato: «Così spaventi i mercati!». Temo che Fassina non fa altra carriera nella nuova Italia lettiana.
2) Ma, come nota l’americano cattolico William Pfaff, l’unione monetaria americana è avvenuta al prezzo della Guerra Civile, «che vide il più gran numero di perdite umane di ogni altra guerra americana; lo scopo della guerra era appunto cancellare la sovranità fino ad allora goduta dagli stati del Sud. Il risultato fu un sovrano unico, gli Stati Uniti, con una sola moneta, e alla fine un unico bilancio». Senza violenza e guerra, come si possono unificare stati come quelli europei? Ciascuno, scrive Pfaff, «ha la sua economia caratteristica, le poroprie risorse, prodotti e mercati specifici, la propria cultura – e di conseguenza i loro deficit e surplus nazionali. Era dunque vitalmente importante che le loro valute non fossero intercambiabili nè di valore costante», lasciando ai paesi la leva della svalutazione. Si è fatta l’unificazioen monetaria in modo subdolo e con l’inganno, per renderla inavvertita ai popoli. Ma oggi, il meccanismo (governato dai tedeschi e dai loro interessi) «ha prodotto gravissima disoccupazione e repressione i n Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna, Italia, e da ultimo Cipro e Slovenia....Nelle menti degli europei l’europa s’è già divisa fra una eurozona del Nord e una del Sud, con la Francia malauguratamente in mezzo». E’ tempo di abbandonare l’euro, ne conclude il grande giornalista, onde «gli stati che soffrono di disoccupazione e crisi del credito possano fare ciò che hanno sempre fatto in passato: svalutare le loro monete e stimolare così le loro economie». (Time to Abandon the Euro?)


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